13^ Domenica del Tempo Ordinario

LA LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura

Dagli Atti degli Apostoli

At 22,30; 23,6-11

In quei giorni, [il comandante della corte,] volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui Paolo veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio; fece condurre giù Paolo e lo fece comparire davanti a loro.
Paolo, sapendo che una parte era di sadducèi e una parte di farisei, disse a gran voce nel sinedrio: «Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei; sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti».
Appena ebbe detto questo, scoppiò una disputa tra farisei e sadducèi e l’assemblea si divise. I sadducèi infatti affermano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti; i farisei invece professano tutte queste cose. Ci fu allora un grande chiasso e alcuni scribi del partito dei farisei si alzarono in piedi e protestavano dicendo: «Non troviamo nulla di male in quest’uomo. Forse uno spirito o un angelo gli ha parlato».
La disputa si accese a tal punto che il comandante, temendo che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza.
La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: «Coraggio! Come hai testimoniato a Gerusalemme le cose che mi riguardano, così è necessario che tu dia testimonianza anche a Roma».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale
Dal Sal 15 (16)

R. Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita. R.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare. R.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. R.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra. R.

Acclamazione al Vangelo

(Gv 17,21)

Alleluia, alleluia.

Siano tutti una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io in te,
perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

Alleluia.

Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 17,20-26

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:]
«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

Parola del Signore

 

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

“Chi accoglie voi accoglie me”.

 

Gesù identifica i missionari cristiani con sé stesso e con il Padre che lo ha mandato: i discepoli continuano la sua stessa missione. Dice Gesù: «Chi accoglie un «profeta» (annunciatore del vangelo), un «giusto» (un semplice cristiano), i «piccoli» (chi non conta) «non perderà la sua ricompensa». Soffermiamoci ora a fare qualche riflessione sul tema della sequela. Gesù chiama tutti gli uomini, offre loro la salvezza e li invita a collaborare con Lui per l’avvento del regno di Dio.

I discepoli.

Cristo chiama gli uomini ad essere suoi discepoli attraverso le mediazioni umane. Gesù chiama gli uomini ad essere suoi discepoli attraverso coloro che sono già suoi discepoli: attraverso le loro parole, attraverso soprattutto la loro vita, le loro scelte, le loro iniziative, il loro zelo missionario. Solo i discepoli autentici di Cristo possono diventare voce autorevole e persuasiva per chi ancora non è discepolo del Signore. Alle volte noi diventiamo una controindicazione perché la nostra vita non è diversa da quella di coloro che non credono in Gesù Cristo. Per rimuovere questo ostacolo, dobbiamo noi stessi, continuamente convertirci, per essere sempre più immagine trasparente di Cristo.

La situazione culturale di oggi.

Oggi, in particolare, si vuole essere liberi. Intendiamoci, questa è una giusta e sacrosanta aspirazione. L’uomo è stato creato libero. Tuttavia questa libertà non va intesa come arbitrarietà, come sregolatezza, come un fare ciò che pare e piace. La libertà dell’uomo è per fare scelte di valore, per rispettare la gerarchia dei valori. L’uomo, in definitiva, è libero per fare la volontà di Dio che gli ha fatto questo straordinario dono! L’atmosfera esistenziale che respiriamo è, invece, quella della trasgressione, è quella della scelta dell’utile, del piacevole, dell’egoismo, dell’immediato, del capriccio, dell’effimero, del frammentario…

La svolta antropologica.

Nel pensiero contemporaneo, l’uomo è al centro di tutti gli interessi. Significa che l’uomo è la misura di tutta le cose: che è il valore assoluto. Questa svolta antropologica è estremamente suggestiva, ma solo in parte vera. E’ vero che l’uomo è la creatura più importante del mondo, ma è vero anche che nessuna creatura può prendere il posto del suo Creatore. Fare dell’uomo un assoluto è una terribile e colossale menzogna le cui conseguenze non possono essere che tragiche e fallimentari per l’uomo stesso. Mettiamo Cristo al primo posto perché Gesù Cristo è Dio. La svolta antropologica presuppone la svolta cristologica: Cristo sentito come sorgente, centro, cuore, apice della nostra vita.

Solo se crediamo e obbediamo a Cristo uomo e Dio, l’uomo sarà veramente difeso, onorato, realizzato e salvo!

                                                                                                                                                                    Mons. Ottavio Belfio

 

UN DIALOGO NELLA LIBERTA’

PER LA LIBERTA’ DI OPINIONE

 

“Nulla si guadagna con la violenza e tanto si perde”, sottolinea Papa Francesco, mettendo fuorigioco ogni tipo di razzismo o di esclusione come pure ogni reazione violenta, destinata a rivelarsi a sua volta autodistruttiva. Le discriminazioni – comprese quelle basate sull’orientamento sessuale –costituiscono una violazione della dignità umana, che – in quanto tale – deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking… sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini.

Al riguardo, un esame obiettivo delle disposizioni a tutela della persona, contenute nell’ordinamento giuridico del nostro Paese, fa concludere che esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportamento violento o persecutorio.

Questa consapevolezza ci porta a guardare con preoccupazione alle proposte di legge attualmente in corso di esame presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati contro i reati di omotransfobia: anche per questi ambiti non solo non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l’urgenza di nuove disposizioni.

Anzi, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide, per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso. Crediamo fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l’impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a scongiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche, ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente onesto. Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese.                                                           

                                                                                                                                                                          La presidenza della CEI

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