CHI VUOLE SALVARE LA PROPRIA VITA, LA PERDERA’, MA CHI PERDERA’ LA PROPRIA VITA PER CAUSA MIA, LA SALVERA’ (Lc 9, 24)
Islamabad, Pakistan. E’ la mattina del 2 marzo 2011. Un gruppo di uomini armati spara contro un uomo, ferendolo mortalmente.
Quell’uomo si chiamava Shahbaz Batthi: cristiano cattolico, all’epoca della sua morte ricopriva l’incarico di ministro per le minoranze nel governo del presidente Zardari. La sua fu una fine ampiamente annunciata. Dal 2009 Bhatti era oggetto di continue minacce: il suo impegno a favore dei cristiani pachistani, spesso oggetto di vessazioni e violenze, la volontà di modificare la “legge sulla blasfemia”, la ricerca di un dialogo interreligioso lo avevano reso bersaglio ideale per i gruppi estremisti islamici, molto forti nel paese asiatico.
Bhatti era consapevole di essere nel mirino: ma non si tirò indietro. Così scriveva nel suo testamento spirituale: “...Molte volte gli estremisti hanno cercato di uccidermi e di imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Gli estremisti, qualche anno fa, hanno persino chiesto ai miei genitori, a mia madre e mio padre, di dissuadermi dal continuare la mia missione in aiuto dei cristiani e dei bisognosi, altrimenti mi avrebbero perso…”.
Per lui la cosa più importante era servire Gesù, attraverso il servizio a bisognosi e perseguitati: ”…Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: No, io voglio servire Gesù da uomo comune. Questa devozione mi rende felice. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese.”
Servire da uomo comune. E il pensiero corre ad altri uomini comuni: ai cristiani della Nigeria o della Somalia, assassinati in chiesa nella “notte di pace” per eccellenza, la notte di Natale, o bruciati vivi nelle loro case, colpevoli di avere un crocifisso. A quelli di Iraq, Siria, Libia, cacciati dalle loro case e privati di tutti i loro averi, nella migliore delle ipotesi: fucilati, decapitati, torturati, nella peggiore. A quelli della Corea del Nord, che rischiano il campo di concentramento o la morte se non allineati alla “chiesa di stato” creata e tutelata dal regime.
Uomini e donne comuni: che hanno la forza di andare a Messa, pur essendo a conoscenza del rischio di non tornare a casa, la forza di non abiurare la fede in Cristo, pur sapendo che in qualsiasi momento fuori dalla porta potrebbero arrivare gli uomini neri dell’ISIS o di Boko Haram. Esseri umani che come noi hanno affetti ed emozioni, che come noi provano paura, ma hanno il coraggio che viene da Dio. La paura del dolore, della morte, del buio, del passaggio da questa all’altra vita; il coraggio dei martiri del passato, dell’uomo Gesù sulla croce, il coraggio di mettersi totalmente nelle mani del Padre: il coraggio della fede.
Uomini e donne come noi: A noi sembra di fare chissà quale sforzo sovrumano per trovare quei tre quarti d’ora per andare in chiesa la domenica; se qualcuno bestemmia in nostra presenza facciamo finta di non sentire; restiamo passivi di fronte ad una società che vuole vivere senza Dio; di fronte alle miserie del mondo ci giriamo dall’altra parte…
“Beati voi quando gli altri vi odieranno, quando parleranno male di voi e vi disprezzeranno come gente malvagia perché avete creduto nel Figlio dell’uomo” (Lc 6,22). I nostri fratelli perseguitati sono già vicini a Dio: e la loro fede, fiamma dell’amore (Papa Francesco) può servire a riscaldare il nostro tiepido credere.
Carmelo Intersimone
Approfondimenti: “Morte di un blasfemo”, Francesca Milano, Edizioni San Paolo.
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