Ricordando Penelope
Carissimi amici,
domenica 24 novembre, avevo chiesto l’aiuto della vostra preghiera per poter affrontare un momento difficile anche per me, che dovevo celebrare la Messa esequiale della piccola Penelope. La vostra preghiera mi ha incoraggiato, sostenuto e dato forza.
Sono qui a dirvi grazie. Siccome molti mi hanno chiesto, a voce e per iscritto, di poter rileggere quanto ho potuto pensare e dire in quella circostanza, con l’aiuto dello Spirito Santo, pubblico la breve omelia con la quale mi sono fatto interprete della Parola di Dio a noi trasmessa dalla Lettera di S. Paolo ai Romani (14,7-9) e dal Vangelo di Marco (5,21-23.35-43).
I genitori di Penelope, Laura e Marino, ammirati per una così grande partecipazione al loro dolore, mi incaricano di ringraziare tutti. Vogliamo continuare a sostenerli con la nostra preghiera.
SALUTO ALL’INIZIO DELLA S. MESSA
Carissimi sorelle e fratelli,
una ferita si è aperta nel cuore di tutti e questo triste evento ha commosso l’intera città. Abbiamo accolto Penelope in questa cattedrale per un saluto affettuoso. Era abituata a entrare qui, affascinata dalla grandezza di questo tempio, dagli affreschi, dalle statue, curiosa di vedere e di sapere, incantata dalle figure dei santi e degli angeli. Ora vede non solo nell’immagine ma nella realtà la bellezza del Paradiso.
Era nella primavera della vita. Ci ha lasciati in fretta, come una piccola fiamma, spenta da un colpo di vento improvviso, prima di poter offrire tutta la sua luce. Ma questa fiamma si è davvero spenta? O arde ancora?
Attorno a lei, ci sentiamo vicini alla mamma Laura e al papà Marino, ai parenti, agli amici, ai compagni di scuola e a tutto l’Istituto Uccellis. Le nostre preghiere ed i canti dei Pueri Cantores desiderano essere una partecipazione al loro dolore.
Concelebrano con me: il Parroco di San Paolo e sant’Osvaldo don Ezio, l’Assistente spirituale dell’Istituto Uccelli don Ioan, il Parroco di S. Quirino don Claudio e altri sacerdoti che sono venuti per solidarietà con chi soffre.
Ora cerchiamo rifugio nella misericordia di Dio che ci avvolge col suo amore e, perdonandoci ogni peccato, ci rende degni di celebrare, con questa Eucaristia, il suo mistero di morte e resurrezione.
OMELIA
Voi sapete quanto sia difficile prendere la parola in queste circostanze. Sarebbe più opportuno un rispettoso silenzio. Ma chi ha diritto di parlare se non Colui che ci creati a sua immagine, salvati con amore gratuito e che ci illumina nella vita con la sua Parola che non è “incatenata” neppure dalla morte”?
Desidero essere solo una modesta eco della Parola di Dio. Non pretendo di spiegare. Mi scontro anch’io, come voi, con tanti perché… So dire solo che Dio sta dalla parte di chi soffre, di chi piange, di chi muore. È un Dio che condivide le lacrime e offre una speranza: lasciamo che ci dica che in ogni notte vi è una luce. Lui sulla croce ha patito per tutti coloro che soffrono, ha attraversato il buio per tutti coloro che sono nella notte. È entrato nella morte perché tutti entriamo nella morte, Lui con la debolezza dell’uomo e con la potenza di Dio. Ha sofferto anche per questa morte improvvisa e tragica. Ci ha amati più di tutti e per questo amore smisurato, la sua vita è stata approvata dal Padre ed è risorto. Ora vive per sempre e dona a noi la speranza di vita eterna, una vita che è già presente nel nostro cuore. Come mai?
“Sia che viviamo, sia che moriamo del Signore”
Alcuni anni fa Penelope è stata portata in chiesa, in braccio ai genitori, per il battesimo. Il sacerdote versando l’acqua rigenerante della vita, le ha detto parole meravigliose:
”Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito santo. Ti dichiaro che sei figlia di Dio, appartieni alla sua famiglia, sei della stirpe di Dio. Nel più profondo del tuo cuore vive Dio. Gesù si è legato a te e vivrà con te, tutti i giorni, quelli belli e quelli oscuri. Non aver paura, neppure della morte. Come Lui e con Lui risorgerai”.
Tra noi e Gesù c’è una solidarietà misteriosa: “con Lui viviamo, con Lui moriamo, con Lui risorgiamo. Siamo dunque del Signore” e “Nessuno ci potrà separare dall’amore di Cristo”.
“Talita kum – Fanciulla, io ti dico, alzati”
Come un tempo nella casa di Giàiro, anche oggi Gesù entra nella stanza della morte e del dolore, con i suoi apostoli e i genitori, cioè con la famiglia degli affetti e con la famiglia della fede. Ricompone così il cerchio dell’amore.
Ma chi è Gesù? È la mano di Dio che dà una mano. Egli tocca la bambina per dire la sua compassione. La prende per mano. Parla col gesto del suo corpo e le dice: “Sono qui. Ti voglio bene. Ti comunico ciò che Io sono: Io sono la via, la verità e la vita. Sono l’amore che sulla croce ha vinto la morte.”
Anche tu, Penelope, hai vinto. Sei con Gesù, in Paradiso. Uniti a Lui vinceremo anche noi. Tu continua a stringere la sua mano. Noi stringiamo la sua e la tua mano, con fiducia. Formiamo il cerchio dell’amore che abbiamo tessuto e vissuto qui sulla terra e che nessuno potrà mai spezzare. Attorno a questo altare, dove Gesù dona la forza dell’amore, resteremo in comunione tra noi e con te, che desideravi fare qui la Prima Comunione Eucaristica. Ora vivi nella comunione definitiva con Dio. Parla a Lui del tuo papà e della mamma, dei tuoi amici di scuola e di tutti noi che viviamo col desiderio di vederti di nuovo, bella, felice, coi tuoi occhi luminosi e di rimanere per sempre anche con te, uniti dall’amore senza limiti di Gesù, che è risorto per donare a noi speranza.
Il parroco, Mons. Luciano Nobile
Udine 26.11.19