La nostra Cattedrale in lutto

Mandi, pre’ Pieri

Il mio ricordo di don Pietro risale ad un tempo molto lontano, agli anni del Seminario quando lui ormai stava portando a termine il suo percorso di formazione al sacerdozio ed io frequentavo ancora il liceo. Tra classi così distanti  non c’era comunicazione anche per una certa soggezione che noi più giovani avevamo di fronte ai chierici che erano vicini alla Ordinazione presbiterale. Sapevo che proveniva da Moruzzo.

Ci siamo incontrati realmente nel 1975, quando don Pietro è diventato Parroco di S. Giovanni al Natisone ed io stavo muovendo i primi passi come parroco di Pavia di Udine, due paesi che, a quel tempo, appartenevano alla stessa Forania di Rosazzo-Manzano. Questa appartenenza ci ha offerto l’occasione di conoscerci meglio attraverso gli incontri mensili dei sacerdoti e le visite occasionali. Quando divenni Vicario di quella Forania, mi suggerì di non limitare gli incontri dei sacerdoti a qualche ora soltanto per ascoltare un relatore, discutere di cose certo interessanti legate alla nostra vita pastorale ed ai cambiamenti di quegli anni del post-concilio ma di dedicare a noi stessi qualche momento di relax… per conoscerci meglio in un clima di amicizia. La proposta era piaciuta a tutti e diverse volte abbiamo colto l’occasione per momenti di riposo e allegria trascorsi insieme in fraternità in una casa di proprietà di suoi amici, sulle colline nei dintorni di S. Giovanni al Natisone dove lui ci faceva trovare un pranzo sempre innaffiato da un buon bicchier di vino che, da quelle parti, si gradisce sempre volentieri per la sua bontà… Alle volte comparivano anche le carte da gioco per una “briscola o un tresette” e così si trascorreva qualche ora nel pomeriggio in armonia. Racconto questo con una certa nostalgia perché mi è sempre piaciuta l’amicizia non solo con “gli amici più stretti” ma anche quella più allargata e altrettanto importante, motivata non da simpatia reciproca né da condivisione di idee e di opinioni uguali, ma originata da un legame spirituale che è la medesima partecipazione al sacerdozio di Cristo nell’Ordine del Presbiterato. Questo legame sacramentale poi si estende e si palesa in una collaborazione fattiva nella stessa chiesa diocesana e viene ancor più arricchito da una accoglienza umana, reciproca e cordiale, ricca di stima, che aiuta a smussare tensioni e a superare gelosie e ad evitare inutili chiacchiere e pettegolezzi che portano ad affievolire o addirittura a dimenticare il senso della nostra appartenenza ad una chiesa che è in missione.  Mi è sempre piaciuta l’umanità di quei preti che, pur deboli e difettosi, sono ricchi nel cuore.

Ma torniamo a noi. Circa 5 anni fa don Pietro, pur con dispiacere, scese da Sappada a Udine, dopo 20 anni di servizio pastorale in quella Parrocchia così lontana dalla città e ai confini della Diocesi. Lì aveva dedicato una parte della sua vita. Venne ad abitare al 2° piano della casa canonica in via di Prampero, assieme alla sua fedele collaboratrice famigliare Marilena che lo ha accudito per tanti anni ed ha tenuto aperta la porta della canonica,se mai fosse stato necessario, perché la casa di D. Pietro era sempre aperta. Certamente la città non è il paese, i rapporti con le persone vanno alle volte cercati, creati e consolidati nel tempo, la conoscenza delle persone non è immediata. Ha bisogno di tempo. Don Pietro mi disse subito che avrebbe voluto collaborare in parrocchia al di là dell’impegno di canonico nella preghiera delle Lodi ogni giorno e del ministero della Confessione due volte alla settimana. Gli affidai volentieri la celebrazione della S. Messa delle ore 12 alla domenica, impegno che mantenne finché la salute glielo ha permesso. Devo dire che le sue omelie erano gradite perché con uno studio storico-scientifico dei testi condotto con semplicità e presentato con termini alla portata di tutti, diventavano interessanti, senza trascurare la parte esortativa che nasceva quasi naturalmente dalla parte dottrinale ben interpretata. Una volta alla settimana, per lunghi periodi ci ha aiutati nella esperienza di “lectio divina”, seguendo i programmi diocesani. Credo che per lui fosse chiara la mia responsabilità di Parroco, per cui sapeva mantenere il suo posto; non è mai stato invadente, come d’altronde anche io da parte mia ho avuto per lui il rispetto che gli dovevo come confratello e come persona più anziana di me. Il rispetto reciproco della persona e dei vari ruoli sta alla base della relazione autentica e sincera e della vera amicizia nei rapporti pastorali. Se si accorgeva che a qualche domanda o curiosità io rispondevo in modo evasivo, quando alla domenica sera salivo a trovarlo, non insisteva ma con un astuto sorriso cambiava discorso.

Era un sacerdote intelligente, piuttosto arguto e alle volte anche punzecchiante se non graffiante, certamente ironico ma non acido,. Se non capito, poteva essere frainteso e creare risentimenti. E lui si rendeva conto ma faceva parte del suo carattere e perciò gli era difficile porre sempre attenzione e correggersi. Capace di minimizzare le situazioni mi raccomandava di non affannarmi tanto per la pastorale.

Potrei dire altro ma non mi dilungo anche per non annoiare. Vorrei però che rimanesse in tutti un buon ricordo di don Pietro, al quale con voi dico grazie. Ora non ci resta che pregare per lui e lui prega per noi.

La S. Messa del funerale, presieduta dal Vicario Generale in assenza dell’ Arcivescovo pellegrino a Lourdes, venerdì scorso al mattino  in cattedrale, è stata ben partecipata da oltre trenta sacerdoti, dai canonici del Capitolo Metropolitano e da tanta gente proveniente anche dalle Parrocchie dove don Pietro ha svolto la sua attività pastorale: Latisana, Bordano, S. Giovanni al Natisone, Sappada. A Sappada è stato un trionfo, la gente non l’ha dimenticato e commossa gremiva la chiesa, dove di nuovo abbiamo celebrato la S. Messa presieduta dal sappadino Mons. Pietro Piller, Vicario foraneo della montagna.

Ora riposa nel cimitero di Sappada. Certamente non mancheranno i fiori sulla sua tomba nelle belle stagioni e d’inverno scenderà la neve a dipingere di candore le case, le lapidi e le croci del cimitero e tutto il paesaggio e come soffice coltre custodirà nel silenzio le sue spoglie mortali fino al giorno della resurrezione.

E cumò, pre’ Pieri, duar in pas.

Cordialmente.  D. Luciano Nobile.

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