IMPARIAMO A RINGRAZIARE….NON A LAMENTARCI

 

Carissimi parrocchiani,

al termine dell’anno pastorale 2018-19 ringrazio il Signore con voi per tutti i momenti di grazia che ci ha elargito e per le difficoltà superate. Anche quelle non superate sono una grazia perché ci aiutano ad essere umili e a ricorrere a Lui. Mi è gradito poter ringraziare anche tutte le persone che si sono dedicate affinché la parrocchia potesse godere di quei servizi che sono necessari alla sua vita. Chi resta all’esterno come spettatore, al balcone, e guarda alla chiesa come ad un ente che eroga servizi al momento del bisogno purtroppo non ha compreso chi sia la Chiesa, non si accorge della vitalità che la anima e dello Spirito che agisce nel silenzio e trasforma le persone. Chi vive relazioni sincere, animate dallo Spirito di Dio, riceve la capacità di vedere al di là di ciò che appare in superficie. Così nelle famiglie, nel lavoro, nella scuola dove i cristiani danno la loro testimonianza, sorretti dall’incontro con Dio nell’Eucaristia domenicale e con le persone che vivono la stessa fede. Mi pare di dover dire un grazie, non convenzionale, ma riconoscente da parte di tutta la comunità a coloro che hanno condiviso da vicino l’azione pastorale della chiesa.

Sono i canonici che attendono alle confessioni, i sacerdoti che celebrano i sacramenti, il Consiglio pastorale ed il consiglio per gli affari economici, i catechisti dei bambini, dei giovani e degli adulti per la crescita nella vita della fede, le Suore, coloro che curano la Liturgia domenicale (lettori, chierichetti, ministri della Comunione Eucaristica, cantori, organisti, i Pueri cantores, la Cappella musicale, l’Aquileiensis Chorus, la Schola dilecta, i piccolo coro dei giovani africani), i sagrestani e coloro che addobbano gli altari con i fiori, coloro che ci rappresentano nel volontariato caritativo presso il Fogolar che accoglie persone senza fissa dimora, coloro che sostengono l’adorazione eucaristica nella chiesa di S. Pietro martire ogni sabato sera. Non posso dimenticare chi cura il sito della Parrocchia e chi prepara e stampa questo foglietto tutte le domeniche.

 “Gli amici della cattedrale” tengono aperte le porte ed accolgono i visitatori del nostro Museo e delle nostre chiese ed attendono che altri vogliano partecipare a questa attività culturale. Anche coloro che tutti i giorni vengono alla S. Messa sostengono con la preghiera la nostra comunità. Nella nostra parrocchia trovano un punto di riferimento i sordi che godono di una assistenza spirituale e culturale ormai consolidata e di una segreteria efficiente, grazie anche ad una segretaria zelante e ad una interprete ammirevole che presta mensilmente il suo servizio gratuito. L’Associazione dei Templari Cattolici tiene aperta la chiesa di S. Cristoforo il venerdì ed il sabato e verso sera anima la preghiera dei Vesperi. Spero di non aver dimenticato qualcuno. Non voglio fare elogi inutili e fare nomi ma soltanto evidenziare quanta ricchezza venga donata nella nostra comunità parrocchiale, che può sembrare così anonima ma in effetti, per chi lo vuole, offre possibilità di crescita nella vita cristiana e di collaborazione. Siamo tutti in missione. Non è vanagloria fermarci a rendere grazie al Signore per quello che Egli opera in mezzo a noi tramite le persone che vivono con noi. La loro testimonianza possa essere contagiosa e porti frutti abbondanti di bene.

A tutti un grazie cordiale da parte mia e di coloro che possono usufruire del servizio di tante persone che aiutano a passare dall’individualismo ad un atteggiamento di apertura e di amore verso gli altri.

Auguro a tutti di poter godere un momento di riposo per riprendere il cammino con maggiore alacrità nel prossimo anno pastorale. Cordialmente.                                                                                     Don Luciano, parroco.

“Il Signore ha lasciato ai suoi un segno di speranza ed un viatico per il cammino nel sacramento della fede in cui elementi naturali, coltivati dall’uomo, vengono trasformati nel corpo e nel sangue glorioso di Lui, in un banchetto di comunione fraterna che è pregustazione del convito celeste. (Gaudium et spes 38). L’Eucaristia sostiene il nostro cammino, infonde speranza e fiducia nei nostri cuori perché non veniamo meno nei momenti difficili. Il racconto della moltiplicazione dei pani prefigura i gesti propri dell’ultima cena e della celebrazione eucaristica. Gesù nutre una folla immensa in un luogo deserto e coinvolge in questo atto sublime di carità i suoi discepoli, anticipando così la missione della chiesa nel mondo. Noi fin d’ora possiamo pregustare i beni del convito celeste nell’attesa del ritorno glorioso di Cristo. “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete a questo calice voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga”. (1Cor 11,26)

