GIORNATA PER LA VITA
IL VANGELO DELLA VITA, GIOIA PER IL MONDO
“L’amore dà sempre vita”: quest’affermazione di papa Francesco, che apre il capitolo quinto dell’Amoris laetitia, ci introduce nella celebrazione della Giornata della Vita 2018, incentrata sul tema “Il Vangelo della vita, gioia per il mondo”. Vogliamo porre al centro della nostra riflessione credente la Parola di Dio, consegnata a noi nelle Sacre Scritture, unica via per trovare il senso della vita, frutto dell’Amore e generatrice di gioia. La gioia che il Vangelo della vita può testimoniare al mondo, è dono di Dio e compito affidato all’uomo; dono di Dio in quanto legato alla stessa rivelazione cristiana, compito poiché ne richiede la responsabilità.
Formati dall’Amore
La novità della vita e la gioia che essa genera sono possibili solo grazie all’agire divino. È suo dono e, come tale, oggetto di richiesta nella preghiera dei discepoli: “Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena” (Gv 16,24). La grazia della gioia è il frutto di una vita vissuta nella consapevolezza di essere figli che si consegnano con fiducia e si lasciano “formare” dall’amore di Dio Padre, che insegna a far festa e rallegrarsi per il ritorno di chi era perduto (cf. Lc 15,32); figli che vivono nel timore del Signore, come insegnano i sapienti di Israele: «Il timore del Signore allieta il cuore e dà contentezza, gioia e lunga vita» (Sir 1,10). Ancora, è l’esito di un’esistenza “cristica”, abitata dallo stesso sentire di Gesù, secondo le parole dell’Apostolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù», che si è fatto servo per amore (cf. Fil 2,5-6). Timore del Signore e servizio reso a Dio e ai fratelli al modo di Gesù sono i poli di un’esistenza che diviene Vangelo della vita, buona notizia, capace di portare la gioia grande, che è di tutto il popolo (cf. Lc 2,10-13).
Il lessico nuovo della relazione
I segni di una cultura chiusa all’incontro, avverte il Santo Padre, gridano nella ricerca esasperata di interessi personali o di parte, nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri e i migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini sin dal concepimento e degli anziani segnati da un’estrema fragilità. Egli ricorda che solo una comunità dal respiro evangelico è capace di trasformare la realtà e guarire dal dramma dell’aborto e dell’eutanasia; una comunità che sa farsi “samaritana” chinandosi sulla storia umana lacerata, ferita, scoraggiata; una comunità che con il salmista riconosce: «Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 16,11).
Di questa vita il mondo di oggi, spesso senza riconoscerlo, ha enorme bisogno per cui si aspetta dai cristiani l’annuncio della buona notizia per vincere la cultura della tristezza e dell’individualismo, che mina le basi di ogni relazione.
Punto iniziale per testimoniare il Vangelo della vita e della gioia è vivere con cuore grato la fatica dell’esistenza umana, senza ingenuità né illusorie autoreferenzialità. Il credente, divenuto discepolo del Regno, mentre impara a confrontarsi continuamente con le asprezze della storia, si interroga e cerca risposte di verità. In questo cammino di ricerca sperimenta che stare con il Maestro, rimanere con Lui (cf. Mc 3,14; Gv 1,39) lo conduce a gestire la realtà e a viverla bene, in modo sapiente, contando su una concezione delle relazioni non generica e temporanea, bensì cristianamente limpida e incisiva. La Chiesa intera e in essa le famiglie cristiane, che hanno appreso il lessico nuovo della relazione evangelica e fatto proprie le parole dell’accoglienza della vita, della gratuità e della generosità, del perdono reciproco e della misericordia, guardano alla gioia degli uomini perché il loro compito è annunciare la buona notizia, il Vangelo. Un annuncio dell’amore paterno e materno che sempre dà vita, che contagia gioia e vince ogni tristezza.
Il Consiglio Episcopale Permanente
ECCLESIA SEMPER REFORMANDA
“Lutero è il nuovo papa”
Le posizioni ideologiche, l’atteggiamento fortemente critico, la levatura intellettuale del monaco Lutero lo fecero assurgere in Germania a grandissima fama, ma nel contempo egli fu coinvolto e trascinato ben oltre le sue iniziali prospettive. Anzi, un crescendo di comportamenti fuorvianti sconvolse la società, in tutte le sue componenti: dilagarono opposizioni vicendevoli e conflitti dalle sanguinose conseguenze. Prìncipi, cavalieri, artigiani delle città e contadini interpretarono – ciascuno a proprio vantaggio – l’idea di “Riforma”: non più intesa unicamente come religiosa, fu distorta da implicazioni politiche, sociali ed economiche.
Irrigidimenti ideologici e violenze compromisero tragicamente la situazione generale in un vasto fenomeno di crisi alimentata da aspettative diverse, in cui confluiva determinante la Sacra Scrittura come fondamento di rivendicazioni sociali.
“Protestanti”
Nel 1529 i prìncipi, in occasione dell’annuale incontro con l’imperatore – alla dieta di Spira – gli presentarono una “protesta”: da qui il termine “Protestanti” che designa non solo chi protesta ma anche chi proclama (da protestari – proclamare). La ‘protesta’ era contro il potere della Curia romana, la ‘proclamazione’ la signoria giudicante del Cristo risorto: alla fine dei tempi chi lo avesse accolto personalmente come salvatore sarà redento mentre coloro che lo avessero respinto saranno dannati. È questa l’eredità di fede che lasciava la Riforma ai posteri, la stessa che la Chiesa di Roma proclamava: diverso – come vedremo – era il modo di giungere alla salvezza.
La pace di Augusta
Nel 1555 l’imperatore Carlo V concesse ai prìncipi la “pacificazione di Augusta”: vi si enunciava il principio “cuius regio eius religio” (di chi è la regione, di lui si segua la religione), con il quale si riconosceva la coesistenza in Germania di due religioni diverse. Questa pace fu concessa tuttavia solo ai prìncipi luterani, mentre altre confessioni protestanti si andavano affermando nell’impero provocando ulteriori conflitti religiosi. Fu solo nel 1648, con la pace di Westfalia, che le guerre di religione si conclusero definitivamente.
Le 95 tesi
Furono il primo atto con il quale Lutero iniziò la sua controversia con la Chiesa di Roma: mònito contro le predicazioni che promettono la salvezza in modo facile, richiamo al rinnovamento, negazione delle indulgenze per i defunti, polemiche e attacchi al papa e alla sua autorità.
Talora contraddittorie, rivelano tuttavia alcune esitazioni del loro autore, vincolato alla tradizione eppure consapevole della necessità di una profonda trasformazione. Tipico è il linguaggio: paradossale e a volte grottesco, espressione di uno spirito provocatore.
