L’Avvento

Oggi inizia il tempo liturgico dell’Avvento. Avvento come preparazione al Natale (prima venuta di Cristo), ma anche come attesa e celebrazione della venuta definitiva del Signore alla fine dei tempi, quando tutti saremo portati nella pienezza del Suo Regno. Un tempo, questo dell’Avvento, di luce, di grazia, di risveglio, di cammino spirituale e di comunione, di autentica conversione, che la Chiesa, di anno in anno, ci offre. Un tempo anche per rinverdire l’accoglienza, la fraternità, la generosa attenzione verso quanti sono nel bisogno. “Il gesto di amore che ci permette di essere prossimi agli altri, ci fa divenire strumenti visibili dell’amore misericordioso di Dio.” Ci prepariamo, dunque, alla celebrazione della venuta di Gesù in mezzo a noi.   “L’Evento unico della storia umana: quello di Dio che si è fatto uomo ed è nato bambino”.  E “nessuno può credersi esonerato dal percorrere la strada dei pastori per vivere “la lieta” avventura cristiana”. Apprestare la festa della nascita di Gesù è l’occasione per rivedere la nostra vita, per ricostruire la nostra mappa dei valori cristiani, per “rivivere, con intensità, un atteggiamento di fede e di attesa della salvezza che Lui viene a portarci”, per riscoprire e comprendere che Dio scende sino a noi soltanto per Amore. Un amore che possiamo ricambiare seguendo il percorso da Lui tracciato, avvicinandoci sempre di più “alle scelte fatte da Dio per incontrare noi uomini: quelle della povertà, del silenzio, del farsi piccolo”. E non trascuriamo la figura, il ruolo della Vergine Maria, ricordata frequentemente nella liturgia, e che qualcuno ha definito la porta che ci permette di entrare in questo periodo di attesa. Da Lei possiamo “imparare a vivere l’umiltà, la povertà, la preghiera, la gioia, il servizio attento e generoso verso tutti”. Paolo VI, nella sua esortazione apostolica Marialis  Cultus, dice: “[…]i fedeli, che vivono con la Liturgia lo spirito dell’Avvento, considerando l’ineffabile amore con cui la Vergine Madre attese il Figlio, sono invitati ad assumerla come modello e a prepararsi per andare incontro al Salvatore che viene, vigilanti nella preghiera, esultanti nella sua lode”.

La Parola

L’Avvento è anche un tempo di accoglienza, come sopra ho scritto. E la prima accoglienza va rivolta alla Parola di Dio. Con questa consapevolezza e con questo desiderio, nel corso  della settimana, leggiamo e ascoltiamo devotamente Lc 7, 36-50 (Gesù perdona una peccatrice).

“Uno dei farisei lo invitò a mangiare da Lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco una donna…”.

Un episodio d’infinita bellezza. Una scena di conversione e di perdono. Una sconvolgente esperienza di amore, dove emerge la misericordia di Gesù per i peccatori (uno dei temi favoriti di Luca) che non condanna ma accoglie. Egli mette al centro l’amore, l’uomo e la sua vita, e non l’osservanza cieca e ipocrita della legge.  Non caccia via i peccatori, ma va loro incontro, sta con loro, li frequenta.

Soffermiamoci sulle maniere della donna peccatrice che – infrangendo tutte le strette regole sociali, affrontando il rischio del rifiuto, dell’incomprensione, del disprezzo – entra in casa di Simone con un vaso di alabastro pieno di profumo e si prostra in lacrime ai piedi di Gesù, dimostrandogli il suo amore mediante i suoi teneri gesti: “…stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo”. Gesti, questi, non solo di amore (l’amore che ha sperimentato la gratuità del perdono), ma anche di gratitudine, di pentimento e di fede. La donna ha compreso il suo stato di peccato e vuole abbandonarlo. Ha bisogno però che qualcuno la riconosca, le porga la mano. E Gesù la riconosce, la accoglie in una nuova dimensione di vita, comprende il suo dolore e i suoi sentimenti, perdona i suoi peccati e le ridona la pace del cuore.  Osserviamo, poi, il peccato di Simone, e meditiamo. Potrebbe essere il mio peccato, il nostro peccato!   Quel peccato che commettiamo quando ci sentiamo giusti, quando non ci riteniamo peccatori, quando giudichiamo ed etichettiamo chi è diverso da noi, quando pensiamo che sia sufficiente rispettare la legge divina – senza imparare ad amare – per meritare il Paradiso. Cogliamo e consideriamo il modo con il quale Gesù si occupa di Simone. Lui non affronta di petto il pensiero malvagio del fariseo, a evitare di precludersi ogni possibilità di dialogo, e sceglie la via del linguaggio indiretto, ricorrendo alla parabola.  Induce così Simone a ragionare, riflettere e a fare le sue scelte.

