28^ Domenica del T.O.
Carissimi amici,
è giovedì sera. Sono appena tornato a casa dal duomo dove ho presieduto la celebrazione del sacramento della Penitenza cui hanno partecipato i cresimandi, i genitori ed i padrini e le madrine. È stato un momento importante per loro ma anche per noi, per le nostre parrocchie del centro città che, nonostante la dispersione o le relazioni un po’ sfilacciate, ancora riescono ad aggregare un gruppo di persone attorno ai sacramenti della nostra salvezza. Davvero il Signore fa la sua strada e affida il suo messaggio alla nostra collaborazione, si fida di noi più di quanto noi ci fidiamo di Lui.
I cresimandi
Sono ragazzi che hanno frequentato il catechismo in questi due anni, frequentano le scuole superiori e riceveranno la S. Cresima sabato prossimo alle 16.30 in cattedrale. Sono stati seguiti dai catechisti Simone, Giorgio, Sergio, Gabriele che vogliamo ringraziare, anche perché questi due anni non sono stati facili a motivo della pandemia. Il Vescovo mi ha delegato a celebrare questo sacramento e debbo dire che sono contento perché, non sono ragazzi a me del tutto estranei come mi succede le volte in cui vado a cresimare nelle parrocchie fuori città, ma sono ragazzi che ho incontrato qualche volta alle veglie di preghiera o addirittura ragazzi che ho battezzato, ai quali ho dato la Prima Comunione ed ora anche la Cresima. Mi pare di essere quasi “di famiglia” nelle loro famiglie, soprattutto nella famiglia dei figli di Dio che è la chiesa. I legami spirituali sono importanti come quelli del sangue. Invito tutta la comunità ad invocare lo Spirito del Signore su questi giovani, lo spirito di forza, di sapienza e di amore.
La parola ed il silenzio
Abbiamo iniziato anche la catechesi per i bambini, i ragazzi ed i cresimandi. Tutti si sono messi in cammino. Ma cosa è la catechesi. “È una educazione della fede dei bambini, giovani e adulti, la quale comprende in special modo un insegnamento della dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 5). Anche noi sacerdoti e catechisti ci siamo avviati con loro per dare una testimonianza e non solo delle conoscenze religiose. Il perno è la Parola di Dio, letta, meditata, gustata, trasmessa come una luce che passa di mano in mano, da cuore a cuore. La Parola di Dio ci supera, ci avvolge, ci illumina. Direi qualcosa di più, noi siamo immersi nella Parola di Dio. Ci dà un progetto di vita. In questa parola troviamo il senso del vivere, del nascere e del morire, dell’amare e del donarsi, del lavorare e del riposare. Però non basta la Parola, occorre anche il silenzio che ascolta, che accoglie, che si lascia animare. Da qui nascono la nostra gratitudine, la preghiera, l’adorazione, il ringraziamento. Il Dio vivo riempie ogni spazio di silenzio. “La Parola zittì chiacchiere mie” così dice il poeta Clemente Rebora. Il silenzio interiore è una caratteristica del credente.
Fiducia nella Parola
La parola di Dio, seminata nei cuori, porta frutto. Non sappiamo quanti frutti, non sappiamo quali, non sappiamo quando matureranno. Noi siamo chiamati a seminare e, se raccogliamo, raccogliamo ciò che altri hanno seminato. Abbiamo questa libertà, non ci lasciamo condizionare dai risultati. Quando il Signore vorrà, la pianta crescerà e produrrà i suoi frutti.
Una piccola esperienza
Vi voglio raccontare un fatto vero che mi è successo qualche domenica fa. Entro alle 7.20 in chiesa per la Messa. Mi ferma un uomo e mi consegna una lettera dicendomi di celebrare una S. Messa per la sua mamma deceduta qualche anno fa. Gli chiedo il nome della mamma che poi ricordo nella Messa. Nel pomeriggio rientro a casa, apro la lettera e leggo lo scritto accluso dove mi viene ricordato una esperienza di 50 anni fa.
“Caro don Luciano, ho seguito la Messa in streaming che lei ha celebrato tutte le domeniche mattina durante l’estate. Ricordando l’opera di Dante ha citato l’ultimo verso dell’Inferno “e quindi uscimmo a riveder le stelle” e poi quello del Purgatorio “puro e disposto a salire alle stelle”, quindi del Paradiso “l’amor che move il sole e l’altre stelle”. Sempre le stelle venivano citate e lei ci invitava a vivere un umanesimo non quello impoverito che guarda solo a terra ma quello ricco di Dante che sa rivolgersi verso l’alto.
Mi sono ricordato dell’esperienza che lei, 50 anni fa, ha proposto a noi ragazzi. Ci ha portati sul prato davanti alla casa di…. dopo il Rosario del mese di maggio: ci ha disposti in cerchio, seduti sull’erba ed in silenzio ci ha detto di contemplare le stelle. Io ero un ragazzo birichino e vivace, non ho capito subito l’esperienza. L’ho capita man mano che sono andato avanti nella vita. Bisogna guardare in alto per camminare lungo il retto sentiero sulla terra”.
Cosa voglio dire, cari amici? Una piccola esperienza che, sinceramente io non ricordo, ha illuminato la strada di una persona che ne dà testimonianza dopo 50 anni. Allora, genitori, insegnanti, catechisti, sacerdoti, religiosi/e, seminiamo sempre, senza stancarci, con fiducia. Il seme è buono e ricco, ha in sé la potenza di Dio, porta frutto. Compiamo insieme un atto di fede. Buona domenica! Don Luciano Nobile, Parroco
QUESTA PAROLA