Progetto Pastorale dell’Arcidiocesi

«SIANO UNA COSA SOLA PERCHÉ IL MONDO CREDA» (GV 17,21)

 NUOVE OPPORTUNITÀ PER LA PRESENZA DELLA CHIESA

SUL TERRITORIO FRIULANO: LE COLLABORAZIONI PASTORALI

 

  1. L’IDENTITÀ E LA MISSIONE DELLA CHIESA IN TEMPO Dl NUOVA EVANGELIZZAZIONE

 

1.1 PREMESSA

La Chiesa di Udine sente viva l’ansia missionaria a cui ci chiama Papa Francesco, continuando il magistero dei suoi predecessori. Egli invita le Chiese diocesane a mettere tutte le risorse a servizio di una nuova evangelizzazione per annunciare «il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. Essendo, anche, istituzione umana la Chiesa ha bisogno di una sua strutturazione la quale, però, deve servire alla missione, come il Papa sottolinea: “Ogni struttura ecclesiale diventi un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale. La riforma delle strutture si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie”. Il progetto diocesano delle Collaborazioni pastorali (CP) riguarda la struttura e l’organizzazione della nostra Diocesi con lo scopo, però, di rendere più efficace la sua opera di annunciare il Vangelo e di trasmettere la fede in Gesù Cristo. Non ci interessa, in altre parole, di riorganizzare in modo più razionale un’azienda ma di trovare nuove opportunità perché la Chiesa di Cristo sia ancora presente sul territorio friulano come testimone credibile del Vangelo e madre che genera alla fede.

1.2 L’IDENTITÀ E LA MISSIONE DELLA CHIESA RICEVUTE DA GESÙ CRISTO

Dalla premessa fatta emerge, come basilare punto di partenza, che non ci stiamo interessando di un’istituzione puramente umana, ma della Chiesa di Gesù Cristo. È lui che l’ha generata con la sua morte, risurrezione e con il dono dello Spirito Santo e le ha conferito un’identità e una missione che sono divino-umane. Esse sono state magistralmente espresse nella grande definizione del Concilio Vaticano II: «La Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano». Questa sua natura e missione si realizza in ogni Chiesa particolare. È questa definizione che deve ispirare il progetto delle CP in modo che la struttura e l’organizzazione della Chiesa di Udine sia fedele all’identità e alla missione che Cristo le ha dato.  Essa può essere esplicitata in tre dimensioni:

È comunione con Dio e degli uomini tra loro.

È il luogo santo della comunione con Dio Padre in Gesù (di cui è il Corpo) grazie all’azione dello Spirito Santo e della comunione tra gli uomini (che ha la sua pienezza nella Comunione dei santi). La porta di ingresso in questa comunione è il Battesimo e sua fonte e culmine è la celebrazione dell’Eucaristia.

È missione.

La salvezza per ogni uomo è entrare in quella Comunione di cui la Chiesa è segno e strumento, per questo essa ha ricevuto dal suo Signore la missione di annunciare a tutti gli uomini la buona notizia (il Vangelo) che è venuto Gesù; egli è l’unico Salvatore perché ha il potere di liberarci dal peccato e dalla morte e condurci nella Comunione col Padre con il nuovo popolo dei salvati. La missione della Chiesa continua verso coloro che, toccati dal Vangelo, si sono aperti alla fede. Con il battesimo, li rigenera alla vita nuova in Cristo e, poi, li guida in un continuo cammino di conversione e di crescita nella santità, per mezzo della Parola di Dio e dei sacramenti.

È comunione gerarchica.