“Ogni religione cerca, giustamente, di farci diventare più buoni e peccare di meno. Il cristianesimo sconvolge i criteri. La questione è chi ama di più. E la risposta, ovvia, è colui al quale è stato perdonato di più, che peccò di più. È il paradosso della nuova giustizia” (Silvano Fausti, padre gesuita, biblista).

Buon Avvento a tutti!  Andiamo insieme incontro a Gesù!

                                                                                                        Sebastiano Ribaudo

La  solennità di Cristo Re fu istituita  nel 1925 da Pio XI con intento fortemente sociologico. Infatti, di fronte all’arroganza  delle insorgenti dittature, di fronte al dilagare dell’ateismo e delle ideologie materialiste, sia marxiste sia liberiste, si trattava di affermare il primato di Cristo e del suo Vangelo. La festa fu allora collocata nell’ultima domenica di ottobre, cioè quella precedente alla festa di Tutti i Santi. La riforma del calendario liturgico, nel 1969, l’ha inserita opportunamente nell’ultima domenica del tempo ordinario, quella che precede la prima domenica di Avvento. La nuova collocazione ne cambia anche la prospettiva, mutandone gli accenti da politici in escatologici. Si tratta di manifestare il primato di Dio e del suo regno, che è regno di verità di giustizia di amore e di pace. Questo è l’unico regno che il tempo non distrugge e al quale partecipano coloro che si impegnano per la verità, la giustizia, l’amore e la pace. Cristo Redentore è dunque Signore della storia e del tempo, a cui tutti gli uomini e le altre creature sono soggetti. Egli è l’Alfa e l’Omega, come recita l’Apocalisse (Ap 21,6).

Cristo regna dalla croce

La liturgia della Chiesa celebra il mistero di Cristo in un crescendo incessante, a gloria del Padre, nello Spirito e a salvezza dell’uomo. Oggi contempliamo il Signore che regna dal trono della croce. Nell’umanità trafitta dal Figlio di Dio crocifisso, che apre le porte del paradiso al buon ladrone, viene rivelato il segreto dell’amore che lo ha spinto a dare la sua vita per noi. Cristo, Figlio del Padre e Messia sofferente, rifiuta di salvare se stesso, dimostrando di essere un re inedito. La logica del suo Regno è la nostra salvezza. Intronizzato sulla croce, egli diviene il Signore di tutto e apre le porte del Regno per accogliere i suoi figli. Non è un re come gli altri, è Re dalla croce e poiché noi siamo battezzati nella sua morte, siamo diventati suo corpo regale. E’ un Re che volontariamente rifugge dalle regole che dirigono e dirimono i conflitti di potere, un Re il cui Regno è guidato da nuove regole, un Re che, pur non appartenendo a questo mondo, è nel segno di un’umanità solidale. E’ quel Gesù che nella sua nascita ha privilegiato i pastori, categoria sociale disprezzata dai notabili e dai capi religiosi perché ignoranti e poco osservanti delle regole della purità legale; quel Gesù che ha scelto come suoi più stretti collaboratori dei semplici pescatori e persino il pubblicano Matteo; quel Gesù che ha condiviso la mensa con i peccatori e si è lasciato baciare i piedi da una donna di malaffare e le ha perdonato i peccati. In questa solidarietà con i piccoli, i poveri, gli emarginati, i disprezzati, Gesù rivela la sua regalità, il primato di quell’amore, che costituisce il vero titolo regale di ogni umana creatura. E’ l’amore infatti che vince il mondo e supera la storia, perché rende partecipi dell’identità più profonda di Dio, rende veramente suoi figli, veri fratelli di Cristo ed eredi della sua gloria.

