Giovedì 1° novembre: Solennità di tutti i Santi

Le SS. Messe sono celebrate secondo l’orario festivo.

Ore 10.30: S. Messa in Cattedrale presieduta dall’Arcivescovo. Canta la Cappella Musicale.

Ore 15.00: Canto dei Vesperi presieduto dall’Arcivescovo nel cimitero di S. Vito, benedizione delle tombe.

 

Venerdì 2 novembre: Commemorazione dei Fedeli defunti

SS. Messe:

Cattedrale: Ore 7.30 e 19.00 (Arcivescovo – Canta la Cappella Musicale).

Chiesa di S. Giacomo: Ore 10 – 11.00.

Inizia l’Ottavario di preghiere per i defunti con la recita del S. Rosario alle 17.00 cui segue la S. Messa alle 17.30.

Cimitero di S. Vito: Ore 10.30 e 15.00.

 

 

L’INDULGENZA PLENARIA

 

 

Indulgenza plenaria

 

 

E’ possibile ottenere l’indulgenza legata alla commemorazione di tutti i defunti, il 2 novembre,  mediante: visite alle tombe, celebrazione Eucaristica, visita a una Chiesa. Si può ottenere l’indulgenza plenaria a partire dal mezzogiorno del 1° novembre fino a tutto il 2 novembre. Si può ottenere una sola volta ed è applicabile solo ai defunti. Visitando una Chiesa, si reciti almeno un Padre nostro e il Credo. A questa si aggiungono le tre solite condizioni: Confessione, Comunione, preghiera secondo le intenzioni del Papa (Pater, Ave, Gloria). Queste tre condizioni possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti il 2 novembre. Nei giorni dall’1 all’8 novembre chi visita il cimitero e prega per i defunti può lucrare una volta al giorno l’indulgenza plenaria, applicabile ai defunti, alle condizioni di cui sopra.

“ESCE DAGLI OCCHI”

 

 

“Sig. Parroco, basta con questa solidarietà! È ora di finirla! Abbiamo capito. Ci esce dagli occhi”.

“È vero, signora, anch’io sarei stanco di parlarne… ma non posso e non devo esimermi, perché tento di essere cristiano, come lei, e sono ministro dell’Eucaristia che mi interpella ogni giorno sul dono della vita. Perché Cristo ha fatto proprio questo: Si è incarnato, ha condiviso e condivide con noi la vita. Ci indica questa strada che è la via della felicità. Anche a me ormai “esce dagli occhi” il richiamo alla solidarietà… il fatto è che “mi dovrebbe uscire dal cuore”, non per dimenticarla perché mi dà fastidio, non per liberarmene come fosse un disturbo, ma perché, uscendo dal cuore, diventi testimonianza appunto cordiale, fattiva, pratica”.

Carissimi, era solo l’inizio di un discorso molto semplice e incompleto sulla solidarietà. Tutti facciamo fatica quando parliamo dell’amore, ma è il prezzo che l’egoismo ci fa pagare. La croce del venerdì santo è già contemplata sulla strada dell’amore. Ma ogni gesto solidale è un segno vero, reale della Pasqua. La solidarietà fa parte della natura delle cose, della vita delle persone, adesso e domani. Intendo un domani definitivo, che tutti attende.

Siamo fatti per essere solidali, oggi e sempre. Vedete in natura, cosa succede nell’alternarsi delle stagioni? Il chicco di grano seminato nel solco, muore per dar origine ad una spiga, la stessa foglia che in autunno cade a terra diventa nutrimento per l’albero da cui si è staccata.

In famiglia, cosa è accaduto quando siamo nati? Qualcuno ci ha accolti e poi accompagnati con amore nella vita perché noi potessimo crescere. I nostri genitori sono stati solidali con noi. Certamente. È naturale. Sì, è proprio naturale. Sì, la solidarietà è secondo natura.

Siamo diventati cristiani, figli di Dio perché il Signore ci ha toccati con la sua misericordia nel giorno del Battesimo, è stato solidale con noi, ci ha offerto la sua natura. Siamo cresciuti nella vita cristiana perché siamo stati accompagnati dalla chiesa che è famiglia di famiglie, popolo di Dio in mezzo al quale viviamo, essendo membri di esso. La chiesa è solidale con noi.

