,

6^ Domenica del T.O.

 

CHE FINE FANNO?

 

Carissimi parrocchiani e voi che frequentate le chiese della nostra parrocchia,

desidero rivolgere a voi questa domanda che preoccupa non solo me ma anche tutti i parroci, credo, che ancora cercano di accompagnare i fedeli, piccoli, giovani adulti e anziani, nel cammino della vita, offrendo quello che il Signore ci ha lasciato: i suoi sacramenti. Ai bambini e agli adolescenti normalmente si offre l’iniziazione alla vita cristiana (Battesimo, Eucaristia, Cresima) che sono una grazia del Signore per chi entra a far parte della chiesa. La riconciliazione, l’unzione dei malati, l’ordine, il matrimonio sono altrettanti interventi di Dio nella vita che offrono la grazia e chiamano ad una missione.

Ma i nostri anziani che fine fanno? Quale cura spirituale viene loro prestata davanti ad una situazione di fragilità, debolezza, alle volte di preoccupazione e di paura? Parlo nelle vesti di un parroco. Fino a qualche tempo fa, i figli si preoccupavano di avvertire il parroco quando i genitori non potevano recarsi più in chiesa o erano costretti a stare in casa o venivano portati in qualche casa di riposo. Ora non è più così o non è sempre così. Si viene a sapere qualcosa solo quando uno muore, raramente in casa, il più delle volte in ospedale o nelle case di riposo. Allora si chiede il funerale. Alle volte in chiesa, altre volte ci si vuole sbrigare con una semplice benedizione. È questo il trattamento che noi cristiani offriamo ai nostri cari? A coloro che ci hanno messo al mondo? A coloro che ci hanno accudito per anni e anni, ci hanno accompagnati nella vita fino alla nostra maturità? A quei nonni che forse hanno assistito i nipoti durante la loro vecchiaia?

La mia e l’esperienza di tanti sacerdoti, ci dice che l’anziano ha bisogno dell’affetto che si manifesta anche nella cura della sua dimensione spirituale. Pertanto in uno stato di fragilità non ha bisogno solo delle cure mediche e dell’assistenza fisica, ma anche di relazioni, compresa una relazione misteriosa con Dio. Una persona anziana e non solo, pensa anche alla morte, perché inizia a sperimentarla nei suoi propri limiti. Davanti alla morte si pone la domanda: che sarà della mia vita? Forse non la manifestano ai parenti, tengono questa domanda nel segreto del cuore ma la fanno a sé stessi. E lì si scopre tutta l’incertezza dell’animo umano, segnato dal limite estremo. Indro Montanelli in una delle ultime interviste, si chiedeva: “Io sono stato un giornalista stimato, ho avuto soddisfazioni ed applausi, ma, invecchiando, mi sto sempre più chiedendo: dove vado a finire adesso?” Tutto questo è umano. Ed allora perché non offrire, come alcuni fanno la possibilità di una visita del sacerdote che può aiutare a rasserenare il malato o l’anziano? Alle volte, alla proposta di recarmi a visitare un malato o un anziano, mi viene risposto dai parenti: Non si preoccupi, lei è tanto impegnato, non si disturbi. Non è per me un disturbo, per me è un dovere, fa parte della mia missione visitare i malati e gli anziani. Una volta al mese porto o faccio portare dai ministri incaricati, la Comunione Eucaristica a coloro che la richiedono. Anche gli anziani hanno bisogno di ricevere il perdono del Signore, che li libera dalla preoccupazione di presentarsi davanti al Signore con qualche cruccio non risolto o scrupolo che li tormenta. È un atto di carità pregare con loro e favorire la celebrazione del sacramento della riconciliazione. Il cuore umano è misterioso. Nella malattia o nella debolezza si esprime tutta l’umanità di una persona, che perde le sue sicurezze. A noi spetta la missione di favorire l’incontro col Signore, che rasserena il cuore ed aiuta a vivere nella pace.

Un cordiale saluto a tutti. Auguro una buona domenica che ci fa pregustare l’incontro col Signore nel giorno che non conosce tramonto.                                                                                                   Il Parroco don Luciano Nobile