34^ Domenica del Tempo Ordinario

SOLENNITA’ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO

 

Amore del prossimo e accoglienza incondizionata

Gesù testimone e maestro

 

Il concetto stesso di “prossimo” aveva connotati e definiva confini ben precisi! Gesù stesso lo sottolinea nel Vangelo di Matteo: “Avete inteso che fu detto: amerai il tuo prossimo ma odierai il tuo nemico”. Vale a dire: o sei prossimo o sei nemico, ma dove questa distinzione era predeterminata, indipendentemente dal vissuto relazionale umano: era data semplicemente da un’appartenenza: prossimo è quello del tuo popolo (calma però: solo quelli che rispondevano a certe caratteristiche e a certe condizioni).

La parabola del buon samaritano (Lc 10,25-37) serve a Gesù per cominciare a mettere la cosiddetta pulce nell’orecchio, ma soprattutto nel cuore di chi lo segue. Lui prende seriamente la domanda che gli rivolge il dottore della legge: “Chi è il mio prossimo?” e racconta. C’è un disgraziato che incappa in un gruppo di delinquenti e… sappiamo cosa succede. Passano un sacerdote e un levita del tempio. Poi uno straniero. Cosa vuole farci capire Gesù rispondendo alla domanda con un racconto e un’altra domanda: “Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?”. Guarda caso, “prossimo” è stato non colui che apparteneva alla stessa etnia, che condivideva la stessa fede… ma lo straniero, da un popolo di cui gli ebrei dicevano: “Piuttosto che mangiare il pane di un samaritano, meglio mangiare carne di porco” (considerato il massimo della blasfemia, un sacrilegio!) Capiamo come la domanda di Gesù è destabilizzante?!

Una domanda che “spariglia” le carte in tavola! Non ha più senso la domanda: “Chi è il mio prossimo?” ma: “Di chi decido di farmi prossimo?”. Una responsabilità immensa ci viene (mi viene) affidata. Saltano tutti i confini. La fraternità è, a questo punto, universale. È mio fratello quello di casa mia come il fastidioso zingaro di cui non so mai se tentare di fidarmi o meno. È quello che saluto ogni giorno perché la sua porta di casa sta davanti alla mia o il profugo il cui andar su e giù per via Cividale mi mette ansia.

“Di chi intendi farti prossimo? di chi sai che ti potrà essere utile in un modo o nell’altro? Oppure di chi sai che non ha niente da farti guadagnare? Il Cristo non ci dice: Guarda che se scegli questo anziché quest’altro sei fuori strada. Semplicemente vuol farci capire che, come non ci sono figli e figliastri, così non ci sono fratelli e fratellastri! Sconvolgente! Abbiamo qui i presupposti di una vera e reale trasformazione del mondo, o meglio, dell’umanità! Perché qui sta la radicalità della sua proposta ai dodici, ai discepoli, a coloro che lo seguivano e lo ascoltavano. Ma quello che lui ha proposto e propone ancora oggi a noi, suoi discepoli, è quello che lui ha vissuto, nella quotidianità della sua vita, nello scandire dei giorni là dove è concretamente vissuto, dove ha concretamente amato. Dove ha gioito e dove ha sofferto… preoccupato soltanto di mostrare il vero volto di Dio che è amore, e preoccupato di raccontare il sogno di Dio per questa sua e nostra umanità… famiglia sua e famiglia nostra. Non ci sono più confini e… non ci sono ricette! È piuttosto questione di “conversione”! Non parlo di “conversione morale” (devo essere più buono, devo comportarmi meglio in quelle determinate situazioni, devo rispettare di più mia moglie, ecc. ecc.). Parlo di “conversione di/nella fede”. Credo che abbiamo capito ancora molto poco di Dio! Credo che, nonostante Gesù non lo conosciamo ancora! Perché se imparassimo a conoscerlo come Gesù ci ha mostrato e ci mostra ancora, tutto sarebbe molto più semplice.

Perché la conversione del nostro modo di concepire (e, conseguentemente, di rapportarci con) Dio ci porterebbe alla vera e grande conversione: quella del cuore. Lo diceva già il profeta Ezechiele (o meglio Dio attraverso la voce del profeta): “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36,26-27). Mi verrebbe da dire: “Ma non ce l’abbiamo già il cuore di carne?”. Forse è che ci dimentichiamo di essere “creati a immagine e somiglianza di Dio”. Forse ci dimentichiamo che siamo figli suoi, che il suo DNA sta già dentro di noi. Forse dobbiamo soltanto ricordarci di ciò che siamo già, per riuscire anche a vivere quello che siamo già, dentro la quotidianità delle nostre relazioni. Credo che ci possono essere utili proprio quei termini che abbiamo preso in considerazione all’inizio, per un cammino di conversione nella nostra figliolanza nei confronti di Dio, e nella fraternità con chi incrociamo nel cammino della nostra vita:

Ascolto: un ascolto empatico! (diceva una bambina alla mamma che stava lavando i piatti: “Mamma, ascoltami”. “Certo che ti ascolto”, mentre continuava a lavare i piatti”: “Mamma, ascoltami”. “Ma ti sto ascoltando”. “Mamma, ascoltami con gli occhi!). Ascolto, il vero ascolto, è quello con il cuore!

Comprensione: il vero ascolto ci lega gli uni agli altri; il problema tuo diventa anche mio e il mio diventa anche tuo. Nessuno porta la croce di un altro, ma portarla insieme non è come portarla da soli!

Riconoscimento: ti riconosco come altro rispetto a me, ma non come estraneo; ti riconosco come fratello, come sorella. Sto accanto a te in punta di piedi, mai invadendo la tua identità e la tua intimità, nella stima e nel rispetto, in qualsiasi situazione tu ti ritrovi…

Parola: Non devo nascondere che io ho a che fare con te e tu con me; non posso né devo vergognarmi di stare dalla tua parte se sei indifeso. Piuttosto devo chiedere a Dio il coraggio di parlare insieme a te e anche in nome tuo, di esserti a fianco anche quando qualcuno ti giudica o ti emargina.

Capire questo è capire il “sogno di Dio”. Accogliere questo e farlo proprio è permettere a Dio di realizzare questo suo sogno… perché siamo finalmente suoi figli e tra noi fratelli.

                                                                                                                                                                              Don Roberto Gabassi (Moderatore del Consiglio Presbiterale)

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