Superare le divisioni e le frontiere

 

«So che alcuni di voi sono credenti, altri non tanto, ma io dirò ai credenti: pregate per l’Europa, pregate per l’Europa, per l’unità. Che il Signore ci dia la grazia. Ai non credenti: augurate la buona volontà, l’augurio del cuore, il desiderio che l’Europa torni ad essere il sogno dei Padri fondatori». Così Papa Francesco ha concluso la conferenza stampa nel viaggio aereo di ritorno dalla Romania. Sulle spinte ideologiche ed esterne che cercano di dividere e fare a pezzi l’Europa, Papa Francesco ha detto: «Bisogna riprendere lo spirito dei Padri fondatori. L’Europa ha bisogno di sé stessa, di essere sé stessa, della propria identità, della propria unità, e superare le divisioni e le frontiere», perché «stiamo vedendo delle frontiere in Europa: questo non fa bene. Nemmeno frontiere culturali, non fanno bene…». «È vero – ha aggiunto il Papa – che ogni Paese ha la propria cultura e deve custodirla, ma con lo spirito del poliedro: c’è una globalizzazione dove si rispettano le culture di tutti, ma tutti uniti. Per favore, l’Europa non si lasci vincere dal pessimismo o dalle ideologie, perché l’Europa, in questo momento, è attaccata non con cannoni o bombe ma con ideologie: ideologie che non sono europee, che vengono da fuori o nascono in gruppetti europei, ma non sono grandi». Ha spiegato il Pontefice: «Pensate all’Europa, divisa e belligerante, del ‘14 e del ‘32-’33 fino al ‘39, quando è scoppiata la guerra… Ma non torniamo a questo, per favore! Impariamo dalla storia. Non cadiamo nella stessa buca. L’altra volta vi ho detto che si dice che l’unico animale che cade due volte nella stessa buca è l’uomo: l’asino mai lo fa!». Alla domanda su quali dovrebbero essere i rapporti tra le confessioni, in modo particolare tra la Chiesa Cattolica e quella Ortodossa, il rapporto tra le varie etnie e il rapporto tra il mondo politico e la società civile, Papa Francesco ha risposto chiaramente: «In genere, io direi, il rapporto della mano tesa. (…) Si deve fare un processo di avvicinamento, sempre: tra le diverse etnie, le diverse confessioni religiose, soprattutto le due cristiane… Questa è la prima cosa: sempre la mano tesa, l’ascolto dell’altro». La Chiesa Ortodossa – ha osservato – ha un grande Patriarca: «un uomo di grande cuore e un grande studioso. Conosce la mistica dei Padri del deserto, la mistica spirituale, ha studiato in Germania… È anche un uomo di preghiera. È facile avvicinarsi a Daniel, è facile, perché io lo sento fratello e noi abbiamo parlato come fratelli».

«Io – ha sottolineato il Papa – non dirò: “Ma perché voi…”, e lui non dirà: “Ma perché voi…”. Andiamo insieme! Avendo sempre questa idea: l’ecumenismo non è arrivare alla fine della partita, delle discussioni. L’ecumenismo si fa camminando insieme. Camminando insieme. Pregando insieme. l’ecumenismo della preghiera. Abbiamo nella storia l’ecumenismo del sangue: quando uccidevano i cristiani non domandavano: “Tu sei ortodosso? Tu sei cattolico? Tu sei luterano? Tu sei anglicano?”. No. “Tu sei cristiano”, e il sangue si mischiava. Un ecumenismo della testimonianza, è un altro ecumenismo. Della preghiera, del sangue, della testimonianza…». «Poi – ha precisato il Pontefice – c’è l’ecumenismo del povero, come lo chiamo io, che è lavorare insieme, in quello che possiamo, lavorare per aiutare gli ammalati, gli infermi, la gente che è un po’ al margine del minimo benessere: aiutare. Questo è un bel programma ecumenico, no? Camminare insieme, e questo è già unità dei cristiani». Dopo aver raccontato di diffuse manifestazioni di collaborazione e celebrazioni tra Vescovi luterani, ortodossi e cattolici, il Papa ha esclamato: «Ma non aspettare che i teologi si mettano d’accordo per arrivare all’Eucaristia. L’Eucaristia si fa tutti i giorni con la preghiera, con la memoria del sangue dei nostri martiri, con le opere di carità e anche volendosi bene!». «Quando io ero a Buenos Aires – ha raccontato Bergoglio – sono stato invitato dalla Chiesa scozzese a fare parecchie prediche, e andavo lì, facevo la predica… Si può! Si può camminare insieme. Unità, fratellanza, mano tesa, guardarsi con bontà, non sparlare degli altri… Difetti ne abbiamo tutti, tutti. Ma se camminiamo insieme, i difetti li lasciamo da parte». «Io – ha affermato il Papa – ho l’esperienza di preghiera con tanti, tanti pastori luterani, evangelici e anche ortodossi. I Patriarchi sono aperti. Sì, anche noi cattolici abbiamo gente chiusa, che non vuole e dicono: “No, gli ortodossi sono scismatici”. Sono cose vecchie. Gli ortodossi sono cristiani. Ma ci sono dei gruppi cattolici un po’ integralisti: dobbiamo tollerarli, pregare per loro perché il Signore e lo Spirito Santo ammorbidiscano un po’ il cuore».                                                   (Antonio Gaspari)

