Carissimi sorelle e fratelli,

oggi vedete l’ambone ornato di fiori in segno di festa e di rispetto, come luogo della proclamazione della Parola di Dio. Poi avete assistito alla intronizzazione della Bibbia, elevata in alto, portata con solennità e seguita dal sacerdote: è stata posta sull’ambone e onorata con l’incensazione.

Perché?

È la “Domenica della Parola” che è stata istituita dal Papa Francesco con la lettera apostolica “Aperuit illis” richiamando il brano di vangelo che narra l’apparizione di Gesù ai discepoli di Emmaus, ai quali Gesù stesso spiegò le sacre Scritture. (Lc 24,13-35)

Perché il Papa ha voluto questa domenica?

Vari sono i motivi:

La sacra Scrittura è luce che ci guida lungo il cammino della vita e noi ci mettiamo in ascolto comunitariamente ogni domenica nella Liturgia. La leggiamo o la ascoltiamo in vari modi anche individualmente nelle nostre case. Ci sono tante persone che leggono ogni giorno un piccolo tratto di Vangelo, altre che ascoltano la S. Messa per radio oppure qualche catechesi che commenta il testo sacro. Ci sono anche delle persone che partecipano alla S. Messa tutti i giorni in chiesa.

Sappiamo però che non è sempre facile interpretare il testo sacro. Occorrono delle chiavi di lettura, delle conoscenze anche storiche e scientifiche per una corretta comprensione. In tutte le parrocchie senz’altro ci sono degli incontri che favoriscono la conoscenza della Parola del Signore, anche nella forma della Lectio Divina. Sarebbe opportuno informarsi e partecipare. La Parola dà senso alla vita personale e alla vita della chiesa. La nostra parrocchia ha proposto tre volte il corso biblico e poi ogni anno promuove degli incontri di meditazione sulla Parola del Signore. Il Consiglio pastorale sta predisponendo un itinerario interessante che inizierà verso la metà di febbraio.

La Parola di Dio è la fonte di ogni attività. La sua accoglienza nella nostra vita personale e comunitaria ci libera da un attivismo che dà l’impressione di essere vincente ma poi diventa stancante e muore. Non si deve perdere il contatto con la sorgente di ogni attività pastorale. È l’ascolto di Dio che fa nascere atteggiamenti di servizio e conduce a scelte che producono gesti di amore, con perseveranza. Siamo preoccupati perché la pastorale trova tante difficoltà in un mondo che è cambiato. Il Papa ci suggerisce una strada nella esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale (Evangelii gaudium 11): “… ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo, spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole di rinnovato significato per il mondo attuale”.

Siamo chiamati a vivere, testimoniare e annunciare con gioia la Parola di Dio. Annunciatori tristi, stanchi e scoraggiati, che sempre si lamentano, non riescono a fare tanta strada. Chi li accosta? Annunciatori che ignorano la Parola e guardano indietro con la nostalgia del passato e non hanno gli occhi puntati verso il futuro, non penso possano donare speranza al mondo che vive in un clima di incertezza e di instabilità. È invece incoraggiante vedere famiglie che ancora credono nella bontà del vangelo e lo annunciano con semplicità ai loro figli, è bello vedere nelle nostre parrocchie tante catechiste/i che aiutano le famiglie nella educazione cristiana dei bambini e dei giovani, è una meraviglia osservare come nella nostra città un centinaio di giovani-adulti si stiano confrontando con i 10 comandamenti (Le 10 Parole) negli incontri del lunedì presso il Santuario della Madonna delle Grazie. Non è facile radunare ogni mese un centinaio di giovani presso la parrocchia di S. Paolino (viale Trieste) nelle serate dei “Mercoledì dell’Angelo” per trattare temi di attualità, lasciandosi guidare dalla Parola del Signore. Eppure sono fatti che avvengono sotto i nostri occhi. I segni che donano speranza ci sono. Facciamo sì che crescano, anche con la nostra convinta partecipazione.

Questa domenica ha anche un valore ecumenico. Infatti il Papa ha stabilito che si celebri vicino alla settimana di preghiere per l’unità dei cristiani. Nel cuore del dialogo e dell’impegno ecumenico sta la Parola di Dio, che tutti i cristiani son chiamati a realizzare ogni giorno.

Mi auguro che in tutte le famiglie ci sia una Bibbia… ma non solo in mostra nella piccola o grande biblioteca di casa. E non resti sempre nuova ma porti novità. Sia una bella notizia perché si legge e si medita.

Un cordiale saluto a tutti.                                                                                         Il Parroco don Luciano

 

 

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(Is 9,1-3; 1 Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23)

 

Per alcune domeniche del Tempo Ordinario la Liturgia della Parola ci proporrà la lettura del vangelo di Matteo.

Alcune caratteristiche del Vangelo di Matteo.

Mi sembra opportuno presentare alcune caratteristiche generali di questo vangelo:

Matteo era ebreo e scrisse per gli ebrei che si erano fatti cristiani. Ad essi l’evangelista vuole dimostrare che in Gesù si compiono tutte le promesse dell’AT. di caratteristico in questo vangelo è anche la disposizione dei contenuti. Nei primi due capitoli si parla della nascita e dell’infanzia di Gesù. Seguono poi sezioni narrative che si alternano con cinque discorsi di Gesù. Il vangelo di Matteo si chiude con la narrazione della passione, morte, risurrezione e ascensione di Gesù. Al centro del vangelo è la Persona di Cristo, Messia – Maestro e il suo discepolo inteso soprattutto come colui che fa esperienza di vita con Cristo: lo pensa, gli parla, agisce con Lui e per Lui, soprattutto lo ascolta e lo imita. Quanto Gesù ha fatto è emblematico: bisogna partire sempre dagli ultimi, dagli emarginati, da quelli che non contano…. Fare questo è impossibile per chi cerca gratificazioni ed efficienza!

