In questo Natale invito ognuno ad attraversare la Porta della Misericordia della cattedrale; attraversarla non solo col corpo, ma anche con la mente e con la coscienza esprimendo un desiderio profondo di purificare e rinnovare la nostra persona e la nostra condotta di vita.
È ancora una volta un richiamo al Giubileo straordinario della Misericordia quello lanciato dall’Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, nell’omelia di questo Santo Natale 2015.
Forte il riferimento alla quotidianità dei rapporti:
Entriamo in cattedrale attraverso quella Porta venendo dalla piazza, dalle strade, dalle nostre case, dai luoghi di lavoro e di ritrovo — ha evidenziato l’Arcivescovo —; venendo dalla vita quotidiana che stiamo spendendo giorno dopo giorno, fianco a fianco con tante altre persone, più o meno vicine. Non sempre è una vita facile e piacevole; riserva ferite nel cuore e sofferenze nell’anima. Me le sono sentite confidare da diverse persone anche in questi giorni, scambiandoci gli auguri natalizi. Se ci pensiamo bene, tutte queste sofferenze hanno una sola causa: la mancanza di misericordia. Quando tra di noi si esauriscono la misericordia, la compassione, la pazienza, la delicatezza, il perdono, inevitabilmente i nostri rapporti diventano come degli ingranaggi senza lubrificante. Girano male e creiamo sofferenze a noi stessi e alle persone vicine. Quante volte basterebbero poche gocce di misericordia per rasserenare gli animi, per tornare a guardarci con benevolenza, per capirci meglio. Ma se nel serbatoio del cuore l’abbiamo esaurita allora subito i rapporti diventano più aridi; prendiamo le distanze l’uno dall’altro perché non ci si fida e ognuno resta più solo con le sue sofferenze.
Dobbiamo riconoscere — ha proseguito mons. Mazzocato — che, volendo un Anno Santo della Misericordia, Papa Francesco ha visto bene; ha intuito che abbiamo bisogno urgente di questa. Ha chiesto di aprire nelle cattedrali, e in altre chiese giubilari, una Porta della Misericordia come un invito ad entrare e ad accostarci alla Sorgente della misericordia per fare un rifornimento interiore.
L’Arcivescovo ha dunque indicato proprio questa virtù cui è dedicato l’Anno giubilare come
la salvezza delle famiglie, delle amicizie, dei rapporti di lavoro, dell’economia, della vita comune nei paesi e nelle città. È la salvezza per tutti gli uomini; per i friulani e per coloro che accogliamo tra noi provenienti da lontano.
Qui il testo integrale dell’omelia.
Notte di Natale – Giovedì 24 dicembre 2015
Ore 19.00 Prima S. Messa di Natale, in Duomo.
Ore 22.00 S. Messa nella Chiesa di S. Maria di castello. Cantano i Pueri Cantores, e l’Aquilejensis Chorus.
Ore 23.00 La Cappella Musicale della Cattedrale propone brani musicali della tradizione natalizia, alternati da letture bibliche.
Ore 24.00 Santa Messa della notte presieduta dall’Arcivescovo. Canta la Cappella musicale della Cattedrale.
Giorno di Natale – Venerdì 25 dicembre.
Le SS. Messe vengono celebrate secondo l’orario festivo: Ore 7.30 – 9.00 – 10.30 12.00 – 19.00.
Ore 10.30 Santa Messa presieduta dall’Arcivescovo. Canta la Cappella Musicale della Cattedrale.
Ore 17.00 Canto dei Vesperi presieduto dall’Arcivescovo.
Ore 19.00 Santa Messa animata dal Coro “Schola dilecta” e presieduta dall’Arciprete.
Orari festività natalizie rispetto agli orari consueti
Museo del duomo sarà chiuso:
24 dicembre 16-18;
25 dicembre;
31 dicembre 16-18;
6 gennaio;
Oratorio della Purità chiuso:
25 dicembre;
31 dicembre 16-18;
6 gennaio;
APERTO IL 26 DICEMBRE DALLE 10-12 E 16-18.
