31^ Domenica del Tempo Ordinario

UNA VOLTA C’ERA PIU’ SOLIDARIETA’ ?

 

 

Carissimi parrocchiani,

da tempo stiamo cercando di far nascere un Centro di Ascolto Interparrocchiale al fine di effettuare un intervento più efficace nella crescita di coloro che fanno fatica a vivere o comunque hanno bisogno di un accompagnamento da parte nostra.

Certamente possiamo operare da soli ma insieme possiamo essere più efficaci ed aiutarci e sostenerci nei momenti di scoraggiamento e di difficoltà.  Sono tante le fragilità che segnano la vita di tante persone. Non intendiamo trovare soluzioni immediate per tutte le situazioni ma desideriamo metterci a fianco delle persone per condividere un cammino insieme.

Tempo addietro, da questo foglietto abbiamo fatto appello ai volontari perché possano offrire la loro competenza e un po’ tempo. Ha risposto una quindicina di persone. Abbiamo iniziato un cammino assieme alle parrocchie del centro e della zona ovest della città con una riflessione proposta da don Roberto Gabassi, parroco del S. Cuore, di Gesù Buon Pastore e di S. Gottardo. Domenica scorsa abbiamo parlato di solidarietà con i vivi e con i morti. Vogliamo continuare la riflessione pubblicando, per alcune domeniche, questo intervento che ci sembra appropriato per la crescita delle nostre comunità nell’amore di Dio e del prossimo. Nella speranza che sia gradito ed efficace, lascio al mio confratello D. Roberto la parola.                                                                                                                                                                                                    Don Luciano, parroco.

 

 

 

“Ed eccomi qua, grato appunto, per la fiducia che mi viene accordata e per l’occasione che mi avete offerta di riflettere ulteriormente su una “dimensione” (chiamiamola così) essenziale del nostro essere cristiani. Anzi (mi permetto di dire) – ancor prima del nostro essere cristiani – del nostro essere donne e uomini inseriti, responsabilmente, in un determinato contesto umano, in un ben preciso contesto sociale.

Quello che provo a condividere con voi non viene da una mia “specializzazione” nel settore. Non mi occupo in maniera specifica di “problematiche sociali”, di “economia” o di “questioni del mondo del lavoro”… Non dedico tempo a leggere libri o riviste specializzate…

Mi ritengo semplicemente un cristiano che tenta, con le sue fatiche, di capire cosa significhi vivere il più coerentemente possibile la propria fede in Gesù Cristo! Tanto più che – il sottoscritto – sa di avere una grande responsabilità in quanto presbitero (in quanto anche parroco): quella di cercare di esser riferimento per la comunità dei credenti in Gesù.

Condivido quindi con voi quello che tento di coltivare dentro di me, sapendo che spesso mi ritrovo anch’io con una infinità di domande, e spesso senza risposte se non quella (che sento venirmi dal Cristo) di cercare di avere il cuore libero e di mettermi in ascolto senza pregiudizi.

Sappiamo che sono tre i pilastri che sostengono la vita cristiana (la vita di un cristiano)

    • L’annuncio del vangelo di Gesù Cristo (formazione permanente)

    • L’esperienza liturgico – celebrativa con al centro l’Eucaristia

    • La testimonianza della carità, ossia la quotidianità vissuta nello stile di Gesù, nello stile delle sue relazioni, del suo rapportarsi con le persone e con le cose.

Ma sappiamo anche quanta fatica facciamo a mettere insieme ciò che accogliamo nell’annuncio e ciò che celebriamo nella liturgia, con la quotidianità della nostra vita. Come se la fede, proclamata e celebrata, spesso non centrasse granché con le nostre scelte quotidiane.

Cosciente che questa fatica la viviamo tutti (anch’io devo fare i conti con le mie fragilità), credo tuttavia che ciò che ci manca sia un serio esame di coscienza sul nostro essere cristiani e sul nostro vivere da cristiani. Lo diamo troppo per scontato, dimentichiamo che si tratta di una scelta da verificare e da rinnovare quotidianamente.

La storia ci ricorda (e spero che anche ci insegni qualcosa) che le contraddizioni più palesi ci stanno dentro tutte. Io mi meraviglio, ad esempio, quando sento rimpiangere la fede del passato. Di quale passato? Ovviamente noi ricordiamo il ‘900. Ma dimentichiamo che il ‘900 è stato il secolo degli immensi disastri umani. Dimentichiamo che il ‘900 ha visto ben due guerre mondiali nate e cresciute nell’Europa cosiddetta cristiana. Dimentichiamo che l’Europa cristiana ha permesso il proliferare di due “bestialità” (permettetemi che le chiami così, con pieno rispetto nei confronti del mondo animale) quali il nazismo (una ventina di milioni di morti nella dittatura nazista e in quelle al nazismo ispirate ancora nei paesi cosiddetti cristiani (pensiamo al SudAmerica); e quali il comunismo reale (una novantina di milioni di morti).

Sento dire: una volta c’era più solidarietà! Tra chi? Tra cristiani? Tra cristiani e non? O semplicemente tra poveri!!! Solidarietà tra coloro che probabilmente vivevano una fede rassegnata. Convinti che la situazione vissuta, le differenze sociali, le sperequazioni di ogni genere… e il dolore fossero sempre e comunque volontà di Dio!!!

Non credo esista un’epoca ideale a cui guardare nel tentativo di vedere realizzato il sogno (e progetto) di Gesù. “Amatevi tra di voi come io ho amato voi; io che ho dato la mia vita per voi!”. Neppure la prima comunità di Gerusalemme descritta da Luca negli Atti degli Apostoli. Tutti gli studiosi sono concordi nell’affermare che Luca, piuttosto che descrivere una realtà in atto, abbia voluto tracciare un progetto per le prime comunità cristiane, progetto che già allora i cristiani facevano fatica a fare proprio.

Perché amare come ci ha amati il Cristo, fino al dono della vita, non è sicuramente un dato scontato, semplicemente perché abbiamo deciso di avere a che fare con lui. Pensiamo ai discepoli stessi (domenica scorsa): “Maestro, vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiediamo”. Anche loro hanno fatto i conti con una fede… “utilitaristica”, dove c’è qualcosa da guadagnare, non sicuramente da perdere.”                                                                                                                               Don Roberto Gabassi

(continua)

 

PREGHIERA

 

 

Signore Gesù, che hai condiviso le sofferenze di ogni uomo e ogni donna,
ti affidiamo le sorti della nostra società ed in particolare di coloro che vivono la precarietà
e la mancanza di un lavoro.

Aiutaci a comprendere la necessità di vivere nella logica della solidarietà
che ha la sua origine nel vedere i dolori del mondo.

Rendici persone attente ai bisogni dei nostri fratelli
solidali nella condivisione delle risorse e nel sostegno
concreto a chi è nell’indigenza.

La preghiera d’intercessione per chi soffre e l’aiuto fattivo
a chi è nel bisogno sono due modi di vivere l’unico
amore che Tu ci hai insegnato.

“Il Signore ama chi dona con gioia”:
rendici capaci di donarci con generosità e senza riserve.

Amen

© 2008-2023 Cattedrale di Udine - All Rights Reserved - Progetto a cura di Jacopo Salemi