Ianuis Clausis

 

La sera di Pasqua, le porte del cenacolo erano chiuse. I discepoli avevano paura dei giudei. Il fallimento del loro maestro era stato pubblico. La condanna senza alcuna remissione. La fine ignominiosa. Chi avrebbe avuto ancora il coraggio di seguire quel Rabbì? La paura e la vergogna, il dubbio di aver sbagliato e di aver perso tempo, avevano avuto il sopravvento. Che delusione! Le porte chiuse erano la difesa immediata e la scelta più ragionevole.

È la tentazione che emerge in tutti i tempi, anche oggi, sia per le nostre famiglie che per la chiesa e per le varie nazioni. Chiudersi dentro, sbarrare le porte, sia anche per paura, dà una certa sicurezza. Ma l’aria diventa pesante e asfittica, toglie il coraggio di affrontare le sfide che i tempi richiedono.

Papa Francesco, in linea con gli altri Papi, ci invita con forza e decisione ad aprire le porte e ad uscire per portare anche oggi il Vangelo di cui il mondo ha ancora sete, anche se non sempre chiaramente percepita. Abbiamo una ricchezza spirituale enorme, non frutto delle nostre forze ma della potenza di Dio. Possiamo contare su di Lui.

Venne Gesù e stette in mezzo a loro.

Gesù entra, a porte chiuse, nel cenacolo. Egli è sempre il Dio che viene incontro ad ogni persona ed in ogni situazione: va incontro ai discepoli di Emmaus che, rassegnati, tornano indietro da Gerusalemme, agli apostoli trattenuti dalla paura nel cenacolo, alla Maddalena che piange al sepolcro, a Tommaso che chiede le prove, a noi che facciamo fatica a credere nella sua presenza, che ci lamentiamo perché la gente viene poco in chiesa, perché le vocazioni alla vita consacrata sono drasticamente diminuite, perché i genitori non sempre danno importanza all’educazione cristiana dei figli, perché i giovani si allontanano della chiesa, perché altre esperienze religiose penetrano nel nostro tessuto sociale, perché le guerre tormentano i popoli, perché… potremmo continuare all’infinito con le nostre lagnanze.

Gesù sta in mezzo a noi.

Ci parla ancora e ci rispetta nel nostro cammino di fede. Mostra le sue ferite. Comprende le nostre fatiche, i dubbi, il nostro tempo e ci mostra il suo amore, infinito ed eterno. Ci augura la pace. Non è un augurio di benessere psicologico ma prima di tutto è una realtà, cioè Egli ci comunica la sua relazione vitale con noi, che si vede poi nelle opere che compiamo. Ci offre la fede per vincere le paure, riversa nei nostri cuori il perdono che produce gioia, ci dona lo Spirito santo che è la forza della missione alla quale ci invia. Trasmette a noi la vita piena e significativa, la vita buona del vangelo. Vorremmo che questa pace fosse accolta da tutti, per vivere nella concordia garantita dalle alleanze tra i popoli. A questa pace noi crediamo ancora e per questa pace preghiamo.

Andate e annunciate il mio Vangelo.

Accettiamo la sfida del Vangelo che ci dà l’occasione di incontrare chi crede, chi dubita, chi non crede e chi ha bisogno delle prove per credere. La prova potremmo essere anche noi, io, tu, per far sì che altri possano vedere, toccare, ascoltare e seguire il Signore. La nostra testimonianza passa necessariamente attraverso la fatica della croce ed il coraggio della fede che già contempla la resurrezione.

A tutte le famiglie giunga l’augurio di pace che il Signore ci dona, nella speranza che si estenda al mondo intero.

Il Parroco Mons. Luciano Nobile

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