Carissimi fedeli,

prosegue anche oggi il messaggio di Papa Francesco sulle comunicazioni sociali. Egli eleva il discorso fino a portarci alla contemplazione della Santissima Trinità dove troviamo la sorgente della unità anche tra di noi, della comunione e della comunicazione, delle relazioni interpersonali.

La Solennità di Pentecoste, che oggi celebriamo, giunge proprio a tema, infatti ci riporta allo Spirito di amore infinito ed eterno che intercorre tra il Padre ed il Figlio e che viene a noi stessi donato. L’invito del Papa, verso la fine di questo testo, è quanto mai opportuno ed estremamente pratico: ”Apriamo la strada al dialogo, all’incontro, al sorriso, alla carezza… Questa è la rete che vogliamo”. È una rete che tutti possiamo costruire ed adoperare, ogni giorno. Non occorrono tante competenze tecniche ma l’accoglienza umile dell’amore di Dio. Per questo vi auguro una buona Pentecoste!

Cordialmente.                                                                                                                                    Il Parroco don Luciano

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

GIORNATA MONDIALE
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

(SECONDA PARTE)

“Siamo membra gli uni degli altri”

Una possibile risposta può essere abbozzata a partire da una terza metafora, quella del corpo e delle membra, che San Paolo usa per parlare della relazione di reciprocità tra le persone, fondata in un organismo che le unisce. «Perciò, bando alla menzogna e dite ciascuno la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25). L’essere membra gli uni degli altri è la motivazione profonda, con la quale l’Apostolo esorta a deporre la menzogna e a dire la verità: l’obbligo a custodire la verità nasce dall’esigenza di non smentire la reciproca relazione di comunione. La verità infatti si rivela nella comunione. La menzogna invece è rifiuto egoistico di riconoscere la propria appartenenza al corpo; è rifiuto di donarsi agli altri, perdendo così l’unica via per trovare se stessi.

La metafora del corpo e delle membra ci porta a riflettere sulla nostra identità, che è fondata sulla comunione e sull’alterità. Come cristiani ci riconosciamo tutti membra dell’unico corpo di cui Cristo è il capo. Questo ci aiuta a non vedere le persone come potenziali concorrenti, ma a considerare anche i nemici come persone. Non c’è più bisogno dell’avversario per auto-definirsi, perché lo sguardo di inclusione che impariamo da Cristo ci fa scoprire l’alterità in modo nuovo, come parte integrante e condizione della relazione e della prossimità. Tale capacità di comprensione e di comunicazione tra le persone umane ha il suo fondamento nella comunione di amore tra le Persone divine. Dio non è Solitudine, ma Comunione; è Amore, e perciò comunicazione, perché l’amore sempre comunica, anzi comunica se stesso per incontrare l’altro. Per comunicare con noi e per comunicarsi a noi Dio si adatta al nostro linguaggio, stabilendo nella storia un vero e proprio dialogo con l’umanità (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Dei Verbum, 2).

In virtù del nostro essere creati ad immagine e somiglianza di Dio che è comunione e comunicazione-di-sé, noi portiamo sempre nel cuore la nostalgia di vivere in comunione, di appartenere a una comunità. «Nulla, infatti – afferma San Basilio –, è così specifico della nostra natura quanto l’entrare in rapporto gli uni con gli altri, l’aver bisogno gli uni degli altri».

