LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura

Dagli Atti degli Apostoli
At 2,14.22-33

[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso fece tra voi per opera sua, come voi sapete bene -, consegnato a voi secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, voi, per mano di pagani, l'avete crocifisso e l'avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato, liberandolo dai dolori della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere. Dice infatti Davide a suo riguardo: Contemplavo sempre il Signore innanzi a me; egli sta alla mia destra, perché io non vacilli. Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua, e anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai la mia vita negli inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione. Mi hai fatto conoscere le vie della vita, mi colmerai di gioia con la tua presenza. Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e il suo sepolcro è ancora oggi fra noi. Ma poiché era profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò: questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne subì la corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni. Innalzato dunque alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale
Dal Sal 15 (16)

R. Mostraci, Signore, il sentiero della vita.

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita. R.
Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare. R.
Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa. R.
Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra. R.

Seconda Lettura

1Pt 1,17-21

Carissimi, se chiamate Padre colui che, senza fare preferenze, giudica ciascuno secondo le proprie opere, comportatevi con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri. Voi sapete che non a prezzo di cose effimere, come argento e oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta, ereditata dai padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia. Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma negli ultimi tempi si è manifestato per voi; e voi per opera sua credete in Dio, che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio.

Parola di Dio

Acclamazione al Vangelo

(Cfr. Lc 24,32)

Alleluia, alleluia.

Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli.

Alleluia.

Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca

Lc 24,13-35

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Parola del Signore

 

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

“Resta con noi Signore”

Il brano del vangelo odierno, oltre che ad essere un racconto stupendo letterariamente, è anche ricchissimo di contenuti e messaggi. Luca fa di questo racconto una specie di cammino che porta alla fede, in particolare alla fede nella risurrezione. Sono tre le tappe di questo cammino:

  • La situazione di partenza.

Due discepoli scoraggiati e delusi se ne tornano alla propria casa. Il motivo della loro delusione è proprio Gesù. Dicono: «Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele…». In realtà non è stato Gesù a deluderli, ma sono essi che non hanno capito Gesù, né la sua missione. Il Maestro aveva parlato chiaro e più volte, ma i loro ostinati preconcetti avevano sempre prevalso. Già a questo punto facciamo un’applicazione a noi, e ai nostri contemporanei. Anche la nostra vita è talvolta segnata dalla tristezza, dall’angoscia ed è senza speranza. Spesso anche molti cristiani d’oggi sono delusi da Cristo e dopo un periodo di fervore alla sua sequela, se ne sono ritornati a casa, cioè nel loro privato, nel loro mestiere o professione. Cristo li aveva affascinati, ma ora li delude. Perché? Certamente perché, come i due discepoli di Emmaus, avevano frainteso Gesù e il suo messaggio. Gesù non ha promesso mai a nessuno: successo economico, politico, non si è fatto garante di alcuna delle loro pretese. Cristo vuole soltanto fare di tutti i suoi discepoli dei protagonisti del Regno di Dio, cioè: della giustizia di Dio, della verità di Dio, della santità di Dio, della grazia di Dio, dell’amore di Dio, della pace di Dio. Addirittura Gesù fa avvertiti tutti che: «Se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi…». Narra Luca che mentre i due discepoli ritornavano a casa, un pellegrino si accompagnò a loro. Ne seguì un dialogo, alla fine il misterioso pellegrino che sembrava tanto disinformato disse loro: «Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? E cominciando da Mosè, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui». Senza fedeltà, coerenza, responsabilità, senza rinunce, senza una continua disciplina che regoli la nostra vita non si va lontano.

  • La Parola di Dio e l’Eucaristia.

Siamo così giunti alla seconda tappa del nostro cammino di fede.

Ascoltando la Parola di Dio proclamata da Gesù, i due discepoli di Emmaus si sentivano «ardere il cuore nel petto», ma nonostante questo non lo riconobbero. Ci volle la «frazione del pane». Solo allora «si aprirono i loro occhi e lo riconobbero». Oltre alla Parola di Dio, occorrono i Sacramenti: l’Eucaristia in particolare. Dobbiamo ritornare all’Eucaristia. L’Eucaristia non è un precetto da praticare: l’Eucaristia è Gesù Cristo in Persona da accogliere. È Gesù Cristo che muore e risorge per noi, qui e adesso. Senza la mensa della parola di Dio e senza la mensa del pane di Dio, non c’è cristianesimo autentico, non c’è vita autenticamente cristiana.

