28^ Domenica del Tempo Ordinario

RICORDANDO IL MIO CAMMINO DI VITA PASTORALE

Il mio itinerario sacerdotale è ben descritto sulla immaginetta che trovate pubblicata su questo foglietto domenicale. È opera dell’artista friulano Gianni Di Lena che mi ha sempre gratuitamente assecondato nelle mie richieste, interpretando i miei desideri. Potrete ritirare l’immaginetta-ricordo, accompagnata dal mio ringraziamento, da questa sera alle uscite della chiesa.

Nell’estate 1966 assieme agli altri sacerdoti novelli ho potuto far visita al Papa Paolo VI° che si fermò con noi e ci parlò brevemente, raccomandandoci di preparare bene il Congresso Eucaristico che si sarebbe celebrato a Udine nel 1972. Poi quasi per caso iniziai la vita pastorale a Colloredo di Prato dove il Parroco, molto malato, mi aveva chiesto una sostituzione per trascorrere un mese di ferie dalla sua sorella a Napoli. Tornò a casa dopo poco tempo e lo assistetti in punto di morte. Mi lasciò nel cuore una bella impressione di quel transito così sereno. Rimasi in questo paese, dove feci i primi passi del mio sacerdozio, fino a metà dicembre del 1966, sempre attorniato da affetto per la mia giovane età. Poi mi trasferii nella parrocchia di S. Paolo in Udine, dove ero stato destinato dal Vescovo. Vi rimasi 2 anni, occupandomi specialmente della gioventù. Ho conservato belle amicizie e ricordo con piacere i pomeriggi trascorsi insieme, prima al catechismo e poi sul campo di calcio. Anzi conservo ancora la targa-ricordo che mi è stata regalata alla partenza per esser stato cofondatore, con i giovani più maturi, della Società Sportiva di basket S. Paolo. Rivignano mi accolse nel mese di settembre 1968. Iniziai a insegnare religione nella Scuola Media e nelle elementari e ad inserirmi nella comunità, dedicandomi specialmente ai giovani. Erano le prime avvisaglie del’68. Accompagnai i giovani in questo periodo di ricerca e di cambiamento commentando nelle conferenze settimanali la “Humanae vitae”, a preparando insieme a loro le omelie da proporre  nelle Messe domenicali e inserendo nella liturgia i canti di Giombini che stavano imponendosi in quei tempi. Non mancarono i campeggi, le gite ecc…So di essermi dedicato anche agli adulti, considerata l’età avanzata del parroco. Fu un periodo di intenso lavoro e di entusiasmo. Conservo ancora i quaderni delle 4 squadre di aspiranti con le loro firme di presenza, i l riassunti dei racconti (nel mese di maggio) delle apparizioni della Madonna a Lourdes, a Fatima, a La Salette ecc…, i disegni. Li ho mostrati a loro una quindicina di anni fa in un incontro in occasione del S. Natale. Non esagero dicendo di aver visto lacrime di commozione sui loro volti. Il 29 giugno 1971 venni inviato a Mortegliano dove era Parroco il mio paesano Mons. Faustino Di Benedetto. Non era una situazione tranquilla. Si trattava di vivere con equilibrio “le spinte e le frenate”, per tenere unita la comunità. Cercai di fare del mio meglio, feci quello che mi sembrava essere il mio dovere. Ebbi l’impressione che il popolo di Dio comprendesse la mia buona volontà. Continuai ad insegnare religione nelle Scuole Medie ed elementari. Nel pomeriggio curavo il catechismo per i bambini Una volta alla settimana, verso sera, l’incontravo i ragazzi di prima e seconda superiore, presentando anche i pericoli di cadere nell’ uso della droga che iniziava a far capolino anche nei paesi…così mi dicevano. Il lunedì sera era l’esperienza del servizio gratuito riservato ai giovani più grandi. Si partiva con un gruppo ben nutrito di giovani verso Udine per essere utili alla comunità Piergiorgio che era appena nata e che necessitava di aiuto. L’aiuto poi continuava a Mortegliano coinvolgendo le famiglie nella casa della gioventù Fu questa per me una esperienza, che ritengo ispirata dallo Spirito Santo, che ci aiutò ad uscire dalle buone intenzioni per giungere alle buone pratiche. Ricordo ancora la bella mostra sulla Eucaristia tenuta nella casa della gioventù che coinvolse gli insegnanti e gli alunni delle Scuole medie ed elementari in occasione del Congresso Eucaristico del 1972. Quanto pagherei per avere qualcuna di queste opere fatte dai ragazzi con l’aiuto degli insegnanti. Per me furono tempi difficili ma, ora lo dico con gratitudine, tempi fecondi. Le difficoltà mettono alla prova, danno la possibilità di rafforzare la volontà e offrono l’opportunità di crescere. Appena giunto il nuovo parroco Mons. Pietro Antares nel 1973 a Mortegliano, lo misi al corrente della mia intenzione di diventare io stesso “Parroco” e non soltanto cooperatore parrocchiale. Mi presentai dal Vescovo Mons. Battisti e gli dissi la mia intenzione, che egli assecondò subito inviandomi a Pavia di Udine. Vi giunsi il 20 novembre 1974. Fu un periodo di gioiosa sosta e di impegno. Eravamo come una famiglia. Il paese era ricco di associazioni e di iniziative alle quali partecipavo volentieri. Mi è stato facile inserirmi ed acquistare la fiducia, ero giovane e la carta della giovinezza normalmente è vincente, se giocata per il Regno di Dio. Ho bei ricordi: la banda giovanile, il coro parrocchiale, il restauro dell’organo e della scuola materna, la confidenza con le persone, la Scuola Media, la collaborazione con i parroci limitrofi, la festa dei “Luciano”, nata nel 1975, che ancora annualmente ci dà l’occasione di radunarci insieme…Mi ero talmente affezionato alla gente di questo paese che quando nel maggio 1979 il Vescovo venne a comunicare la sua decisione, da me accolta per obbedienza, di trasferirmi nella Parrocchia di S. Quirino in Udine, in quella notte, nel letto, piansi quasi sentendo il rimorso di aver accolto la proposta del Vescovo, come fosse un tradimento nei confronti di quella piccola e cara comunità. Alle volte bisogna anche piangere per sentire la nostra umanità e rispettare i sentimenti del nostro cuore. Entrai a S. Quirino Domenica 11 novembre 1979 alle ore 11. Furono 15 anni di intenso lavoro pastorale, sia per quanto riguarda la vita comunitaria che le opere cui si dovette mettere mano. Le fatiche iniziali a nessuno vengono risparmiate. Questo periodo è stato il centro della mia vita, dai 37 ai 52 anni. Ciò che mi è giunta come una novità mai pensata e tanto meno attesa fu la richiesta del Vescovo di mandarmi nel  Seminario Interdiocesano di Castellerio, come rettore. Cercai di presentare qualche obiezione ma ormai i giochi erano fatti. Forse dovevo ricorrere all’obiezione di coscienza  ma chi è abituato ad obbedire dice sempre di sì. Non ho capito mai se sia giusto o meno. Comunque mi affidai alla divina Provvidenza ed espletai quel delicato compito per 10 anni, tra gioie e preoccupazioni. Sono venuto in questa parrocchia nel 2004. Voi mi conoscete. Voi sapete i miei difetti ed i pregi. Non occorre che ve ne parli. Mi son trovato e mi trovo bene con voi. Gli impegni sono aumentati di anno in anno. Ho un grande rammarico, quello di non aver attualmente il tempo di venire a visitare le vostre famiglie. Ma non ho accantonato il desiderio e, prima o poi, spero di suonare non solo le campane del duomo e delle altre chiese, ma anche i campanelli delle vostre case.