Il contesto attuale chiama tutti noi a investire sulle relazioni, ad affermare anche nella rete e attraverso la rete il carattere interpersonale della nostra umanità. A maggior ragione noi cristiani siamo chiamati a manifestare quella comunione che segna la nostra identità di credenti. La fede stessa, infatti, è una relazione, un incontro; e sotto la spinta dell’amore di Dio noi possiamo comunicare, accogliere e comprendere il dono dell’altro e corrispondervi. È proprio la comunione a immagine della Trinità che distingue la persona dall’individuo. Dalla fede in un Dio che è Trinità consegue che per essere me stesso ho bisogno dell’altro. Sono veramente umano, veramente personale, solo se mi relaziono agli altri. Il termine persona denota infatti l’essere umano come “volto”, rivolto verso l’altro, coinvolto con gli altri. La nostra vita cresce in umanità col passare dal carattere individuale a quello personale; l’autentico cammino di umanizzazione va dall’individuo che percepisce l’altro come rivale, alla persona che lo riconosce come compagno di viaggio.

Dal “like” all ’“amen”

L’immagine del corpo e delle membra ci ricorda che l’uso del social web è complementare all’incontro in carne e ossa, che vive attraverso il corpo, il cuore, gli occhi, lo sguardo, il respiro dell’altro. Se la rete è usata come prolungamento o come attesa di tale incontro, allora non tradisce se stessa e rimane una risorsa per la comunione. Se una famiglia usa la rete per essere più collegata, per poi incontrarsi a tavola e guardarsi negli occhi, allora è una risorsa. Se una comunità ecclesiale coordina la propria attività attraverso la rete, per poi celebrare l’Eucaristia insieme, allora è una risorsa. Se la rete è occasione per avvicinarmi a storie ed esperienze di bellezza o di sofferenza fisicamente lontane da me, per pregare insieme e insieme cercare il bene nella riscoperta di ciò che ci unisce, allora è una risorsa.

Così possiamo passare dalla diagnosi alla terapia: aprendo la strada al dialogo, all’incontro, al sorriso, alla carezza… Questa è la rete che vogliamo. Una rete non fatta per intrappolare, ma per liberare, per custodire una comunione di persone libere. La Chiesa stessa è una rete tessuta dalla comunione eucaristica, dove l’unione non si fonda sui “like”, ma sulla verità, sull’“amen”, con cui ognuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri.   (Papa Francesco).

 

 

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Carissimi fedeli,

in queste due domeniche mi sembra giusto dare spazio al messaggio del Papa in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali e della S. Messa con tutti i gruppi etnici cattolici presenti nella nostra Arcidiocesi, che si celebrano proprio oggi.  Il messaggio è ricco di spunti per la meditazione e per una educazione di noi stessi circa l’uso di questi strumenti che sono una opportunità e possono diventare un rischio. Ci possono aprire o chiudere alle vere relazioni. E poi la Pentecoste è la Solennità della comunicazione dello Spirito Santo alla chiesa. Lo Spirito di Dio unisce tutti nel suo amore superando la dispersione delle lingue. Vi esorto a leggere il messaggio del Papa, vi invito a partecipare alla Novena di Pentecoste che ha luogo ogni sera alle ore 19.00 (giorni feriali alla Purità e sabato e domenica in Cattedrale) e vi saluto con cordialità, augurandovi una bella domenica ed una buona settimana.

Il Parroco don Luciano Nobile

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

PER LA 53ma GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

« “Siamo membra gli uni degli altri” (Ef 4,25). 
Dalle social network communities alla comunità umana »

 

Cari fratelli e sorelle, da quando internet è stato disponibile, la Chiesa ha sempre cercato di promuoverne l’uso a servizio dell’incontro tra le persone e della solidarietà tra tutti. Con questo Messaggio vorrei invitarvi ancora una volta a riflettere sul fondamento e l’importanza del nostro essere-in-relazione e a riscoprire, nella vastità delle sfide dell’attuale contesto comunicativo, il desiderio dell’uomo che non vuole rimanere nella propria solitudine.

Le metafore della “rete” e della “comunità”

L’ambiente mediale oggi è talmente pervasivo da essere ormai indistinguibile dalla sfera del vivere quotidiano. La rete è una risorsa del nostro tempo. E’ una fonte di conoscenze e di relazioni un tempo impensabili. Numerosi esperti però, a proposito delle profonde trasformazioni impresse dalla tecnologia alle logiche di produzione, circolazione e fruizione dei contenuti, evidenziano anche i rischi che minacciano la ricerca e la condivisione di una informazione autentica su scala globale. Se internet rappresenta una possibilità straordinaria di accesso al sapere, è vero anche che si è rivelato come uno dei luoghi più esposti alla disinformazione e alla distorsione consapevole e mirata dei fatti e delle relazioni interpersonali, che spesso assumono la forma del discredito.

Occorre riconoscere che le reti sociali, se per un verso servono a collegarci di più, a farci ritrovare e aiutare gli uni gli altri, per l’altro si prestano anche ad un uso manipolatorio dei dati personali, finalizzato a ottenere vantaggi sul piano politico o economico, senza il dovuto rispetto della persona e dei suoi diritti. Tra i più giovani le statistiche rivelano che un ragazzo su quattro è coinvolto in episodi di cyberbullismo.