Parola di Dio e Sacramenti sono i due cardini su cui ruota (o si inceppa) tutta la vita cristiana. Chi ascolta e vive la parola di Dio, chi riceve e vive i sacramenti, in particolare l’Eucaristia, può ritenersi un cristiano che vive in Cristo e opera secondo la sua volontà.

  • La testimonianza.

 A questo punto qualcuno potrebbe ritenersi arrivato nel suo cammino di fede. No, rimane da fare ancora una tappa. I due discepoli di Emmaus, riconosciuto Cristo, riprendono il cammino verso Gerusalemme: ritornano nella Comunità degli Apostoli per annunciare il Cristo risorto. E qui hanno una felice sorpresa che conferma la loro esperienza e fede: «gli Undici e gli altri che erano con loro... dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». L’esperienza dei due di Emmaus, per quanto straordinaria, era un’esperienza privata che aveva bisogno di essere confrontata e convalidata dalla fede degli apostoli di cui capo, scelto da Cristo, era Simon Pietro. In fatto di fede, il soggettivismo non basta. Di questo dobbiamo convincerci anche noi. La nostra fede deve sempre essere confrontata e autenticata dal Magistero di Pietro voluto da Cristo. Altrimenti si rischia ad essere cristiani senza Cristo, cioè di essere un assurdo. E oggi, lo sapete, ci sono tante sette cristiane senza Cristo, che proliferano!                                                                              Mons. Ottavio Belfio

MESE DI MAGGIO: DEDICATO ALLA MADONNA

È buona abitudine recitare il S. Rosario in famiglia, aiutandoci anche con le varie trasmissioni da Lourdes o da altri santuari (TV 2000- canale 28).

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura

Dagli Atti degli Apostoli
At 2,42-47

[Quelli che erano stati battezzati] erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.

Parola di Dio

Salmo Responsoriale
Dal Sal 117 (118)

R. Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.

Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».  R.
Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato il mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze.  R.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!  R.

Seconda Lettura

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo
1Pt 1,3-9

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.

Parola di Dio

Acclamazione al Vangelo

(Gv 20,29)

Alleluia, alleluia.

Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!

Alleluia.

Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 20,19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Parola del Signore

 

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

 “Beati quelli che pur non vedendo crederanno”

Il dono della Pasqua

Quale uomo e quale Comunità sono nati a Pasqua? Il cristianesimo e noi, come cristiani, siamo nati a Pasqua. Ce lo dice chiaramente la seconda lettura odierna: «Dio… nella sua grande misericordia… ci ha rigenerati mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti…» (1Pt 1,3). È vero che noi diventiamo cristiani attraverso il Battesimo; è vero anche che noi viviamo il battesimo solo se abbiamo la fede, ma è altrettanto vero che il nostro battesimo e la nostra fede traggono spessore, consistenza, valore, significato, totalmente ed esclusivamente dalla risurrezione di Gesù. Per essere cristiani è necessario credere alla risurrezione di Gesù Cristo. Solo quando la risurrezione di Gesù è diventata un avvenimento reale per me, per te, per noi, allora dà senso alla nostra esistenza, la orienta, affinché noi viviamo, da creature nuove. Tommaso credette e divenne cristiano perché vide Gesù risorto, perché vide nelle sue mani il segno dei chiodi, perché mise la sua mano nel costato trafitto di Cristo. Noi non possiamo avere questa esperienza diretta con Cristo risorto. Noi siamo chiamati a credere alla testimonianza di coloro che hanno visto Cristo risorto, che lo hanno toccato, che hanno conversato e che hanno mangiato con il Risorto.

Per essere cristiani bisogna credere alla persona di Gesù che è il Risorto e il Figlio Unigenito del Padre. E’ questa identità di Gesù che dà spessore a tutto il suo insegnamento e lo rende normativo per noi. La fede in Gesù, poi, non può essere astratta, ma deve essere concreta, fatta, cioè, di gesti e di comportamenti vitali.

Le caratteristiche della fede

La prima lettura di questa domenica ci offre un modello, tra tanti, di questa esistenza nuova che scaturisce dalla Pasqua. L’insegnamento fondamentale è questo: il cristiano non deve essere una persona isolata, ma deve vivere la sua esperienza di fede in una Comunità: la Chiesa. Quali caratteristiche concrete deve avere, dunque, la nostra fede e il nostro essere Comunità di credenti? Deve avere cinque caratteristiche fondamentali.

