Prima Domenica d’Avvento

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(Is 2, 1 – 5; Rm 13, 11 – 14; Mt 24, 37 – 44)

«Vegliate… State pronti»

 

Tre sono i cicli dell‘anno liturgico: il ciclo A – B – C.

Con oggi inizia il ciclo A.

Ogni ciclo presenta, celebra e contempla il mistero di Cristo, cioè tutto ciò che si riferisce alla Persona e alla vicenda del Signore Gesù.

L’anno liturgico è scandito da cinque tempi:

  1. Il tempo di Avvento (tempo dell’attesa di Gesù).

  2. Il tempo di Natale (tempo della presenza di Gesù).

  3. Il tempo di Quaresima (tempo della penitenza, delle tentazioni e delle scelte di Gesù).

  4. Il tempo di Pasqua (tempo della morte e risurrezione di Gesù, tempo dell’invio, da parte di Gesù, dello Spirito Santo).

  5. Il tempo Ordinario (tempo che considera Gesù in particolare modo come Maestro e Taumaturgo).

Oggi inizia il primo tempo dell’Anno Liturgico: il tempo dell’Avvento. Esso è costituito da quattro settimane. Lo scopo di questo primo periodo liturgico è triplice:

  1. Prepararci al S. Natale; cioè a celebrare nel modo più conveniente la prima venuta di Gesù Cristo, che è il Verbo incarnato, il Dio che per noi si è fatto uomo.

  2. Farci riflettere e prepararci alla venuta di Gesù al termine della nostra vita personale e della storia.

  3. Sensibilizzarci e disporci alle quotidiane venute di Cristo nella nostra vita.

Come prepararci, in concreto, alle venute di Gesù Cristo? Si potrebbe riassumere il cammino di fede dell’Avvento con queste espressioni che troviamo nella liturgia odierna: vigilate; la vostra salvezza è vicina; rivestitevi del Signore Gesù.

La prima lettura ci presenta, in forma simbolica – profetica, il senso, la direzione e la meta della storia. L’umanità, tutta intera, è in cammino verso Dio. Il monte Sion e il tempio di Gerusalemme, luoghi dove Dio dimora, sono simboli di Cristo. È Cristo il vero luogo della dimora personale di Dio. Nella Persona di Gesù, Dio e l’uomo si incontrano, si riconciliano, dialogano, rinnovano la nuova ed eterna Alleanza.

Se gli uomini andranno verso Cristo che è, come si esprime Isaia, la «legge», «la Parola del Signore», «il giudice», «l’arbitro» delle genti, allora gli uomini «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra». Se no, continueranno a odiare, a usare violenza, a fare guerre.…

Per accorgersi della venuta di Cristo, per andare verso di Lui, per accoglierlo, occorre fare nostro, l’imperativo che Egli stesso ci rivolge nel brano evangelico odierno: «Vegliate». «Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà».

Fanno eco a queste parole di Gesù, quelle di S. Paolo che sono riportate nella seconda lettura di questa liturgia: «E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno… la notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via le opere delle tenebre». La notte da cui dobbiamo uscire, è quella di una vita incolore, senza significato, priva di sapore, piatta, banale.

Bisogna svegliarci, aprire gli occhi, interrogarci, interpretare la realtà che ci sta davanti. Domandarci, soprattutto, qual è il senso della nostra vita, da dove veniamo, dove andiamo, che cosa vuole Dio da ciascuno di noi…

Oggi, come ai tempi di Noè, molti riducono la loro umanità solo al mangiare, al bere, al lavorare e al divertirsi. S. Paolo direbbe che molti riducono la loro vita a «gozzoviglie, ubriachezze, impurità, licenze, contese e gelosie». Non si accorgono di altro. Sono incapaci di sospettare che esistano dimensioni, realtà, esigenze, molto più essenziali. Sono incapaci di sospettare che la vita può essere vissuta in altra maniera, molto più vera, più umana, più secondo il progetto di Dio. Molti stanno sciupando la vita e non pensano che Cristo può ritornare all’improvviso, nell’ora che non se la immaginano.

Nostro compito in questo tempo di attesa, non deve essere, però, solo quello di «gettare via le opere delle tenebre» cioè del peccato, ma anche di «indossare le armi della luce», le virtù, e, soprattutto, di «rivestirci del Signore Gesù Cristo». Dobbiamo spogliarci dei nostri egoismi, passioni, abitudini cattive, false sicurezze, ipocrisie varie… Dobbiamo «rivestirci di Cristo» cioè, della sua grazia, dei suoi sentimenti e comportamenti, della sua santità; dobbiamo fare nostri i suoi progetti e impegnarci a realizzarli.

Avvento è tempo di grazia, di decisione, di attesa vigilante e operosa, di speranza. Essere persone dell’Avvento significa non solo guardare al passato, ma al presente e al futuro della nostra salvezza. Non c’è cristianesimo senza passato, ma neppure senza presente e futuro!

                                                                                                                                                          Mons. Ottavio Belfio

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