7^ Domenica del Tempo Ordinario

MUSICA E CANTO NELLA LITURGIA

 

La riforma liturgica del Concilio Vaticano II

Sono passati oltre 50 anni dal 4 dicembre 1963, giorno nel quale papa Paolo VI promulgava la Costituzione “Sacrosanctum Concilium” sulla Sacra Liturgia. Fu la primizia della grande grazia di cui la Chiesa beneficò nel secolo scorso. I Vescovi del Concilio avevano voluto superare in tal modo l’eccessiva centralizzazione e fissità della liturgia stabilita dal Concilio di Trento, e invitavano il mondo a “sciogliere la lingua muta e a cantare le lodi divine e le speranze umane “(Paolo VI).

I principi e le indicazioni della riforma conciliare perché la liturgia sia la fonte e il culmine della vita cristiana:

Cristo è sempre presente nella sua Chiesa e in modo speciale nelle azioni liturgiche. E’ presente nel Sacrificio della Messa sia nella persona del ministro, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche.

E’ presente con la sua virtù nei Sacramenti e nella sua Parola.

E’ presente quando la Chiesa prega e loda Lui che ha promesso: ”Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro” (Mt.18,20).

Mediante la liturgia i credenti fanno esperienza del mistero pasquale di Cristo che si perpetua nel tempo, vengono edificati in suo tempio santo, in abitazione di Dio nello Spirito Santo.

I Padri Conciliari vollero che si dedicasse nelle celebrazioni uno spazio maggiore alla Parola di Dio e che si favorisse l’attiva e ordinata partecipazione dei fedeli alle azioni liturgiche che “non sono azioni private ma celebrazioni della Chiesa che è sacramento dell’unità, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi. A tali celebrazioni che riguardano tutto il corpo della Chiesa, i singoli membri vi sono interessati in diverso modo, secondo la diversità degli stati, degli uffici e della partecipazione effettiva” (SC n.26).

“Anche i ministranti, i lettori, i commentatori, e i membri della schola cantorum svolgono un vero ministero liturgico. Essi perciò esercitino il proprio ufficio con quella sincera pietà e con quel buon ordine che conviene ad un così grande ministero e che il popolo di Dio esige giustamente da essi. Bisogna dunque che tali persone siano educate con cura, ognuna secondo la propria condizione, allo spirito liturgico, e siano formate a svolgere la propria parte secondo le norme stabilite e con ordine.” (SC n.29)

                                                                                                                                                                                           Mons. Giulio Gherbezza