La prima: ascolto della parola di Dio. come viene proclamata dagli Apostoli. Dice il testo: «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli». Se la fede, nata dalla parola di Dio, non continua, in maniera assidua, ad alimentarsi dalla stessa Parola come presentata dal Magistero, si sbiadisce, si dissolve, scompare, oppure si trasforma in ideologia che snatura e mistifica sia la fede come la stessa Parola di Dio.

La seconda caratteristica è l’unione fraterna. Se la fede non si concretizza nella comunione dei cuori, nella fraternità, al di là della sola simpatia umana, fino ad arrivare, se necessario, ad una condivisione di beni, è una fede fragile, bacata, bisognosa di un salto qualitativo.

La terza caratteristica è la frazione del pane. Cioè la partecipazione, nel senso forte della parola, all’Eucarestia. L’Eucarestia è l’attualizzazione del mistero pasquale. L’Eucarestia è Cristo che si fa offerta per noi al Padre e nostro cibo. È Cristo che entra in comunione con noi. Se la nostra fede non è eucaristica, è una fede senza Cristo, cioè non una fede cristiana.

La quarta caratteristica della fede è la preghiera. Preghiera non solo e non tanto di formule preconfezionate, ma preghiera come dialogo, come apertura filiale e confidente a Dio. Preghiera che si fa di volta in volta lode, ringraziamento, adorazione, supplica, contrizione dei peccati La fede senza preghiera o si estingue, o diventa astratta, dottrinale che non incide più nella vita.

La quinta caratteristica della fede cristiana è la perseveranza.

Le quattro caratteristiche precedenti devono essere vissute con perseveranza, con assiduità in modo da diventare mentalità, coscienza e stile di vita. Se manca la perseveranza si cade nel saltuario, nel formalistico, nel giuridicismo e la fede viene svuotata di contenuti salvifici.

Crescere nella fede

Anche noi dobbiamo crescere se vogliamo che la nostra fede sia autentica e credibile. Per ottenere in concreto tutto questo, bisogna partecipare alle iniziative che di volta in volta la Comunità parrocchiale e diocesana in cui viviamo ci invitano. Questa fede robusta, dice S. Paolo, vi farà «ricolmi di gioia anche se ora dovete essere per un po’ di tempo afflitti da varie prove. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime» (II lett.).

Ha la nostra fede queste cinque caratteristiche essenziali? Si nutre in maniera assidua alla Parola di Dio? Si esprime nella unione fraterna con le persone? Mette al centro l’Eucarestia? Si alimenta con una preghiera filiale? Queste caratteristiche le viviamo con perseveranza? Diamone sincera risposta!                                                                (Mons. Ottavio Belfio)

Carissimi, mi è gradito porgere a tutti un affettuoso saluto.

Abbiamo vissuto il Triduo Pasquale contemplando il grande amore di Dio per noi. So che molti hanno sofferto per non aver potuto presenziare personalmente ai riti della Settimana Santa. Vi abbiamo partecipato in modo inconsueto, attraverso i mezzi di comunicazione sociale. Abbiamo pregato per i malati, per coloro che sono morti, per i parenti che erano in apprensione, per tutti coloro che in mille modi si sono impegnati e si impegnano a lottare contro il male e la morte. A loro anche la nostra ammirazione ed il nostro grazie.

Cristo risorto è per noi speranza e forza della vita, sentiamo vicina la sua presenza che ci accompagna con discrezione. Stiamo vivendo il Tempo Pasquale, durante il quale il Signore lancia un ponte verso di noi perché rinsaldiamo la nostra fede in Lui. Desidero rendervi partecipi del cammino della nostra comunità che, nonostante tutto, cerca di mantenere vive le relazioni dettate dalla fede che condividiamo. Le relazioni tra le persone della comunità sono importanti, per crescere nella comunione. È per questo che continuiamo a pubblicare il foglietto domenicale “L’angelo di S. Maria di castello” e ad inviarlo ad oltre 300 famiglie di cui possediamo l’indirizzo, altre lo leggono direttamente sul sito della Parrocchia. Chi ha l’occasione di passare in duomo o nella chiesa di S. Giacomo può ritirarlo di persona. È questo uno strumento che abbiamo creato circa 15 anni fa, appunto per tenerci collegati tra noi.