Ed allora perché non dovremmo essere solidali noi con gli altri?  Dovrebbe essere naturale.

Conosco la generosità di tante persone e non posso che elogiarle. Lo stile di vita del Signore Gesù, di tanti santi riconosciuti come tali, di innumerevoli santi che camminano sulle nostre strade ci è di esempio. Li possiamo imitare. Le strade della solidarietà non si contano, le occasioni non mancano, sono interventi spiccioli, individuali che nessuno conosce e quelli pubblici ed organizzati.

È dopo la morte? Vengono spezzati questi legami di solidarietà?

La morte non spezza questi legami. Ormai Cristo, che è solidale con noi, ci ha comunicato la sua vita di risorto.  È vita eterna. È relazione con la Santa Trinità. È grazia. È vita divina. È legame con Dio che è eterno, infinito. È secondo la sua natura. E noi siamo già risorti con Cristo. Per sempre viventi. Per sempre solidali con i fratelli, attorno a Colui che è il “Solidale” con tutti i suoi fratelli che siamo noi.

Sono affermazioni facili a dire e a scrivere. Difficili a credere e a vivere? Fanno parte del mistero della vita e della morte. Non ci resta che aprire il cuore a Colui che è l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine. È la morte della morte: “Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, vivrà. Chiunque vive e crede in me non morirà in eterno” (Vangelo). È l’ultima parola perché Egli è la Parola.

Come possiamo manifestare la nostra solidarietà con i nostri cari defunti? Crediamo nella “Comunione dei Santi” come diciamo ogni domenica nel Credo che insieme recitiamo. La chiesa ci invita a pregare per loro, a celebrare la S. Messa di suffragio, a compiere opere di carità. Loro pregano per noi. Questa comunione è ancora scambio di doni, è amore che intercorre tra noi e loro. È solidarietà. Allora vedete che non si può dire mai: è ora di finirla, basta, ci esce dagli occhi.

È vita che ci esce dal cuore ed ha il sapore della gioia, della felicità, dell’eterno e dell’infinito.

Ma non è questo che noi desideriamo per noi e per i nostri cari? Una vita senza fine. Oggi e domani.

Mi unisco anch’io alla vostra preghiera per tutti i vostri cari, diversi dei quali ho accompagnato nel camposanto in attesa della risurrezione finale.

                                                                                                                                                                                                                   Il Parroco don Luciano Nobile

 

 

 

IO NON SO….

 

 Io non so né il giorno, né l’ora, né il modo, ma ho la fede nella tua promessa.

Morti al peccato grazie al dono della tua vita, noi risusciteremo dai morti,

rivedremo coloro che abbiamo amato, con loro vivremo della tua vita divina.

Oggi siamo già riuniti nella comunione dei Santi.

Signore, ti preghiamo per i morti: accoglili nel tuo amore.

Ti preghiamo per i viventi: fa’ che camminino verso la tua luce.

(Philippe Warnier)

SANTO NATALE 2018

SABATO 22 DICEMBRE

MATTINA  ore 9.30 11.30

Mons. Pietro Romanello

Mons. Gianpaolo D’Agosto

POMERIGGIO  ore 16.00 – 18.30

Mons. Giuseppe Peressotti

Don Maurizio Stefanutti

DOMENICA 23 DICEMBRE

MATTINA  ore 7.30 – 10.00

Mons. Luciano Nobile

POMERIGGIO  ore 16.00 – 18.30

Mons. Antonio Castagnaviz

Mons. Sandro Piussi

Don Maurizio Stefanutti

LUNEDI’ 24 DICEMBRE

VIGILIA DEL S. NATALE

MATTINA  ore 9.30 11.30

Mons. Ottavio Belfio

Mons. Antonio Castagnaviz

POMERIGGIO  ore 16.00 – 18.30

Mons. Sandro Piussi

Mons. Giuseppe Peressotti

LE COLLABORAZIONI PASTORALI

 

 

La Collaborazione Pastorale (CP) è una collaborazione fraterna e progettuale tra le parrocchie e le comunità di un territorio. Grazie ad essa le parrocchie possono rendere più viva e feconda la presenza e l’opera missionaria e pastorale della Chiesa di Udine in tutto il territorio ad essa affidato.  Questa definizione, presente negli Orienti pastorali che l’Arcivescovo ha consegnato lo scorso 11 luglio, durante i primi vespri per la festa dei Santi Patroni Ermagora e Fortunato, ha già in sé cosa la CP deve e vuole essere:

fraterna: rifacendosi al brano di At 2,42: “Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere”;

progettuale: perché collaborare tra noi non deve essere una cosa “alla buona” ma anzi essere pensata e condivisa per il bene di tutti;

rendere viva e feconda l’opera missionaria e pastorale della Chiesa: perché non solo vivere la fede per se stessi ma aprirsi con maggiore forza e slancio nell’impegno della trasmissione della vita cristiana nella quotidianità.