Sono queste le realtà che fanno parte dell’itinerario della mia vita. È stata ed è una vita bella la mia, di impegno, di soddisfazioni, di varie realizzazioni pastorali. Ci sono state e ci sono anche difficoltà indubbiamente ma queste rafforzano la volontà e provocano la nascita di energie insperate e non prima immaginate. La vita di un parroco è la vita più bella e varia che un sacerdote possa vivere. Le numerose relazioni, dettate e improntate alla carità pastorale, non sono mai banali, sono sempre importanti perché segnano in profondità le persone. È quella profondità che sa scavare solo Dio nelle anime per donare la sua grazia e farla fruttificare. Il sacerdote che celebra i sacramenti è portatore di una ricchezza di cui forse non ci si rende conto a sufficienza e che ci supera. Siamo ministri, strumenti coscienti e alle volte poveri che favoriscono l’incontro più importante che una persona possa avere nella vita: l’incontro con Dio.

Entusiasmo e stanchezza, gioie e preoccupazioni fanno parte di ogni vita. Non posso che ringraziare il Signore per questo lungo cammino che ho potuto percorrere con Lui e con tante persone che ho incontrato. Ringrazio i miei genitori che si sono fatti pellegrini con me di parrocchia in parrocchia, le sorelle, i fratelli, i parenti tutti , gli amici tra i quali non posso dimenticare i coetanei della classe 1942, i maestri, le suore. Sono grato ai vari parroci di Basiliano che mi hanno accolto sempre con affetto e stima. Non penso di far torto a nessuno se menziono in particolare don Luigi Londero che è padre della mia vocazione sorta fin da bambino e che mi ha accompagnato nel lontano 1953 per la prima volta nel Seminario di Castellerio. Ringrazio tutte le comunità che mi hanno voluto bene, assecondato, favorito, aiutato nelle difficoltà incontrate. Alle volte mi sono sentito il pastore che cammina davanti e guida il gregge, altre volte il pastore mescolato in mezzo agli altri, qualche volta ho avuto l’impressione di essere il pastore che si lasciava trascinare dalla gente. È l’esperienza della vita di fede, è l’esperienza concreta della vita comunitaria, è la bellezza del sentirsi chiesa di Cristo. Si vive anche della fede e della testimonianza degli altri. È la comunione ecclesiale, sempre dono dall’alto, cercato, pregato, vissuto. Con questi sentimenti invio un saluto cordiale a tutti mentre oggi celebro con gioia assieme a voi la Messa giubilare ed invito tutti a dire grazie per quanto il Signore ha compiuto e a gustare il suo perdono nell’ Anno della Misericordia.  Cordialmente!                                                                                            Don Luciano.

 

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