Ai malati ed agli anziani che conosco, cerco di telefonare di tanto in tanto, per far sentire la vicinanza della comunità parrocchiale e sono molto grati. I bambini del catechismo sono seguiti dalle catechiste, che ringrazio, le quali ogni settimana danno delle indicazioni perché i genitori possano essere i primi educatori dei loro figli alla vita cristiana, aiutandoli a leggere la Parola di Dio e a compilare qualche scheda. Anche i ragazzi delle medie ed i giovani cresimandi sono accompagnati dai loro catechisti e in questa settimana riprendono il loro cammino.

Ogni giorno celebro la S. Messa e le Lodi alle ore 8.00 in cattedrale ed anche se non è presente la comunità, la Messa è sempre per tutti, vivi e defunti. Alla domenica celebro la S. Messa alle 19.00 con una certa solennità. Coloro che desiderano, vi possono partecipare via streaming (www.cattedraleudine.it). Ho dei buoni riscontri. Con gli strumenti che oggi la tecnica ci mette a disposizione, ogni settimana teniamo la catechesi per i cresimandi adulti, i quali sono assidui ed interagiscono con domande e riflessioni. Se l’evolversi in meglio della situazione ce lo permetterà, celebreremo il Battesimo e la Cresima degli adulti a Pentecoste, Domenica 31 di maggio.

Vi auguro di poter cogliere anche qualcosa di positivo da questo tempo che stiamo vivendo e che sentiamo difficile. Sono i tempi difficili che ci spingono ad agire, ad avere coraggio, ad inventare sentieri nuovi, a fare progetti per il futuro, forse è dalla paura che nasce il coraggio. Ci mettiamo in cammino con la forza della Pasqua.

Buona settimana!                                                                                                                    Don Luciano, parroco

 

 

 

Cari Fratelli e Sorelle,

con i disagi e l’intima sofferenza che vengono dalle restrizioni imposte dal coronavirus ma anche – spero − con fede tenace e sincera, abbiamo appena vissuto la Settimana Santa e la solennità della Santa Pasqua. Siamo entrati, così, nel tempo pasquale che si conclu-derà con la Pentecoste e che è, per caratteristica propria, invito a guardare avanti, verso il futuro –  per quanto imprevedibile − con affidabile fiducia, cioè senza paura.

Piccoli segni incoraggianti ci danno un po’ di respiro: i numeri generali dell’epidemia in calo, la riapertura di diverse attività, la possibilità di muoverci un po’ di più, pur sempre con la dovuta disciplina. Soprattutto persiste la voglia di non mollare e, anzi, di scattare oltre appena sarà possibile. Auspichiamo – e quanto! − che siano riscontrate presto le condizioni anche per una maggior frequentazione delle nostre chiese e in particolare per la partecipazione dal vivo alle celebrazioni liturgiche. Non ci nascondiamo, tuttavia, che non si è di colpo dissolto quel senso acuto di preoccupazione che da un mese e mezzo ha come pervaso le nostre giornate. Mentre ci attanaglia la domanda su come concretamente organizzeremo la nostra vita collettiva nel tempo a venire.

 Si sa che prima di lanciarsi in una prova impegnativa, gli atleti fanno spontaneamente un respiro profondo. Ebbene, per affrontare il prossimo futuro con convinzione e determinazione, abbiamo bisogno anche noi di un respiro profondo dell’anima. Questo respiro si chiama spe-ranza. La speranza è l’ossigeno spirituale che purifica la mente, tonifica la volontà, sostiene la costanza necessaria per giungere alla meta e non ritirarsi per strada.

 Hanno respirato questo ossigeno i due discepoli che la sera di Pasqua da Gerusalemme tornavano al loro paese di Emmaus e lungo la strada incontrarono Gesù risorto. Tutti, penso, abbiano presente il racconto di questa apparizione al capitolo 24 del vangelo Luca. Cleopa e il suo compagno tornavano tristi, quasi trascinando i passi, verso casa dopo che in Gerusalemme avevano perso la speranza allorché Gesù, in cui avevano creduto, era stato giustiziato nel peg-giore dei modi e rinchiuso quindi in un sepolcro. C’era, è vero, il racconto di alcune donne, le quali avevano trovato scoperchiata e vuota la tomba di Gesù e sostenevano di aver sentito da degli angeli che Lui era vivo. Ma come credere? Così i due camminavano appaiati ma era come se ognuno fosse solo, perché nel vuoto di un’anima senza più speranza si insinua una tristezza profonda che la rende simile ad una tomba. Ci si chiude in se stessi e gli altri diventano estranei, pur se fisicamente vicini.

