6^ Domenica del Tempo Ordinario

Carissimi fedeli, questo foglietto domenicale con il quale comunico ogni settimana con voi da oltre 12 anni, è giunto al N° 375. Se ogni domenica 450 persone spontaneamente lo ritirano in fondo alla chiesa, significa che vi trovino interesse e qualche nutrimento. Voi sapete bene che non è soltanto un mezzo, pur utile, per comunicare avvisi parrocchiali. Per me è molto di più. Esprime il mio desiderio di aiutare le persone a vivere la vita cristiana, ascoltando la Parola di Dio, celebrando i sacramenti, testimoniando la carità. Vale a dire che è un umile strumento di formazione che ci accompagna nella nostra vita di comunità. Ogni giovedì sera lo preparo pensando a voi che incontro la domenica successiva. Molti di voi conosco per nome, di altri ricordo soltanto il volto, tanti raggiungo con questo piccolo mezzo, semplice e popolare. Entro così anche nelle vostre case dove voi portate questo foglietto “L’angelo di S. Maria di Castello”. Come vi ho scritto due domeniche fa, sta per essere pubblicato il nuovo libro dei canti “Misericordias Domini in aeternum cantabo” per partecipare attivamente alle nostre liturgie. Il parroco è il primo responsabile della Liturgia e deve favorire la partecipazione attiva alla stessa, perché sia fruttuosa. In questa occasione desidero invitare tutti a partecipare anche al canto, eseguito con delicatezza, mettendo insieme le nostre voci nell’unica lode che sale al Signore.

Ho chiesto a Mons. Giulio Gherbezza, che svolge il suo servizio pastorale nella chiesa di S. Giacomo, di fare in queste domeniche alcuni interventi per aiutarci a comprendere il valore del canto e della musica nella liturgia. È diplomato in organo, ex insegnante del conservatorio Jacopo Tomadini di Udine ed in questi 50 anni dopo ill Concilio Vaticano II°, ha vissuto con serenità, assieme ai sacerdoti ed ai fedeli, il travaglio del cambiamento della Liturgia perché questa diventasse più significativa attraverso i suoi riti.

Ringrazio mons. Giulio per questo aiuto e mi auguro che queste riflessioni possano alimentare il desiderio di pregare insieme cantando. Ognuno svolga il suo ministero con umiltà: il ministro ordinato presieda, il lettore proclami con dignità la Parola, l’accolito (o il ministrante) serva all’altare, il ministro della comunione eucaristica distribuisca le Sacre Specie, l’organista, il cantore, il coro normalmente sostengano il canto dell’assemblea. Siamo tutti al servizio della liturgia perché con i suoi Riti ci aiuti ad incontrare Cristo e a vivere di Lui.                                                                                                                       Il Parroco   Mons. Luciano Nobile

 

MUSICA E CANTO NELLA LITURGIA

 

Liturgia terrena e liturgia celeste

Si racconta che Vladimir I di Kiev nell’anno 986 inviò una delegazione nelle regioni circostanti per conoscere le diverse religioni e riceverne una valutazione affinché egli, il principe, potesse orientarsi al meglio. I delegati, dopo aver portato a termine la missione, così riferirono l’esperienza vissuta a Costantinopoli durante la liturgia cristiano-bizantina:      “Noi non sapevamo se eravamo in cielo o in terra, poiché sulla terra non esiste splendore o una tale bellezza e noi siamo del tutto inadeguati a descriverli. Ma una cosa possiamo dire: il Signore abita tra quegli uomini e noi non possiamo dimenticarne la bellezza”.

Il canto esprime gioia, stupore, meraviglia e i fedeli prendono parte a quella sinfonia che Angeli e Santi elevano incessantemente al Signore. Così la Costituzione Conciliare “Sacrosantum Concilium” al n. 8 :

“Nella liturgia terrena noi partecipiamo per anticipazione alla liturgia celeste che viene celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede alla destra di Dio…e insieme con tutte le schiere delle milizie celesti cantiamo al Signore l’inno di gloria”

In un celebre libro-intervista, redatto dal giornalista Vittorio Messori, il card. Ratzinger affermava che:

 “L’unica vera apologia del cristianesimo può ridursi a due argomenti: i santi che la Chiesa ha espresso e l’arte che è germinata nel suo grembo. Il Signore è reso credibile dalla magnificenza della santità e da quella dell’arte esplose dentro la comunità credente…. Se la Chiesa deve continuare a convertire, dunque a umanizzare il mondo, come può rinunciare nella sua liturgia alla bellezza, che è unita in modo inestricabile all’amore e insieme allo splendore della Resurrezione? No, i cristiani non devono accontentarsi facilmente, devono continuare a fare della loro Chiesa un focolare del bello —dunque del vero — senza il quale il mondo diventa il primo girone dell’inferno’.

Noi ben sappiamo che l’uomo non vive di solo pane. Ha bisogno di luce, di bellezza, di spiritualità, di interiorità. E la Chiesa non può appagarsi del solo ordinario, di ciò che è banale. E’ stata scelta e voluta da Dio come città della gloria, luogo della festa e dell’incontro. Deve ridestare la voce e il canto dei credenti, glorificando il Creatore e svelando agli uomini la loro dignità.

                                                                                                                                                                      Mons. Giulio Gherbezza

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