Il luteranesimo
Gli scritti fondamentali nei quali Lutero esprime la sua idea di Riforma sono quattro: “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca per l’emendazione della cristianità”, “La cattività babilonese della Chiesa”, “Del papato romano”, “Della libertà del cristiano”. In queste opere sovverte l’autorità del papato romano e l’intera struttura della Chiesa nei suoi aspetti dogmatici e gerarchici. Il regno di Dio è del tutto trascendente e separato dalle comunità umane; nella Chiesa non devono esistere gerarchia e supremazia spirituale; la supremazia papale non è stata istituita da Dio e quindi non ha valore spirituale; ogni cristiano ha il diritto di discutere qualunque provvedimento pontificio al lume della libera interpretazione della Scrittura.
La novità di Lutero è il “sacerdozio universale”: ogni fedele è investito della dignità sacerdotale e il ministro della Parola è delegato dalla comunità dei fedeli; equiparata a qualsiasi altra vocazione terrena, l’ordinazione sacerdotale perde il suo carattere indelebile e personale. Il concetto cattolico di Chiesa militante, universale e gerarchica si dissolve nella cristianità universale spirituale, mistico corpo di Cristo. La Messa, per Lutero, è una celebrazione in cui si promette la remissione dei peccati, non memoriale del sacrificio di Cristo; va celebrata in lingua volgare. Proclama il concetto della “consustanziazione”: corpo e sangue di Cristo sono già presenti sotto le specie del pane e del vino; rifiuta perciò la “transustanziazione”: il sacerdote non ha alcun potere di trasformare pane e vino.
Il Battesimo e la Comunione (sotto le due specie) sono gli unici sacramenti riconosciuti, unici a essere menzionati nella Scrittura.
Sopprime il fasto delle cerimonie religiose, il culto dei Santi, i pellegrinaggi verso i luoghi pii e miracolosi; nega l’esistenza del Purgatorio perché mai nominato nella Scrittura; reclama il matrimonio per i preti, l’estinzione degli Ordini parassitari dei Mendicanti, l’abolizione delle Messe per i defunti, delle scomuniche, del diritto canonico; respinge l’obbligo dell’astinenza e del digiuno, l’efficacia vincolante dei voti.
Afferma infine che l’autorità ecclesiastica e quella civile sono entrambe istituite da Dio e quest’ultima pienamente legittima: il potere, anche se male impiegato, è legale ed esige dal suddito sottomissione totale (Rm 13,1-7). Per questo, dice Lutero, il papa non può occuparsi di questioni terrene e politiche e, di conseguenza, dare ordini ai prìncipi tedeschi che ricevono il loro mandato direttamente da Dio. (Lutero interpella anche l’autorità civile, esigendo per il suo tempo leggi severe contro l’usura, l’accattonaggio, il meretricio e magistrature locali per l’assistenza dei poveri).
Quando il cardinale Tommaso de Vio incontrò Lutero, ebbe l’impressione che questi volesse “fondare una nuova Chiesa”: l’intuizione si avverò. Differenza fondamentale con la Chiesa di Roma fu considerare gli “studi purissimi” della Bibbia come unica fonte della verità cristiana, escludendo la “Tradizione” – in cui confluiscono apporti diversi di cultura e fede del popolo di Dio attraverso i secoli – ritenuta nel cattolicesimo altrettanto importante; con essa ripudiava anche i “dogmi”, intesi come verità assolute. Le Scritture, fonte di verità e guida per la salvezza, dovevano essere conosciute, comprese, interpretate e annunciate da tutti i cristiani: emergeva dunque la necessità dell’istruzione per tutti. La scuola, organizzata da Melantone, divenne un mezzo efficace per la diffusione e il rafforzamento del cristianesimo riformato. (Ricordiamo che lo stesso Lutero, in brevissimo tempo, stese la traduzione del Nuovo Testamento dal testo greco di Erasmo in tedesco). “Sola Scriptura”: è questo il primo dei quattro ‘cardini’ della dottrina luterana, cui seguono “sola Fide”, “solus Christus”, “sola Gratia”; si tratta di concetti comuni al credo cattolico, ma rispetto ad esso posti in assoluta preminenza. La prima intuizione di Lutero, maturata negli anni appena precedenti la pubblicazione delle 95 tesi, fu il ‘vero’ significato di “giustizia divina”: tutta la lettera ai Romani parla della Giustizia di Dio che viene data gratuitamente per grazia e per fede. “Sola Fide”: per Lutero la salvezza può essere raggiunta per fede; tutta la Scrittura – non solo la lettera ai Romani – afferma che si ottiene per la fede e non con le opere. Solo la fede in Dio ci salva, non le opere della legge: “Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge” (Rm 3,28); l’uomo non può vantarsi di avere guadagnato la salvezza con le sue forze perché rimane sempre peccatore; come dice l’apostolo: “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù…” (Rm 3,23-24).