 All’improvviso. Gesù risorto si accompagna a loro come un viandante casuale ma i due discepoli non lo riconoscono, perché hanno sugli occhi il velo della tristezza. Egli, però, trova due modi per rivelarsi a loro. Rievoca i recenti fatti accaduti in Gerusalemme e riguardanti la passione e risurrezione del Cristo, e li spiega con le profezie contenute nella Sacra Scrittura. E succede che, mentre racconta, la sua Parola scalda un po’ alla volta il loro cuore freddo perché senza speranza. Giungono, intanto, ad Emmaus e i due discepoli vorrebbero non staccarsi da quel forestiero che aveva scaldato così mirabilmente il loro cuore e lo implorano: “Resta con noi perché si fa sera”. Gesù allora si siede a tavola e, preso il pane, ripete in mezzo a loro i gesti e le parole dell’eucaristia celebrata nell’ultima cena. E in quel momento, nel loro cuore si ac-cende la fede e lo riconoscono.

 Una ventata di speranza li invade perché hanno scoperto che Gesù è veramente risorto, è con loro e non perderanno più la sua compagnia. Qualunque prova dovranno affrontare, com-presa la morte, saranno ogni giorno con lui. Tornano subito a Gerusalemme a portare la grande notizia. Corrono stavolta assieme, in un cuor solo, perché la speranza ha riacceso tra loro la gioia della fraternità. Sono usciti dalla tomba della tristezza.

Cari Fratelli e Sorelle, in questo tempo pasquale procuriamo di riempire l’animo della stessa speranza dei due discepoli di Emmaus. Se ci apriamo con fiducia, Gesù continua a scal-dare anche il nostro cuore con la sua Parola. L’incontro, poi, con lui nella sospirata celebrazione eucaristica, pur nelle condizioni date, ce lo fa sentire fin d’ora vicino, compagno di viaggio dal quale nessun ostacolo ci può staccare. Chiediamo per questo la grazia di poter tornare quanto prima ad attingere direttamente, corporalmente alla comunione con il suo Corpo e il suo San-gue.

Il cuore così rigenerato dalla speranza si rianima e con gioia si apre ai fratelli per affron-tare insieme il futuro, non lasciando indietro nessuno. Di questa solidarietà abbiamo, e avremo sempre più, bisogno. Per ciò ripetiamo spesso l’umile e forte invocazione pasquale: “Resta con noi, Signore, perché si fa sera”.                       + Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo

 

 

 

VIDEOMESSAGGIO DI PASQUA  https://youtu.be/vGf2JmjKEnc

VIDEOMESSAGGIO A TUTTI I BAMBINI E I RAGAZZI  https://youtu.be/2bxMlAoQqw4

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LITURGIA DELLA PAROLA

 

Prima Lettura

Dagli Atti degli Apostoli

At 10,34a.37-43

In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui.
E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale
Dal Sal 117 (118)

R. Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre». R.
La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore. R.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi. R.

Seconda Lettura

Col 3,1-4

Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.

SEQUENZA

Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.
Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».
Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.

Acclamazione al Vangelo

(Cfr. 1Cor 5,7-8)

Alleuia, alleluia.

Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato:
facciamo festa nel Signore.

Alleluia, alleluia.

Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 20,1-9

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Parola del Signore

 

RESURREXIT ET ECCE PRAECEDIT VOS IN GALILEAM

 

Carissimi fedeli,

nei tempi difficili abbiamo bisogno di buone notizie. Questa è la più grande e bella notizia che possiamo ascoltare oggi. Ci viene annunciata in forma solenne tutti gli anni a Pasqua. Quest’anno risuona ancora più forte nelle nostre chiese e l’eco si ripete nelle nostre famiglie, negli ospedali, nelle case di riposo, nel cuore di ciascuno di noi: Cristo è risorto! Cristo è presente nella nostra vita, ancor più oggi perché Egli vede i suoi fratelli nella sofferenza e nella paura a causa dell’infido coronavirus che ci perseguita.

Cristo è vivo

La potenza di Dio ha scoperchiato la tomba di Gesù e ha vinto la morte e tutti i mali. Cristo è vivo, in me, in te, qui, ora. Perché? Perché l’amore è più forte della morte e noi siamo coinvolti nella vita di Cristo. Viviamo per fare cose che meritano di non morire. Tutto ciò che facciamo per amore, non muore. Siamo risorti con Cristo nel battesimo ed abbiamo ricevuto tre forze divine, le virtù teologali, che non abbiamo conquistato noi e che nessuno può comperare perché non sono in vendita, vengono da Lui, sono un dono. Nonostante tutte le paure, continuiamo a credere che il Signore ci accompagna con fedeltà, a sperare nel superamento di ogni male, ad amare come Lui ci ha amati. Vediamo questi doni espressi in tante persone che pregano, che confortano, che compiono il loro dovere con amore e altre che gratuitamente si sentono coinvolte nella lotta contro il male che ci tormenta e cercano di alleviare il disagio di chi si trova nella difficoltà della malattia.