«Abbiamo attraversato la Porta della Misericordia e siamo entrati nel luogo dove ci attende la misericordia di Dio. La nostra cattedrale, in questo momento, è lo spazio sacro della misericordia del Padre che ci aspetta e ci abbraccia come figlioli che tornano a lui pentiti e feriti dalle fatiche della vita. Possiamo fare esperienza del suo abbraccio misericordioso affidandoci alle braccia umane di Gesù che è il Buon Samaritano che si inginocchia vicino ad ognuno di noi e ci raccoglie da terra, dove siamo caduti.
Egli apre il suo Sacro Cuore, squarciato sulla croce, e con la medicina divina della sua misericordia guarisce le tante piaghe del nostro povero cuore». Così l’Arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato, nell’omelia pronunciata in occasione della celebrazione odierna per l’apertura della Porta della Misericordia nella Cattedrale di Udine, in contemporanea con tutte le altre diocesi del mondo, un varco da oltrepassare per sperimentare l’amore di Dio che consola, perdona e dona speranza. È entrata così nel vivo anche nella Chiesa udinese il Giubileo straordinario della Misericordia voluto da papa Francesco e apertosi martedì 8 dicembre in piazza San Pietro. «Ma – ha chiesto l’Arcivescovo – noi in che condizione ci troviamo in questo momento davanti a lui? Oltre al portale della cattedrale abbiamo spalancato la porta del nostro cuore?
Entreremo nell’Anno Giubilare della Misericordia solo aprendo la porta interiore del nostro cuore perché, se resta chiusa, in noi non entra nessuno, nemmeno Dio». Mons. Mazzocato ha quindi invitato a fare un «esame di coscienza» chiedendoci se ciascuno sente delle «resistenze a causa delle quali non spalanco con gioia la mia casa a Gesù» ed ha messo in guardia dall’«indifferenza verso Dio o tiepidezza spirituale, uno smog sottile che silenziosamente intossica la coscienza e la rende tiepida e poco interessata sia nei confronti di Dio che delle sofferenze degli uomini».
Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata dall’Arcivescovo di Udine nell’apertura della Porta della Misericordia.
Cari fratelli e sorelle,
abbiamo attraversato la Porta della Misericordia e siamo entrati nel luogo dove ci attende la misericordia di Dio. La nostra cattedrale, in questo momento, è lo spazio sacro della misericordia del Padre che ci aspetta e ci abbraccia come figlioli che tornano a lui pentiti e feriti dalle fatiche della vita. Possiamo fare esperienza del suo abbraccio misericordioso affidandoci alle braccia umane di Gesù che è il Buon Samaritano che si inginocchia vicino ad ognuno di noi e ci raccoglie da terra, dove siamo caduti. Egli apre il suo Sacro Cuore, squarciato sulla croce, e con la medicina divina della sua misericordia guarisce le tante piaghe del nostro povero cuore.
Nel vangelo abbiamo ascoltato la profezia di Giovanni Battista: «Io vi battezzo con acqua, ma viene colui che è più forte di me a cui non son degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Così, fa Gesù anche questa sera con ognuno di noi: ci battezza nello Spirito Santo. Cioè, ci riempie col suo Spirito di misericordia e con il fuoco della sua compassione che mai si stanca di volerci bene.
Gesù risorto è veramente in mezzo a noi, in questa cattedrale, perché noi, uniti come un solo popolo, formiamo la Chiesa che è la sua sposa. Alla Chiesa il Signore Gesù ha consegnato, come dote di nozze, i doni della sua misericordia perché essa possa guarire, perdonare, consolare nutrire i suoi figli. In questo luogo santo noi siamo la Chiesa di Cristo perché c’è il vescovo, successore degli apostoli con suoi presbiteri e con tutto il popolo santo di Dio. Questa Chiesa ci offre le sorgenti della misericordia che vengono direttamente da Gesù.