 

Partecipi della regalità di Cristo

Quando noi parliamo della regalità di Gesù, subito richiamiamo la regalità del popolo di Dio, della Chiesa e dei singoli battezzati. Concretamente, che cosa significa per noi essere partecipi di questa regalità? Se si tratta della partecipazione alla regalità di Gesù, allora ha un senso solo: “Amatevi come io ho amato voi” (Gv, 15,12), cioè siate veri testimoni e sacramento della regalità di Dio nel mondo: date anche voi la vostra vita per Dio e i fratelli, nella libertà e nell’amore.  La regalità della Chiesa è dunque la sua carità, quella in cui “fa vedere” la verità di Dio, cioè come Egli è Amore. Nella carità la Chiesa è vera icona del Re, di Dio che si fa vicino ad ogni uomo.
 Un altro aspetto della regalità di Gesù, della Chiesa e dei singoli cristiani, è la libertà. Il battezzato sceglie di donare liberamente se stesso, in quanto figlio e non schiavo, cogliendo l’essenza del Regno di Dio: non una filosofia etica, né una proposta politica, ma Gesù stesso, persona viva che guida la storia dell’uomo, perché egli è “l’Alfa e l’Omega….colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente” (Ap 1,8).
Oggi, ricorre anche la festa del Seminario: essa si coniuga perfettamente con la regalità di Gesù, manifestatasi pienamente nel servizio; egli è il Servo per eccellenza, venuto non per essere servito, ma per servire e dare la vita per tutti. Anche i nostri giovani che decidono di intraprendere il cammino verso il sacerdozio, impegnandosi a diventare “un uomo per gli altri”, scelgono di fare di se stessi un’offerta, un dono totale, nella libertà di figli di Dio. Conformandosi al Re, servire il quale è regnare, impegna i sacerdoti a testimoniare fattivamente l’evento e il messaggio di Gesù, cogliendo in esso l’attesa del Regno di Dio, del suo inserirsi nella storia del singolo, fino ad occupare gli spazi e le possibilità dell’esistere umano. Li impegna altresì a promuovere alacremente le qualità del Regno nell’attesa della sua manifestazione definitiva e gloriosa.
 Nicla e Livio                                                                        

Mio cuore

E quando il silenzio / fascerà nuovamente / tutte le cose / Egli ritornerà./
Verrà  verrà / con assoluta certezza.

(David Maria Turoldo)

 

PREGHIERA PER I SEMINARISTI

Padre buono, in Cristo tuo Figlio ci riveli il tuo amore, ci abbracci come tuoi figli e ci offri la possibilità di scoprire nella tua volontà i lineamenti del nostro vero volto. Padre santo, Tu ci chiami ad essere santi come Tu sei santo.
Ti preghiamo di non far mai mancare alla tua Chiesa ministri e apostoli santi che, con la parole e i sacramenti, aprano la via all’incontro con Te. Padre nostro, con la voce del tuo Santo Spirito, e fidando nella materna intercessione di Maria, Ti invochiamo ardentemente: manda alla tua Chiesa sacerdoti, che siano coraggiosi testimoni della tua infinita bontà. Amen!
(San Giovanni Paolo II papa)

Cos’è?

È un gruppo di fedeli della Diocesi che si impegnano a pregare per le vocazioni sacerdotali ed alla vita consacrata. Tutti possono aderire.

Quando pregano?

Quando vogliono. Scelgono liberamente il giorno e l’ora del mese per la preghiera personale o comunitaria.

 

Con chi?

Da soli o assieme ad altre persone. Non ci sono incontri particolari.

 

Si può partecipare al:

 – Rosario trasmesso alla radio o alla TV o recitato nella chiesa di S. Giacomo ogni giorno alle 10.30 ed alle 17.00 oppure il sabato e la domenica in Duomo alle ore 18.00.