Il Concilio Vaticano II precisa che la comunione nella Chiesa ha una costituzione gerarchica. Con questa affermazione ricorda che la Chiesa non è un’istituzione umana i cui membri si danno forme di rappresentanza democratica o di altro tipo. Essa è il Corpo di Gesù Cristo, crocifisso e risorto, che è il suo unico e insostituibile Capo da cui dipende perché egli l’ha generata, donando il suo Corpo e il suo Sangue alla Chiesa che è suo Corpo e la vivifica comunicando ad ogni membro il suo Santo Spirito per mezzo della sua Parola e dei sacramenti. Visibilmente agisce attraverso alcuni battezzati che egli consacra perché abbiano l’autorità di offrire ai fratelli le sorgenti della salvezza (la predicazione della Parola di Dio, la celebrazione dell’Eucaristia, la remissione dei peccati). Grazie al loro servizio lo Spirito Santo nutre la Chiesa e suscita carismi e ministeri che essi hanno il dovere di discernere e valorizzare.

1.3 LE AZIONI FONDAMENTALI ATTRAVERSO CUI LA CHIESA ATTUA LA PROPRIA IDENTITÀ E MISSIONE. 

La Chiesa cresce nella comunione in Cristo e col Padre nell’unico Spirito (è la sua identità) e invita ogni uomo ad entrare in questa comunione (è la sua missione) compiendo alcune azioni per lei vitali. Per mezzo di esse, infatti, collabora con lo Spirito Santo nell’opera della salvezza che Gesù continua a donare.

Quattro sono le azioni fondamentali che la Chiesa deve ovunque assicurare:

  • a) L’evangelizzazione La grande missione della Chiesa è trasmettere l’esperienza di fede in Gesù perché ogni uomo abbia l’opportunità di incontrare il Salvatore. Inoltre, solo trasmettendo la fede la Chiesa ha un futuro in un determinato territorio. Questa trasmissione avviene attraverso l’evangelizzazione che, in questo tempo, si rivolge sia a persone non battezzate che a battezzati che hanno abbandonato la fede.

  • b) L’iniziazione cristiana A coloro che accolgono l’annuncio del Vangelo la Chiesa propone l’itinerario dell’iniziazione cristiana attraverso il quale essi giungono ad incontrare personalmente Gesù Cristo e a divenire membri della Chiesa. È un cammino di conversione e di maturazione spirituale che conduce a vivere i sacramenti dell’iniziazione cristiana: Battesimo, Confermazione ed Eucaristia.

  • c) La liturgia. Col Battesimo il cristiano ha ricevuto la vocazione alla santità; cioè, la chiamata a crescere nella stessa carità di Cristo fino alla sua pienezza nella vita eterna. Egli può maturare nella carità accogliendo l’opera con lo Spirito Santo che Gesù gli comunica dentro la Chiesa attraverso l’annuncio della Parola di Dio e i sacramenti. Sono le celebrazioni liturgiche i momenti più fecondi in cui la comunità e ogni battezzato incontra realmente Gesù nell’ascolto della sua Parola e nei sacramenti. Esse si distendono lungo l’anno liturgico nei suoi vari momenti e feste con al centro il Triduo Pasquale.

Sull’importanza essenziale di queste “azioni” in una pastorale missionaria, si può vedere: CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, nota pastorale, Roma 30 Maggio 2004, cap. II.

 La celebrazione più importante è la celebrazione eucaristica, nel Giorno del Signore, perché è fonte e culmine della vita di ogni battezzato e di tutta la Chiesa.

  • d) La testimonianza della carità a livello personale e comunitario La fede è autentica e la vita spirituale è ben formata se porta frutti visibili di carità. Inoltre la testimonianza della carità è una forma di evangelizzazione perché tocca i cuori e li apre al Vangelo di Gesù. La Chiesa, fedele al mandato del suo Signore, riserva un posto privilegiato ai poveri. Altre occasioni importanti per testimoniare la carità possono essere: la professione, l’impegno socio-politico, il volontariato, l’educazione delle nuove generazioni. La comunità cristiana educa i propri fedeli a testimoniare nel quotidiano la carità e a far germogliare anche frutti comunitari di carità.

