Domenica delle Palme

GAVISI SUNT ERGO DISCIPULI

 

Carissimi fedeli,

entriamo oggi nella Grande Settimana che ha come centro il Triduo Pasquale, il mistero della Morte e Risurrezione di Gesù. Ritorna tutti gli anni a primavera, a dare speranza di vita che si rinnova continuamente. Abbiamo bisogno di belle notizie, come i discepoli che ”si rallegrarono al vedere il Signore”. Allora insieme contempliamo l’amore del Signore durante questa settimana. Oggi, Domenica delle Palme, lo accompagniamo nel suo ingresso a Gerusalemme dove termina il suo pellegrinaggio terreno. Facciamo festa attorno a Lui e lo seguiamo sulla via dell’amore che ci conduce alla Risurrezione. Giovedì Santo Gesù ci dona il sacramento dell’Eucaristia, segno della sua presenza viva e reale in mezzo a noi, nutrimento per la nostra vita cristiana e farmaco per le nostre ferite. Venerdì santo il suo amore splende sulla croce: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il sua Figlio”. Le braccia allargate in segno di arresa restano sempre aperte in segno di accoglienza e di misericordia. È il dono totale di sé. Da Lui esce lo Spirito che ci raggiunge nel Battesimo trasmettendoci lo stesso suo amore che vince la morte. Ed è Pasqua. Il Figlio di Dio è entrato nella morte per vincerla col suo amore fedele al Padre e a noi. Il Risorto ha vinto, ci prende per mano perché facciamo la medesima esperienza, mantenendo una relazione intima con Lui. Qui nasce un grande mistero. Gesù incontra Maria di Magdala, lei non lo riconosce subito. Si avvicina ai discepoli di Emmaus ma loro non lo riconoscono. Appare ai discepoli ma non lo riconoscono.  Eppure non ha sembianze nuove. Come mai? I loro occhi non lo vedono. Non hanno ancora esperienza della vita intima col Risorto, finché non vengono chiamati per nome e non siedono a tavola dove Egli spezza il pane. Probabilmente siamo anche noi come i discepoli di Emmaus. Non siamo testimoni oculari della vita di Gesù. Come loro, abbiamo nutrito tante attese dentro il nostro cuore ma alle volte non si sono realizzate. I discepoli erano tristi. Speravano che Lui li liberasse, invece… Allora essi tornano al loro paese. Anche noi siamo tentati di abbandonare la comunità e di pensare ognuno ai fatti propri. Dio sì, Cristo un po’, la chiesa niente. E ci si costruisce una religione “fai da te”, su misura, soprattutto che non disturbi. È solo un fatto privato. Oppure si cercano altre esperienze alternative alla fede che siano più rilassanti, che creino benessere o diano almeno l’impressione di raggiungerlo. Ma la fede non offre immediatamente il benessere, anzi pungola, richiama, stimola, incoraggia, dà forza e soprattutto apre al trascendente,. Gesù ha pazienza. Si mette accanto a noi e ci offre la sua parola. Ci apre gli occhi. Si dona a noi. Ci testimonia l’amore del Padre. Si può incontrare quando ci si mette sulla sua strada. Se si cammina dietro a Lui. Solo così lo si riconosce. Se si fa esperienza sacramentale del suo mistero di croce e di risurrezione, sedendo alla sua mensa.

Preghiamo: “Quarens me sedisti lassus, redemisti crucem passus, tantus labor non sit cassus”. Liberamente tradotto: “Signore, sei venuto a cercarmi, stanco ti sei seduto sul ciglio della strada, tu mi hai redento con la tua croce, non sia vano tanto patire”.

Con queste speranze nel cuore, auguro a tutti di riconoscere il Signore e di aiutare altri a riconoscerlo attraverso la nostra testimonianza. Così, come i discepoli, ci rallegriamo al vedere il Signore.

Anche a nome dei canonici auguro a tutti una Buona Pasqua!

                                                          Mons. Luciano Nobile, Parroco.

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