 – All’Ora di Adorazione che da diversi anni ogni sabato si tiene nella chiesa di S. Pietro martire dalle ore 22.00 alle 23.00.

 

Come fare per iscriversi al gruppo?

In fondo alla chiesa c’è un depliant da compilare e da spedire al Rettore o al Padre Spirituale del Seminario di Castellerio  ( 33010 Pagnacco) o da consegnare al Parroco o nella sagrestia.

 

Quale aiuto viene offerto per la preghiera personale?

A scadenza bimestrale verrà inviato (via posta o via Email), a chi ne farà richiesta, un piccolo sussidio con una traccia ed alcune intenzioni per la preghiera personale.

 

Chi ha promosso questa iniziativa?

Il nostro Arcivescovo e gli educatori del nostro Seminario.

La parola di papa Francesco ai nonni

Cari fratelli e sorelle, buongiorno.

Nella catechesi di oggi proseguiamo la riflessione sui nonni, considerando il valore e l’importanza del loro ruolo nella famiglia. Lo faccio immedesimandomi in queste persone, perché anch’io appartengo a questa fascia di età. Quando sono stato nelle Filippine, il popolo filippino mi salutava dicendo:  “Lolo Kiko” – cioè nonno Francesco – “Lolo Kiko”, dicevano! Una prima cosa è importante sottolineare: è vero che la società tende a scartarci, ma di certo non il Signore. Il Signore non ci scarta mai. Lui ci chiama a seguirlo in ogni età della vita, e anche l’anzianità contiene una grazia e una missione, una vera vocazione del Signore. L’anzianità è una vocazione. Non è ancora il momento di “tirare i remi in barca”. Questo periodo della vita è diverso dai precedenti, non c’è dubbio; dobbiamo anche un po’ “inventarcelo”, perché le nostre società non sono pronte, spiritualmente e moralmente, a dare ad esso, a questo momento della vita, il suo pieno valore. Una volta, in effetti, non era così normale avere tempo a disposizione; oggi lo è molto di più. E anche la spiritualità cristiana è stata colta un po’ di sorpresa, e si tratta di delineare una spiritualità delle persone anziane. Ma grazie a Dio non mancano le testimonianze di santi e sante anziani!

Sono stato molto colpito dalla “Giornata per gli anziani” che abbiamo fatto qui in Piazza San Pietro lo scorso anno, la piazza era piena. Ho ascoltato storie di anziani che si spendono per gli altri, e anche storie di coppie di sposi, che dicevano: “Facciamo il 50.mo di matrimonio, facciamo il 60.mo di matrimonio”. È importante farlo vedere ai giovani che si stancano presto; è importante la testimonianza degli anziani nella fedeltà. E in questa piazza erano tanti quel giorno. E’ una riflessione da continuare, in ambito sia ecclesiale che civile. Il Vangelo ci viene incontro con un’immagine molto bella commovente e incoraggiante. E’ l’immagine di Simeone e di Anna, dei quali ci parla il vangelo dell’infanzia di Gesù composto da san Luca. Erano certamente anziani, il “vecchio” Simeone e la “profetessa” Anna che aveva 84 anni. Non nascondeva l’età questa donna. Il Vangelo dice che aspettavano la venuta di Dio ogni giorno, con grande fedeltà, da lunghi anni. Volevano proprio vederlo quel giorno, coglierne i segni, intuirne l’inizio. Forse erano anche un po’ rassegnati, ormai, a morire prima: quella lunga attesa continuava però a occupare tutta la loro vita, non avevano impegni più importanti di questo: aspettare il Signore e pregare. Ebbene, quando Maria e Giuseppe giunsero al tempio per adempiere le disposizioni della Legge, Simeone e Anna si mossero di slancio, animati dallo Spirito Santo (cfr Lc 2,27). Il peso dell’età e dell’attesa sparì in un momento.

Essi riconobbero il Bambino, e scoprirono una nuova forza, per un nuovo compito: rendere grazie e rendere testimonianza per questo Segno di Dio. Simeone improvvisò un bellissimo inno di giubilo (cfr Lc 2,29-32) – è stato un poeta in quel momento – e Anna divenne la prima predicatrice di Gesù: «parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme» (Lc 2,38).