A cosa servono le Collaborazioni Pastorali?

Per comprendere l’utilità delle collaborazioni pastorali, tre sono i passi da compiere:

stare nel tempo: ce lo dicono i vescovi, negli orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020, che la Chiesa deve essere strettamente legata al momento e al contesto in cui essa si trova a vivere e alle dinamiche culturali di cui è parte.

cambiare passo: infatti la nostra diocesi sente fortemente la spinta per attuare grandi cambiamenti e ciò può avvenire attraverso la SINERGIA, che consiste ne camminare assieme, mettendo in comune le forze, per continuare la missione della Chiesa nelle nostre comunità; la NUOVA EVANGELIZZAZIONE che ci  fa riscoprire lo stile ecclesiale del portare la Buona Notizia del Vangelo a tutte le persone, soprattutto a quelle lontane e ai margini delle nostre comunità; l’UNITÀ, ovvero tracciare nuove vie camminando assieme però con un unico passo, senza rinunciare, come singola comunità, alla propria identità!

insieme nel futuro: per costruirlo è inevitabilmente necessario essere uniti e collaborare allo scopo di agire e testimoniare al mondo la gioia che solo in comunione tra noi e con Gesù riusciremo a guardare al futuro con occhi nuovi.

Cosa fare per partire assieme?

Per partire assieme bisogna lasciare il peso delle negatività e tutto ciò che limita o scoraggia il cammino, bisogna avere il coraggio dell’andare in contro all’altro con apertura. Per fare questo bisogna perciò:

conoscerci, ovvero entrare in dialogo per abbattere la diffidenza e i pregiudizi che possono nascere;

confrontarci, cioè ascoltare le varie situazioni, scoprire i lati comuni e anche i punti di divergenza, per poter trovare la via giusta da percorrere senza problemi;

formarci, non possiamo dire abbiamo fatto assieme solo perché “abbiamo fatto” poiché per agire bene è indispensabile, come dice Papa Francesco al n. 51 dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, “studiare con vigile capacità i segni dei tempi” e comprendere bene quella che sarà la strada da percorrere;

allargare il nostro gruppo, non dobbiamo diventare un gruppo chiuso, destinato soltanto all’aridità, ma abbiamo il dovere di aprirci e accogliere tutte quelle persone che con entusiasmo accolgono la sfida delle Collaborazioni ed essere capaci di andare in contro anche a chi sta sulla soglia della fede.

Avere pazienza, non possiamo pensare che il percorso che abbiamo intrapreso si attui “tutto e subito”, ci vorranno anni perché questo progetto si consolidi, entri a regime e si attenuino le difficoltà, ma andiamo avanti con coraggio per il bene delle nostre comunità e per la nostra Chiesa diocesana.                                         Simone Carlini

 

LE COLLABORAZIONI PASTORALI

DI UDINE CENTRO

 

Quante sono ?  Sono 5. Quali sono?

 

Parrocchia di S. Maria Annunziata nella Chiesa Metropolitana. Piazza Duomo.

Parroco: Mons. Luciano Nobile. Abitanti 2033.

Parrocchia della B. Vergine delle Grazie. Piazza 1° maggio

Parroco P. Francesco Polotto (Servi di Maria) Abitanti 3105.

Parrocchia di S. Giorgio Maggiore. Via Grazzano.

Parroco: don Angelo Favretto. Abitanti 2859.

Parrocchia del SS. Redentore.  Via Mantica.

Parroco: don Claudio Como. Abitanti 3308.

Parrocchia di S. Quirino. Via Gemona.

Parroco: don Claudio Como. Abitanti 3342.

SAI COSA SONO LE CiPi ?

