Terza Domenica di Avvento

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(Is 35, 1 – 6. 8. 10; Gc 5, 7 – 10; Mt 11, 2 – 11)

«Vegliate», era la parola d’ordine della prima domenica d’Avvento.

«Convertitevi», era l’imperativo e la consegna a ciascuno di noi della seconda domenica d’Avvento.

«Rallegratevi» è l’annuncio insistito e motivato di questa terza domenica d’Avvento.

Due sono i temi fondamentali che svolge la Parola di Dio in questa domenica:

     il tema della gioia;

     il tema della fede che cresce e matura nella prova.

La gioia.

questa terza domenica d’Avvento è tradizionalmente chiamata la domenica «Gaudete»: la domenica della gioia. Non si tratta di una gioia superficiale, puramente emotiva: la gioia, per esempio, del consumismo natalizio, della settimana bianca che si avvicina, delle vetrine ricolme di tante cose, delle strade illuminate, dei regali…

E se proprio volete un po’ anche di questo, ma decisamente, tutto questo, in secondo ordine.

Si tratta di una gioia molto più profonda, che ci tocca nell’intimo del nostro essere: sta per venire, infatti, Qualcuno che ci salva, che ci libera, che ci usa misericordia, che ci tira fuori da una situazione di morte, che ci fa creature nuove. Sta per venire Uno che, come dice Isaia con linguaggio simbolico, fa gorgogliare torrenti e fiumi nel deserto e che fa fiorire la steppa.

È la gioia intensa che provarono gli ebrei schiavi a Babilonia, abbruttiti nella loro dignità, quando ascoltarono l’annuncio del profeta che diceva: «Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio… Egli viene a salvarvi». È la gioia che prova il cieco quando gli annunciano che in breve riacquisterà la vista; del sordo quando gli assicurano che tornerà a sentire; dello zoppo quando gli garantiscono che salterà come un cerbiatto; del muto quando gli diranno che potrà parlare come tutti.

La gioia del Natale, del Cristo che viene, è riservata, però, esclusivamente a coloro che sanno di essere prigionieri, schiavi, ciechi, sordi, zoppi e muti a causa dei loro peccati, delle loro incoerenze, delle loro alienazioni e che desiderano essere liberati e guariti.

Cristo viene solo per salvare chi sa di essere perduto, per guarire chi sa di essere ammalato, per risuscitare chi sa di essere morto. La società tecnologica ha saputo moltiplicare il benessere, ma non è in grado di procurare la gioia. La vera gioia è un dono di Dio: un dono da invocare con la preghiera, da scoprire nella contemplazione, da accogliere nella Parola di Dio e nei Sacramenti. La gioia cristiana è il frutto maturo della conversione: è solo allora che fiorisce il deserto!

La fede cresce nella prova.

Nel brano evangelico odierno, Gesù tesse l’elogio di San Giovanni Battista: lo definisce un coraggioso, un forte, un coerente. Il Battista è un modello per tutti noi che spesso, invece, siamo «canne sbattute dal vento», infatti ci lasciamo facilmente convincere dalle effimere ideologie o sette religiose, dalle mode indotte dai persuasori occulti e che cambiano ad ogni stagione… Il Battista è per noi, soprattutto, modello di fede nella prova. La prova a per il Battista non è tanto la sofferenza del carcere, quanto il dubbio sulla identità messianica di Gesù. Giovanni Battista nonostante fosse «più che un profeta», nonostante che fosse il «messaggero» del Messia, è attanagliato dal dubbio. Gesù di Nazaret, che lui stesso, Giovanni, al fiume Giordano ha presentato alle folle come «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo», per certi aspetti, per certi suoi modi di fare e di dire, non corrisponde alle sue aspettative.

Lui, il Battista, si attendeva un Messia giustiziere, con in mano la scure e il ventilabro. Un Messia cioè che avrebbe messo ordine, fatto pulizia, separato il buon grano dalla zizzania.

Invece…Gesù agiva in maniera inedita e inattesa… Mangiava con i peccatori e li perdonava, infrangeva la legge del sabato, del digiuno, della purificazione legale… Sembrava poi, che avesse scelto la via dell’umiliazione e della debolezza per la sua affermazione e riuscita messianica…

Ecco perché questo Gesù lo turba e lo mette in crisi di fede.

Ecco, allora, anche, perché manda i suoi discepoli da Gesù a chiedergli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?» La risposta di Gesù è essenziale: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi…i morti… ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me». Gesù, come si vede, rimanda alla Sacra Scrittura e alle sue opere. Il profeta Isaia e gli altri profeti avevano parlato chiaro. Sì, nonostante l’inedito, il nuovo, l’inatteso, Gesù di Nazaret è proprio colui che deve venire! Quello che al Battista risultava diverso e nuovo, è che la giustizia di Dio si chiama amore, perdono, misericordia, attesa paziente di conversione dell’uomo peccatore. Solo al giudizio finale si farà giustizia!

                                                                                                                                         Mons. Ottavio Belfio

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