Seminiamo segni di resurrezione

Ma come mai continuiamo ad essere minacciati dal male e si continua a morire? La vittoria di Gesù non blocca la morte, Pasqua è passaggio: per gli ebrei dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà della Palestina, per Cristo dalla morte alla vita, per noi dall’oscurità alla luce. Gesù ci può far uscire dalle tenebre. La condizione umana conosce ancora le lacrime e la morte. Ci lasciamo condurre per mano da Lui, con fiducia, nel nostro cammino. È bella quella icona che coglie Gesù negli inferi mentre, vittorioso, calpesta la croce e prende per mano Adamo ed Eva per condurre tutta l’umanità, da essi rappresentata, verso la pienezza della vita.

“Cercate le cose di lassù!” Noi abbiamo questa fede che è lo sguardo di Dio sul mondo: dalle tenebre passiamo alla luce, dal buio al sole, dalla morte alla risurrezione. Prendiamo le cose di lassù per portarle quaggiù. La speranza è la forza del nostro cammino. Gesù passò beneficando. La vita ci è donata per fare il bene. I gesti dell’amore sono i segni del risorto. E noi, risorti, seminiamo resurrezione.

Guardiamo al presente con occhi diversi

Il momento è difficile. Ci vengono richiesti sacrifici per il bene comune. Possiamo cogliere qualcosa di positivo anche da questa situazione di precarietà? Io direi di sì. Anche dagli eventi dolorosi possiamo cogliere qualche insegnamento. Innanzitutto ci rendiamo conto che siamo fragili, non siamo onnipotenti. Siamo chiamati a lottare insieme contro il male, ognuno per la sua parte di responsabilità. Si suole dire: ”Siamo nella stessa barca” e perciò ci salviamo insieme, remando tutti. Abbiamo visto animarsi tanta solidarietà per andare incontro ai malati, alle varie necessità e saremo chiamati ad essere solidali anche nell’economia vivendo con maggiore sobrietà. Il fatto di essere costretti a passare tante ore in famiglia ci dà la possibilità di dedicare maggior tempo al dialogo tra coniugi e con i figli, a trovare momenti di gioco insieme, ad aiutarci nelle faccende di casa ed in cucina, ad interessarci degli impegni scolastici dei bambini, a prendere in mano il catechismo con i figli, a pregare insieme. E anche ad esercitarci nella pazienza, a bisticciare, a chiedere scusa e ad offrire il perdono. Mi rendo conto però del sacrificio che è richiesto a qualche famiglia che al suo interno ha qualche componente con dei problemi. Il Papa, qualche anno fa, ci invitava ad adoperare spesso tre parole in famiglia: Permesso! Grazie! Scusa!

Progettiamo il futuro

Andando oltre e pensando al futuro ho letto con immenso piacere che, a seguito di questa attuale situazione e delle difficoltà incontrate, è nata una proposta, da parte di un gruppo di intellettuali e di accademici italiani, alla quale solo accenno ma che ritengo della massima importanza per la crescita dei giovani nel senso civico e nella solidarietà. Questa proposta tende a ripensare e a promuovere il servizio civile per consolidare nella nostra società il principio “prima le persone” che è la bussola, scelta oggi opportunamente dalle istituzioni e dai cittadini. Si propone un servizio civile, che potrebbe diventare anche obbligatorio per i giovani, formandoli a diverse competenze che possano essere messe in atto nelle varie emergenze, ambientali, sanitarie, economiche, sociali, accanto alla Protezione civile e ad altre organizzazioni di solidarietà. Sarebbe una grande opportunità, per i giovani cittadini, di esercitare una solidarietà competente ed efficace almeno per un periodo della propria vita, facendo leva anche sull’entusiasmo della età.