“Solus Christus”: Gesù è l’unico ‘tramite’ dell’uomo con Dio, è la “la roccia”, quella che i costruttori hanno scartato. A coloro che sono fedeli e profondamente convinti che la Parola di Dio attraverso il Signore risorto possa dare la vita eterna, è concessa, per “sola Grazia”, la salvezza: essa quindi non si ‘compera’, non viene elargita dalla banca dei Fuegger di Augusta con il rilascio del certificato scritto che asseriva “i tuoi peccati ti sono rimessi”; questo valeva anche per le anime dei defunti. Francesca e Giuseppe Berton
I riti e i festeggiamenti dedicati a San Biagio, che la tradizione secolare vuole si svolgano nella chiesa di S. Maria di Castello, ora chiusa per restauro, per il 2018 si rinnovano nel Museo del Duomo e nella Parrocchia di Santa Maria Annunziata. Le manifestazioni relative alla figura di San Biagio si svolgono nelle giornate del 2 e 3 febbraio, secondo un programma imperniato sul rito religioso della benedizione della gola e quello improntato sulla valorizzazione e la devozione delle opere provenienti da S. Maria di Castello, temporaneamente esposte accanto alla restaurata scultura lignea rinascimentale raffigurante S. Biagio benedicente. Un’occasione per conoscerle da vicino in relazione al periodo artistico e storico e ai progetti di restauro. Venerdì 2 febbraio alle ore 17.30 nel coro jemale (sagrestia della cattedrale) Paolo Casadio, storico dell’arte e già funzionario della Soprintendenza, tratterà il tema Gli affreschi Arcoloniani nel Rinascimento friulano. Si tratta di un ciclo molto significativo, scoperto solo nel 2001 e attribuito al pittore Andrea Bellunello, che decora la sala superiore del museo e comprende la più antica veduta di Udine con la raffigurazione del castello medievale. Gli affreschi costituiscono la straordinaria cornice dell’esposizione dedicata dal luglio scorso alla scultura lignea restaurata del San Biagio benedicente e ad altre opere provenienti da S. Maria di Castello, in deposito temporaneo a seguito della chiusura per restauro dell’edificio. Tra esse grande interesse e fascino riveste una Madonna lignea di pregevole fattura, elemento centrale di una Dormitio Virginis, ancora priva di precisa attribuzione e fin qui assegnata al periodo tra il secolo XIV e il XV. Per quest’opera la Parrocchia, ha scelto di provvedere al restauro nell’anno pastorale dedicato a Maria, preparando, di concerto con la Soprintendenza Archeologia, belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, un progetto di restauro volto al suo recupero. Un obiettivo molto sentito, in vista del quale sono già state svolte le prime indagini diagnostiche grazie alla collaborazione della dottoressa Camilla Barbiani e al sostegno dell’IDR Imago – Istituto di Diagnostica Radiologica -. L’opera e il programma del suo restauro saranno illustrati sabato 3 febbraio alle ore 11, sempre nel coro jemale (sagrestia della cattedrale), con l’intervento Tra le sculture di S. Maria di Castello: la Dormitio Virginis, un’opera affascinante e la sua iconografia prima del restauro, a cura del direttore del Museo del Duomo Maria Beatrice Bertone e della storica dell’arte Lucia Sartor. Gli ospiti saranno poi accompagnati nella visita alle opere esposte. L’esposizione sarà visitabile fino al 28 febbraio ogni venerdì dalle 10.00 alle 12.00. Al termine degli eventi e delle SS. Messe non mancheranno i tradizionali biscotti di San Biagio per ricordo! Il rito della Benedizione della gola, di cui S. Biagio è protettore, si terrà al termine delle SS. Messe del 3 febbraio alle ore 10.00 nella Chiesa di S. Giacomo e alle 15.00 nella Chiesa della B. V. della Purità. Dalle 16.00 visita all’esposizione Tra le sculture di Santa Maria di Castello nel Museo del Duomo che resterà accessibile fino al 28 febbraio tutti i Venerdì dalle 10.00 alle 12.00. Info e prenotazioni: museo@cattedraleudine.it, 0432 506830.
I-N-V-I-T-O _SAN BIAGIO 2018
Carissimi fedeli, iniziamo questa lettura con quella modalità di sentimenti di cui vi ho scritto domenica scorsa, cioè con la disponibilità a riconoscere la verità storica e a passare dal conflitto alla comunione, dal sospetto alla stima reciproca, dalla condanna alla mutua comprensione, attratti dalla missione che il Signore ci ha affidato “Siano una cosa sola…perché il mondo creda”. I Papi dei nostri tempi ci hanno insegnato con gesti concreti la ricerca della comunione tra le varie confessioni cristiane. L’annuncio del vangelo coinvolge tutti i cristiani. Auguro ogni bene a tutte le famiglie. Su tutti invoco la benedizione del Signore. Il parroco don Luciano
ECCLESIA SEMPER REFORMANDA
L’appello al rinnovamento.
La recente invenzione della stampa permise la rapida diffusione delle tesi di Lutero in tutta la Germania: tra la fine del 1517 e l’inizio del 1518 furono stampate a Lipsia, Norimberga e Basilea ed ebbero una grande risonanza. Lutero fu sorpreso dal plauso universale che da ogni parte si levava verso di lui ma il suo unico scopo era quello di attirare l’attenzione dei teologi sullo scandalo delle indulgenze.
La teoria delle indulgenze non era ancora stata definita dogmaticamente in tutti i suoi punti pertanto le opinioni contrarie non erano passibili di eresia. Fu così che all’inizio la questione fu considerata una “bega tra frati”: i Domenicani a cui apparteneva il predicatore Tetzel e gli Agostiniani, l’ordine di Lutero. I primi denunciarono Lutero a Roma e il papa Leone X° ordinò al generale degli Agostiniani di “ammansire quell’uomo”. L’unico provvedimento preso fu una fraterna ammonizione da parte di Johann von Staupitz superiore di Lutero.
Il 26 aprile 1518, in occasione del capitolo degli Agostiniani a Heidelberg, Lutero presentò la Theologica paradoxa composta di 28 proposizioni. In essa comincia a delinearsi chiaramente la teologia di Lutero. Queste tesi suscitarono il dissenso degli anziani e l’entusiasmo dei giovani.
Per avvalorare le sue tesi Lutero scrisse le “Risolutiones disputationum de indulgentiarum virtute” (fine maggio 1518), con le quali motivava teologicamente la sua posizione sulle indulgenze specificando di non voler “dire o sostenere nulla al di fuori di ciò che è riconosciuto dalla Sacra Scrittura, dalla Chiesa di Roma e dai Padri della Chiesa e che è contenuto nel diritto canonico e nei decreti papali”.
Alla dieta di Augusta era presente, come legato papale, il cardinale Caetano: come richiesto del papa (7 agosto 1518), ordinò a Lutero di presentarsi a Roma entro sessanta giorni ma la richiesta non ebbe seguito per l’intervento di Federico il Saggio; questi ottenne assicurazione dal Caetano di ascoltare Lutero e trattarlo “con paterna benevolenza e di lasciarlo andare anche nel caso in cui avesse rifiutato la ritrattazione”. Lutero non fu arrestato e il processo contro di lui rimase sospeso per circa due anni, sebbene il Caetano avesse avuto l’impressione che volesse “fondare una nuova Chiesa”. Lutero, per timore dell’arresto fuggì da Augusta e rivolse un appello al papa perché convocasse al più presto un concilio. Questioni politiche cominciavano a far sentire il loro peso: il papa sperava di escludere Carlo I di Spagna dall’elezione al titolo imperiale alla morte di Massimiliano d’Asburgo. Nel giugno 1519, invece, venne eletto proprio il re di Spagna che divenne l’imperatore Carlo V, a soli 19 anni.
In questa fase nessuno più si preoccupò dell’espansione delle nuove idee riformatrici di Lutero in tutta la Germania; questi intanto scivolava verso un’opposizione sempre più radicale. Alla disputa di Lipsia (fine giugno – metà luglio del 1519), affermò che il papa e i concili potevano sbagliare, che l’unica fonte e norma della fede era la Sacra Scrittura (sola Scriptura) la cui interpretazione non era monopolio della Chiesa ma diritto di tutti i cristiani perché, diceva “è chiara in se stessa e si spiega da sola”. Lutero divenne l’eroe della nazione germanica, colui che avrebbe riformato la Chiesa e l’Impero. Nel termine “Riforma” erano inclusi gli obiettivi sociali e politici di nobili, borghesi e contadini: non certo teologi, ma molto attenti ai propri interessi di parte. Tra il 1519 e il 1520 Lutero espose le sue idee in quattro scritti, i cardini della Riforma: Del papato romano; Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca, sull’emendamento della società cristiana; La cattività babilonese della Chiesa; Della libertà del cristiano.
