Ogni sera Canto del Missus

Ore 17.00: nella Chiesa di S. Giacomo, a partire dal 15 dicembre

Ore 19.00: nell’Oratorio della Purità, dopo la celebrazione della S. Messa, a partire dal 17 dicembre

SOLENNITA’ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA VERGINE MARIA

e SECONDA DOMENICA DI AVVENTO

 

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(Gn 3, 9 – 15. 20; Ef 1, 3- 6. 11 – 12; Lc 1, 26 – 38)

 

“Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore”

Dopo un lungo periodo di riflessione e di accesi dibattiti, l’8 dicembre 1854, papa Pio IX, beatificato nel 2000 in occasione del Grande Giubileo, proclamò solennemente come dogma di fede cattolica, l’Immacolata Concezione della Madonna. Appena 4 anni dopo, nel 1858, la conferma più autorevole di questa decisione, venne dalla Madonna stessa a Lourdes. Bernardetta Soubirou chiese alla bella Signora che le appariva, quale fosse il suo nome.

La celeste visione rispose: «Io sono l’Immacolata Concezione». Cosa significa «Immacolata Concezione?». Significa che la Madonna fu concepita nel grembo di sua madre, S. Anna, senza peccato originale.

La Parola di Dio di questa solennità, ci presenta due episodi diametralmente opposti.

La prima lettura ci presenta un episodio di disobbedienza e di ribellione a Dio; il brano evangelico ci presenta, invece, un episodio di obbedienza e di totale sottomissione a Dio.

Sono due episodi che si ripetono continuamente nella storia con le relative conseguenze di male e di bene.

Il primo episodio, che narra la disobbedienza di Adamo ed Eva, ci fa cogliere la radice di ogni male. Quale è la radice di ogni male? È la perdita di consapevolezza da parte dell’uomo della propria identità di creatura di Dio. Ma, a questo punto, domandiamoci: che può fare la creatura senza il suo Creatore?

Facciamo due paragoni:

Il fiume senza la sua sorgente diventa prima pantano, poi steppa e deserto. Il raggio senza la sua sorgente luminosa diventa tenebra. Cioè esattamente il loro contrario…

La «Gaudium et Spes» del Concilio Vaticano II dice che «la creatura senza il Creatore svanisce».

 Il secolarismo, il soggettivismo, il relativismo, l’ateismo pratico sono diventati un fenomeno di massa. Oggi, l’uomo pensa di potersi gestire in maniera del tutto autonoma da Dio. Quali le conseguenze? Sono sotto gli occhi di tutti.

Tutti, oggi, è vero, vogliono (finalmente!) correre ai ripari. Sociologi, psicologi, economisti, politici, scienziati, magistrati…. dicono che bisogna ritornare ai valori etici. Basterà? No! Sarebbe solo un rimedio apparente ed effimero, un palliativo, un’illusione! Occorre ritornare a Dio! Occorre riscoprire la nostra identità di creature di Dio. Solo Dio è fonte dell’etica e della morale!

Diceva Paolo VI: «Senza dubbio l’uomo può organizzare il pianeta terra senza Dio; ma, senza Dio, egli non può alla fine che organizzarlo contro l’uomo».

Quando la coscienza umana si svuota di Dio, l’uomo è inesorabilmente conteso e lacerato da idoli e da superstizioni. E, dunque, dall’irrazionale, dall’assurdo, dal contraddittorio.

Il secondo episodio, quello evangelico, che narra l’Annunciazione dell’angelo alla Madonna, ci fa cogliere, invece, la radice di ogni bene. Qual è questa radice? È riscoprire la nostra identità di creature e viverla.

Maria si sentì sempre creatura totalmente dipendente da Dio e fu sempre prontissima a fare la sua volontà, anche quando non riusciva a capire tutto. «Ecco, io sono la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola».

Maria lasciò fare a Dio. E Dio fece in Lei «cose grandi», cose impensabili, sublimi, divine.

Con altissima poesia, così esprime questa verità il nostro Dante:

«Vergine madre, figlia del tuo Figlio

Umile e alta più che creatura

Termine fisso d’eterno consiglio

Tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti sì, che il suo Fattore

non disdegnò di farsi sua fattura».