 

Si sente parlare delle Collaborazioni Pastorali (appunto CP) ma forse è un argomento che non interessa la gente comune, forse neppure quella che viene in chiesa, pensando che sia soltanto una “cosa” per i preti e gli addetti ai lavori cioè a coloro che collaborano nella catechesi, la liturgia, la carità nelle parrocchie.

Tranne lamentarsi e protestare quando si toglie una Messa… che a quell’ora andava tanto bene. Andava bene a chi? Per molti, anche se calano di numero le Messe, è sufficiente che un prete sia disponibile per un battesimo ma senza tanti incontri di preparazione perché non c’è tempo ed anche la chiesa deve essere snella e veloce nel servizio altrimenti i fedeli scappano. Se il prete si azzarda a dire qualcosa non è all’altezza dei tempi moderni o comunque non è accogliente ed allora per forza la gente si allontana. Si va a cercare un altro prete più moderno, che capisce i tempi.

I matrimoni poi, non paliamone, alle volte sono veramente di… difficile gestione. Gli sposi si sono anche preparati bene, hanno tutte le buone intenzioni, hanno fornito perfino il libretto del Rito per una migliore comprensione e attenzione ma gli invitati alle volte non sanno neppure dove si trovino ed allora il prete, suo malgrado, deve iniziare a dire con delicatezza altrimenti si offendono, edotto dal proverbio “attira più una goccia di miele che un barile di aceto”, iniziare col dire “facciamo un regalo a questi sposi, la nostra preghiera, devota, raccolta, comunitaria, evitando di entrare ed uscire dalla chiesa per non disturbare”.

Beh, devo dire che normalmente obbediscono!

Alla parrocchia si ricorre anche per i funerali. Occorre molto amore, prudenza, pazienza. Il momento è molto delicato. Concordo. Ma il saluto finale da parte di un parente sia dignitoso, breve, direi solenne, non ci si perda in banalità.

E il catechismo ai bambini? Impegni, festini, ricorrenze, gite, la pioggia, l’orario, la giornata… Si salvi chi può! Anche se io ho banalizzato un po’ le situazioni, volevo dire che alcuni sintomi da tempo ci pongono la domanda:

”Ma la fede dove sta?”

I Vescovi italiani nel 2010 evidenziavano diversi nodi problematici nelle nostre parrocchie: ”… l’eclissi del senso di Dio e l’offuscarsi della dimensione dell’interiorità, l’incerta formazione dell’identità personale in un contesto plurale e frammentato, le difficoltà di dialogo tra le generazioni, la separazione tra l’intelligenza e l’affettività..” Da qui nasce una profonda crisi interiore nelle persone. Chi oserebbe dire che questo non è vero se è sotto gli occhi di tutti? Restiamo con le mani in mano o in tasca aspettando che l’uragano passi o assumiamo uno sguardo missionario che ci sollecita a prendere atto della sfida e delle nuove istanze che la realtà presenta?

Da tanto tempo ormai il mondo è cambiato, sia nelle sue condizioni sociali che in quelle culturali e religiose. La nostra chiesa friulana, nonostante tutto, trova ancora il coraggio di rinnovarsi per annunciare il Vangelo proprio oggi, in questo tempo, in questo territorio. Prima di rinnovare le strutture, rinnova se stessa e accoglie l’invito di Gesù: ”Siano una cosa sola perché il modo creda”.

Torna a dissetarsi alla fonte. La chiesa non è un museo che custodisce opere d’arte antiche, certamente custodisce anche la bellezza che la fede ha ispirato, ma soprattutto è corpo vivo che trasmette la fede, quella genuina, essenziale, bella, vivace, gioiosa.

Il Papa Francesco ci invita ad offrire ai credenti, anche ai tiepidi e ai non praticanti, … una nuova fecondità evangelizzatrice.

Ecco, spinti da questa fecondità evangelica e dalla chiamata da parte di Gesù, la chiesa udinese si è messa in ascolto all’interno di se stessa e del mondo ed ha individuato nuove opportunità per evangelizzare il territorio friulano. Si sente in missione e prosegue il suo cammino con rinnovato entusiasmo cercando di dare una testimonianza che possa diventare efficace per il mondo. Ci riuscirà? La forza dello Spirito Santo è garantita. È a questa forza che noi ci affidiamo per donare anche oggi quella ricchezza che noi, a nostra volta, abbiamo ricevuto dai nostri padri: la fede. Ecco una opportunità pastorale ci viene offerta tramite le CP. Cosa faremo? Ma che cosa sono e a che cosa serviranno queste CiPi? (continua)

                                                                                                                                                                                                                                                                    Don Luciano

 

 

LO SAPEVATE CHE…?