Nella complessità di questo scenario può essere utile tornare a riflettere sulla metafora della rete posta inizialmente a fondamento di internet, per riscoprirne le potenzialità positive. La figura della rete ci invita a riflettere sulla molteplicità dei percorsi e dei nodi che ne assicurano la tenuta, in assenza di un centro, di una struttura di tipo gerarchico, di un’organizzazione di tipo verticale. La rete funziona grazie alla compartecipazione di tutti gli elementi.

Ricondotta alla dimensione antropologica, la metafora della rete richiama un’altra figura densa di significati: quella della comunità. Una comunità è tanto più forte quanto più è coesa e solidale, animata da sentimenti di fiducia e persegue obiettivi condivisi. La comunità come rete solidale richiede l’ascolto reciproco e il dialogo, basato sull’uso responsabile del linguaggio.

È a tutti evidente come, nello scenario attuale, la social network community non sia automaticamente sinonimo di comunità. Nei casi migliori le community riescono a dare prova di coesione e solidarietà, ma spesso rimangono solo aggregati di individui che si riconoscono intorno a interessi o argomenti caratterizzati da legami deboli. Inoltre, nel social web troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri). Questa tendenza alimenta gruppi che escludono l’eterogeneità, che alimentano anche nell’ambiente digitale un individualismo sfrenato, finendo talvolta per fomentare spirali di odio. Quella che dovrebbe essere una finestra sul mondo diventa così una vetrina in cui esibire il proprio narcisismo.

La rete è un’occasione per promuovere l’incontro con gli altri, ma può anche potenziare il nostro autoisolamento, come una ragnatela capace di intrappolare. Sono i ragazzi ad essere più esposti all’illusione che il social web possa appagarli totalmente sul piano relazionale, fino al fenomeno pericoloso dei giovani “eremiti sociali” che rischiano di estraniarsi completamente dalla società. Questa dinamica drammatica manifesta un grave strappo nel tessuto relazionale della società, una lacerazione che non possiamo ignorare.

Questa realtà multiforme e insidiosa pone diverse questioni di carattere etico, sociale, giuridico, politico, economico, e interpella anche la Chiesa. Mentre i governi cercano le vie di regolamentazione legale per salvare la visione originaria di una rete libera, aperta e sicura, tutti abbiamo la possibilità e la responsabilità di favorirne un uso positivo. È chiaro che non basta moltiplicare le connessioni perché aumenti anche la comprensione reciproca. Come ritrovare, dunque, la vera identità comunitaria nella consapevolezza della responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri anche nella rete online?

(continua la prossima settimana)

10 ANNI DI PRESENZA SUL WEB

In sintonia con la Giornata delle Comunicazioni sociali è opportuno fare una riflessione circa la nostra attività che dura ormai da oltre  10 anni nella nostra parrocchia a motivo della sua presenza sul web, come strumento pastorale.

Passa così veloce il tempo… che nemmeno ce ne accorgiamo eppure sono convinto che passi così rapidamente perché operiamo volentieri, gratuitamente e a servizio della gente.

C’è chi, oggi, leggerà il titolo di questo articolo e proseguirà a leggerlo con interesse e chi  probabilmente mormorerà: “Non ci capisco nulla… leggiamo direttamente gli avvisi parrocchiali!”.

Mi permetto di rivolgermi proprio a questi ultimi, partendo dalla mia esperienza con il nostro Parroco don Luciano.

Beh… penso che quest’oggi un po’ tutti noi possiamo essere “orgogliosi” poiché veniamo a sapere di essere seguiti da centinaia di persone ogni giorno sui nostri canali telematici , senza dimenticare in aggiunta i 450 foglietti domenicali che vengono prelevati in chiesa. Inoltre, come abbiamo avuto riscontro anche da molto lontano, veniamo seguiti nella liturgia, grazie allo streaming, utile soprattutto ai malati che non possono venire in chiesa. Ci sono persone che non solo da vari paesi d’Italia e d’Europa ma perfino dall’America seguono un po’ la nostra vita parrocchiale attraverso il nostro sito web.