In Maria, dunque, l’impensabile e l’impossibile si sono fatti realtà. In Lei il Creatore si è fatto creatura, l’Eterno si è fatto tempo, Dio si è fatto uomo. Imitiamo la Madonna: lasciamo fare a Dio; collaboriamo con Lui, sempre, e anche in noi e attraverso di noi, Dio farà «cose grandi», anche se non eclatanti.                                                                           Mons. Ottavio Belfio

 

L’INVITO DI PAPA FRANCESCO

ADMIRABILE SIGNUM

 

Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia. Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui.

Con questa Lettera vorrei sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze… È davvero un esercizio di fantasia creativa, che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza. Si impara da bambini: quando papà e mamma, insieme ai nonni, trasmettono questa gioiosa abitudine, che racchiude in sé una ricca spiritualità popolare. Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata.                                                                                                                                                                                   Papa Francesco

E’ scomparso Mons. Pietro Brollo, Arcivescovo emerito di Udine.

La salma è stata esposta per due giorni in Duomo a Tolmezzo, dove si sono celebrate S. Messe di suffragio  e veglie di preghiera.

Sabato 7 alle ore 10.00 la salma è stata accolta ed esposta nella Cattedrale di Udine, dove i Canonici del Capitolo Metropolitano hanno recitato l’Ufficio delle Letture.

I funerali si sono svolti alle ore 14.30 dello stesso giorno, alla presenza di molti Vescovi del Triveneto, dei sacerdoti della Diocesi e di tanti fedeli che hanno gremito la Cattedrale. Sono stati trasmessi in diretta radiofonica dall’emittente diocesana Radio Spazio La voce del Friuli e in streaming dai siti della Diocesi e della Cattedrale.

E’ tumulato ora  nella cripta della Cattedrale, dove è possibile renderGli omaggio.

 

Per un suo ricordo Clicca QUI

Per l’omelia dell’Arcivescovo Clicca QUI

Carissimi amici,

domenica 24 novembre, avevo chiesto l’aiuto della vostra preghiera per poter affrontare un momento difficile anche per me, che dovevo celebrare la Messa esequiale della piccola Penelope. La vostra preghiera mi ha incoraggiato, sostenuto e dato forza.

Sono qui a dirvi grazie. Siccome molti mi hanno chiesto, a voce e per iscritto, di poter rileggere quanto ho potuto pensare e dire in quella circostanza, con l’aiuto dello Spirito Santo, pubblico la breve omelia con la quale mi sono fatto interprete della Parola di Dio a noi trasmessa dalla Lettera di S. Paolo ai Romani (14,7-9) e dal Vangelo di Marco (5,21-23.35-43).

I genitori di Penelope, Laura e Marino, ammirati per una così grande partecipazione al loro dolore, mi incaricano di ringraziare tutti. Vogliamo continuare a sostenerli con la nostra preghiera.

 

 

SALUTO ALL’INIZIO DELLA S. MESSA

Carissimi sorelle e fratelli,

una ferita si è aperta nel cuore di tutti e questo triste evento ha commosso l’intera città. Abbiamo accolto Penelope in questa cattedrale per un saluto affettuoso. Era abituata a entrare qui, affascinata dalla grandezza di questo tempio, dagli affreschi, dalle statue, curiosa di vedere e di sapere, incantata dalle figure dei santi e degli angeli.  Ora vede non solo nell’immagine ma nella realtà la bellezza del Paradiso.

Era nella primavera della vita. Ci ha lasciati in fretta, come una piccola fiamma, spenta da un colpo di vento improvviso, prima di poter offrire tutta la sua luce. Ma questa fiamma si è davvero spenta? O arde ancora?

Attorno a lei, ci sentiamo vicini alla mamma Laura e al papà Marino, ai parenti, agli amici, ai compagni di scuola e a tutto l’Istituto Uccellis. Le nostre preghiere ed i canti dei Pueri Cantores desiderano essere una partecipazione al loro dolore.

Concelebrano con me: il Parroco di San Paolo e sant’Osvaldo don Ezio, l’Assistente spirituale dell’Istituto Uccelli don Ioan, il Parroco di S. Quirino don Claudio e altri sacerdoti che sono venuti per solidarietà con chi soffre.

