Et in terra pax

 

Carissimi fedeli che frequentate le chiese della nostra Parrocchia di S. Maria Annunziata,

vorrei con voi contemplare il Natale di Gesù come il grande e misterioso segno della pace che il Padre ci ha donato. È grande e misterioso perché passa attraverso una vita che nasce, che morirà atrocemente e che risorgerà come una piccola e potente luce che rischiara le tenebre del mondo. Infatti è dalla Pasqua che nasce l’anno liturgico che noi stiamo vivendo e che attraversa il tempo seminando speranza. Abbiamo vissuto l’Avvento come una progressione verso la luce che di domenica in domenica è cresciuta fino a raggiungere Colui che è la luce del mondo: Gesù, la nostra pace.
Contempliamo la pace.
Dove? Nella croce di Gesù. Non per nulla alcune icone antiche presentano la culla come una tomba e i panni che avvolgono il Bambino Gesù come le tele ritrovate nel suo sepolcro. Allora contempliamo oggi la pace messa in croce là dove imperversano la guerra, la miseria, l’odio, la violenza, la cattiveria, dalla minimaalla più grande. Quel palo verticale che va dalla terra al cielo ci chiama forse a guardare in alto, ad un umanesimo aperto al trascendente.
“Ed uscimmo a riveder le stelle…Puro e disposto a salire alle stelle….L’amor che move il sole e le altre stelle…” (Dante).
La preghiera, come incontro personale e comunitario con Dio, ci apre all’eterno, indirizza e dà senso al nostro faticoso camminare sulla terra, bisognoso di speranza. La pace è dono suo. Va pregato, accolto e testimoniato.
Costruiamo la pace
Nella croce c’è un palo orizzontale, che stende le sue braccia per raggiungere tutti. È l’abbraccio affettuoso di Gesù al mondo che si realizza anche attraverso tutti gli abbracci nostri in famiglia, con i vicini di casa, nel volontariato, nell’assistenza ai malati, nella comunicazione della fede, negli esempi di bontà che compiamo e che alle volte costano quanto una croce. Così ha fatto Gesù. In tutti gli ambienti. Nella case dove entrava, lungo le strade che percorreva in Palestina.
Uno sguardo al Presepio
Il presepio che ammiriamo in chiesa vuole indirizzarci a questi pensieri. La terra soffre la sete, la freddezza, l’aridità del deserto umano. Ha sete di amore, realizzato come stile di vita donata, non possessivo ed invadente, di pace che non si accontenta soltanto del silenzio delle armi, di giustizia che non divide i beni in parti eguali tra diseguali, di felicità che è gioia condivisa, non chiasso provocato ad arte per confondere i cuori, di luce che non acceca ma aiuta a vedere anche le altrui necessità e a fare il bene. Questa nostra umanità cerca ansiosamente l’acqua fresca che zampilla ed il fuoco che riscalda, la luce che illumina le nostre notti. È il forte richiamo delle scene del presepio.
“Il Verbo si fece carne” in una famiglia, diventata realtà di salvezza perché aiuta a vincere la solitudine, la paura del futuro e dona forza per lottare e condividere la vita. Da quando il Figlio di Dio si è fatto carne anche noi siamo sua carne. Destinati alla vittoria attraverso la croce che è dono di sé nel mondo, per amore.
“Venne ad abitare in mezzo a noi”. Dio è solidale con noi e cammina con noi, ci sostiene e ci unisce in un unico corpo che è la chiesa. Restiamo perciò uniti in modo costruttivo, facciamo rete in famiglia, nelle realtà lavorative, nelle istituzioni, nelle associazioni. E tra le nazioni.
La tenda di Dio tra gli uomini
La capanna del presepio è la tenda di Dio tra gli uomini. I Magi si fermano in una tenda che non è lontana. Si consultano, cercano, leggono, dialogano, dubitano, scrutano i cieli, credono, e finalmente si fidano di una stella che li conduce fino alla misteriosa e vera tenda di Dio tra gli uomini, che è Cristo stesso. Lo incontrano. Lo adorano. Gli offrono i loro doni. Ma è Lui, il Signore, che offre se stesso, come ai Pastori. È il nostro cammino, il cammino dell’uomo che cerca felicità, che cerca la pace. L’angelo che sta a destra di chi guarda il presepe, sembra essere il tramite tra l’Amore infinito che riposa sul grembo di Maria e quello stesso amore che si manifesta nel dono della vita e riposa sul legno della croce. Questo mistero di amore nasce dalla Trinità, la cui immagine, dipinta da Gian Battista Tiepolo, è collocata sull’altare della cappella alle spalle di chi guarda la nascita di Gesù. Allora, con i personaggi che appaiono nel presepio, andiamo tutti verso la capanna di Betlemme, dove risplende la luce del mondo e risuona ancora il canto degli angeli al quale ci uniamo implorando: “Et interra pax”.
Carissimi, l’augurio più bello che vi posso rivolgere, anche a nome dei confratelli e dei collaboratori parrocchiali in occasione del Santo Natale, è questo: “Pax vobis”.

                                                                                                                 Mons. Luciano Nobile, parroco

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