33^ Domenica del T.O.

 

PRETE E ORGANARO

 

Singolare per molti aspetti è stata la figura di don Pietro Nachini (1694-1769), religioso e organaro attivo nell’ambiente veneto e friulano di trecento anni fa. Entrato diciottenne nel convento dei frati minori osservanti di Sebenico, viene mandato a Venezia dove prosegue gli studi teologici, di matematica e di architettura e inizia a occuparsi di strumenti a canne. Ordinato prete, esce dal convento per vivere nel clero diocesano e impegnarsi, insieme a due confratelli in una impresa organaria, che poi continuerà in maniera autonoma, con una bottega che gli guadagnerà la riconosciuta fama di più celebre e richiesto costruttore di organi a canne della scuola veneziana settecentesca. Uno dei suoi primi organi si trovava nell’ora distrutta chiesa dei Domenicani a Cividale del Friuli, molti altri strumenti, più di 400 in tutto, egli costruì insieme agli aiutanti e allievi Dacci, Callido e Da Re, per le chiese dell’intero arco dell’Adriatico, dalle Marche alla Dalmazia. Pregevoli opere per le chiese di Udine, di Tarcento e di Tolmezzo sono andate disperse o furono ricostruite, ma due capolavori ancora funzionanti sono collocati nel nostro Duomo, rispettivamente nelle navate laterali di sinistra e di destra e sono stati più volte restaurati a cura della ditta Zanin di Codroipo. Agli inizi del Settecento, il transetto già barocchizzato della Cattedrale viene ulteriormente riformulato con il rifacimento in stile rococò che ora ammiriamo. Nell’occasione, anche i due organi cinquecenteschi, insieme al loro apparato decorativo, vengono profondamente modificati e arricchiti. Le preziose casse a cinque arcate vengono aggiornate e ingrandite e allargati gli spazi per le cantorie. Nel 1732 viene affidato l’incarico all’organaro veneziano G. Pescetti, ma un decennio più tardi si deve intervenire con un rifacimento completo, questa volta affidato all’organaro Nachini, che nel frattempo metteva solide radici in Friuli, acquistando una villa a Corno di Rosazzo, dove trascorrere periodi di riposo e di ripresa dai malanni della salute. Datato al 1745, 100° opera della bottega Nachini, l’organo di destra ha poi subìto danni nella prima guerra mondiale, è stato più volte restaurato e da 50 anni è collegato elettricamente a un terzo corpo di canne, collocato in presbiterio, mediante una moderna consolle a 4 tastiere, pur rimanendo la possibilità di essere suonati in maniera indipendente. Proprio questi strumenti sono stati impiegati nel recente concerto del 7 novembre, con l’esecuzione, tra l’altro, di due concerti per organo e orchestra di M.E. Bossi e di M. Arnold. Di notevole interesse storico è anche il monumentale strumento di sinistra (1751), che conserva l’unica tastiera superstite tra quelle di grandi dimensioni realizzate dall’organaro dalmata. Unico è anche il piccolo organo positivo tergale, formato da soli tre registri, le cui canne si vedono spuntare nella campitura centrale della cantoria.

In questo, come in molti altri casi degli strumenti nachiniani, si nota come la fonica sia orientata verso il completamento della famiglia dei registri con canne di diametro largo e l’inclusione ormai definitiva del registro chiamato ” cornetta”, introducendo inoltre il sistema di collocare le ance davanti alle canne di prospetto per una loro valorizzazione sonora e anche una più agevole manutenzione.
Del particolare affetto dell’organaro per il Friuli e per la sua abitazione di Corno si ha documentazione in una lettera scritta da Venezia il 6 febbraio 1750, indirizzata al commerciante udinese Valentino Antivari, nella quale scrive: “et per maggior certezza, io in breve mi porterò a Corno alla mia casa, per lasciar ivi la mia sorella (Anna) per la sua salute”. La villa, ora nota come Cabassi – Pontotti, era circondata da cortili, orto, giardino e braida di casa, tale da offrire ospitalità per tempi di sosta e di ritempramento delle forze.
Poco dopo la morte del suo protettore, il patriarca Daniele Delfino, don Pietro vende la casa e tutti i possedimenti terrieri di Corno, abbandonando il Friuli per trasferirsi a Conegliano, dove morirà alcuni anni dopo. La causa di una decisione così radicale fu probabilmente nello scontro con il nuovo arcivescovo di Udine, Bartolomeo Gradenigo, che eccepiva lo stile vita di un prete che da sempre faceva l’impresario, pur continuando, anche in casa, a celebrare ogni giorno la Messa. Esempio speciale di doppia fedeltà, alla vocazione religiosa e alla vocazione musicale.                  Mons. Guido Genero, Vicario Generale

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