2^ Domenica del Tempo Ordinario

I MAGI

 

 

“Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da Oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo»” (Mt 2,1-2).

Così inizia nel Vangelo di Matteo il racconto dei Magi. Quanta gioia, quanta devozione e quanta fantasia, nei secoli, si è venuta a creare attorno a questo evento. Quante tradizioni! Due erano ancora molto sentite quando ero ragazzo. Nelle case del mio paese nessuno aveva l’acqua corrente in casa. Si andava coi secchi alla fontana o al pozzo e si conservavano nel secchiaio per tutte le necessità della famiglia.  Nella notte della vigilia della Epifania tutte le famiglie si premuravano di riempire bene i secchi perché sarebbero passati i Magi e si sarebbero fermati per dissetarsi e dissetare gli uomini e gli animali del loro seguito. Era un gesto di profondo senso religioso. E si accendevano tanti piccoli fuochi per illuminare la strada al loro passaggio. Erano tradizioni che ci facevano partecipare – e non solo assistere – all’evento: da noi passavano i Magi. Una bella tradizione anche in Cattedrale: drammatizzare, con Magi e seguito, il racconto di Matteo non per ricordare, ma per viverlo di persona. Occorre crederci, sentire, partecipare, come noi partecipavamo a riempire i secchi, e sembrerà di camminare coi Magi e di arrivare assieme a loro alla culla del Bambino Gesù. I Vangelo ci sprona a realizzare queste piccole scenografie – dell’antica liturgia aquileiese ci è rimasto solo il Missus della novena del Natale – “Coro, Angelo e Maria” – per attualizzarlo e viverlo. Mi piace ricordare che queste “liturgie” sono anche un bel modo di pregare o, come direbbe il servita P. Ermes Ronchi, di respirare Gesù.

Fin dai primi tempi i cristiani non si sono accontentati delle scarne notizie che si trovano nel Vangelo di Matteo. Mancano troppi dettagli: da dove venivano? Quanti erano? Come si chiamavano? Quale mezzo di trasporto hanno usato e anche, dopo morti, dove sono stati sepolti? Molte leggende sono nate per rispondere a queste domande. Si è detto che erano tre, che venivano uno dall’Asia, uno dall’Africa e uno dall’Europa (uno giallo, uno nero e un bianco). Si chiamavano Gaspare, il giovane imberbe, Melchiorre, il vecchio canuto dalla barba lunga e Baldassarre, l’uomo maturo con barba folta. Per il viaggio si son serviti di cammelli e dromedari. Le loro spoglie si conservano nel fantastico duomo di Colonia.

Si tratta di storie piacevoli e commoventi, ma vanno tenute accuratamente distanti dal racconto evangelico per non compromettere il messaggio che il testo sacro vuol comunicare. E chiariamo alcuni dettagli che non hanno nulla a che vedere con quanto narra Matteo.

Non è detto che fossero tre; è certo che non erano re erano magi – maghi – cioè astrologi: persone molto apprezzate nell’antichità per la saggezza, la capacità di interpretare i segni, di prevedere il futuro e di leggere la volontà di Dio attraverso gli avvenimenti straordinari della vita. La stella! Era opinione diffusa che la nascita di un grande personaggio fosse accompagnata dall’apparizione nel cielo di una stella. In tempi moderni astronomi hanno dedicato tempo ed energie per verificare se, duemila anni fa, sia apparsa nei cieli una cometa. E ci hanno proposto varie ipotesi ammirevoli.

Ma va detto che la stella cui fa riferimento Matteo non va cercata nel cielo ma nella Bibbia. L’evangelista scrive per lettori che conoscono bene l’Antico Testamento e da secoli sono in attesa di veder apparire la stella di cui parla una misteriosa profezia contenuta nel libro dei Numeri. Presentandoci i magi dall’Oriente che vedono la stella, l’evangelista vuol dire ai suoi lettori: dalla stirpe di Giacobbe è spuntato l’atteso liberatore, è Gesù. E’ lui la stella. Dovremo allora togliere dai nostri presepi la cometa? No! Contempliamo pure quella stella e indichiamola ai nostri figli, ma spieghiamo loro che la stella non è un astro del cielo, ma è Gesù, è lui che luce.

Matteo scrive negli anni 80 d.C. e cosa verifica? Constata che i pagani sono entrati nella Chiesa, hanno riconosciuto e adorato la stella, mentre i giudei, che da tanti secoli la stavano aspettando, l’hanno rifiutata. Il racconto dei magi è una “parabola” di ciò che sta accadendo nelle comunità cristiane alla fine del I° secolo. I pagani che hanno cercato con onestà e costanza la verità hanno trovato la stella/luce Gesù. A Matteo preme mettere in risalto un altro particolare: i magi – simbolo dei popoli pagani – non sarebbero mai giunti a Cristo se i giudei, con le loro Scritture, non avessero loro indicato il cammino. Israele, pur non avendo seguito la stella, ha portato a compimento la sua missione: è stato il mediatore della salvezza di tutti i popoli.

I magi son il simbolo degli uomini di tutto il mondo che si lasciano guidare dalla luce di Cristo. Sono immagine della Chiesa, composta da gente di ogni razza, tribù, lingua, nazione.

E i doni: oro, incenso e mirra? Matteo si è documentato per raccontare un avvenimento vero, ma lo racconta con un po’ di rammarico nei confronti dei suoi fratelli giudei e immergendolo in tutte le profezie, i simboli del V. T. e in particolare del profeta Isaia riguardanti l’avvento del Messia. Certo i magi hanno portato doni, non regali. Il dono è un gesto del cuore, della generosità, della gratitudine, dell’affetto.

Porgo a tutti un cordiale saluto e vi ricordo nella preghiera.

Con tanta cordialità.                                                                                                                            Mons. Pietro Romanello, canonico