Perché vi domanderete? L’amichevole sfida è iniziata oltre 10 anni fa perché il primo non fruitore del sito era proprio il Parroco che diceva: “Non complicatemi la vita!” Eppure, in questi 10 anni, con pazienza, confrontandoci ma anche stuzzicandoci, abbiamo compreso insieme cosa voglia dire presenza nel web. Essere online, significa essere attivi, aperti, moderni e vivi di fronte alla società. Perché dovremmo, in mezzo alla società, essere offline? Il Vangelo ci dice questo? Ci dice che dobbiamo vergognarci di andare in Chiesa e soprattutto di non raccontare la nostra esperienza? Ma perché dovremmo chiuderci dentro noi stessi, ritenendo la nostra fede solo nostra?  La fede è anche donare il proprio tempo agli altri, così come hanno fatto le nostre catechiste che si sono raccontate tramite questo foglietto le settimane precedenti, la fede è carità che si manifesta nella nostra gratuità, la fede è anche raccontarsi. Ma cosa significa tutto ciò per il sito web? È  proprio lì che andremo insieme a capire perché la presenza digitale è un dire al mondo contemporaneo che anche la parrocchia esiste e lo facciamo raccontando la vita stessa di questa comunità.

Facciamo un esempio pratico: che cos’è un sacramento? E’ il segno dell’amore di Cristo. Ma non è  un segno che interessa soltanto l’individuo! No, è per tutta la chiesa, per il mondo.  Raccontare la vita della nostra chiesa è dare libertà e gioia alle persone di poter leggere, ascoltare, vedere, riflettere e meditare la parola del Signore attraverso un mezzo digitale. Dobbiamo renderci conto anche che siamo nell’era delle fakenews, dei gossip, delle notizie false. Nell’ottica di Gesù siamo e raccontiamo una cosa bella dando la possibilità a chiunque di poter toccare con mano il vero, il bene e il bello che c’è nella chiesa. Parliamo di architettura, di musica, di arte, di affreschi, ma mostriamo anche cosa fanno i nostri giovani, raccontiamo gli incontri del gruppo dei sordi, parliamo della cesta della carità, del catechismo dei fanciulli, della lectio divina per gli adulti, degli incontri dei giovani in città su tematiche importanti della vita, degli adulti che scelgono il battesimo o si rimettono in cammino per completare la loro iniziazione cristiana con la Cresima. Parliamo di progetti come il Centro di ascolto che sembra aver interessato varie persone volontarie e disponibili ad iniziare una grande avventura. Tutti abbiamo fatto l’esperienza di camminare su un ponte. Ecco, noi cerchiamo di essere un ponte che sappia mettere in comunicazione chiesa e casa e che sia d’aiuto a quanti cercano la verità, a quanti vivono nel dubbio e nell’angoscia, a quanti sono deboli e vivono come se un domani la loro vita dovesse finire. “Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate…” oserei dire come dal Salmo 8, “guarda e vedi quante belle cose si celebrano e si vivono in parrocchia!” Così iniziamo a gustare un mondo nuovo che è già in atto e cresce piano piano in mezzo a noi e tramite noi.

Questi sono i pensieri che in questi 11 anni abbiamo coltivato e che ci hanno impegnati seriamente e concretamente per raccontare la nostra realtà. L’interesse suscitato, ha toccato migliaia di accessi mensili sul nostro sito web. Un grazie di cuore va a Roberta che si è impegnata ogni settimana ad aggiornare il nostro sito web. Grazie a M. Beatrice per la stretta collaborazione con il Museo e le attività culturali. Grazie a Simone e  a Anna che ci inviano gli aggiornamenti sulle attività giovanili. Grazie a don Luciano che, inizialmente sospettoso, ci ha poi voluti e sostenuti e infine grazie a tutti voi che attraverso la vostra presenza digitale, ci date la forza e la voglia di continuare.

A cura dell’Ufficio per le Comunicazioni Sociali.

“IL FIORE ALL’OCCHIELLO”

 

Carissimi fedeli,

                         la carità deve essere “il fiore all’occhiello” di ogni comunità cristiana. Parte da Dio stesso che è la fonte dell’amore, si concretizza in piccole relazioni o grandi opere, cresce lentamente, anche di nascosto e nel silenzio, si radica nel tessuto sociale e lo trasforma, anima le nostre famiglie e la chiesa intera. È sempre Lui, lo Spirito Santo, che infonde in noi il suo amore e ci guida giorno per giorno, ci alimenta col Pane che Egli trasforma sui nostri altari alla domenica nella Liturgia Eucaristica, ci plasma come popolo di Dio, agisce in noi e tramite noi perché la fede si manifesti e sorregga il nostro cammino di vita e di testimonianza cristiana individuale e comunitaria.

                         Sta nascendo, con fatica ma con determinazione, dopo anni di studio, di incontri, di discussioni, un Centro di ascolto per l’accompagnamento delle persone che si trovano in difficoltà e che attendono che ci prendiamo cura di loro, per quanto possibile. Un discreto numero di volontari, anche della nostra parrocchia, ha aderito alla proposta e si sta preparando a questa missione che certamente non risolverà tutti i problemi ma almeno immetterà una goccia di amore nel grande oceano delle necessità, rendendo più umano il nostro mondo.