Minaccia di scomunica e poi la scomunica.
All’inizio del 1520 il processo contro Lutero riprese. La bolla Exurge Domine che lo minacciava di scomunica, condannava 41 proposizioni tratte dai suoi scritti. Irritato più che impaurito Lutero accettò la sfida con sdegno: “con costoro non voglio più né riconciliarmi né avere più niente a che fare per l’eternità. Se essi condannano e bruciano i miei scritti, io condanno e brucio i loro … anzi brucerò tutto il diritto canonico, questa mostruosa raccolta di eresie. Finora sono stato umile. Non è servito a niente. Ora basta. Non sia più che io m’inchini ai nemici dell’Evangelo”. Il 10 dicembre davanti a numerosi studenti, Lutero dava alle fiamme i volumi del diritto canonico e la bolla che lo minacciava di scomunica. Il 3 gennaio 1521 il papa Leone X° rispondeva alla provocazione con la bolla Decet Romanum pontificem. Lutero era scomunicato. Il nunzio apostolico il friulano Girolamo Aleandro scriveva a Roma “”tutta la Germania è in grande tumulto. Nove decimi lanciano il grido di guerra “Lutero”, mentre l’altro decimo, quando Lutero sia ad essi indifferente, grida come minimo “morte alla curia romana” e tutti reclamano a gran voce un concilio”.
La dieta di Worms.
Il nuovo imperatore Carlo V presiedette la dieta dei principi tedeschi nella cittadina di Worms (28 gennaio – 25 maggio 1521). Lutero, scomunicato, avrebbe dovuto essere bandito ma l’imperatore aveva giurato che nessun suddito dell’impero poteva essere posto al bando senza prima essere processato: lo convocò a Worms per essere ascoltato. Venne chiesto se riconosceva come suoi i venti libri che gli vennero presentati e se fosse disposto a ritrattarli. Chiese tempo per riflettere. Il giorno seguente rispose che senza convinzione non poteva e non voleva ritrattare. Sulla via del ritorno, l’elettore imperiale e suo protettore, Federico detto il saggio lo fece rapire e nascondere nella fortezza della Wartburg in Turingia, dove rimase in solitudine per circa un anno. Alla fine di maggio venne pubblicato “l’editto di Worms” che lo bandiva come “membro separato dalla Chiesa di Dio, un caparbio provocatore di divisioni e un pubblico eretico”.
Lutero alla Wartburg
Alla Wartburg Lutero soffrì di disturbi fisici, contrasti spirituali e tormenti di coscienza: da un lato si rimproverava di aver dato vita alla ribellione, dall’altro di essersi dimostrato troppo debole con i suoi giudici. In queste condizioni si dedicò a un’attività letteraria frenetica. Scrisse un bellissimo “commento al Magnificat”, un trattato sulla Confessione e uno sulla questione sostanziale del “peccatum manens”; commentò inoltre i Salmi e i Vangeli domenicali. L’opera più importante fu la traduzione, in meno di tre mesi, del Nuovo Testamento in tedesco. Pur disponendo come fonti la Vulgata e il testo greco pubblicato da Erasmo, riuscì a dare vivacità e attualità al testo sacro, rendendolo prodigiosamente comprensibile. Intanto a Wittemberg i suoi seguaci mettevano in pratica le sue teorie sul celibato dei sacerdoti, i voti monastici, la Messa-sacrificio, mentre la vita ecclesiastica e la liturgia venivano riorganizzate secondo il suo pensiero, cioè liberate da preghiere, riti, apparati, arredi sacri considerati “cosa vana ed esteriore”; il discepolo Carlostadio celebrava la Messa in tedesco indossando abiti secolari e distribuendo la Comunione sotto le due specie; altri cominciavano la lotta contro le immagini sacre. Poiché la situazione – ormai fuori controllo – stava degenerando, Lutero lasciò improvvisamente la Wartburg e piombò a Wittemberg. Per una settimana si presentò in cattedrale tuonando con sermoni infuocati contro i fanatici e le teste calde che facevano della libertà evangelica una nuova legge. In pratica non voleva lasciare ad altri la guida del movimento riformatore: Carlostadio disse “Lutero è il nuovo papa”. Francesca e Giuseppe Berton
18-25 GENNAIO
SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
In questa settimana, in cui siamo invitati a pregare per l’unità dei cristiani, riprendiamo il discorso iniziato nel mese di novembre scorso circa la riforma luterana. Credo sia importante conoscere la storia, la dottrina, le inimicizie, le differenze, le divisioni, i tentativi di mediazione, gli impedimenti ed i progressi fatti nel cammino ecumenico.
Non si tratta di annullare le differenze, che ci sono, ma di passare “dal conflitto alla comunione” attraverso un cammino di riconciliazione e di condivisione tra cattolici e luterani. Si è aperta una nuova stagione. L’inverno con il suo freddo ed il ghiaccio è passato, sta venendo la primavera che fa rifiorire un rapporto di stima e di comprensione reciproca, di un amore che va al di là delle differenze nella nostra fede. L’amore di Dio è un dono che crea unità nella carità, anche se non siamo d’accordo su tutte le verità. Chi proviene da una famiglia numerosa, sa che non tutti i fratelli pensano allo stesso modo, ma si vogliono bene ugualmente, oltre le differenze di pensiero, di cultura, di partito, di fede e di impegno nella società. Così tra le varie confessioni cristiane. Siamo uniti per andare in missione ad annunciare che Gesù è il Signore e che il Padre ama immensamente i suoi figli.
Il Papa esorta sempre: “Incontriamoci, parliamoci, uniamo le forze”. Occorre ascoltarsi, pregare insieme, operare insieme per i fratelli. Esiste una unità già raggiunta dai fratelli che sono perseguitati perché sono cristiani e ancor più da coloro che vengono martirizzati per il medesimo motivo, anche oggi. Nessuno ha chiesto loro se sono cattolici, luterani, anglicani, ortodossi. Sono uniti nel sangue versato per la medesima fede cristiana. Questa è la teologia della vita vissuta. In questa anch’io credo, da sempre. Con questi sentimenti e pregando, ci prepariamo a leggere quanto ci verrà descritto domenica prossima. Il Parroco Don Luciano
COSA RESTA DEL NATALE ?
(seconda parte)
Un servizio comunitario da realizzare e sostenere.