Ci offre la sua divina Parola, che abbiamo appena ascoltato e che è capace di penetrare nell’intimo più profondo della nostra coscienza; là dove ognuno di noi custodisce i suoi pensieri più personali, i sentimenti di generosità o di egoismo, i desideri belli o vergognosi, le paure inconfessabili. La Parola del Signore rischiara le nostre confusioni interiori con la luce di verità e di compassione che viene dallo Spirito Santo. La sua luce ci aiuta a capirci e a confessare la verità più profonda di noi al Padre della misericordia.
La nostra Chiesa, poi, come madre ci nutre di Gesù stesso il quale continua, dall’Ultima Cena in poi, ad offrire il suo vero Corpo e il suo vero Sangue senza risparmio, in ogni S. Messa; senza ritirare il suo dono anche quando viene disprezzato o mangiato con superficialità e indifferenza, come forse succede a volte anche a noi.
Cari fratelli e sorelle, varcato il portale della cattedrale – Porta della Misericordia durante tutto questo Anno Santo – siamo stati accolti da Gesù che è realmente pronto a donarci la sua misericordia, a riempirci dello Spirito Santo mentre ascoltiamo la sua Parola e mangiamo il suo Corpo nella comunione eucaristica.
Ma noi in che condizione ci troviamo in questo momento davanti a lui? Oltre al portale della cattedrale abbiamo spalancato la porta del nostro cuore? Se questa rimane chiusa, allora il Signore è costretto a ripeterci amaramente, con le parole di Isaia: «Questo popolo mi onora con le labbra e si avvicina solo a parole ma il suo cuore è lontano da me». Entreremo nell’Anno Giubilare della Misericordia solo aprendo la porta interiore del nostro cuore perché, se resta chiusa, in noi non entra nessuno, nemmeno Dio.
Con umile sincerità facciamo, allora, subito un esame di coscienza chiedendoci: in questo momento sento in me delle resistenze a causa delle quali non spalanco con gioia la mia casa a Gesù, come fece Zaccheo? Una resistenza mi permetto di ricordare pubblicamente, perché poco o tanto condiziona tutti. Penso all’indifferenza verso Dio o tiepidezza spirituale. L’indifferenza è come uno smog sottile che silenziosamente intossica la coscienza e la rende tiepida e poco interessata sia nei confronti di Dio che delle sofferenze degli uomini. Chi giace nell’indifferenza non sente più dolore e rimorso leggendo il Vangelo e le parole esigenti di Gesù, ma accetta e giustifica tranquillamente i compromessi per cui non sente il bisogno di confessarsi invocando sulla propria miseria la misericordia del Signore. Ha, poi, abituato occhi e cuore a vedere persone che soffrono e muoiono e passa oltre senza farsi più di tanto toccare, come il sacerdote e il levita nella parabola del buon samaritano.
L’indifferenza tiene chiuse le porte del nostro cuore perché non vuol farsi scomodare né da Gesù, né dai fratelli e preferisce tranquillamente lasciarli fuori di casa. Questo peccato può essere l’ostacolo più grave per vivere con vera partecipazione personale l’Anno Santo della Misericordia. Possiamo lasciarcelo scivolare sopra senza che produca in noi un cambiamento del cuore e delle abitudini di vita.
Preghiamo, allora, personalmente e tutti assieme lo Spirito Santo perché ci svegli dal sonno dell’indifferenza spirituale. Accogliamo come rivolto a noi il lamento di Dio: «Mi onorate con le labbra ma il vostro cuore è lontano da me». E, ancora, il rimprovero che Gesù, nel libro dell’Apocalisse, fa ai cristiani di Laodicea: «Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo».
In questo momento, grazie alla celebrazione della santa eucaristia, Gesù vivente ci parla e ci dona tutto se stesso perché lui vede che siamo poveri, ciechi e nudi. Chiediamo la grazia di riconoscerlo anche noi e di avere la gioia di sentire in noi la sua misericordia per uscire di chiesa con il cuore pieno della sua compassione verso i fratelli più deboli e sofferenti.
È questo il segreto della vera gioia che di cuore auguro a tutti voi con le parole di S. Paolo, ascoltate nella seconda lettura: «Siate lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!».
