Quarta Domenica di Quaresima

                                    DIRITTO A MIGRARE                                                  

E DIRITTO A NON MIGRARE

 

Il Papa, tornando dall’Iraq, sull’aereo risponde ai giornalisti.

 

Philippine de Saint Pierre (M.C. KTO):

Santità, abbiamo visto il coraggio, il dinamismo dei cristiani iracheni, abbiamo visto anche le sfide che devono affrontare, la minaccia della violenza islamista, l’esodo e la testimonianza della fede nel loro ambiente. Queste sono le sfide dei cristiani in tutta la regione. Abbiamo parlato del Libano, ma anche la Siria, la Terra Santa… Dieci anni fa si è svolto un Sinodo per il Medio Oriente, ma il suo sviluppo è stato interrotto dall’attacco alla cattedrale di Baghdad. Pensa di realizzare qualcosa per l’intero Medio Oriente, un sinodo regionale o qualsiasi altra iniziativa?

Papa Francesco:

Non sto pensando a un Sinodo. Le iniziative sì, sono aperto a tante, ma un Sinodo non mi è venuto. Lei ha buttato il primo seme, vediamo, vediamo cosa succede. La vita dei cristiani in Iraq è una vita travagliata, ma non solo quella dei cristiani… Ho appena parlato degli yazidi…, e altre religioni che non si sottomettevano al potere di Daesh. E questo, non so perché, ma questo ha dato loro una forza molto grande. C’è il problema che Lei dice della migrazione. Ieri mentre tornavamo in macchina da Qaraqosh a Erbil, [c’era] tanta gente, giovani, l’età è molto molto bassa. Tanta gente giovane. E la domanda che qualcuno mi ha fatto: ma qual è il futuro per questi giovani? Dove andranno? In tanti dovranno lasciare il Paese, tanti. Prima di partire per il viaggio, l’altro giorno, venerdì, sono venuti a salutarmi dodici iracheni profughi: uno aveva una protesi alla gamba perché era scappato sotto i camion e si era incidentato… Scappati, tanti, tanti. La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare e diritto a migrare. Questa gente non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare, non sanno come farlo. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano.

Mi diceva un sociologo italiano, parlando dell’inverno demografico in Italia: “Entro quarant’anni dovremo ‘importare’ stranieri perché lavorino e paghino le tasse delle nostre pensioni”. Voi francesi siete stati più furbi, siete andati avanti di dieci anni con la legge a sostegno della famiglia, il vostro livello di crescita è molto grande. Ma la migrazione la si vive come un’invasione. Ieri ho voluto – perché lui lo ha chiesto – ricevere, dopo la Messa, il papà di Alan Kurdi, quel bambino… È un simbolo, Alan Kurdi è un simbolo; per questo ho regalato la scultura alla FAO. È un simbolo che va oltre un bambino morto nella migrazione: un simbolo di civiltà morte, di civiltà che muoiono, che non possono sopravvivere, un simbolo di umanità. Ci vogliono urgenti misure perché la gente abbia lavoro nel proprio Paese e non abbia bisogno di migrare. E anche misure per custodire il diritto di migrazione. È vero che ogni Paese deve studiare bene la capacità di ricevere. Perché non è soltanto riceverli e lasciarli sulla spiaggia; è riceverli, accompagnarli, farli progredire e integrarli. L’integrazione dei migranti è la chiave. Due aneddoti: a Zaventem, in Belgio, i terroristi erano belgi, nati in Belgio ma emigrati islamici ghettizzati, non integrati. L’altro esempio, quando sono andato in Svezia, a congedarmi dal Paese è stata la ministra: era giovanissima e aveva una fisionomia speciale, non tipica degli svedesi. Era figlia di un migrante e di una svedese: così integrata che è diventata ministro! Guardiamo queste due cose, ci faranno pensare tanto, tanto, tanto. Integrare. Sulla migrazione, che credo sia il dramma della regione. Vorrei anche ringraziare i Paesi generosi, i Paesi che ricevono i migranti: il Libano, il Libano è stato generoso con i migranti, due milioni di siriani lì, credo… [un milione e mezzo di siriani più 400mila palestinesi]; la Giordania – purtroppo non passeremo [con il volo] sopra la Giordania – il Re è così gentile, il Re Abdullah, voleva farci un omaggio con gli aerei al nostro passaggio, lo ringrazio adesso; la Giordania è generosissima: più di un milione e mezzo di migranti. E tanti altri Paesi, per menzionarne due soltanto. Grazie a questi Paesi generosi! Grazie, grazie tante.

MA CHI VENDE LE ARMI?

Un giornalista

Cosa ha provato dall’elicottero vedendo la città distrutta di Mosul e poi pregando nelle rovine di una chiesa. Poi, visto che è la giornata sulle donne: lei ha sostenuto le donne a Qaraqosh con parole molto belle, ma cosa pensa del fatto che una donna musulmana non possa sposare un cristiano senza esser famiglia?

Papa Francesco:

A Mosul mi sono fermato davanti alla chiesa distrutta, non avevo parole. Da non credere, da non credere la crudeltà umana nostra… Anche le altre chiese, anche una moschea distrutta. Una domanda che mi è venuta in mente nella Chiesa era questa: ma chi vende le armi a questi distruttori? Perché le armi non le fanno loro a casa… Ma chi vende le armi? Chi è il responsabile? Almeno chiederei a questi che vendono le armi la sincerità di dire: “Noi vendiamo le armi”. Non lo dicono. Per quello che riguarda le donne. Loro sono più coraggiose degli uomini, è sempre stato così. Ma la donna anche oggi è umiliata, schiavizzata. Anche nel centro di Roma il lavoro contro la tratta è un lavoro di ogni giorno e dobbiamo lottare per la dignità delle donne. Sono loro che portano avanti la storia.

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