Solennità del Corpo e del Sangue di Cristo

Il pane dei viandanti

«Ecce panis Angelorum, factus cibus viatorum: vere panis fíliorum, non mittendus canibus»: Ecco il pane degli angeli, fatto cibo dei viandanti, vero pane dei figli, non deve essere gettato ai cani. Con questa stupita affermazione prende avvio l’ultima parte della lunga sequenza Lauda, Sion, Salvatorem, uno dei testi più belli della liturgia del Corpus Domini, attribuita alla mano e soprattutto all’ispirazione religiosa di Tommaso d’Aquino. Proprio così: l’Eucaristia è chiamata pane degli angeli, cibo dei viandanti e pane dei figli. Nel libro dell’Esodo si racconta la vicenda del dono della manna al popolo d’Israele affamato e adirato con il Signore (Es 16,1-35): un ulteriore atto d’amore di Dio nei confronti del suo popolo ribelle e infedele. Se a prevalere fosse stata una logica tipicamente umana, Israele avrebbe meritato la punizione e non un cibo piovuto dal cielo. Ma la logica di Dio è un’altra. È la compassione che spinge il Signore a nutrire e a dissetare il suo popolo nonostante tutto perché Israele possa ripartire più forte nella sua appartenenza al Signore: «Hai sfamato il tuo popolo con il cibo degli angeli, dal cielo hai offerto loro un pane pronto senza fatica» (Sap 16,20). Sarà Gesù stesso a presentare se stesso agli uomini come pane del cielo che gli uomini devono accogliere e mangiare per avere la vita (cfr Gv 6, 26-35).

Eucaristia: nutrimento e medicina

Nella complessità e tra le ferite dell’esistenza l’Eucaristia è nutrimento e medicina. In quanto cibo dei viandanti il pane del cielo non è innanzitutto premio, ma provvista che sostiene il povero e il peccatore bisognoso di essere sempre sanato dalla misericordia infinita di Dio. Qualcuno, forse, ricorda le parole dell’inno Panis angelicus, parte di una composizione più ampia sempre di Tommaso d’Aquino, dove si dice che a mangiare il Signore è l’uomo povero, servo e umile («Manducat Dominum pauper, servus et humilis»). Laddove la polvere rischia di sfiorare e sporcare l’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, il Corpo del Signore è l’alimento che rialza e guarisce e laddove l’uomo prosegue il suo cammino tra le sfide della quotidianità, del lavoro (quando c’è e quando manca), della scuola, della politica, della cultura, dell’educazione dei più giovani e, persino, del divertimento, il pane degli angeli è sempre più pane per i viandanti, alimento per coloro che sono per strada e non ancora arrivati. Qualcuno, forse, è preoccupato che non venga afferrato dai “cani”. Anche Gesù riconosce che «non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini» (Mc 7,27). Ma chi sono i “cani”? Non di certo quelli che lo desiderano e sono coscienti della loro imperfezione o impreparazione e non di certo coloro che, pur tra mille fallimenti, ogni giorno volgono il loro sguardo a Colui che è misericordia. Piuttosto l’immagine evangelica dei “cani” può rappresentare coloro che non lo vogliono e deliberatamente lo rifiutano. Papa Francesco ci incoraggia a tornare all’Eucaristia come nutrimento e medicina secondo l’antica consapevolezza ecclesiale: «L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (Evangelii Gaudium, 47). Non a caso è detta anche viatico, il cibo per coloro che sono per via, verso una condizione più piena ed eterna.

L’Eucaristia in mezzo alle nostre miserie

La tradizione cristiana ci spinge in questo giorno ad uscire dalle chiese portando il Santissimo Sacramento per le vie e tra le case dei nostri paesi e delle nostre città. Spesso, nelle soste, lo si depone con riverenza e devozione su tavoli comunemente usati per mangiare o compiere azioni più ordinarie. Questa è l’Eucaristia! È collocata in mezzo alle nostre miserie perché possiamo risorgere dalle tante forme quotidiane di morte ed avere la forza per testimoniare una la bellezza e la novità del Vangelo. In fondo, quel giorno, mescolati a quella folla affamata di cui ci parla la pagina evangelica odierna (Lc 9,11b-17), c’eravamo anche noi. Anche noi affamati di tante cose. Il Signore, nell’Eucaristia quasi sussurrata nell’intimità di una piccola chiesa di montagna come in quella celebrata nella solennità di una maestosa cattedrale, continua a prendere il pane, a elevare le parole della benedizione, a spezzarlo e a donarcelo perché nel suo Corpo, donato a noi nella forma del pane e del convito, è racchiusa tutta la sua vita e c’è tutta la speranza del nostro cammino.                                                                                        Don Loris Della Pietra

 

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