Da mesi, un’apposita commissione del Vicariato Urbano della nostra Città – sostenuta dal nostro Arcivescovo, mons. Andrea Bruno Mazzoccato, consapevole delle tante sofferenze (morali e materiali) di molta gente, convinta “che l’attenzione della Chiesa all’uomo nel bisogno debba realizzarsi anzitutto a livello della parrocchia, quale figura di comunità cristiana più accessibile a ogni persona” – lavora per creare un Centro di Ascolto Interparrocchiale che sia espressione della tensione missionaria delle comunità cristiane (la nostra compresa) della zona centro-ovest della Città.
Il Centro di Ascolto, come indicato nel progetto elaborato, nasce dall’esigenza di una comunità di fare comunione con le persone che, in situazione di bisogno, non hanno nessuno cui rivolgersi per essere ascoltate, e deve saper esprimere il desiderio della comunità stessa di rendere l’ascolto un gesto di prossimità, una scelta esigente e irrinunciabile della propria testimonianza del Vangelo. Esso “è parte integrante del servizio di Carità che caratterizza, insieme al servizio catechistico e al servizio liturgico, l’azione missionaria e caritativa della Chiesa a livello parrocchiale”. Inserito all’interno di un progetto che intende farsi prossimo all’altro, mira a contribuire alla diffusione della solidarietà, e vuole essere un luogo, un mezzo per manifestare con segni visibili il comandamento dell’amore insegnatoci da Gesù. In estrema sintesi, iniziando dall’ascolto (ascoltare è soddisfare un bisogno fondamentale dell’uomo; è condividere, partecipare), le comunità, attraverso l’opera di alcuni fedeli, si fanno carico e si prendono cura della persona, accompagnandola nella ricerca delle soluzioni ai suoi problemi. Si tratta di aiutarla a prendere coscienza del suo bisogno e delle possibilità di affrontarlo, non lasciandola sola, “elevandola a protagonista del suo divenire esistenziale, rendendola cosciente che anche la risposta a tutti i bisogni, se mai fosse possibile, non esaurisce l’orizzonte indicibile della persona e dei suoi desideri”. Ascoltare – scrive Papa Francesco – “significa anche essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune”.
I lavori occorrenti per la realizzazione del progetto (oggi all’esame dei CPP) sono in pieno svolgimento. Le comunità interessate – protagoniste dell’ascolto nella duplice funzione di risorsa (prevalentemente umana) del Centro e di promozione dello stesso – continueranno ad essere informate, passo dopo passo, su ogni sviluppo. Ciò avverrà sia in questa prima fase progettuale sia, dopo, nell’auspicata fase operativa.
Dalla lettura e dall’ascolto della parabola del Buon Samaritano (sono appunti presi nel corso di una lectio divina) emergono tre tipologie di comunità. Una di queste è la comunità della “compassione”, che mette al centro la persona. Ciascuno di noi possa sentirsi chiamato a dare un contributo attivo alla sua costruzione. Sebastiano Ribaudo Referente parrocchiale della Carità
CORSI DI PREPARAZIONE DEGLI ADULTI ALLA CRESIMA
ISCRIZIONI
Parrocchia del Duomo – Via Artico di Prampero, 6 – Tel. 0432-505302
Ogni lunedì dal 19 febbraio 2018 ore 20.30.
Parrocchia di S. Giuseppe – Viale Venezia, 285 – Tel. 0432-505637 / 0432-222394.
Ogni martedì dal 20 febbraio 2018 ore 20.30.
Parrocchia di S. Andrea in Paderno – Piazza Paderno, 8 – Tel. 0432-42809.
Ogni mercoledì dal 21 febbraio 2018 ore 20.30.
La Cresima verrà celebrata in Cattedrale alle ore 10.30 Domenica 20 maggio 2018 – Solennità di Pentecoste.
CHI DESIDERA UN PICCOLO PINO?
Sulla piazza del Duomo, durante le feste Natalizie, hanno fatto corona al Presepio numerosi piccoli pini, sui quali i bambini hanno appeso tante stelline bianche che stavano a simboleggiare i piccoli gesti di solidarietà che stavano facendo durante l’Avvento e durante le Feste di Natale, per aiutare i bambini delle Missioni. Chi desidera, può ritirare un piccolo pino gratuitamente o lasciando una offerta anche minima a sostegno delle iniziative di carità della Parrocchia.
(Articolo pubblicato nella ricorrenza)
A NATALE VIVE LA PIAZZA DEL DUOMO
Venerdì prossimo ricorre la Solennità dell’Immacolata. Già nelle nostre chiese si inizia ad allestire i presepi e a sentire il clima natalizio. Quest’anno ci sarà una novità: ci incontreremo, dopo la messa delle 10.30, sulla piazza del Duomo e faremo l’ingresso nella “Cattedrale di pini”. Abbiamo denominato così un allestimento costituito da abeti che riecheggia il sacro luogo, circoscrivendo cioè uno spazio di accoglienza che ha la forma di un abete, formato da piccoli alberelli. Poi sotto un grande abete verrà collocata la sagoma raffigurante la Nascita di Gesù. L’abete è simbolicamente riferito al “lignum vitae”, è l’albero dell’avvento, con i riti, e le tradizioni popolari legate al Natale, più diffuse in ambito cristiano. La tradizione cristiana di addobbare l’albero prende un significato importante e particolare perché è un modo di celebrare il legno che ricorda la croce gloriosa di Cristo che ha redento il mondo nel giorno più bello dell’anno liturgico che è la Pasqua. Natale e Pasqua sono legati insieme. Per questo tutti i bambini che saranno presenti orneranno ogni alberello per contribuire, con un proprio omaggio e gesto, a festeggiare il Signore che viene a salvarci. (Abbiamo preparato per loro degli addobbi anch’essi di legno, a forma di stella affinché siano posizionati tra i verdi rami a scelta; in quel momento, saremo accompagnati dalla preghiera vibrata da uno strumento musicale….). Crediamo che questa iniziativa possa abbellire la nostra piazza durante il periodo di Natale, con l’aiuto del Comune che ha apprezzato la nostra idea sostenendola. Un’idea nata dalla riflessione che il Natale è fatto per tutti e può essere momento di condivisione e di riscoperta, per meditare sulla bontà e l’amore quale messaggio per la vita e per un futuro di pace, per “favorire la devozione e l’edificazione pia della fede” secondo il “Prologo” di S. Bonaventura (1260) che trattò del “Lignum Vitae”. e che è stato il riferimento a cui abbiamo guardato per le opportune trasposizioni adottate per costruire questa immagine. Cosa faremo poi di tutti i pini?
