32^ Domenica del Tempo Ordinario

Carissimi,

domenica scorsa entrando in chiesa, una persona, incontrandomi, mi ha detto: ”Vediamo cosa ci ha scritto questa settimana il nostro Parroco!” Mi ha fatto piacere sentire questo interessamento, forse guidato anche da un pizzico di curiosità, per il messaggio domenicale. Non so se tutti coloro (circa 450) che prelevano questo foglietto alle uscite della chiesa, poi abbiano anche la pazienza di leggerlo. Però ho la fiducia che ciò avvenga, e vi dico ancor di più, spero che portando a casa questo messaggio domenicale, qualche altra persona della famiglia lo prenda tra mano e lo legga. Se questo avviene, sono doppiamente felice perché la parola si diffonde, la parola crea sentimenti, la parola interpella, la parola forma mentalità e guida anche il nostro agire. E poi il fatto che voi leggiate, mi incoraggia e mi ripaga della gioiosa fatica settimanale dello scrivere. Sì, per me è una fatica gioiosa perché mi dà la possibilità di comunicare con tante persone che altrimenti non incontrerei in altro modo. In queste domeniche però ho voluto cedere la parola ad un confratello che recentemente ha tenuto una meditazione agli operatori che si stanno formando in vista della costituzione di un Centro di Ascolto Interparrocchiale nella nostra città.

Mi è sembrata densa di significati, pur nella sua semplicità. È coinvolgente. Per questo gli ho ceduto volentieri il posto, anche perché voi possiate godere di una voce nuova ed efficace. Nella speranza che anche voi ne traiate beneficio, vi invito ad una lettura attenta e costante in queste domeniche.

Invio un cordiale saluto a tutti.                                                                                             Il parroco don Luciano

 

SAPPIAMO ASCOLTARE?

 

 

  • Ascoltare, comprendere, dire, riconoscere sono 4 verbi che meriterebbero ore intere di riflessione: 4 verbi che “segnano” quella che dovrebbe essere la nostra relazione con l’altro da me, la persona (le persone) con cui mi relaziono nella quotidianità.

  • Si dice che nessun uomo è un’isola! Ognuno di noi è parte di un arcipelago dove ciascuno è collegato all’altro da un qualche ponte (o così dovrebbe essere!). E credo che ciascuno di noi sia ben in grado di rendersi conto di che materiale siano fatti i propri ponti (ogni riferimento è puramente… causale).

  • Ci basterebbe una domanda per aiutarci a prenderne coscienza (e la prendo utilizzando proprio uno dei 4 verbi di cui sopra): “Esiste o non esiste una disponibilità all’ascolto dell’altro?” Non è una questione… acustica! È una questione di cuore! “I care!”: “Mi prendo a cuore!”. È disponibilità a mettersi nei panni dell’altro. Usiamo un altro termine: è questione di “incarnazione”! Ascoltare è tutto questo. Mettersi in ascolto dell’umanità; mettersi in ascolto dell’altro è vocazione umana, è vocazione di ogni uomo e di ogni donna di questa terra! Prima ancora che vocazione cristiana.

  • Senza questa disponibilità a mettersi “in ascolto” dell’altro, dell’umanità concreta con cui abbiamo quotidianamente, direttamente o indirettamente a che fare, non è possibile “comprendere” (ecco un secondo termine che esprime la relazionalità) che, come si evince dal termine stesso, significa: “prendere insieme”, condividere. Non azione puramente intellettuale, ma, anche in questo caso, profondamente affettiva. Termine che dice anche la non esautorazione dell’altro rispetto al proprio vissuto, la non deresponsabilizzazione; ma l’assunzione condivisa di situazioni, problemi, difficoltà! Affrontiamo insieme la vita con tutto ciò che ci presenta! Non l’affronto io al posto dell’altro, né l’altro al posto mio. Ma insieme!

  • C’è un terzo termine che mi è stato affidato: “dire” l’umanità. Mi sono domandato cosa mi stesse chiedendo chi me lo ha affidato. Nella logica dei miei pensieri credo significhi saper guardare in faccia questa umanità: questa umanità che sono gli altri ma che sono anch’io con gli altri e tra gli altri. Credo significhi non aver paura di guardare la grandezza, le potenzialità, i sogni, le speranze… ma anche le paure, i fallimenti, le contraddizioni, i tradimenti…, personali, di gruppo, sociali, etnici, nazionali, universali…

  • Ed in questo senso si può realizzare anche un “ri-conoscimento”, ossia un conoscere – in modalità nuova, rinnovata – l’altro da me in un atteggiamento di accoglienza: non estraneo, tanto meno avversario, ma almeno “compagno di viaggio”.

  • È questo che permette di fare propri i dolori e le gioie dell’altro… e permette anche di “diventare voce di quella umanità che non ha voce” per farsi sentire nella propria fatica di vivere!

  • Qui facciamo un altro passaggio. (continua)

                                                                                                                                                             Don Roberto Gabassi  Parroco del S. Cuore, di Gesù Buon Pastore, di S. Gottardo

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