Ora cerchiamo rifugio nella misericordia di Dio che ci avvolge col suo amore e, perdonandoci ogni peccato, ci rende degni di celebrare, con questa Eucaristia, il suo mistero di morte e resurrezione.

 

 

OMELIA

Voi sapete quanto sia difficile prendere la parola in queste circostanze. Sarebbe più opportuno un rispettoso silenzio. Ma chi ha diritto di parlare se non Colui che ci creati a sua immagine, salvati con amore gratuito e che ci illumina nella vita con la sua Parola che non è “incatenata” neppure dalla morte”?

Desidero essere solo una modesta eco della Parola di Dio. Non pretendo di spiegare. Mi scontro anch’io, come voi, con tanti perché… So dire solo che Dio sta dalla parte di chi soffre, di chi piange, di chi muore. È un Dio che condivide le lacrime e offre una speranza: lasciamo che ci dica che in ogni notte vi è una luce. Lui sulla croce ha patito per tutti coloro che soffrono, ha attraversato il buio per tutti coloro che sono nella notte. È entrato nella morte perché tutti entriamo nella morte, Lui con la debolezza dell’uomo e con la potenza di Dio. Ha sofferto anche per questa morte improvvisa e tragica. Ci ha amati più di tutti e per questo amore smisurato, la sua vita è stata approvata dal Padre ed è risorto. Ora vive per sempre e dona a noi la speranza di vita eterna, una vita che è già presente nel nostro cuore. Come mai?

“Sia che viviamo, sia che moriamo del Signore”

Alcuni anni fa Penelope è stata portata in chiesa, in braccio ai genitori, per il battesimo. Il sacerdote versando l’acqua rigenerante della vita, le ha detto parole meravigliose:

”Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito santo. Ti dichiaro che sei figlia di Dio, appartieni alla sua famiglia, sei della stirpe di Dio. Nel più profondo del tuo cuore vive Dio. Gesù si è legato a te e vivrà con te, tutti i giorni, quelli belli e quelli oscuri. Non aver paura, neppure della morte. Come Lui e con Lui risorgerai”.

Tra noi e Gesù c’è una solidarietà misteriosa: “con Lui viviamo, con Lui moriamo, con Lui risorgiamo. Siamo dunque del Signore” e “Nessuno ci potrà separare dall’amore di Cristo”.

“Talita kum – Fanciulla, io ti dico, alzati”

Come un tempo nella casa di Giàiro, anche oggi Gesù entra nella stanza della morte e del dolore, con i suoi apostoli e i genitori, cioè con la famiglia degli affetti e con la famiglia della fede. Ricompone così il cerchio dell’amore.

Ma chi è Gesù? È la mano di Dio che dà una mano. Egli tocca la bambina per dire la sua compassione. La prende per mano. Parla col gesto del suo corpo e le dice: “Sono qui. Ti voglio bene. Ti comunico ciò che Io sono: Io sono la via, la verità e la vita. Sono l’amore che sulla croce ha vinto la morte.”

Anche tu, Penelope, hai vinto. Sei con Gesù, in Paradiso. Uniti a Lui vinceremo anche noi. Tu continua a stringere la sua mano. Noi stringiamo la sua e la tua mano, con fiducia. Formiamo il cerchio dell’amore che abbiamo tessuto e vissuto qui sulla terra e che nessuno potrà mai spezzare. Attorno a questo altare, dove Gesù dona la forza dell’amore, resteremo in comunione tra noi e con te, che desideravi fare qui la Prima Comunione Eucaristica. Ora vivi nella comunione definitiva con Dio. Parla a Lui del tuo papà e della mamma, dei tuoi amici di scuola e di tutti noi che viviamo col desiderio di vederti di nuovo, bella, felice, coi tuoi occhi luminosi e di rimanere per sempre anche con te, uniti dall’amore senza limiti di Gesù, che è risorto per donare a noi speranza.

                                                                                                                                            Il parroco, Mons. Luciano Nobile

Udine 26.11.19

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(Is 2, 1 – 5; Rm 13, 11 – 14; Mt 24, 37 – 44)

«Vegliate… State pronti»

 

Tre sono i cicli dell‘anno liturgico: il ciclo A – B – C.