Al termine delle feste alcuni degli alberelli esposti saranno messi a dimora e in primavera arrederanno le aiuole intorno alla chiesa ed il piccolo cortile della Purità, altri saranno messi a disposizione di chi vorrà farlo proprio donando una offerta libera, che sarà destinata a fini benefici. Segnalateci se sarete interessati. Vi aspettiamo venerdì prossimo alle ore 11.30 in piazza del duomo, dopo la celebrazione della S. Messa.
Maria Beatrice Bertone
«SIANO UNA COSA SOLA PERCHÉ IL MONDO CREDA» (GV 17,21)
NUOVE OPPORTUNITÀ PER LA PRESENZA DELLA CHIESA
SUL TERRITORIO FRIULANO: LE COLLABORAZIONI PASTORALI
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L’IDENTITÀ E LA MISSIONE DELLA CHIESA IN TEMPO Dl NUOVA EVANGELIZZAZIONE
1.1 PREMESSA
La Chiesa di Udine sente viva l’ansia missionaria a cui ci chiama Papa Francesco, continuando il magistero dei suoi predecessori. Egli invita le Chiese diocesane a mettere tutte le risorse a servizio di una nuova evangelizzazione per annunciare «il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. Essendo, anche, istituzione umana la Chiesa ha bisogno di una sua strutturazione la quale, però, deve servire alla missione, come il Papa sottolinea: “Ogni struttura ecclesiale diventi un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale. La riforma delle strutture si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie”. Il progetto diocesano delle Collaborazioni pastorali (CP) riguarda la struttura e l’organizzazione della nostra Diocesi con lo scopo, però, di rendere più efficace la sua opera di annunciare il Vangelo e di trasmettere la fede in Gesù Cristo. Non ci interessa, in altre parole, di riorganizzare in modo più razionale un’azienda ma di trovare nuove opportunità perché la Chiesa di Cristo sia ancora presente sul territorio friulano come testimone credibile del Vangelo e madre che genera alla fede.
1.2 L’IDENTITÀ E LA MISSIONE DELLA CHIESA RICEVUTE DA GESÙ CRISTO
Dalla premessa fatta emerge, come basilare punto di partenza, che non ci stiamo interessando di un’istituzione puramente umana, ma della Chiesa di Gesù Cristo. È lui che l’ha generata con la sua morte, risurrezione e con il dono dello Spirito Santo e le ha conferito un’identità e una missione che sono divino-umane. Esse sono state magistralmente espresse nella grande definizione del Concilio Vaticano II: «La Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano». Questa sua natura e missione si realizza in ogni Chiesa particolare. È questa definizione che deve ispirare il progetto delle CP in modo che la struttura e l’organizzazione della Chiesa di Udine sia fedele all’identità e alla missione che Cristo le ha dato. Essa può essere esplicitata in tre dimensioni:
È comunione con Dio e degli uomini tra loro.
È il luogo santo della comunione con Dio Padre in Gesù (di cui è il Corpo) grazie all’azione dello Spirito Santo e della comunione tra gli uomini (che ha la sua pienezza nella Comunione dei santi). La porta di ingresso in questa comunione è il Battesimo e sua fonte e culmine è la celebrazione dell’Eucaristia.
È missione.
La salvezza per ogni uomo è entrare in quella Comunione di cui la Chiesa è segno e strumento, per questo essa ha ricevuto dal suo Signore la missione di annunciare a tutti gli uomini la buona notizia (il Vangelo) che è venuto Gesù; egli è l’unico Salvatore perché ha il potere di liberarci dal peccato e dalla morte e condurci nella Comunione col Padre con il nuovo popolo dei salvati. La missione della Chiesa continua verso coloro che, toccati dal Vangelo, si sono aperti alla fede. Con il battesimo, li rigenera alla vita nuova in Cristo e, poi, li guida in un continuo cammino di conversione e di crescita nella santità, per mezzo della Parola di Dio e dei sacramenti.
È comunione gerarchica.
Il Concilio Vaticano II precisa che la comunione nella Chiesa ha una costituzione gerarchica. Con questa affermazione ricorda che la Chiesa non è un’istituzione umana i cui membri si danno forme di rappresentanza democratica o di altro tipo. Essa è il Corpo di Gesù Cristo, crocifisso e risorto, che è il suo unico e insostituibile Capo da cui dipende perché egli l’ha generata, donando il suo Corpo e il suo Sangue alla Chiesa che è suo Corpo e la vivifica comunicando ad ogni membro il suo Santo Spirito per mezzo della sua Parola e dei sacramenti. Visibilmente agisce attraverso alcuni battezzati che egli consacra perché abbiano l’autorità di offrire ai fratelli le sorgenti della salvezza (la predicazione della Parola di Dio, la celebrazione dell’Eucaristia, la remissione dei peccati). Grazie al loro servizio lo Spirito Santo nutre la Chiesa e suscita carismi e ministeri che essi hanno il dovere di discernere e valorizzare.
1.3 LE AZIONI FONDAMENTALI ATTRAVERSO CUI LA CHIESA ATTUA LA PROPRIA IDENTITÀ E MISSIONE.
La Chiesa cresce nella comunione in Cristo e col Padre nell’unico Spirito (è la sua identità) e invita ogni uomo ad entrare in questa comunione (è la sua missione) compiendo alcune azioni per lei vitali. Per mezzo di esse, infatti, collabora con lo Spirito Santo nell’opera della salvezza che Gesù continua a donare.
Quattro sono le azioni fondamentali che la Chiesa deve ovunque assicurare:
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a) L’evangelizzazione La grande missione della Chiesa è trasmettere l’esperienza di fede in Gesù perché ogni uomo abbia l’opportunità di incontrare il Salvatore. Inoltre, solo trasmettendo la fede la Chiesa ha un futuro in un determinato territorio. Questa trasmissione avviene attraverso l’evangelizzazione che, in questo tempo, si rivolge sia a persone non battezzate che a battezzati che hanno abbandonato la fede.
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b) L’iniziazione cristiana A coloro che accolgono l’annuncio del Vangelo la Chiesa propone l’itinerario dell’iniziazione cristiana attraverso il quale essi giungono ad incontrare personalmente Gesù Cristo e a divenire membri della Chiesa. È un cammino di conversione e di maturazione spirituale che conduce a vivere i sacramenti dell’iniziazione cristiana: Battesimo, Confermazione ed Eucaristia.
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c) La liturgia. Col Battesimo il cristiano ha ricevuto la vocazione alla santità; cioè, la chiamata a crescere nella stessa carità di Cristo fino alla sua pienezza nella vita eterna. Egli può maturare nella carità accogliendo l’opera con lo Spirito Santo che Gesù gli comunica dentro la Chiesa attraverso l’annuncio della Parola di Dio e i sacramenti. Sono le celebrazioni liturgiche i momenti più fecondi in cui la comunità e ogni battezzato incontra realmente Gesù nell’ascolto della sua Parola e nei sacramenti. Esse si distendono lungo l’anno liturgico nei suoi vari momenti e feste con al centro il Triduo Pasquale.
