Solennità di Pentecoste

Carissimi fedeli,

prosegue anche oggi il messaggio di Papa Francesco sulle comunicazioni sociali. Egli eleva il discorso fino a portarci alla contemplazione della Santissima Trinità dove troviamo la sorgente della unità anche tra di noi, della comunione e della comunicazione, delle relazioni interpersonali.

La Solennità di Pentecoste, che oggi celebriamo, giunge proprio a tema, infatti ci riporta allo Spirito di amore infinito ed eterno che intercorre tra il Padre ed il Figlio e che viene a noi stessi donato. L’invito del Papa, verso la fine di questo testo, è quanto mai opportuno ed estremamente pratico: ”Apriamo la strada al dialogo, all’incontro, al sorriso, alla carezza… Questa è la rete che vogliamo”. È una rete che tutti possiamo costruire ed adoperare, ogni giorno. Non occorrono tante competenze tecniche ma l’accoglienza umile dell’amore di Dio. Per questo vi auguro una buona Pentecoste!

Cordialmente.                                                                                                                                    Il Parroco don Luciano

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

(SECONDA PARTE)

“Siamo membra gli uni degli altri”

Una possibile risposta può essere abbozzata a partire da una terza metafora, quella del corpo e delle membra, che San Paolo usa per parlare della relazione di reciprocità tra le persone, fondata in un organismo che le unisce. «Perciò, bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25). L’essere membra gli uni degli altri è la motivazione profonda, con la quale l’Apostolo esorta a deporre la menzogna e a dire la verità: l’obbligo a custodire la verità nasce dall’esigenza di non smentire la reciproca relazione di comunione. La verità infatti si rivela nella comunione. La menzogna invece è rifiuto egoistico di riconoscere la propria appartenenza al corpo; è rifiuto di donarsi agli altri, perdendo così l’unica via per trovare se stessi.

La metafora del corpo e delle membra ci porta a riflettere sulla nostra identità, che è fondata sulla comunione e sull’alterità. Come cristiani ci riconosciamo tutti membra dell’unico corpo di cui Cristo è il capo. Questo ci aiuta a non vedere le persone come potenziali concorrenti, ma a considerare anche i nemici come persone. Non c’è più bisogno dell’avversario per auto-definirsi, perché lo sguardo di inclusione che impariamo da Cristo ci fa scoprire l’alterità in modo nuovo, come parte integrante e condizione della relazione e della prossimità. Tale capacità di comprensione e di comunicazione tra le persone umane ha il suo fondamento nella comunione di amore tra le Persone divine. Dio non è Solitudine, ma Comunione; è Amore, e perciò comunicazione, perché l’amore sempre comunica, anzi comunica se stesso per incontrare l’altro. Per comunicare con noi e per comunicarsi a noi Dio si adatta al nostro linguaggio, stabilendo nella storia un vero e proprio dialogo con l’umanità (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 2).

In virtù del nostro essere creati ad immagine e somiglianza di Dio che è comunione e comunicazione-di-sé, noi portiamo sempre nel cuore la nostalgia di vivere in comunione, di appartenere a una comunità. «Nulla, infatti – afferma San Basilio –, è così specifico della nostra natura quanto l’entrare in rapporto gli uni con gli altri, l’aver bisogno gli uni degli altri».

Il contesto attuale chiama tutti noi a investire sulle relazioni, ad affermare anche nella rete e attraverso la rete il carattere interpersonale della nostra umanità. A maggior ragione noi cristiani siamo chiamati a manifestare quella comunione che segna la nostra identità di credenti. La fede stessa, infatti, è una relazione, un incontro; e sotto la spinta dell’amore di Dio noi possiamo comunicare, accogliere e comprendere il dono dell’altro e corrispondervi. È proprio la comunione a immagine della Trinità che distingue la persona dall’individuo. Dalla fede in un Dio che è Trinità consegue che per essere me stesso ho bisogno dell’altro. Sono veramente umano, veramente personale, solo se mi relaziono agli altri. Il termine persona denota infatti l’essere umano come “volto”, rivolto verso l’altro, coinvolto con gli altri. La nostra vita cresce in umanità col passare dal carattere individuale a quello personale; l’autentico cammino di umanizzazione va dall’individuo che percepisce l’altro come rivale, alla persona che lo riconosce come compagno di viaggio.

Dal “like” all ’“amen”

L’immagine del corpo e delle membra ci ricorda che l’uso del social web è complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro. Se la rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione. Se una famiglia usa la rete per essere più collegata, per poi incontrarsi a tavola e guardarsi negli occhi, allora è una risorsa. Se una comunità ecclesiale coordina la propria attività attraverso la rete, per poi celebrare l’Eucaristia insieme, allora è una risorsa. Se la rete è occasione per avvicinarmi a storie ed esperienze di bellezza o di sofferenza fisicamente lontane da me, per pregare insieme e insieme cercare il bene nella riscoperta di ciò che ci unisce, allora è una risorsa.

Così possiamo passare dalla diagnosi alla terapia: aprendo la strada al dialogo, all’incontro, al sorriso, alla carezza… Questa è la rete che vogliamo. Una rete non fatta per intrappolare, ma per liberare, per custodire una comunione di persone libere. La Chiesa stessa è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui “like”, ma sulla verità, sull’“amen”, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri.   (Papa Francesco).

 

 

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