Noi, pastori del XXI secolo (Lc 2, 8-12; 15)
C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l’angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia»… Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: «Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».
Immaginiamo la scena di qualche secolo fa: i pastori, persone che non sapevano leggere e scrivere, che del mondo conoscevano le terre dove portavano le greggi, i villaggi dove vivevano e, a malapena, la città dove andavano a finire i soldi che di tanto in tanto qualche esattore veniva a riscuotere. Un mondo piccolissimo, fatto solo di ciò che è essenziale, a volte neanche di quello.
In una fredda notte d’inverno, all’improvviso, accade qualcosa di mai visto prima: una luce vivida nel cielo, una voce che dice che in una mangiatoia c’è un neonato: ma quel neonato non è un bambino qualunque, bensì quel Salvatore nel quale i loro padri, i loro nonni e i nonni dei loro nonni tanto avevano sempre sperato.
Proviamo a immaginare cosa si saranno detti: “Ma, cosa è successo?”…“Hai visto anche tu?”…”No, non può essere” “Ma…”. Finché uno di loro, forse il più saggio o il più povero, il più vecchio o quello che tutti consideravano il più sciocco, non disse la frase che tutti avevano in mente: “Andiamo a vedere quello che solo il Signore può averci detto.”
Spostiamo l’orizzonte temporale di qualche secolo, e veniamo ai nostri giorni. Noi, persone più o meno istruite, abituate a ricevere ogni ora enormi quantità di informazioni da televisione, internet o telefonini; noi, talmente abituati alle nuove scoperte ed alle mirabolanti imprese dell’intelletto umano da non stupirci praticamente più davanti a nulla; noi, che abbiamo dei mezzi di trasporto così veloci da farci sembrare il nostro mondo sempre più piccolo.
Cosa faremmo noi se, in una fredda notte d’inverno, ci apparisse una luce ed una voce ci dicesse che Gesù è tornato, come ci aveva promesso duemila anni fa, che è di nuovo tra noi, magari sotto le spoglie di un bambino nato da una coppia di profughi in una tendopoli?
Forse cercheremmo di dare una spiegazione razionale all’accaduto e, non riuscendoci, lo classificheremmo come un fastidioso frutto della nostra immaginazione, come una sorta di allucinazione, personale o collettiva. Magari ne faremmo un brillante post su qualche social network, accompagnato da un’immagine scattata con lo smartphone, in attesa di contare le risposte o i “mi piace” ricevuti.
Oppure, ascoltando la voce di un bambino o di un invalido, di un barbone o di un Papa, andremmo a vedere?
No, non cerchiamo di dare una risposta a questa domanda: qualunque possa essere il frutto del nostro ragionamento non sarebbe adeguato ad un evento di tale portata. Nel momento in cui una simile eventualità dovesse presentarsi, la capacità di dare una risposta ci verrà fornita dal Signore stesso. Se nella notte santa di Betlemme Dio non avesse dato ai pastori la capacità di credere, loro non si sarebbero mai mossi. E se un domani ci venisse tolto il dono della fede, la superbia del nostro intelletto ci renderebbe incapaci di interpretare persino il più evidente dei segni, la più lampante delle verità.
Chi ci darà il segno, ci darà anche la capacità di riconoscerlo. E in quel momento sapremo come rispondere alla voce di chi ci dirà: “andiamo a vedere”.
Carmelo Intersimone
Week end Dell’ Immacolata
rispetto ai consueti orari il:
Museo del duomo sarà chiuso:
Martedi 8 Dicembre sarà chiuso.
Oratorio della purità sarà chiuso:
Lunedì 7 e Martedì 8 Dicembre.
Chiesa S. Maria di Castello sarà aperta:
Domenica 6 Dicembre è aperta dalle 15 alle 17.
INFORMAZIONI PRENOTAZIONI:
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Parrocchia di S. Maria Annunziata
nella Chiesa Metropolitana
Piazza del Duomo
33100 Udine (UD)
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