Sull’importanza essenziale di queste “azioni” in una pastorale missionaria, si può vedere: CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, nota pastorale, Roma 30 Maggio 2004, cap. II.
La celebrazione più importante è la celebrazione eucaristica, nel Giorno del Signore, perché è fonte e culmine della vita di ogni battezzato e di tutta la Chiesa.
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d) La testimonianza della carità a livello personale e comunitario La fede è autentica e la vita spirituale è ben formata se porta frutti visibili di carità. Inoltre la testimonianza della carità è una forma di evangelizzazione perché tocca i cuori e li apre al Vangelo di Gesù. La Chiesa, fedele al mandato del suo Signore, riserva un posto privilegiato ai poveri. Altre occasioni importanti per testimoniare la carità possono essere: la professione, l’impegno socio-politico, il volontariato, l’educazione delle nuove generazioni. La comunità cristiana educa i propri fedeli a testimoniare nel quotidiano la carità e a far germogliare anche frutti comunitari di carità.
Queste quattro azioni fondamentali si arricchiscono con altre che possiamo definire “complementari”. Ne ricordiamo alcune che, nella nostra tradizione ecclesiale, sono state più presenti e più efficaci:
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a) Le esperienze che aiutano il battezzato e la comunità in un continua conversione verso la santità La Chiesa accompagna i suoi figli in questa conversione offrendo dei “mezzi” di crescita spirituale che nella sua tradizione ha riconosciuto particolarmente efficaci. Essi devono partire dalla celebrazione liturgica (specialmente eucaristica) e condurre ad essa. Elenchiamo: la “lectio divina” personale e comunitaria, l’adorazione eucaristica, la devozione a Maria e ai Santi, esperienze varie di preghiera, l’assistenza spirituale nei tempi di fragilità, proposte di momenti di formazione spirituale e teologica, la guida spirituale ecc.
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b) L’accompagnamento alla scoperta e alla realizzazione della specifica vocazione La vocazione battesimale alla santità è universale; ogni cristiano è chiamato a dare la vita animato dalla carità di Cristo. Questo dono di sé, però, si concretizza nelle specifiche vocazioni al matrimonio, al sacerdozio, alla vita consacrata. Nella sua Chiesa diocesana il battezzato ha diritto di trovare aiuti validi per discernere e realizzare la propria personale vocazione.
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c) Il dialogo costruttivo con il territorio La Chiesa è luce, sale e lievito per la società nella quale è radicata, sempre aperta al dialogo costruttivo, anche se evangelicamente critico. A questo scopo cerca forme di confronto e di collaborazione con le istituzioni, le strutture, le organizzazioni del territorio in cui vive e agisce.
LE COLLABORAZIONI PASTORALI
a) Cos’è la Collaborazione pastorale? È una collaborazione fraterna, progettuale e strutturata tra le comunità cristiane di un territorio…. È istituita autorevolmente dal Vescovo il quale indica le parrocchie che saranno chiamate a progettare e attuare insieme l’azione pastorale e missionaria sul loro territorio. Tale istituzione resterà stabile e ogni cambiamento dovrà avere l’approvazione del Vescovo. La scelta delle parrocchie che formano una CP sarà guidata da alcuni criteri che possono facilitare la collaborazione, quali: l’omogeneità territoriale (tenendo conto dell’organizzazione civile del territorio), la storia con le sue tradizioni, il numero di abitanti, le esperienze già in atto di collaborazione.
b) L’azione missionaria e pastorale. L’istituzione delle CP ha un unico obiettivo: rendere più viva e feconda la presenza e l’opera missionaria e pastorale della Chiesa di Udine in tutto il territorio ad essa affidato. Come abbiamo sopra ricordato, questa missione della Chiesa si concretizza in alcune “azioni” grazie alle quali essa continua a comunicare il Vangelo di Gesù e la sua salvezza. Le parrocchie coinvolte in un’unica CP dovranno collaborare tra loro per offrire a tutti queste azioni operando in alcuni “ambiti pastorali”.
c) Le figure ministeriali. Senza voler fare un elenco esauriente, alcuni vanno particolarmente valorizzati: la CP è affidata, progressivamente, dal Vescovo alla guida pastorale di un parroco che lo rappresenta in quella porzione della Chiesa diocesana. Egli ha la responsabilità pastorale di tutte le comunità che formano la CP e per questo è nominato parroco di ognuna. Il Vescovo indicherà la sede dove risiede. Il parroco potrà essere coadiuvato da altri sacerdoti Può essere presente il ministero diaconale a cui riconoscere la specificità del suo servizio. Il carisma della Vita religiosa, sia femminile che maschile, deve trovare nelle CP il contesto per offrire la propria testimonianza evangelica e un prezioso contributo all’interno del programma pastorale. In ogni CP sono costituiti i referenti che coordinano i diversi ambiti della pastorale. Essi hanno un mandato dal parroco della durata di cinque anni. Non si prevedono più referenti pastorali a livello parrocchiale, ma i referenti delle CP saranno espressi da parrocchie diverse. Per ogni ambito, uno dei referenti si assume il compito di referente foraniale. Nelle parrocchie è opportuno che siano individuati e valorizzati uno o più laici che si interessano di vari aspetti della vita comunitaria. Essi possono essere un prezioso punto di riferimento sia per il parroco che per i parrocchiani. Il servizio non sarà formalizzato ma mantenuto nella dimensione di spontaneità dalla quale spesso nasce, purché sia svolto con equilibrio e in sintonia con il parroco. I carismi laicali associati (associazioni e movimenti) vanno valorizzati e coinvolti nel programma pastorale unitario perché sono una ricchezza per molti laici che cercano un riferimento per la loro crescita spirituale. In ogni CP va prevista una segreteria che sia un riferimento fisico costante per accogliere, ascoltare e indirizzare le persone.
d) Gli organismi di partecipazione. La CP ha un Consiglio Pastorale unico che studia la situazione, elabora un programma pastorale comune e verifica tale programma, nella prospettiva di una pastorale integrata che tenga conto di tutte le parrocchie. Esso è composto dai sacerdoti, dai diaconi, da un rappresentante dei religiosi/e presenti nella CP, dai referenti degli ambiti della pastorale e da due rappresentanti di ogni parrocchia. I criteri di composizione e di funzionamento del Consiglio Pastorale seguono indicazioni diocesane omogenee.