Con oggi inizia il ciclo A.

Ogni ciclo presenta, celebra e contempla il mistero di Cristo, cioè tutto ciò che si riferisce alla Persona e alla vicenda del Signore Gesù.

L’anno liturgico è scandito da cinque tempi:

  1. Il tempo di Avvento (tempo dell’attesa di Gesù).

  2. Il tempo di Natale (tempo della presenza di Gesù).

  3. Il tempo di Quaresima (tempo della penitenza, delle tentazioni e delle scelte di Gesù).

  4. Il tempo di Pasqua (tempo della morte e risurrezione di Gesù, tempo dell’invio, da parte di Gesù, dello Spirito Santo).

  5. Il tempo Ordinario (tempo che considera Gesù in particolare modo come Maestro e Taumaturgo).

Oggi inizia il primo tempo dell’Anno Liturgico: il tempo dell’Avvento. Esso è costituito da quattro settimane. Lo scopo di questo primo periodo liturgico è triplice:

  1. Prepararci al S. Natale; cioè a celebrare nel modo più conveniente la prima venuta di Gesù Cristo, che è il Verbo incarnato, il Dio che per noi si è fatto uomo.

  2. Farci riflettere e prepararci alla venuta di Gesù al termine della nostra vita personale e della storia.

  3. Sensibilizzarci e disporci alle quotidiane venute di Cristo nella nostra vita.

Come prepararci, in concreto, alle venute di Gesù Cristo? Si potrebbe riassumere il cammino di fede dell’Avvento con queste espressioni che troviamo nella liturgia odierna: vigilate; la vostra salvezza è vicina; rivestitevi del Signore Gesù.

La prima lettura ci presenta, in forma simbolica – profetica, il senso, la direzione e la meta della storia. L’umanità, tutta intera, è in cammino verso Dio. Il monte Sion e il tempio di Gerusalemme, luoghi dove Dio dimora, sono simboli di Cristo. È Cristo il vero luogo della dimora personale di Dio. Nella Persona di Gesù, Dio e l’uomo si incontrano, si riconciliano, dialogano, rinnovano la nuova ed eterna Alleanza.

Se gli uomini andranno verso Cristo che è, come si esprime Isaia, la «legge», «la Parola del Signore», «il giudice», «l’arbitro» delle genti, allora gli uomini «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra». Se no, continueranno a odiare, a usare violenza, a fare guerre.…

Per accorgersi della venuta di Cristo, per andare verso di Lui, per accoglierlo, occorre fare nostro, l’imperativo che Egli stesso ci rivolge nel brano evangelico odierno: «Vegliate». «Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà».

Fanno eco a queste parole di Gesù, quelle di S. Paolo che sono riportate nella seconda lettura di questa liturgia: «E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno… la notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via le opere delle tenebre». La notte da cui dobbiamo uscire, è quella di una vita incolore, senza significato, priva di sapore, piatta, banale.

Bisogna svegliarci, aprire gli occhi, interrogarci, interpretare la realtà che ci sta davanti. Domandarci, soprattutto, qual è il senso della nostra vita, da dove veniamo, dove andiamo, che cosa vuole Dio da ciascuno di noi…

Oggi, come ai tempi di Noè, molti riducono la loro umanità solo al mangiare, al bere, al lavorare e al divertirsi. S. Paolo direbbe che molti riducono la loro vita a «gozzoviglie, ubriachezze, impurità, licenze, contese e gelosie». Non si accorgono di altro. Sono incapaci di sospettare che esistano dimensioni, realtà, esigenze, molto più essenziali. Sono incapaci di sospettare che la vita può essere vissuta in altra maniera, molto più vera, più umana, più secondo il progetto di Dio. Molti stanno sciupando la vita e non pensano che Cristo può ritornare all’improvviso, nell’ora che non se la immaginano.