 

Sinodo Giovani

 

Molti non lo sanno, anche perché i giornali ne parlano poco o anche niente, tranne quelli di ispirazione cattolica: è in corso il Sinodo sui giovani. Di che cosa si parla? Dei giovani che non sono più quelli di una volta, che hanno perso i valori, che nuotano nel benessere e non sono mai contenti…Niente di tutto questo che sa solo di lamentela e di edulcorata nostalgia. Si parla della ricerca di Dio, il quale non è un “calmante” per esperimentare una sorta di pace che è illusione. Chi educa i giovani deve rendere inquieti e risvegliare i cuori. Aiutare ad incontrare Cristo attraverso la preghiera e a crescere nella fede. Il vescovo di Molfetta Tonino Bello, deceduto qualche anno fa, diceva che la pastorale giovanile deve formare “giovani contempl-attivi” evitando che le parrocchie si trasformino in luoghi di incontro tra amici per passare il tempo senza alcun tipo di impegno. Nel Sinodo si è parlato di pastorale familiare per accompagnare i futuri sposi non ad una cerimonia ma ad un “per sempre”. Si è anche notato un certo totalitarismo che genera ideologie in modo nascosto, parlando dell’anonimato nelle varie reti. Le prime vittime sono proprio i giovani che giungono perfino ad azioni estreme in base alle istruzioni trovate in rete. Si è insistito sulla importanza di una educazione integrale per costruire una società basata su relazioni fraterne e solidali. Accompagniamo con la preghiera questo Sinodo che darà i suoi frutti nella chiesa per il bene del mondo.

PARLAMI DI DIO E DELL’AMORE

 

Carissimi parrocchiani e voi tutti fedeli che frequentate la S. Messa domenicale in cattedrale, dopo la lunga pausa estiva, riprendiamo a scrivere di domenica in domenica questo foglietto di informazione e di formazione. Conoscere la vita della parrocchia è già un segno di comunione e di partecipazione al cammino che stiamo facendo attraverso l’itinerario dell’anno liturgico che scandisce il tempo, vivendo i misteri della vita di Cristo ai quali partecipiamo attraverso le varie celebrazioni. A tutti auguro un buon cammino.

Una particolare attenzione chiedo ai genitori dei bambini, ragazzi e giovani che frequentano gli incontri di catechesi nella nostra parrocchia.

Li accompagniamo volentieri nella loro crescita e formazione alla vita cristiana ma subito vi prego di non delegare ai catechisti la loro educazione cristiana. I primi educatori, dopo lo Spirito Santo, siete voi. Infatti è il vostro esempio che trascina, è la vostra presenza che testimonia, è la vostra fedeltà che parla concretamente al cuore delle nuove generazioni. So che le difficoltà non mancano, anzi sono tante. Appunto per questo dobbiamo insieme essere responsabili della crescita dei figli, con pazienza, costanza, competenza. Dialogare continuamente, dedicare del tempo, esortare, incoraggiare, richiamare, stimolare, anche sgridare quando è necessario, sono verbi che si riferiscono a tante azioni che certamente già compiamo. Un sano no educa a rinunciare a qualche capriccio, all’egoismo per fare spazio alla solidarietà.

Un falso pudore forse impedisce ai genitori di trattare argomenti importanti che interessano la vita. Qualche giorno fa, ho sentito a “Prima pagina” il giornalista Pietro Senaldi che leggeva emozionato una lettera, non so se fosse scritta da lui o da altra persona. Riporto solo il significato come lo ricordo. Ricordo però la sua commozione: “Ogni giorno porto il cane a passeggio e passo davanti alla casa di mio padre che ormai ci ha lasciati. Mi fermo un momento a guardarla, vedo l’albero del cortile e ripenso alla mia giovinezza trascorsa in quel luogo. Vorrei parlare con mio padre e dirgli quello che non gli ho mai detto, vorrei che lui mi dicesse quello che avrebbe voluto ma forse non ha avuto il coraggio o il tempo di dirmi.