Cari nonni, cari anziani, mettiamoci nella scia di questi vecchi straordinari! Diventiamo anche noi un po’ poeti della preghiera: prendiamo gusto a cercare parole nostre, riappropriamoci di quelle che ci insegna la Parola di Dio. E’ un grande dono per la Chiesa, la preghiera dei nonni e degli anziani! La preghiera degli anziani e dei nonni è un dono per la Chiesa, è una ricchezza! Una grande iniezione di saggezza anche per l’intera società umana: soprattutto per quella che è troppo indaffarata, troppo presa, troppo distratta. Qualcuno deve pur cantare, anche per loro, cantare i segni di Dio, proclamare i segni di Dio, pregare per loro! Guardiamo a Benedetto XVI, che ha scelto di passare nella preghiera e nell’ascolto di Dio l’ultimo tratto della sua vita! E’ bello questo! Un grande credente del secolo scorso, di tradizione ortodossa, Olivier Clément, diceva: “Una civiltà dove non si prega più è una civiltà dove la vecchiaia non ha più senso. E questo è terrificante, noi abbiamo bisogno prima di tutto di anziani che pregano, perché la vecchiaia ci è data per questo”. Abbiamo bisogno di anziani che preghino perché la vecchiaia ci è data proprio per questo. E’ una cosa bella la preghiera degli anziani.

Noi possiamo ringraziare il Signore per i benefici ricevuti, e riempire il vuoto dell’ingratitudine che lo circonda. Possiamo intercedere per le attese delle nuove generazioni e dare dignità alla memoria e ai sacrifici di quelle passate. Noi possiamo ricordare ai giovani ambiziosi che una vita senza amore è una vita arida. Possiamo dire ai giovani paurosi che l’angoscia del futuro può essere vinta. Possiamo insegnare ai giovani troppo innamorati di sé stessi che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. I nonni e le nonne formano la “corale” permanente di un grande santuario spirituale, dove la preghiera di supplica e il canto di lode sostengono la comunità che lavora e lotta nel campo della vita.

La preghiera, infine, purifica incessantemente il cuore. La lode e la supplica a Dio prevengono l’indurimento del cuore nel risentimento e nell’egoismo. Com’è brutto il cinismo di un anziano che ha perso il senso della sua testimonianza, disprezza i giovani e non comunica una sapienza di vita! Invece com’è bello l’incoraggiamento che l’anziano riesce a trasmettere al giovane in cerca del senso della fede e della vita! E’ veramente la missione dei nonni, la vocazione degli anziani. Le parole dei nonni hanno qualcosa di speciale, per i giovani. E loro lo sanno. Le parole che la mia nonna mi consegnò per iscritto il giorno della mia ordinazione sacerdotale, le porto ancora con me, sempre nel breviario e le leggo spesso e mi fa bene. Come vorrei una Chiesa che sfida la cultura dello scarto con la gioia traboccante di un nuovo abbraccio tra i giovani e gli anziani! E questo è quello che oggi chiedo al Signore, questo abbraccio.

Preghiera per i nonni

O Dio, Padre di bontà e di tenerezza,ti prego per i nonni: mi vogliono bene. si prendono cura di me,vegliano sui miei passi con amore e pazienza, e hanno tempo per me. Grazie, Signore, per i nonni. che mi hai messo accanto. Proteggili sempre.

Dona loro salute e vita. Riempi il loro cuore di gioia. Ascolta le loro preghiere. Accompagnali con la tua benedizione.

Signore, fa’ che insieme a papà e mamma i nonni mi aiutino a parlare con Te e a “sentire” quanto tu sei buono e amabile.

Amen.

BOTA FE

Oggi pomeriggio riprendono, per i giovani della nostra Diocesi, gli appuntamenti di preghiera denominati “Bota Fé – Metti Fede”, che quest’anno saranno propedeutici e che tracceranno il cammino verso le Giornate Mondiali della Gioventù, che si terranno a fine luglio del prossimo anno a Cracovia. Continua a leggere

L’Omelia dell’Arcivescovo pronunciata in Cattedrale nella Solennità di Tutti i Santi.

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