Nostro compito in questo tempo di attesa, non deve essere, però, solo quello di «gettare via le opere delle tenebre» cioè del peccato, ma anche di «indossare le armi della luce», le virtù, e, soprattutto, di «rivestirci del Signore Gesù Cristo». Dobbiamo spogliarci dei nostri egoismi, passioni, abitudini cattive, false sicurezze, ipocrisie varie… Dobbiamo «rivestirci di Cristo» cioè, della sua grazia, dei suoi sentimenti e comportamenti, della sua santità; dobbiamo fare nostri i suoi progetti e impegnarci a realizzarli.

Avvento è tempo di grazia, di decisione, di attesa vigilante e operosa, di speranza. Essere persone dell’Avvento significa non solo guardare al passato, ma al presente e al futuro della nostra salvezza. Non c’è cristianesimo senza passato, ma neppure senza presente e futuro!

                                                                                                                                                          Mons. Ottavio Belfio

Venerdì 6 dicembre alle ore 17.00

nelle Sale superiori del Museo del Duomo – Cattedrale di Udine

avrà luogo la presentazione della donazione dei disegni di

RENZO TUBARO  (Codroipo 1925 – Udine 2002)

realizzati per la decorazione della volta del presbiterio della cattedrale udinese.

Un dono che arricchisce il patrimonio museale e che testimonia le vicende artistiche e l’opera di uno dei Maestri del Novecento friulano.

Le opere rimarranno esposte fino al 30 gennaio 2020 presso le Sale superiori del museo.

AVVENTO: TEMPO DI ATTESA E DI ASCOLTO ORANTE DELLA PAROLA DI DIO

 

Tutto il mese di dicembre: Momenti di preghiera e di ascolto della Parola di Dio aperti a tutti.

Ogni giorno ore 9.00 nell’aula hiemalis (invernale) dei canonici in Duomo: Recita delle Lodi.

Ogni giorno la Messa delle 19.00 in Purità è preceduta dalla recita dei Vesperi.

Ogni lunedì alle ore 20.30 in casa canonica, via di Prampero 6: Lectio divina guidata dal diacono Domenico Chiapolino e dal Parroco, sul Vangelo di Matteo.

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(2 Sam 5, 1 – 3; Col 1, 12 – 20; Lc 23, 35 – 43)

 

Con la solennità di Cristo Re, si conclude l’anno liturgico. Esso è la celebrazione del mistero di Cristo che sta al centro di tutta la Storia della Salvezza.

È Lui, Gesù Cristo, l’Alfa e l’Omega, il Principio e il Fine di tutti e di ogni cosa. Cristo è il Re dell’universo. Un re, però, del tutto diverso dai re della terra! Il suo potere regale nasce dalla croce e la sua esaltazione nasce dalla sua umiliazione.

Una regalità riconosciuta e una negata.

La prima lettura ci parla di una regalità riconosciuta. Parla, infatti, della intronizzazione di Davide in Ebron. I capi delle tribù israelitiche chiedono a Davide di assumersi il comando su tutto Israele, di essere la guida, il «pastore» in nome di Dio. Dio stesso, in precedenza, aveva scelto Davide per questo compito di rappresentanza. Davide, pur con tutti suoi limiti, diventa, così, in qualche modo, con il suo servizio a Israele, anticipazione profetica del Messia – Re.

Il brano evangelico odierno, ci parla, invece, di una regalità negata. Contempliamo Gesù in croce. Egli viene schernito dai capi che gli dicono: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». Viene beffeggiato dai soldati che gli gridano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Viene insultato perfino da un ladrone condannato con lui alla morte: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». E la folla? La folla sta a vedere. Non si pronuncia. La folla sta sempre con il più potente, ma è anche sconcertata di fronte a quella morte senza un reale motivo.

Tutti coloro che insultano il Crocifisso, fanno ricorso allo stesso argomento: perché, se ha il potere, non lo usa per salvare la propria vita? Se non si salva, concludono, è perché non ha nessun potere!

Gesù già all’inizio della sua attività, aveva avuto la proposta, da parte di Satana, di usare il suo potere messianico per il proprio vantaggio. Come sappiamo, Gesù fin da allora aveva rifiutato di compiere qualsiasi cosa fuori della volontà del Padre. Ora, sulla croce, non può salvare se stesso senza rinnegare le sue scelte.  Anche sulla croce Egli fa la volontà del Padre. Gesù aveva previsto il suo epilogo cruento. Nel Getsemani aveva chiesto: «Padre mio se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu! » (Mt 26, 39). Gesù, come ogni uomo, vuole vivere, ma non ad ogni costo: la sua vita è subordinata al disegno salvifico del Padre; è donata al Padre. Ciò che per gli schernitori è incapacità di salvarsi, è per Gesù fedeltà e obbedienza totale al Padre. Non salva se stesso, per salvare l’umanità: era venuto per questo!

