L’ECO DELLA PAROLA DI DIO
(Is 49,3.5-6; 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34)
Cos’è il Tempo Ordinario dell’Anno Liturgico?
Domenica scorsa, festa del Battesimo di Gesù, dopo i secondi vesperi, terminava il Tempo liturgico del Natale e iniziava il Tempo Ordinario. Oggi, perciò, celebriamo la seconda settimana del Tempo Ordinario. Questo Tempo è caratterizzato dalla riflessione approfondita sul mistero di Cristo, cioè della sua Persona e della sua missione. Il Tempo Ordinario invita, inoltre, per riflesso, a meditare sul mistero del discepolo di Cristo: sulla sua identità e missione. Tempo Ordinario, perciò, non significa di poca importanza. Anzi, è proprio dalla riflessione su Cristo e dalla esperienza che di Lui facciamo nel Tempo Ordinario che prende il giusto spessore ogni altro Tempo dell’anno liturgico. Se infatti il Tempo Ordinario diventa straordinario per la riflessione ed esperienza del mistero di Cristo e della Storia della salvezza, allora veramente tutta la vita cristiana sarà di alto profilo perché ne siamo resi consapevoli della sua eccellenza, bellezza e santità senza confronto. Il Tempo Ordinario viene celebrato in due segmenti: il primo si colloca tra il Tempo di Natale e il Tempo di Quaresima (è quello che stiamo vivendo noi e che ha avuto inizio, come dicevo, dopo la festa del Battesimo di Gesù). Il secondo segmento si colloca tra il Tempo di Pasqua e il Tempo di Avvento.
La missione di Cristo
La liturgia della parola di questa domenica che cosa ci dice della identità e della missione di Cristo? E per riflesso che cosa ci dice della nostra identità e missione?
La prima lettura ci parla del «Servo di Jahvè». Chi è? Nella Bibbia sono chiamati «servi di Dio»: il popolo d’Israele nel suo complesso; i Patriarchi; i Profeti; altri illustri personaggi come Mosè e Davide; e talvolta anche dei singoli credenti. C’è, però, nella Bibbia la figura di un «servo di Dio» del tutto particolare ed eccezionale: il Messia. Di lui si dice nella prima lettura odierna: «E’ troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra». Mentre tutti gli altri «servi di Dio» avevano il compito di realizzare il piano di Dio (volontà) nell’ambito del popolo ebreo, il Messia ha la missione, attraverso i suoi discepoli, di realizzare il piano di Dio nei confronti di tutta l’umanità. Qual è il piano di Dio per l’umanità? La sua salvezza. Il servo di Jahvè, il Messia, attraverso la sua totale disponibilità, è chiamato ad essere: «luce delle nazioni» e a portare la salvezza di Dio «fino all’estremità della terra». Nel vangelo odierno, S. Giovanni Battista chiama Gesù: Agnello di Dio. I due termini «servo» e «agnello» sottolineano due tratti fondamentali del Messia: egli è obbediente, come un servo, al Padre; egli si dona in sacrificio, fino all’ultima goccia di sangue, come un agnello immolato. Ecco perché e come il Messia, Gesù di Nazaret, salva l’intera umanità.
Ma non è tutto
Il Battista, sempre nel brano odierno, fa una stupenda sintesi di tutta la cristologia. Annuncia quattro verità – rivelazione sulla identità di Gesù. La prima verità: egli, Gesù, dice Giovanni, «era prima di me». È un cenno all’origine eterna di Gesù. Gesù è dall’eternità. È eterno come Dio e in quanto Dio.
La seconda verità – rivelazione: dice Giovanni di Gesù: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo». Solo Dio può togliere il peccato del mondo: dunque Gesù è Dio. È un cenno alla sua identità e missione salvifica universale come riferisce anche Isaia. La terza verità – rivelazione: Gesù è «l’uomo sul quale», il Battista, «vede scendere e rimanere lo Spirito». Gesù «è colui che battezza in Spirito Santo». In altre parole Gesù è colui che possiede in permanenza la pienezza dello Spirito Santo, e che lo dona. Solo Dio possiede la pienezza dello Spirito Santo e lo può donare. La quarta verità – rivelazione: è la testimonianza che Gesù «è il Figlio di Dio». Gesù è, dunque, «Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero», come ci insegna la professione di fede (Credo).
La nostra missione
Di fronte alla identità e alla missione salvifica di Gesù, come si colloca ogni suo discepolo?
Il brano della seconda lettura di questa domenica, tolta dalla prima lettera di S. Paolo ai Corinti (1,1-3), ci dà la risposta. Essa è duplice. La prima: come Paolo, ogni discepolo è «chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio». L’apostolo è colui che sta con Gesù e che da Lui è mandato in missione. La seconda risposta: come Paolo, tutti i discepoli sono «chiamati ad essere santi». Ecco la nostra identità: essere santi, perché «santificati da Gesù Cristo». Ecco la nostra missione: portare «la salvezza di Gesù Cristo fino all’estremità della terra». Da chi o da che cosa l’uomo contemporaneo attende la salvezza? E quale tipo di salvezza? La mappa della situazione è alquanto complessa e variegata. Molti pongono le loro attese salvifiche: nel progresso scientifico e tecnico; nel possesso dei beni economici; nel potere politico; nell’occultismo, nello spiritismo, nella magia…; nel ritorno alla natura; nei paradisi artificiali degli stupefacenti e di tutto ciò che esalta e da euforia. Di fronte a questa base antropologica e culturale, noi cristiani, senza fare moralismi, siamo chiamati a testimoniare che queste attese sono del tutto insufficienti. Anzi, alcune tra esse sono perverse e alienanti, come le magie, gli occultismi vari… le droghe. Ma anche nelle realtà positive, come il progresso, il ritorno alla natura, il potere politico, il benessere…, sono insiti limiti invalicabili e notevoli ambiguità. L’assolutizzazione delle realtà contingenti è sempre sbagliata, ha sempre provocato illusioni e mali enormi all’umanità. La salvezza non può essere solo materiale, deve essere anche morale e spirituale. Questa salvezza integrale viene solo da Cristo «luce delle nazioni che porta la salvezza di Dio fino all’estremità della terra». Noi cristiani non divinizziamo un uomo: non facciamo dell’uomo Gesù, un Dio. È Dio che in Gesù si è fatto uomo. E Gesù ha provato questa verità sconvolgente, con la sua vita, i suoi miracoli, il suo insegnamento di valore perenne, con la sua morte e risurrezione. Noi solo accogliamo Gesù, il Verbo fatto carne, e ci facciamo suoi discepoli. Mons. Ottavio Belfio