Un augurio cordiale a tutti

Forse questo tempo, in cui siamo costretti a rimanere a casa per il bene di tutti, ci aiuta a stimare maggiormente la vita di tutti i giorni. Ci manca il lavoro, ci manca la scuola, ci manca la chiesa. Vi ritorneremo con maggiore entusiasmo, con la voglia di stare insieme, di camminare uniti, tenendoci per mano! Con la nostra preghiera siamo vicini alle famiglie più provate, ai malati, a quelli che si prendono cura di loro, come amici di Dio che combatte contro il male. Il nostro ricordo per i defunti non deve mancare

Carissimi parrocchiani e voi tutti che frequentate le celebrazioni in cattedrale, vi ringrazio per i sentimenti di gratitudine e di stima che rivolgete, a voce e per iscritto, a quanti cercano di essere presenti nella vostra vita in qualità di operatori pastorali della nostra comunità. Insieme con loro vi porgo i migliori auguri di Buona Pasqua. Cristo è davvero risorto e ci precede in Galilea, cioè là dove si svolge la nostra vita, nel mondo, oggi, col coraggio che ci viene da Lui che ci ha tanto amato da dare la sua vita per noi.                                                                                          Il parroco Mons. Luciano Nobile

 

Carissimi fedeli,

si apre davanti a noi la grande settimana che trova il suo centro nel Mistero di Morte e Resurrezione di Gesù che celebriamo nel Triduo Pasquale. Durante la Quaresima abbiamo seguito Gesù nel deserto, l’abbiamo accompagnato sul monte e contemplato nella trasfigurazione.  L’abbiamo anche noi incontrato nelle figure della samaritana, del cieco nato, di Lazzaro risuscitato. Ci ha fatto toccare con mano il pericolo della tentazione e la nostra debolezza, ci ha dato nuova vista che ci aiuta a guardare oltre, con la luce della fede, ci ha lasciato intravvedere e promesso la resurrezione. In questi giorni ci coinvolge ancor di più nel suo mistero di amore che passa attraverso il dono di sé nella morte. Siamo al culmine del nostro cammino. Con Gesù viviamo gli ultimi istanti della sua vita, la sua passione, la sua morte, per condividere poi la sua Resurrezione. Non è un Messia che viene con potenza, è il Figlio che per amore si dona totalmente al Padre e a noi. Il suo è un amore che non si impone, che accoglie tutti, che accetta di spezzarsi come pane buono. Anche noi viviamo al suo seguito con questa disponibilità in questo tempo di sofferenza per tutti. È vero che sono giorni di dolore e di lacrime per tante famiglie, ma sono anche rivelazione e scoperta di ricchi segni di speranza, forieri di resurrezione e di vita nuova. Sono i gesti concreti di solidarietà, del dovere compiuto sfidando il pericolo, di spirito di sacrificio, che vediamo ora nell’impegno di tante persone che si dedicano appassionatamente a coloro che necessitano di cure o in mille altri modi. Verranno i tempi della Resurrezione, anche se già, in questi gesti, possiamo vedere una chiara luce che illumina il cammino. La settimana santa che vivremo nella liturgia sarà ridotta, nelle sue celebrazioni. Vogliate seguirle alla televisione o alla radio o tramite streaming e sentiamoci uniti attraverso i legami della fede, che sono i più forti perché son ancorati in Dio. La preghiera ci donerà nuova forza per attraversare la prova.

Un caro saluto a tutti.                                                                                Il Parroco Don Luciano

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura

Dal libro del profeta Isaìa

Is 50,4-7

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.

Parola di Dio

Salmo Responsoriale
Dal Sal 21 (22)

R. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!». R.
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa. R.
Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto. R.
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele. R.

Seconda Lettura

Fil 2,6-11

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

Parola di Dio

Acclamazione al Vangelo

(Fil 2,8-9)

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Per noi Cristo si è fatto obbediente
fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome.

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo
Mt 26,14 -27,66

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L’ECO DELLA PAROLA

I giorni della Passione

 

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio; ma svuotò se stesso, assumendo la condizione di servo diventando simile agli uomini…umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi e ogni lingua proclami: “Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.”(Filippesi 2,6-11)

La CrocifissioneMatthias Grunewald dipinse, intorno al 1512, la celebre Crocifissione per l’altare della chiesa dell’ospedale, annessa al convento di Isenheim, cittadina dell’Alsazia. E’ la più drammatica delle Crocifissioni: un Cristo gigantesco, appeso ad una croce, che porta i segni della brutale violenza con la quale è stato torturato. Una spaventosa corona di spine copre il capo insanguinato di Gesù negli spasimi dell’agonia. Magrissimi i piedi e le mani mentre si contraggono per il dolore. Il corpo è forato da una miriade di schegge, residui della fustigazione, che fanno colare sangue da ogni ferita.                                                     