                      Inoltre ogni terza domenica del mese nelle chiese della nostra Parrocchia, raccogliamo generi alimentari per la Mensa “La Gracie di Diu” della Caritas Diocesana di via Ronchi.

Come per il passato, anche quest’anno partecipiamo alla raccolta di abiti usati, scarpe e borse, che avrà luogo sabato 25 maggio in tutta la diocesi ma sarà possibile soltanto nelle parrocchie che aderiranno a una tale proposta. Certamente noi vogliamo partecipare a questo segno di carità. Potrete leggere, qui di seguito, la relazione del Direttore della Caritas Diocesana riguardante la raccolta dello scorso anno e notare quanto potrà essere utile un piccolo gesto di adesione a questa iniziativa . So che siete generosi e pertanto non mi dilungo nelle raccomandazioni. Soltanto ringrazio con voi il Signore che ci chiama a compiere gesti comunitari di carità oltre a quelli individuali. Buona Domenica a tutti.                                                                                                     Don Luciano Nobile, parroco

LE PRIME COMUNIONI ATTRAVERSO GLI OCCHI DEI GIOVANI

 

Settimana “frenetica” di preparativi! Catechiste, genitori e bambini, tutti emozionati per questo giorno speciale che ormai si sta avvicinando: le Prime Comunioni.

Ma non tutto è stato preparato in questo ultimo periodo, né si esaurisce in questo giorno che passerà tanto in fretta… Gesù rapisce il cuore di questi bambini e se, guidati dai genitori e da buoni educatori, lo custodirà sempre vicino a sé. I bambini sono stati educati a questo e preparati ad apprezzare il grande mistero dell’Eucarestia in un percorso di catechesi durato tre anni, che hanno preceduto questo giorno speciale.

E diverse persone sono state loro vicine e li hanno accompagnati con tanta dedizione ed affetto. A cominciare dal Parroco don Luciano, sempre presente e vigile e poi dalla catechista, decana, Roberta aiutata per la prima volta in questo compito da due ragazze giovani, cresciute nella catechesi all’interno della nostra parrocchia. Anche i genitori son stati partecipi. Tutti assieme abbiamo vissuto momenti di intenso impegno, partecipazione, gioia e condiviso anche la vivacità fisica ed intellettuale di questi bambini e le loro birichinate.

In particolare è interessante conoscere come è stata vissuta proprio da queste ragazze giovani questa esperienza.

Agata scrive così:

“Questi ultimi tre anni sono stati fondamentali per la crescita e l’apprendimento, da parte dei bambini, del significato della vita cristiana. Con gli occhi di animatrice ho potuto apprendere come non sia tanto difficile appassionare i bambini ai temi della fede attraverso le domande e le risposte che mettono a confronto le opinioni, e come a volte sia necessario immedesimarsi nella loro mentalità per trovare il modo più semplice e veloce per vivere l’insegnamento di Gesù attraverso il catechismo.

Quest’ultimo anno è stato decisivo, in quanto i bambini dovevano incamminarsi con grande impegno in un percorso, il cui fine è ľ incontro con Dio nell’Eucaristia. Ed allora veniva chiesta la fedeltà agli incontri di catechesi e alla S. Messa assieme ai genitori. Per aiutare i bambini in questo percorso, dopo aver spiegato il significato del Rito della S. Messa, li abbiamo accompagnati in chiesa dove, attraverso gli occhi e la memorizzazione dei vari nomi, hanno potuto vedere da vicino anche l’altare, l’ambone e i vasi sacri utilizzati dal sacerdote. Durante ľ ultima settimana i bambini hanno celebrato il sacramento della Riconciliazione meditando sull’amore di Gesù che chiede anche a noi come a Simon Pietro: “Mi ami tu?”. Detto ciò sono più che felice di testimoniare la loro preparazione a questo grande passo.

E Giada, l’animatrice più piccola, non per statura ma per età, così ci racconta:

Ho ricevuto la Cresima qualche anno fa e i nostri catechisti avevano insistito nel dirci che bisognava anche prendersi qualche impegno all’interno della comunità, dopo la Cresima. Già mi interessavo dei chierichetti ma poi ho voluto fare una esperienza di maggiore impegno. Sono stata affidata a Roberta, la catechista che seguiva i bambini della Prima Comunione.

