Solennità dell’Immacolata Concezione

SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA VERGINE MARIA

e SECONDA DOMENICA DI AVVENTO

 

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(Gn 3, 9 – 15. 20; Ef 1, 3- 6. 11 – 12; Lc 1, 26 – 38)

 

“Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore”

Dopo un lungo periodo di riflessione e di accesi dibattiti, l’8 dicembre 1854, papa Pio IX, beatificato nel 2000 in occasione del Grande Giubileo, proclamò solennemente come dogma di fede cattolica, l’Immacolata Concezione della Madonna. Appena 4 anni dopo, nel 1858, la conferma più autorevole di questa decisione, venne dalla Madonna stessa a Lourdes. Bernardetta Soubirou chiese alla bella Signora che le appariva, quale fosse il suo nome.

La celeste visione rispose: «Io sono l’Immacolata Concezione». Cosa significa «Immacolata Concezione?». Significa che la Madonna fu concepita nel grembo di sua madre, S. Anna, senza peccato originale.

La Parola di Dio di questa solennità, ci presenta due episodi diametralmente opposti.

La prima lettura ci presenta un episodio di disobbedienza e di ribellione a Dio; il brano evangelico ci presenta, invece, un episodio di obbedienza e di totale sottomissione a Dio.

Sono due episodi che si ripetono continuamente nella storia con le relative conseguenze di male e di bene.

Il primo episodio, che narra la disobbedienza di Adamo ed Eva, ci fa cogliere la radice di ogni male. Quale è la radice di ogni male? È la perdita di consapevolezza da parte dell’uomo della propria identità di creatura di Dio. Ma, a questo punto, domandiamoci: che può fare la creatura senza il suo Creatore?

Facciamo due paragoni:

Il fiume senza la sua sorgente diventa prima pantano, poi steppa e deserto. Il raggio senza la sua sorgente luminosa diventa tenebra. Cioè esattamente il loro contrario…

La «Gaudium et Spes» del Concilio Vaticano II dice che «la creatura senza il Creatore svanisce».

 Il secolarismo, il soggettivismo, il relativismo, l’ateismo pratico sono diventati un fenomeno di massa. Oggi, l’uomo pensa di potersi gestire in maniera del tutto autonoma da Dio. Quali le conseguenze? Sono sotto gli occhi di tutti.

Tutti, oggi, è vero, vogliono (finalmente!) correre ai ripari. Sociologi, psicologi, economisti, politici, scienziati, magistrati…. dicono che bisogna ritornare ai valori etici. Basterà? No! Sarebbe solo un rimedio apparente ed effimero, un palliativo, un’illusione! Occorre ritornare a Dio! Occorre riscoprire la nostra identità di creature di Dio. Solo Dio è fonte dell’etica e della morale!

Diceva Paolo VI: «Senza dubbio l’uomo può organizzare il pianeta terra senza Dio; ma, senza Dio, egli non può alla fine che organizzarlo contro l’uomo».

Quando la coscienza umana si svuota di Dio, l’uomo è inesorabilmente conteso e lacerato da idoli e da superstizioni. E, dunque, dall’irrazionale, dall’assurdo, dal contraddittorio.

Il secondo episodio, quello evangelico, che narra l’Annunciazione dell’angelo alla Madonna, ci fa cogliere, invece, la radice di ogni bene. Qual è questa radice? È riscoprire la nostra identità di creature e viverla.

Maria si sentì sempre creatura totalmente dipendente da Dio e fu sempre prontissima a fare la sua volontà, anche quando non riusciva a capire tutto. «Ecco, io sono la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola».

Maria lasciò fare a Dio. E Dio fece in Lei «cose grandi», cose impensabili, sublimi, divine.

Con altissima poesia, così esprime questa verità il nostro Dante:

«Vergine madre, figlia del tuo Figlio

Umile e alta più che creatura

Termine fisso d’eterno consiglio

Tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti sì, che il suo Fattore

non disdegnò di farsi sua fattura».

In Maria, dunque, l’impensabile e l’impossibile si sono fatti realtà. In Lei il Creatore si è fatto creatura, l’Eterno si è fatto tempo, Dio si è fatto uomo. Imitiamo la Madonna: lasciamo fare a Dio; collaboriamo con Lui, sempre, e anche in noi e attraverso di noi, Dio farà «cose grandi», anche se non eclatanti.                                                                           Mons. Ottavio Belfio

 

L’INVITO DI PAPA FRANCESCO

ADMIRABILE SIGNUM

 

Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia. Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui.

Con questa Lettera vorrei sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze… È davvero un esercizio di fantasia creativa, che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza. Si impara da bambini: quando papà e mamma, insieme ai nonni, trasmettono questa gioiosa abitudine, che racchiude in sé una ricca spiritualità popolare. Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata.                                                                                                                                                                                   Papa Francesco