Ogni parrocchia conserva il proprio CPAE (con la sua contabilità a norma del Diritto Canonico). Due rappresentanti dei CPAE di ogni parrocchia formano un gruppo di coordinamento che si riunisce periodicamente. Tale gruppo deve favorire la collaborazione tra parrocchie trattando le questioni di comune interesse.
e) La vita liturgica delle CP. Particolare attenzione va data alla vita liturgica della CP sia per l’importanza che ha nella vita del cristiano e della Chiesa, sia perché la condivisione delle celebrazioni liturgiche sarà un’esperienza decisiva per vivere una vera collaborazione e comunione tra le parrocchie. Ci guida la convinzione che ogni battezzato ha il diritto di trovare all’interno della CP la possibilità di partecipare alle fondamentali celebrazioni liturgiche. Va offerta a tutti la possibilità di partecipare alla celebrazione eucaristica domenicale (da vespro a vespro) assicurando all’interno della CP un numero adeguato di SS. Messe, raggiungibili senza eccessiva difficoltà. Inoltre, la S. Messa va celebrata là dove ci siano le condizioni adeguate: un’assemblea sufficiente e i ministeri richiesti (lettori, commentatori, coro, ministranti ecc.). Per evitare l’anonimato sarà molto importante curare le relazioni tra le persone e le comunità che condividono la stessa celebrazione. Nel caso di gravi difficoltà possono essere previsti degli incontri di preghiera in assenza di celebrazione eucaristica con la lettura della Parola di Dio domenicale, la preghiera comune e la distribuzione della comunione eucaristica (come per gli anziani). Tali celebrazioni sono disciplinate dal vescovo. Nelle chiese in cui non c’è la S. Messa è auspicabile che nel giorno del Signore siano organizzati, comunque, momenti di preghiera (liturgia delle ore, rosario, adorazione eucaristica) anche se non sostituiscono la partecipazione alla S. Messa. La celebrazione del Triduo pasquale è per sua natura unitaria. La CP assicura una o più celebrazioni del Triduo in cui convergono i fedeli di più parrocchie, mettendo assieme le forze ministeriali in modo che la celebrazione stessa sia curata e significativa. Nella CP va tenuta presente la modalità con cui i candidati hanno fatto la preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana (il battesimo, la prima confessione, la prima comunione e la cresima).
LE FORME Dl COORDINAMENTO TRA IL MINISTERO DEL VESCOVO E LE COMUNITÀ CRISTIANE DEL TERRITORIO (PARROCCHIE E CP):
LE FORANIE E LA CURIA DIOCESANA
Nella Chiesa diocesana è fondamentale che sia custodito il legame organico e vitale tra il ministero del Vescovo e le comunità cristiane del territorio, guidate dai presbiteri. Questo legame è, prima di tutto, di natura soprannaturale, basato sulla fede, sulla preghiera, sulla comunione nell’unica eucaristia. Esso però va sostenuto anche da forme di collegamento e di coordinamento che favoriscano in diocesi: cammini condivisi, la realizzazione e la verifica di programmi pastorali, la possibilità di formazione, un’organizzazione comune sul piano amministrativo e giuridico. In diocesi abbiamo, sostanzialmente, due forme di coordinamento: le foranie e la curia. Esse hanno un compito sussidiario.
LA FORANIA
a. Cos’è la forania
È una forma di coordinamento tra più CP con la funzione di favorire la vita, la missione, la comunione e la partecipazione all’unica Chiesa diocesana. Essa è istituita dal Vescovo. La forania è guidata da un Vicario foraneo, scelto dal Vescovo, il quale è a servizio dei sacerdoti e delle comunità per favorire la collaborazione e la comunione fraterna. È, inoltre, membro del Collegio dei Vicari foranei che 20 «Per favorire la cura pastorale mediante un’azione comune, più parrocchie vicine possono essere riunite in peculiari raggruppamenti, quali sono i vicariati foranei» (CJC 374). II Sinodo Diocesano Udinese V ha puntualizzato le funzioni della forania definendola fra l’altro: luogo di confronto e sostegno pastorale (15); luogo per i corsi dei catechisti (54). Luogo in cui si promuovono: la formazione cristiana permanente (109), la collaborazione pastorale foraniale (131), incontri per formatori pastorali (132). Collabora col Vescovo per la guida pastorale della Chiesa diocesana. In ogni forania è costituito un Consiglio pastorale foraniale formato dal vicario foraneo, dai parroci, dai direttori dei consigli pastorali delle CP, da un rappresentante dei religiosi/e, da un referente per ambito pastorale scelto tra i referenti delle CP.
b. I compiti della forania
Essendo un organismo di collegamento sussidiario, la forania favorisce le attività pastorali che la singola CP non può assicurare, sempre in comunione con gli indirizzi della Chiesa diocesana. In particolare:
offre ai sacerdoti occasioni di incontro per curare la loro formazione soprattutto spirituale, per un vicendevole confronto e per un aiuto fraterno. I sacerdoti si riuniscono periodicamente nella congrega, presieduta dal Vicario foraneo e alla quale possono partecipare anche i diaconi; organizza momenti di formazione per gli operatori pastorali (catechisti, animatori, ministri della liturgia, volontari della carità, pastorale familiare); cura itinerari di preparazione ai sacramenti degli adulti: gli itinerari di iniziazione cristiana, il completamento del cammino di iniziazione cristiana, la formazione al matrimonio (sempre in sinergia con le CP); organizza uno o più centri di ascolto Caritas a servizio dei poveri favorendo una rete di collaborazione tra le parrocchie e con altre realtà caritative (ad esempio, i gruppi di S. Vincenzo); tiene i rapporti con le espressioni territoriali di area vasta sia civili che religiose;
potrebbe offrire un aiuto sussidiario per la gestione dei beni mobili e immobili delle parrocchie che la compongono. Va studiato un progetto di sostegno e di verifica di tale gestione, da attuare nelle Foranie.
c. Riorganizzazione delle foranie
L’ introduzione delle CP comporta una riorganizzazione anche delle foranie: va rivisto il loro numero tenendo conto di un’adeguata presenza di CP e di sacerdoti, della omogeneità territoriale, della facilità delle comunicazioni; va reimpostata l’attività delle foranie secondo criteri omogenei in tutta la diocesi e con attenzione alle caratteristiche del territorio.
Parrocchia di S. Maria Annunziata
nella Chiesa Metropolitana
Piazza del Duomo
33100 Udine (UD)
Piazza del Duomo
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SEGRETERIA PARROCCHIALE
Via A. di Prampero, 6
33100 Udine (UD)
Aperta dal lunedì al venerdì
dalle ore 10:00 alle ore 12:00
Tel. centralino: +39 0432 505302
Email (entro 24h): info@cattedraleudine.it
C.F.: 80010240309
33100 Udine (UD)
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