Queste quattro azioni fondamentali si arricchiscono con altre che possiamo definire “complementari”. Ne ricordiamo alcune che, nella nostra tradizione ecclesiale, sono state più presenti e più efficaci:

  • a) Le esperienze che aiutano il battezzato e la comunità in un continua conversione verso la santità La Chiesa accompagna i suoi figli in questa conversione offrendo dei “mezzi” di crescita spirituale che nella sua tradizione ha riconosciuto particolarmente efficaci. Essi devono partire dalla celebrazione liturgica (specialmente eucaristica) e condurre ad essa. Elenchiamo: la “lectio divina” personale e comunitaria, l’adorazione eucaristica, la devozione a Maria e ai Santi, esperienze varie di preghiera, l’assistenza spirituale nei tempi di fragilità, proposte di momenti di formazione spirituale e teologica, la guida spirituale ecc.

  • b) L’accompagnamento alla scoperta e alla realizzazione della specifica vocazione La vocazione battesimale alla santità è universale; ogni cristiano è chiamato a dare la vita animato dalla carità di Cristo. Questo dono di sé, però, si concretizza nelle specifiche vocazioni al matrimonio, al sacerdozio, alla vita consacrata. Nella sua Chiesa diocesana il battezzato ha diritto di trovare aiuti validi per discernere e realizzare la propria personale vocazione.

  • c) Il dialogo costruttivo con il territorio La Chiesa è luce, sale e lievito per la società nella quale è radicata, sempre aperta al dialogo costruttivo, anche se evangelicamente critico. A questo scopo cerca forme di confronto e di collaborazione con le istituzioni, le strutture, le organizzazioni del territorio in cui vive e agisce.

LE COLLABORAZIONI PASTORALI

 

a) Cos’è la Collaborazione pastorale? È una collaborazione fraterna, progettuale e strutturata tra le comunità cristiane di un territorio…. È istituita autorevolmente dal Vescovo il quale indica le parrocchie che saranno chiamate a progettare e attuare insieme l’azione pastorale e missionaria sul loro territorio. Tale istituzione resterà stabile e ogni cambiamento dovrà avere l’approvazione del Vescovo. La scelta delle parrocchie che formano una CP sarà guidata da alcuni criteri che possono facilitare la collaborazione, quali: l’omogeneità territoriale (tenendo conto dell’organizzazione civile del territorio), la storia con le sue tradizioni, il numero di abitanti, le esperienze già in atto di collaborazione.

b) L’azione missionaria e pastorale. L’istituzione delle CP ha un unico obiettivo: rendere più viva e feconda la presenza e l’opera missionaria e pastorale della Chiesa di Udine in tutto il territorio ad essa affidato. Come abbiamo sopra ricordato, questa missione della Chiesa si concretizza in alcune “azioni” grazie alle quali essa continua a comunicare il Vangelo di Gesù e la sua salvezza. Le parrocchie coinvolte in un’unica CP dovranno collaborare tra loro per offrire a tutti queste azioni operando in alcuni “ambiti pastorali”.

c) Le figure ministeriali. Senza voler fare un elenco esauriente, alcuni vanno particolarmente valorizzati: la CP è affidata, progressivamente, dal Vescovo alla guida pastorale di un parroco che lo rappresenta in quella porzione della Chiesa diocesana. Egli ha la responsabilità pastorale di tutte le comunità che formano la CP e per questo è nominato parroco di ognuna. Il Vescovo indicherà la sede dove risiede.  Il parroco potrà essere coadiuvato da altri sacerdoti Può essere presente il ministero diaconale a cui riconoscere la specificità del suo servizio.  Il carisma della Vita religiosa, sia femminile che maschile, deve trovare nelle CP il contesto per offrire la propria testimonianza evangelica e un prezioso contributo all’interno del programma pastorale.  In ogni CP sono costituiti i referenti che coordinano i diversi ambiti della pastorale. Essi hanno un mandato dal parroco della durata di cinque anni. Non si prevedono più referenti pastorali a livello parrocchiale, ma i referenti delle CP saranno espressi da parrocchie diverse. Per ogni ambito, uno dei referenti si assume il compito di referente foraniale. Nelle parrocchie è opportuno che siano individuati e valorizzati uno o più laici che si interessano di vari aspetti della vita comunitaria. Essi possono essere un prezioso punto di riferimento sia per il parroco che per i parrocchiani. Il servizio non sarà formalizzato ma mantenuto nella dimensione di spontaneità dalla quale spesso nasce, purché sia svolto con equilibrio e in sintonia con il parroco. I carismi laicali associati (associazioni e movimenti) vanno valorizzati e coinvolti nel programma pastorale unitario perché sono una ricchezza per molti laici che cercano un riferimento per la loro crescita spirituale.  In ogni CP va prevista una segreteria che sia un riferimento fisico costante per accogliere, ascoltare e indirizzare le persone.

