Terza Domenica di Quaresima

DIO SI FIDA DI TE

Luca 13,1-9

“In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere assieme a quello dei loro sacrifici” (Lc 13,1). Il Vangelo di questa domenica di Quaresima inizia con la cronaca di un crimine commesso da Pilato. Alcuni pellegrini venuti dalla Galilea per offrire sacrifici al tempio, era la pasqua degli Ebrei, sono coinvolti in un fatto di sangue. Il fatto è veramente accaduto, ne siamo certo, perchè Luca all’inizio del suo Vangelo scrive:”Ho deciso di fare accurate ricerche” (Lc 1,3). La Pasqua celebra la liberazione dall’Egitto è inevitabile che risvegli in ogni israelita aspirazioni alla libertà e acuisca il sentimento di rivalsa contro l’oppressore romano. Forse galilei un po’ fanatici: una parola, un gesto, provocano una rissa con i soldati romani di guardia al Tempio. Pilato, che, durante le feste di Pasqua, si trasferiva da Cesarea a Gerusalemme per assicurare l’ordine e prevenire sommosse non tollera nemmeno l’accenno alla ribellione: fa intervenire i soldati che, senza alcun rispetto per il luogo santo, massacra i malcapitati galilei. La crudeltà e la sua insensibilità verso le tradizioni religiose degli ebrei erano noti. Giuseppe Flavio riferisce che Pilato, quando condusse la prima volta le truppe romane a Gerusalemme da Cesarea, commise una violazione senza precedenti alla sensibilità ebraica. Fece introdurre di notte in città stendardi militari con i busti dell’imperatore, che erano considerati immagini idolatriche dagli ebrei. Una massiccia manifestazione di protesta e di sfida  e l’intervento dell’Imperatore, convinsero Pilato a rimuovere gli stendardi. Ancora Giuseppe Flavio parla di proteste quando Pilato si appropriò dei fondi del Tempio per costruire un acquedotto per la città di Gerusalemme. In quella occasione Pilato ordinò che i soldati romani, vestiti da civili ebrei e armati con bastoni nascosti, si confondessero con la folla schiamazzante e attaccassero la gente a un segnale convenuto. Ci furono molti morti e feriti. Ci siamo dilungati su Pilato, prefetto romano della Giudea dal 26 al 36, perchè ogni domenica nel Credo recitiamo «patì sotto Ponzio Pilato».

            “Prendendo la parola , Gesù disse loro: Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei per aver subito tale sorte” (Lc 13,2). I latori della notizia si attendevano due precise risposte. Una severa dichiarazione di posizione antiromana, una condanna di Pilato e, forse, un coinvolgimento in una rivolta armata. E, in base delle loro convinzioni, dichiarasse che sono morti perchè erano carichi di peccati. Anche i diciotto morti nel crollo della torre di Sìloe, secondo loro, erano morti perchè peccatori. «Gesù  prende le difese sia di Dio, sia degli uccisi: non è Dio che arma la mano di Pilato, che aggiunge sangue a sangue, che abbatte torri. Non ci sono colpe segrete da punire» (P. Ronchi). La risposta di Gesù: “No, io vi dico, ma se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo” (Lc 13,5). Luca non è interessato al contenuto della conversione, quali cose cambiare, ma a un cambiamento che vada alla radice. Questo è il significato del termine ‘conversione’. La via proposta ai discepoli, e a noi,  nei capitoli precedenti questa è ‘conversione’. E queste è la proposta quaresimale. Non c’è  poi una minaccia, ma un consiglio: la vita è precaria, fragile, usa bene il tuo tempo.

            “Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò” (Lc 13,6). Le parole della parabola: un tale, fico, vigna, vignaiolo, tre anni. “Il mio diletto possedeva una vigna sopra un fertile colle” (Is 5,1). I discepoli, quindi noi, siamo il fico, simbolo di vita serena, gustoso per i suoi frutti e riposante per la sua ombra, piantati dentro la vigna/Israele/Chiesa che Dio ama, per dare frutti. Quali frutti? Lo dice San Paolo ai Gàlati: “Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, grandezza d’animo, benignità, bontà, fedeltà, mansuetudine, sobrietà” (Gal 5,22-23). Dopo tre anni, i tre anni della vita pubblica di Gesù, il Lieto Annuncio/Vangelo, cioè Gesù il volto bello visibile di Dio riceve ancora un rifiuto. Allora il padrone/dio, non il Dio di Gesù, ma il dio vendicativo degli Ebrei ordina: “Taglialo dunque “ (Lc 13,7). “Padrone lascialo ancora quest’anno” (Lc 13,8) è la voce del vignaiolo, Gesù. «”Lascialo ancora quest’anno” (Lc 13,8) e porterà frutto. In questo ancora c’è il miracolo della pietà divina: una piccola probabilità, uno stoppino fumigante, una canna incrinata sono sufficienti a Dio. Convertirsi è credere a questo Dio, non al padrone che minaccia morte, ma al contadino fidente che si prende cura di quella zolla di terra che è il mio cuore. Dio si fida di me, io mi fido di Dio. In questo incontro di fedi, da un raddoppio di fiducia nasce la salvezza» (P. Ronchi, Respirare Cristo).

Buona Domenica.                                                                                                                              Mons. Pietro Romanello

© 2008-2023 Cattedrale di Udine - All Rights Reserved - Progetto a cura di Jacopo Salemi