Il buon ladrone comprende.

Il buon ladrone è l’unico a capire la Persona di Gesù. Dice all’altro ladrone, rimproverandolo: «Neanche tu hai timore di Dio, benché condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male».

Il buon ladrone fa, a Gesù, una richiesta che rivela tutta la sua fede: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». La risposta di Gesù è immediata, ed è una splendida promessa: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso». Con la figura del buon ladrone, si conclude il percorso del vangelo della misericordia: il vangelo di Luca! Fino all’ultimo, Gesù si è piegato a chi lo ha invocato. Anche sulla croce ha manifestato l’inesauribile misericordia del Padre.

Una regalità glorificata.

La seconda lettura parla di una regalità esaltata, glorificata.

È un inno tutto incentrato sulla Persona, sul ruolo e sulla missione di Gesù Cristo. Chi è Gesù Cristo? Dice il testo: «Egli è immagine del Dio invisibile». Egli è «generato prima di ogni creatura». «Egli è anche il capo del Corpo, cioè della Chiesa». Egli è «il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti». «Piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza».

Qual è il ruolo e la missione di Gesù Cristo? Dice il testo: «per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà». «Per mezzo di Lui (piacque al Padre) riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di Lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli».

Detto in sintesi: Cristo ha creato tutto ciò che esiste; Cristo ha redento tutto ciò che ha creato!

La creazione e la redenzione sono il fondamento originario della perenne e universale regalità di Gesù Cristo. Accogliamo Cristo nella nostra vita: Lui ci accoglierà nella vita eterna, come il buon ladrone!

                                                                                                                                                           Mons. Ottavio Belfio

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(Ml 3, 19 – 20a; 2 Ts 3, 7 – 12; Lc 21, 5 – 19)

La prima lettura e il brano evangelico di questa domenica ci presentano due Comunità in gravi difficoltà.

Per comprendere in profondità i problemi della Comunità ebraica descritta dalla prima lettura, bisogna rifarsi al contesto storico. Ci troviamo a Gerusalemme, una cinquantina d’anni dopo il ritorno dall’esilio babilonese. La città è ancora senza mura, i popoli limitrofi sono profondamente ostili, difficoltà d’ogni genere rendono la vita quasi impossibile. La comunità ebraica è delusa e sfiduciata. La realtà è troppo diversa da quanto tutti speravano! A causa di questa situazione anche la fede è messa a dura prova. Serpeggiava lo scetticismo, la rilassatezza religiosa, morale e si verificavano persino fenomeni di apostasia.

In questo contesto il profeta Malachia è chiamato a svolgere il suo ministero. Egli ha come scopo principale di riaffermare la fede nel Dio dell’Alleanza, nel Dio che si è impegnato con Israele e che è fedele. Al di là delle immagini di chiaro colore apocalittico, il messaggio del profeta è questo: – Dio è giusto, – Dio non tradirà le sue promesse, – Dio farà giustizia a chi gli è fedele. L’intervento definitivo di Dio nella storia sarà di salvezza per i giusti e di condanna per gli empi: “Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li incendierà… Per voi invece, cultori del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia”.

Nel brano evangelico odierno, l’evangelista Luca, ha presente la situazione della sua Comunità cristiana e di tante altre. Comunità provate da tante difficoltà: l’incomprensione, anzi il clima persecutorio, da parte dei giudei e da parte dei pagani.

Lo scopo di questo discorso escatologico, non è, come spesso si pensa, quello di far paura, ma, al contrario, di dare fiducia, speranza nella salvezza, nell’incontro definitivo con il Signore per l’eternità.

Lo scopo è di orientare a Cristo Salvatore la vita dei credenti, perché non disperino, non si sentano soli, perché si convincano che la loro vita ha un senso ben preciso, una direzione, una meta.