d) Gli organismi di partecipazione. La CP ha un Consiglio Pastorale unico che studia la situazione, elabora un programma pastorale comune e verifica tale programma, nella prospettiva di una pastorale integrata che tenga conto di tutte le parrocchie. Esso è composto dai sacerdoti, dai diaconi, da un rappresentante dei religiosi/e presenti nella CP, dai referenti degli ambiti della pastorale e da due rappresentanti di ogni parrocchia. I criteri di composizione e di funzionamento del Consiglio Pastorale seguono indicazioni diocesane omogenee.

Ogni parrocchia conserva il proprio CPAE (con la sua contabilità a norma del Diritto Canonico). Due rappresentanti dei CPAE di ogni parrocchia formano un gruppo di coordinamento che si riunisce periodicamente. Tale gruppo deve favorire la collaborazione tra parrocchie trattando le questioni di comune interesse.

e) La vita liturgica delle CP. Particolare attenzione va data alla vita liturgica della CP sia per l’importanza che ha nella vita del cristiano e della Chiesa, sia perché la condivisione delle celebrazioni liturgiche sarà un’esperienza decisiva per vivere una vera collaborazione e comunione tra le parrocchie. Ci guida la convinzione che ogni battezzato ha il diritto di trovare all’interno della CP la possibilità di partecipare alle fondamentali celebrazioni liturgiche. Va offerta a tutti la possibilità di partecipare alla celebrazione eucaristica domenicale (da vespro a vespro) assicurando all’interno della CP un numero adeguato di SS. Messe, raggiungibili senza eccessiva difficoltà. Inoltre, la S. Messa va celebrata là dove ci siano le condizioni adeguate: un’assemblea sufficiente e i ministeri richiesti (lettori, commentatori, coro, ministranti ecc.).   Per evitare l’anonimato sarà molto importante curare le relazioni tra le persone e le comunità che condividono la stessa celebrazione.  Nel caso di gravi difficoltà possono essere previsti degli incontri di preghiera in assenza di celebrazione eucaristica con la lettura della Parola di Dio domenicale, la preghiera comune e la distribuzione della comunione eucaristica (come per gli anziani). Tali celebrazioni sono disciplinate dal vescovo. Nelle chiese in cui non c’è la S. Messa è auspicabile che nel giorno del Signore siano organizzati, comunque, momenti di preghiera (liturgia delle ore, rosario, adorazione eucaristica) anche se non sostituiscono la partecipazione alla S. Messa.  La celebrazione del Triduo pasquale è per sua natura unitaria. La CP assicura una o più celebrazioni del Triduo in cui convergono i fedeli di più parrocchie, mettendo assieme le forze ministeriali in modo che la celebrazione stessa sia curata e significativa. Nella CP va tenuta presente la modalità con cui i candidati hanno fatto la preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana (il battesimo, la prima confessione, la prima comunione e la cresima).

