5^ Domenica del Tempo Ordinario

Carissimi, il Parroco mi ha detto che ha dovuto aumentare le copie di questo foglietto domenicale anche perché questi interventi che ambientano il Vangelo domenicale sono istruttivi, coinvolgenti e graditi. Ciò mi incoraggia a continuare per offrire la mia collaborazione in parrocchia, pur non potendo venire a celebrare l’Eucaristia con voi, che ricordo volentieri al Signore nella preghiera.

                                              

PRENDI IL LARGO

 

Dopo l’incontro/scontro con i “pii israeliti a Nazaret” “…scese a Cafàrnao, città della Galilea…” (Lc 4,31) e vi si stabilì in casa di Simone e Andrea. Cafàrnao sarà il centro del ministero di Gesù in Galilea. Cittadina situata a 4 Km ad ovest dell’ingresso del fiume Giordano nel lago di Gennèsaret -. (Lc e Mc) detto anche Mar di Galilea o lago di Tiberiade (Gv) -.  Era città di confine fra lo stato di Filippo e quello di Erode Antipa. Politicamente meno controllata e più libera, cosmopolita e città di commercio. Luca ci informa che le giornate di Gesù finivano tardi alla sera: “Al calar del sole, tutti coloro che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero da lui” (Lc 4,40) e iniziavano al mattino presto: “Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto” (Lc 4,42).

“Mentre la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la Parola di Dio, Gesù,… vide due barche accostate alla sponda…”(Lc 5,1) così inizia il brano del Vangelo di questa domenica. Siamo sulle rive del lago, in un giorno feriale, mentre gli uomini sono impegnati nel loro lavoro, stanno sudando per guadagnarsi da vivere. Gesù salì sulla barca di Pietro e “insegnava alle folle”(Lc 5,3). “La sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante” (Lc 437) perché avevano visto guarire nella sinagoga di Cafàrnao uno posseduto dal demonio, a casa di Pietro guarire sua suocera da una grande febbre. Il simbolismo è evidente: non è solo durante la liturgia del sabato e negli ambienti e luoghi di culto che Gesù annuncia la parola di Dio. Egli la proclama in tutti i contesti, in quelli sacri e in quelli profani, perché essa illumina, ispira, guida ogni attività dell’uomo ed è sempre luce, consolazione e speranza.

“Quando ebbe finito di parlare disse a Simone: «Prendi il largo – Vulgata – Duc in altum»”. Questo invito ha un significato reale perché il lago era molto grande con i suoi 21 Km di lunghezza e 13 di larghezza e una profondità massima di 45 m. La sua specificità è che si trova a circa 213m sotto il livello del mare ed è circondato da colline alte tra 360 e 460 m che, per le forti correnti d’aria, causano violenti temporali. Lago molto pescoso e al tempo di Gesù nutriva una popolazione molto numerosa. Il simbolismo è ben sottolineato da papa san Giovanni Paolo II°. “Duc in altum” scrive il papa nella sua lettera apostolica Novo millennio ineunte – all’inizio del nuovo millennio – «è un invito ad andare in profondità nelle cose, a essere intraprendenti, audaci; dobbiamo dare alla nostra vita uno slancio, un dinamismo forte fondato sulla grazia di Dio». Ma, leggendo Luca, si scopre che a Pietro questo ordine sembra insensato: quella non è l’ora per pescare e si corre senz’altro il rischio di esporsi al ridicolo e ai motteggi dei colleghi. “…ma sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5). Strano poi: lo stupore per le barche che quasi affondano cariche di “una quantità enorme di pesci” (Lc 5,7) lascia posto al timore ”Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore” (Lc 5,8). Stupendo: posso io annunciare il Vangelo con tutti i miei peccati che si ripetono, si rincorrono e non cambia mai niente? Gesù: “Non temere” (Lc 510).

“«Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono” (Lc 5,10b-11). Questi versetti formano il tema centrale del brano evangelico. Il fatto della chiamata dei primi apostoli lo comprendiamo bene, ma il linguaggio merita un momento di riflessione. Nella Bibbia le acque del mare sono il simbolo del potere del male, delle forze che portano alla morte. Uomini che devono essere pescati – Luca usa l’espressione “catturati vivi”- cioè aiutati a vivere, sono coloro che si sentono in balia dei loro idoli, delle loro passioni, che sono capaci solo di fare del male a se stessi e agli altri. A dover essere tirata fuori dalla sua condizione disperata è l’umanità intera che rischia di venir inghiottita dalla violenza, dagli odi, dalla guerra, dalla corruzione morale. I pesci stanno bene nell’acqua, nell’acqua però non si trovano a loro agio gli uomini, specialmente quando si tratta di quel mare immenso, profondo, cupo, agitato I pesci tirati fuori dall’acqua muoiono, gli uomini invece vivono. Di questo simbolismo si serve Gesù per spiegare ai discepoli qual è la loro missione. Ce lo spiega bene sant’Ambrogio. «Gli strumenti della pesca apostolica sono le reti, infatti non fanno morire chi vi è preso, ma lo conservano per la vita, lo traggono dagli abissi alla luce».

“…lo seguirono” (Lc 5,11b) noi cristiani non siamo dei sognatori, degli illusi, ma dei convinti e siamo pronti “sulla tua parola” (Lc 5,5) a “pescare a mezzogiorno”… se il Maestro ce lo chiede.

Buona Domenica.                                                                            Mons. Pietro Romanello, Canonico del Capitolo Metropolitano

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