In particolare, i componenti della Comunità di Luca e delle Comunità di tutti i tempi, devono far tesoro di alcuni ammonimenti di Gesù: Non lasciarsi ingannare né da quelli che si spacciano per Messia; né da quelli che annunciano come imminente la fine:

  1. “Non sarà subito la fine”, dice il testo.

Gesù voleva dire che i falsi profeti, i falsi messia, le catastrofi naturali, le guerre, le persecuzioni… caratterizzeranno sempre la vita dell’uomo e della Chiesa.

  1. Tutti questi fatti, per i discepoli di Cristo, dovranno essere “occasione per rendere testimonianza”. Ecco il compito dei discepoli durante tutta la storia:

– essere testimoni di Cristo e del suo Vangelo.

– leggere e interpretare alla luce di Cristo, tutto ciò che accade nella storia, sia di positivo come di negativo.

Questo – ci fa capire l’evangelista – è il modo giusto di attendere la fine.

  1. Gesù, infine, ammonisce: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”. Perseveranza nella testimonianza, nonostante le prove, le difficoltà di ogni genere.

La seconda lettura di questa liturgia (Tess 3,7 – 12) è sulla stessa linea tematica del brano evangelico.

I messaggi essenziali si possono così sintetizzare: Solo Dio conosce le più intime pieghe della storia e le sue ultime battute. I cristiani devono attendere la fine (della propria vita e del mondo) nell’impegno, facendo fruttificare i talenti…”Chi non vuol lavorare, neppure mangi”, ammonisce con giusta severità S. Paolo.

Prima di concludere, facciamo una domanda:

Le nostre Comunità cristiane di oggi, quali pericoli, paure, problemi, contraddizioni stanno vivendo? L’elenco sarebbe lungo!

In sintesi si può dire che anche noi versiamo in gravi difficoltà. Difficoltà che vengono dall’esterno e difficoltà che provengono dall’interno delle stesse Comunità cristiane.

Per le une e le altre, molti sono disorientati, scoraggiati, delusi. Il Signore vuol dare anche a noi, oggi, speranza e coraggio.

Ci invita a ricordare che Lui è sempre fedele. Ci invita ad essere fedeli anche noi. Ci dice ciò che ha detto a tutte le altre Comunità cristiane sottoposte a prove lungo l’arco della storia:

  1. Non lasciatevi sviare da falsi messianismi e da falsi profeti, da Sette, da magie, da cartomanti, da superstizioni varie, da ideologie, da idolatrie…che pullulano ovunque nel mondo contemporaneo. Non svendete il vostro ricchissimo patrimonio di cultura e di fede!

  2. Siate, nel vostro tempo, così convulso e contraddittorio, ma anche così ricco di fermenti buoni, miei testimoni: della mia Persona e del mio vangelo.

  3. Siate perseveranti, siate sale, luce, lievito: fermentate la storia con i valori del Vangelo: “Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”.

                                                                                                                                                         Mons. Ottavio Belfio

Oltre la morte l’incontro con Dio

(2 Mac 7, 1 – 2. 9 – 14; 2Tss 2, 15 – 3, 5; Lc 20, 27 – 38)

 

Il tema che svolge la Parola di Dio di questa domenica è quello della risurrezione dei morti.

La disputa tra Gesù e i Sadducei non è marginale, è per noi della massima importanza, è decisiva.

L’episodio riportato dal vangelo odierno ci fa conoscere, con estrema evidenza, il pensiero di Gesù su questo argomento. I Sadducei (membri di una setta ebraica), si presentano a Gesù con un’obiezione che, a loro parere, doveva essere assai ben congegnata, inconfutabile, di sicuro effetto per coprire di ridicolo coloro che credono alla risurrezione dei morti.

L’obiezione si rifà all’istituto giuridico del levirato (Dt 25,5), il quale prevedeva che, qualora un uomo sposato fosse morto senza prole, i fratelli superstiti fossero obbligati, in ordine di anzianità, a sposarne la vedova, per «dare una discendenza» al defunto. Appellandosi a questa istituzione giuridica, i sadducei ipotizzavano il caso, teoricamente possibile, di una donna che, in base a questa legge, ha avuto sette mariti. Se veramente ci fosse la risurrezione dei morti, incalzano i sadducei, chi dei sette, dovrebbe essere il marito della donna, nell‘altro mondo? Pensavano: non potrebbero essere tutti sette; ma non potrebbe, anche, non essere nessuno: non tutti, non nessuno! Il caso, così, non si risolve; dunque, concludevano frettolosamente i sadducei, non esiste la risurrezione dei morti.