Per me è stato molto bello ma allo stesso tempo molto faticoso.
All’inizio ero nervosa e un po’ timida, anche se non sembra. Un episodio molto divertente che mi ricorderò sempre: Roberta, un lunedì, durante l’ora di catechismo, mi aveva chiesto di leggere a voce alta una pagina del catechismo. Io a quel punto son diventata tutta rossa in viso (come un peperone!) perché mi ero emozionata, dato che non ero abituata a leggere in pubblico. I bambini quel giorno erano attentissimi e stranamente silenziosi…. forse perché volevano aiutarmi a superare la paura! I bambini sono simpatici ma anche molto vivaci; non sempre amano ascoltare e allora bisogna studiare altre strategie per interessarli. Per me è stato molto bello trascorrere un pomeriggio alla settimana con loro che si preparavano alla Prima Comunione perché ho ripassato qualche parte del catechismo pure io ma anche perché mi sembrava di tornare indietro nel tempo, quando ero seduta a uno di quei banchi. È molto diverso dover spiegare dal sentir spiegare! Comunque il mio compito era di aiutare i bambini a scrivere, leggere, dipingere, stare attenti a quello che la catechista insegnava. È stata una esperienza che mi ha aiutata a dedicare gratuitamente un po’ di tempo agli altri e perciò anche a maturare. E di questo sono contenta.

Roberta, Agata, Giada

ORIGINALI… I NOSTRI CHIERICHETTI !

 

Originali non solo perché si chiamano zagos in friulano o perché incedono con passo ieratico fino ai gradini del presbiterio e poi, qualche volta, quelli di destra vanno a sinistra e quelli di sinistra vanno a destra e alcuni restano in mezzo senza sapere dove andare ma poi decidono di muoversi proprio dalla parte dove mancano le sedie! Originali anche perché normalmente sanno eseguire i riti con precisione e devozione. Originali perché alle volte sono in quattro e devono accollarsi tutti i servizi e alle volte sono in venti e bisogna sempre inventare qualche servizio nuovo perché tutti siano impegnati a far qualcosa!

Originali anche perché hanno fatto qualcosa di originale proprio nella FESTA DEI ZAGOS a Castellerio. Infatti mercoledì 1°Maggio, nella freschezza del tempo pasquale che profuma di primavera, i zagos cioè  i ministranti o chierichetti della Diocesi di Udine, sotto la spinta dello Spirito Santo che suscita nei cuori lo zelo per la santità, si sono recati a Castellerio, nel seminario interdiocesano di Udine-Gorizia-Trieste per la 35esima edizione della Fieste dai Zagos imperniata sulla figura di san LUIGI SCROSOPPI, fondatore delle suore della Provvidenza e appena diventato santo Patrono dei ministranti di Udine.

La giornata aveva un tema “siate santi perché io sono santo”. È iniziata con l’accoglienza dei vari gruppi provenienti dalla Parrocchie del Friuli e poi abbiamo ascoltato una catechesi sulla figura di San LUIGI SCROSOPPI. Le suore della Provvidenza e i seminaristi hanno raccontato ai ministranti la vita del santo Udinese che ha seguito le tracce di Cristo. Poi un lungo corteo si è snodato verso la chiesa di Pagnacco, dove l’Arcivescovo di Udine Mons. Andrea Bruno Mazzocato, ha celebrato la S. Messa e ha esortato tutti i ministranti, gli animatori ed i genitori alla santità, aiutando i bisognosi, amando il prossimo con carità cristiana.

Inoltre padre Luigi è stato proclamato patrono dei ministranti. La banda musicale ha accompagnato l’andata ed il ritorno del festoso corteo donando allegria, sotto un sole splendido che era venuto a rendere ancor più bella la festa. Già da lontano si sentiva il profumo della pastasciutta preparata dagli alpini e la processione subito ha accelerato il passo verso il chiosco della distribuzione – viveri.

Subito dopo il pranzo sono iniziati i giochi, divertenti, partecipati, ricchi di sorprese dove vari gruppi si sono distinti. Grazie a Dio… nessun incidente di percorso! Verso la fine, sul palco, i seminaristi di Udine hanno proposto delle simpatiche scenette riguardanti la vita di S. Luigi Scrosoppi.

Ma il bello è giunto alla fine: il Cartellone! Ogni parrocchia aveva portato un cartellone. Ed ecco la sorpresa: i ministranti della parrocchia del Duomo di Udine sono stati premiati per il cartellone più originale! Ve l’avevamo detto che i nostri chierichetti sono i più originali!? Ma qualche chierichetta più grande ci ha messo lo zampino!

Cosi, nella gioia, si è conclusa la Festa dei zagos, con una preghiera e la benedizione del rettore del seminario Don Loris e dei parroci che erano venuti a trovarci.                                                                                            Dominique Mandjàmi, Seminarista

 

Festa dei Chierichetti 2019