LE FORME Dl COORDINAMENTO TRA IL MINISTERO DEL VESCOVO E LE COMUNITÀ CRISTIANE DEL TERRITORIO (PARROCCHIE E CP):

 LE FORANIE E LA CURIA DIOCESANA

Nella Chiesa diocesana è fondamentale che sia custodito il legame organico e vitale tra il ministero del Vescovo e le comunità cristiane del territorio, guidate dai presbiteri. Questo legame è, prima di tutto, di natura soprannaturale, basato sulla fede, sulla preghiera, sulla comunione nell’unica eucaristia. Esso però va sostenuto anche da forme di collegamento e di coordinamento che favoriscano in diocesi: cammini condivisi, la realizzazione e la verifica di programmi pastorali, la possibilità di formazione, un’organizzazione comune sul piano amministrativo e giuridico. In diocesi abbiamo, sostanzialmente, due forme di coordinamento: le foranie e la curia. Esse hanno un compito sussidiario.

LA FORANIA 

a. Cos’è la forania

È una forma di coordinamento tra più CP con la funzione di favorire la vita, la missione, la comunione e la partecipazione all’unica Chiesa diocesana. Essa è istituita dal Vescovo.  La forania è guidata da un Vicario foraneo, scelto dal Vescovo, il quale è a servizio dei sacerdoti e delle comunità per favorire la collaborazione e la comunione fraterna. È, inoltre, membro del Collegio dei Vicari foranei che                             20 «Per favorire la cura pastorale mediante un’azione comune, più parrocchie vicine possono essere riunite in peculiari raggruppamenti, quali sono i vicariati foranei» (CJC 374). II Sinodo Diocesano Udinese V ha puntualizzato le funzioni della forania definendola fra l’altro: luogo di confronto e sostegno pastorale (15); luogo per i corsi dei catechisti (54). Luogo in cui si promuovono: la formazione cristiana permanente (109), la collaborazione pastorale foraniale (131), incontri per formatori pastorali (132). Collabora col Vescovo per la guida pastorale della Chiesa diocesana. In ogni forania è costituito un Consiglio pastorale foraniale formato dal vicario foraneo, dai parroci, dai direttori dei consigli pastorali delle CP, da un rappresentante dei religiosi/e, da un referente per ambito pastorale scelto tra i referenti delle CP.

b. I compiti della forania

Essendo un organismo di collegamento sussidiario, la forania favorisce le attività pastorali che la singola CP non può assicurare, sempre in comunione con gli indirizzi della Chiesa diocesana. In particolare:

offre ai sacerdoti occasioni di incontro per curare la loro formazione soprattutto spirituale, per un vicendevole confronto e per un aiuto fraterno. I sacerdoti si riuniscono periodicamente nella congrega, presieduta dal Vicario foraneo e alla quale possono partecipare anche i diaconi;  organizza momenti di formazione per gli operatori pastorali (catechisti, animatori, ministri della liturgia, volontari della carità, pastorale familiare);  cura itinerari di preparazione ai sacramenti degli adulti: gli itinerari di iniziazione cristiana, il completamento del cammino di iniziazione cristiana, la formazione al matrimonio (sempre in sinergia con le CP);  organizza uno o più centri di ascolto Caritas a servizio dei poveri favorendo una rete di collaborazione tra le parrocchie e con altre realtà caritative (ad esempio, i gruppi di S. Vincenzo);  tiene i rapporti con le espressioni territoriali di area vasta sia civili che religiose;

potrebbe offrire un aiuto sussidiario per la gestione dei beni mobili e immobili delle parrocchie che la compongono. Va studiato un progetto di sostegno e di verifica di tale gestione, da attuare nelle Foranie.

 c. Riorganizzazione delle foranie

L’ introduzione delle CP comporta una riorganizzazione anche delle foranie:  va rivisto il loro numero tenendo conto di un’adeguata presenza di CP e di sacerdoti, della omogeneità territoriale, della facilità delle comunicazioni;  va reimpostata l’attività delle foranie secondo criteri omogenei in tutta la diocesi e con attenzione alle caratteristiche del territorio.