Sono convinti di costringere Gesù alla resa di fronte alla loro serrata argomentazione.

La risposta di Gesù è straordinaria! Senza discostarsi dalla Legge mosaica contenuta nel Pentateuco (i soli libri che i sadducei ritenevano ispirati), Gesù, con poche parole, dapprima svela il loro errore e poi dà, alla fede nella risurrezione dei morti, la sua fondazione più profonda e convincente. L’errore dei sadducei sta in questo: essi leggono la Bibbia da razionalisti, cioè esclusivamente secondo il filtro della loro ragione, secondo solo le categorie umane. Così facendo dimenticano completamente la verità più importante: l’onnipotenza e l’amore infinito di Dio.

Furono proprio – fa capire Gesù – l’onnipotenza e l’amore infinito di Dio che, all’inizio dei tempi, crearono l’uomo dal nulla e, alla fine del mondo, lo risusciteranno dalla morte. La risurrezione è opera non della natura, ma, va ribadito, dell’onnipotenza e dell’amore di Dio.

Chi ha creato l’uomo dal nulla, può farlo risorgere anche dalla polvere o dall’energia cosmica in cui può essere disperso. Quanto, poi, agli uomini e alle donne risorti, dice Gesù, «non prendono moglie né marito, e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli, e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio».

Dice, a questo proposito, S. Giovanni evangelista: «Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3, 2).

E dopo aver corretto gli errori dei sadducei, Gesù dà al fatto della risurrezione, un fondamento biblico.

Per affermare che la risurrezione esiste per davvero, Gesù si appella a Mosè, all’episodio del roveto ardente dove Dio si proclama: «Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe» e conclude: «Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui». Se Dio si proclama, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, in un momento in cui Abramo, Isacco e Giacobbe sono morti da secoli, e se Dio è Dio dei vivi, allora vuol dire che Abramo, Isacco e Giacobbe sono vivi.

Dio – ci fa capire Gesù – ha fatto alleanza con Abramo, Isacco e Giacobbe e, per essi, con Israele e, attraverso Israele, con l’umanità. Per l’alleanza, sull’uomo si sono posati l’amore e l’onnipotenza di Dio. Ora Dio è fedele. Per il suo amore e la sua onnipotenza, quest’alleanza non verrà mai infranta, annullata, resa sterile: neppure dalla morte.

Chi è alleato di Dio non può essere votato al nulla, ma alla vita eterna.

Gesù pone una alternativa radicale: o fede nella risurrezione dei morti, o ateismo (negazione di Dio). Infatti non si può credere in un Dio che ha messo in moto cielo e terra per l’uomo, che per lui ha ideato una grandiosa storia di salvezza, se poi l’uomo stesso fosse destinato a finire nel nulla della tomba.

Dio si troverebbe a regnare, alla fine, su un immenso cimitero! E come sarebbe, in questo modo, il Dio dei vivi?

Per chi crede veramente in Dio, ci vuole molto più sforzo per non credere nella risurrezione dei morti che per credere in essa.

Per questo, ai sadducei che negavano la risurrezione dei morti, Gesù, dice con forza, concludendo la polemica: «Voi siete in grande errore».

E oltre all’insegnamento di Gesù, c’è la sua risurrezione! Essa conferma il suo insegnamento e ci garantisce, quale anticipazione, la risurrezione universale dei morti.

Ho pubblicato un libro che porta il titolo: “Cristo è risorto, noi risorgeremo”. Commento 47 brani della Bibbia che parlano della “risurrezione di Gesù e nostra”. Dio crea, trasforma, mai distrugge ciò che ha pensato amato e voluto dall’eternità! Il libro lo si può trovare nella sacrestia del Duomo di Udine.

                                                                   Mons. Ottavio Belfio, Presidente del Capitolo Metropolitano