7^ Domenica del Tempo Ordinario

MA IO VI DICO

Luca 6,27-38

 

Carissimi fedeli, in questo incontro domenicale con voi cerco di farvi intravvedere il volto del Signore. Anzi lo contempliamo insieme per lasciarci affascinare da Lui e per proseguire sulla strada che abbiamo iniziato nel giorno del nostro Battesimo.

“Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a sé stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico” (Es 23,4-5). Già Mosè chiedeva atteggiamenti di amore verso il nemico. Ma gli uomini religiosi, sicuri della loro pretesa giustizia erano giunti a formulare proposte diverse. Nel libro sapienziale del Siracide, conosciuto dalla tradizione cristiana anche come Ecclesiastico, per l’ampio uso che la Chiesa ne faceva in quanto fonte di insegnamenti pratici, leggiamo: “Fa’ doni all’uomo pio e non dare aiuto al peccatore. Fa’ il bene al povero e non dare all’empio, rifiutagli il pane e non dargliene, perché egli non usi per dominarti; il male che avrai sarà doppio per tutti i benefici che gli avrai fatto” (Sir 12,4-5).

La parola di Gesù oggi: “alzàti gli occhi verso i suoi discepoli diceva: Beati voi, poveri…” – Vangelo di domenica scorsa – e continua: “Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male”. Nelle Beatitudini vediamo il ritratto di Gesù e in queste proposte la sua vita. In tutta la sua vita ha provato nella sua carne il comandamento dell’amore, ma è nella sua Passione che dà la testimonianza più forte. A chi lo tradiva offriva l’amicizia: “Subito – Giuda – si avvicinò a Gesù e disse: «Salve Rabbi!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico…»” (Mt 26,49-50). “Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello…” (Mt 27,30-31) A chi lo schiaffeggiava si sottometteva in silenzio. Perdona ai suoi crocifissori: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc23,34). L’apostolo Paolo ha parole chiare riguardo a Gesù. “Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8).

Lo sappiamo tutti. Ci sono cristiani che riconoscono, molto onestamente, che, anche sforzandosi, non riusciranno mai ad amare chi ha recato loro danni irreparabili: chi li ha calunniati, chi ha distrutto la serenità e la pace nella loro famiglia o chi ha ucciso un loro familiare… Penso che Gesù non esiga che diventiamo amici di chi ci fa il male. Nemmeno lui aveva simpatia per Anna e Caifa, per i farisei, per Erode che egli soprannominò ‘volpe’ (Lc 13,32) per Erodiade che fece uccidere il Battista (Mc 6,14-29). La simpatia non dipende da noi, non può essere comandata; sorge spontanea tra persone che si stimano che si sentono in sintonia. Gesù ci chiede di amare, cioè di non guardare ai propri diritti, ma ai bisogni dell’altro, di essere in sintonia con il Padre che sta nei cieli “che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45). La strada è la preghiera. Nella preghiera possiamo vedere chi ci fa del male alla luce del mistero di Dio, il Dio che ci ha amati in Cristo.

Anche i saggi pagani avevano dato consigli simili. Seneca, filosofo stoico, precettore e consigliere di Nerone, scriveva: “Se vuoi imitare gli dèi, fa del bene anche agli ingrati, poiché il sole si alza anche sui malvagi”.

In che cosa si distingue il vangelo-buona-notizia di Gesù da questa proposta o da altre simili? Leggiamo il Vangelo. ”Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta?… E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto” (Lc 6,32-34). Si tratta di azioni buone, tre casi di uomini giusti; ma il loro atteggiamento può essere dettato da un calcolo, dalla ricerca di un vantaggio. Gesù ripete tre volte “quale gratitudine…” cioè ‘cosa fate di gratuito?’ E’ la gratuità che caratterizza l’agire del cristiano e che permette di identificare, in modo inequivocabile, i figli di Dio. Il Vangelo ci presenta tre categorie di persone: sul gradino più basso sono i malvagi (coloro che pur ricevendo il bene, fanno il male); più su ci sono i giusti (coloro che rispondono al bene con il bene e al male con il male); infine sono coloro che al male rispondono con il bene e sono i figli di Dio che rendono visibile agli occhi degli uomini il volto del Padre celeste.

“A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra”(Lc 6,29). Gesù non proibisce ai discepoli di esigere la giustizia, di difendere i propri diritti, di proteggere i propri beni, il proprio onore, la vita. Non sono dei vigliacchi che tollerano l’oppressione nei confronti dei deboli. Il cristiano deve impegnarsi a porre fine all’ingiustizia, alle prevaricazioni, ai furti, ma per amore della giustizia rifiuta i metodi condannati dal Vangelo. Non ricorre alle armi, alla violenza, alla menzogna, all’odio, alla vendetta “non rendete a nessun male per male. Non fatevi giustizia da voi stessi…se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare, se ha sete, dagli da bere… non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male col bene” così scrive Paolo ai romani (Rm 12,17-21). E’ d’obbligo anche la pazienza, la capacità di soffrire, di sopportare un grande peso pur di non fare del male a un fratello.

Buona Domenica a tutti.                                                                                   Mons. Pietro Romanello, Canonico del Capitolo Metropolitano

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