Mai abbiamo parlato insieme di Dio e dell’amore”.

Ecco cari genitori, cari adulti, cari nonni. Di Dio e dell’amore bisogna ancora parlare, oggi, senza paura, con coraggio, con la speranza del contadino che semina pur sapendo che forse verrà la grandine ma semina ugualmente con fiducia.

La Parola di Dio che i vostri figli ascoltano nella catechesi e dal vostro insegnamento, va poi celebrata nella partecipazione alla Messa domenicale (ridotta a cenerentola della domenica, collocata all’ultimo posto, tenuta in conto soltanto se c’è tempo!) e testimoniata nella vita di famiglia, nella scuola, nel lavoro. Pregate insieme alla sera, non abbiate quel falso pudore che fa pensare che la preghiera sia “una cosa da bambini”. Benedite i vostri figli quando al mattino vanno a scuola. Compite gesti di solidarietà, di rispetto, di perdono nelle vostre famiglie e con le vostre famiglie. Fate sì che questi figli respirino un clima di amore.

Certamente non è garantito che tutto possa riuscire, ma almeno avete la coscienza tranquilla di aver fatto il possibile. Ed è un gran bella cosa, davanti a Dio, al mondo e a se stessi.

Carissimi, non vuol essere uno sfogo da parte mia, ma vuol essere un invito pressante perché le nostre famiglie siano missionarie e trasmettano la fede alle nuove generazioni, una ricchezza che dà senso a tutta la vita personale e sociale. Il mondo è cambiato ma non è più difficile di quanto non l’abbiano trovato gli apostoli quando Gesù ha loro detto: “Andate e insegnate il mio Vangelo”. È il nostro momento. Il Signore ci conduce e ci dona la forza della testimonianza nel nostro cammino attraverso i secoli.

Con l’augurio di ogni bene. Cordialmente.                                                                                                              Il Parroco  Luciano Nobile                            

 

 

IL PAPA AL SINODO DEI GIOVANI

 

Usciamo da pregiudizi e stereotipi. Un primo passo nella direzione dell’ascolto è liberare le nostre menti e i nostri cuori da pregiudizi e stereotipi: quando pensiamo di sapere già chi è l’altro e che cosa vuole, allora facciamo davvero fatica ad ascoltarlo sul serio. I rapporti tra le generazioni sono un terreno in cui pregiudizi e stereotipi attecchiscono con una facilità proverbiale, tanto che spesso nemmeno ce ne rendiamo conto. I giovani sono tentati di considerare gli adulti sorpassati; gli adulti sono tentati di ritenere i giovani inesperti, di sapere come sono e soprattutto come dovrebbero essere e comportarsi. Tutto questo può costituire un forte ostacolo al dialogo e all’incontro tra le generazioni. La maggior parte dei presenti non appartiene alla generazione dei giovani, per cui è chiaro che dobbiamo fare attenzione soprattutto al rischio di parlare dei giovani a partire da categorie e schemi mentali ormai superati. Se sapremo evitare questo pericolo, allora contribuiremo a rendere possibile un’alleanza tra generazioni. Gli adulti dovrebbero superare la tentazione di sottovalutare le capacità dei giovani e di giudicarli negativamente. Avevo letto una volta che la prima menzione di questo fatto risale al 3000 a.C. ed è stata trovata su un vaso di argilla dell’antica Babilonia, dove c’è scritto che la gioventù è immorale e che i giovani non sono in grado di salvare la cultura del popolo. E’ una vecchia tradizione di noi vecchi! I giovani invece dovrebbero superare la tentazione di non prestare ascolto agli adulti e di considerare gli anziani “roba antica, passata e noiosa”, dimenticando che è stolto voler ricominciare sempre da zero come se la vita iniziasse solo con ciascuno di loro. In realtà, gli anziani, nonostante la loro fragilità fisica, rimangono sempre la memoria della nostra umanità, le radici della nostra società, il “polso” della nostra civiltà. Disprezzarli, scaricarli, chiuderli in riserve isolate oppure snobbarli è indice di un cedimento alla mentalità del mondo che sta divorando le nostre case dall’interno. Trascurare il tesoro di esperienze che ogni generazione eredita e trasmette all’altra è un atto di autodistruzione.

                                                                                                                                                                                           (Papa Francesco)

 “LA VITA CATTOLICA”

 

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