Il pittore ha voluto costringerci a guardare Gesù morente su quella grande croce, sollevata tra cielo e terra, su uno sfondo scuro che lascia intravedere la crepa di una voragine: quasi che il mondo stia naufragando e Dio lo abbia abbandonato. Sulla sinistra la Madre desolata, sorretta dall’apostolo Giovanni, pallidissima, è ripiegata all’indietro, sul punto di svenire. Ai piedi della croce la Maddalena, col vasetto del profumo, stravolta nel pianto, volge verso Gesù le mani supplichevoli.  Dall’altro lato il Battista indica il Salvatore da lui annunciato e simboleggiato dal candido agnello che versa il sangue nel calice. Quell’immagine esprime il travaglio di un’epoca e di un popolo. Grunewald non vuole scioccare né provocare. Vuole consolare la moltitudine dei poveri rinchiusi nell’ospedale, segregati a causa del “fuoco dell’inferno”, la più crudele delle pesti che potevano colpire l’essere umano. I balsami dei monaci davano sollievo ai dolori atroci ma non potevano guarire i sofferenti. Quel Cristo ripeteva il grido del morente:” Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? “(Mt.27,46) e si mostrava a quegli uomini disperati come fratello nel dolore. Egli, il figlio di Dio, morendo poteva risorgere e tutto il male sofferto poteva essere accettato e sopportato perché aveva un significato: la redenzione. Anche loro, i derelitti, erano figli di Dio, partecipi del dolore ma non dimenticati da Lui: i loro sepolcri si sarebbero aperti e i corpi risuscitati.

– Il pensiero della croce ci fa paura, tendiamo a rimuoverlo. Eppure noi cristiani siamo seguaci di un Crocifisso. Non possiamo dimenticarlo. Davanti a noi non cammina un trionfatore glorioso ma il Messia, l’uomo mite che sale a Gerusalemme a dorso di un puledro d’asina. La croce di Gesù è il prezzo della fedeltà, il segno del vero amore, che implica fatica, resistenza, sacrificio.

– La vicenda di ogni uomo e la storia dell’umanità sono costellate di croci. La croce illumina l’abisso misterioso del cuore umano, un misto di grandezza e di miseria. Lo vediamo anche in questi giorni: l’uomo è capace di dare la croce ed è capace di portare la croce, di far soffrire e di chinarsi sulla sofferenza altrui, fino a morire.

– E non dimentichiamo l’accorato appello di papa Francesco, solo, nella piazza deserta di San Pietro, accanto al Crocifisso di San Marcello, nella liturgia penitenziale di venerdì 27 marzo: “Il Signore ci chiama adesso a cogliere questo tempo di prova come un tempo  di scelta. Non è il tempo del giudizio divino, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita».

– La croce di Gesù rimanga ben piantata nel nostro cuore, come segno prezioso nelle nostre case, invocata nei giorni della prova.” Il Signore benedica il mondo, doni salute ai corpi e conforto ai cuori. Non ci lasci in balia della tempesta” e ci accolga ogni giorno nell’abbraccio della sua misericordia.

                                                                                                                                 Don Giulio Gherbezza

Vangelo

Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Matteo
Mt 26,14 -27,66

– Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù.
– Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?
Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
– Uno di voi mi tradirà
Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».
– Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue
Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
– Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge
Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea».
Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli.
– Cominciò a provare tristezza e angoscia
Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!».
Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».
– Misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono
Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.
– Vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza
Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire.
I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: «Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni». Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». «Tu l’hai detto – gli rispose Gesù -; anzi io vi dico: d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!». Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».
– Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte
Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
– Consegnarono Gesù al governatore Pilato
Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato.
Allora Giuda – colui che lo tradì -, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». Tenuto consiglio, comprarono con esse il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu chiamato Campo di sangue fino al giorno d’oggi. Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: «E presero trenta monete d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore».
– Sei tu il re dei Giudei?
Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.
Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».
Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
– Salve, re dei Giudei!
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.
– Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni
Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».
Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
– Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!
Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.
– Elì, Elì, lemà sabactàni?
A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.
(Qui si genuflette e si fa una breve pausa)
Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo.
– Giuseppe prese il corpo di Gesù e lo depose nel suo sepolcro nuovo
Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatèa, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria.
– Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete
Il giorno seguente, quello dopo la Parascève, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore, mentre era vivo, disse: Dopo tre giorni risorgerò. Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risorto dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». Pilato disse loro: «Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». Essi andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie.

Parola del Signore.

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