Qual è il contenuto del primo annuncio di Gesù?

Il testo riporta le sue parole: «Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: “convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino ». Il Regno dei cieli è l’amore, il perdono, la misericordia, la giustizia, la salvezza di Dio che con Gesù entra personalmente nella storia.

Da qui consegue l’impegno personale degli uomini: la conversione. Cosa significa convertirsi? Ci è di esempio la risposta degli apostoli alla chiamata di Gesù: «Seguitemi…». La conversione è seguire Gesù Cristo. È stare con Lui, è ascoltarlo, è imitarlo, è fare esperienza di Lui.

Subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.

Subito, senza rimandi. Subito bisogna lasciare le proprie sicurezze, i propri progetti, i propri affetti… Spesso tutte queste cose riempiono talmente le nostre giornate, la nostra mente, la nostra vita, da rinchiuderla come in una rete inestricabile. Il Signore non ci chiama per mortificare la nostra vita, ma per liberarla. Il Signore vuole ampliare il nostro affetto a tante persone; vuole che piangiamo con tutti coloro che sono nell’afflizione; vuole che portiamo la nostra gioia a tutti quelli che incontriamo; vuole che i beni di questo mondo non siano privilegio di alcuni, di pochi, ma di tutti. Convertendoci alla volontà del Signore saremo felici e porteremo a tutti la «buona notizia», il suo vangelo.

                                                                                                                                    Mons. Ottavio Belfio

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

 (Is 49,3.5-6; 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34)

 

Cos’è il Tempo Ordinario dell’Anno Liturgico?

Domenica scorsa, festa del Battesimo di Gesù, dopo i secondi vesperi, terminava il Tempo liturgico del Natale e iniziava il Tempo Ordinario. Oggi, perciò, celebriamo la seconda settimana del Tempo Ordinario. Questo Tempo è caratterizzato dalla riflessione approfondita sul mistero di Cristo, cioè della sua Persona e della sua missione. Il Tempo Ordinario invita, inoltre, per riflesso, a meditare sul mistero del discepolo di Cristo: sulla sua identità e missione. Tempo Ordinario, perciò, non significa di poca importanza. Anzi, è proprio dalla riflessione su Cristo e dalla esperienza che di Lui facciamo nel Tempo Ordinario che prende il giusto spessore ogni altro Tempo dell’anno liturgico. Se infatti il Tempo Ordinario diventa straordinario per la riflessione ed esperienza del mistero di Cristo e della Storia della salvezza, allora veramente tutta la vita cristiana sarà di alto profilo perché ne siamo resi consapevoli della sua eccellenza, bellezza e santità senza confronto. Il Tempo Ordinario viene celebrato in due segmenti: il primo si colloca tra il Tempo di Natale e il Tempo di Quaresima (è quello che stiamo vivendo noi e che ha avuto inizio, come dicevo, dopo la festa del Battesimo di Gesù). Il secondo segmento si colloca tra il Tempo di Pasqua e il Tempo di Avvento.

La missione di Cristo

La liturgia della parola di questa domenica che cosa ci dice della identità e della missione di Cristo? E per riflesso che cosa ci dice della nostra identità e missione?

La prima lettura ci parla del «Servo di Jahvè». Chi è? Nella Bibbia sono chiamati «servi di Dio»: il popolo d’Israele nel suo complesso; i Patriarchi; i Profeti; altri illustri personaggi come Mosè e Davide; e talvolta anche dei singoli credenti. C’è, però, nella Bibbia la figura di un «servo di Dio» del tutto particolare ed eccezionale: il Messia. Di lui si dice nella prima lettura odierna: «E’ troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Io ti renderò luce delle nazioni perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra». Mentre tutti gli altri «servi di Dio» avevano il compito di realizzare il piano di Dio (volontà) nell’ambito del popolo ebreo, il Messia ha la missione, attraverso i suoi discepoli, di realizzare il piano di Dio nei confronti di tutta l’umanità. Qual è il piano di Dio per l’umanità? La sua salvezza. Il servo di Jahvè, il Messia, attraverso la sua totale disponibilità, è chiamato ad essere: «luce delle nazioni» e a portare la salvezza di Dio «fino all’estremità della terra». Nel vangelo odierno, S. Giovanni Battista chiama Gesù: Agnello di Dio. I due termini «servo» e «agnello» sottolineano due tratti fondamentali del Messia: egli è obbediente, come un servo, al Padre; egli si dona in sacrificio, fino all’ultima goccia di sangue, come un agnello immolato. Ecco perché e come il Messia, Gesù di Nazaret, salva l’intera umanità.

Ma non è tutto

Il Battista, sempre nel brano odierno, fa una stupenda sintesi di tutta la cristologia. Annuncia quattro verità – rivelazione sulla identità di Gesù. La prima verità: egli, Gesù, dice Giovanni, «era prima di me». È un cenno all’origine eterna di Gesù. Gesù è dall’eternità. È eterno come Dio e in quanto Dio.

La seconda verità – rivelazione: dice Giovanni di Gesù: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo». Solo Dio può togliere il peccato del mondo: dunque Gesù è Dio. È un cenno alla sua identità e missione salvifica universale come riferisce anche Isaia. La terza verità – rivelazione: Gesù è «l’uomo sul quale», il Battista, «vede scendere e rimanere lo Spirito». Gesù «è colui che battezza in Spirito Santo». In altre parole Gesù è colui che possiede in permanenza la pienezza dello Spirito Santo, e che lo dona. Solo Dio possiede la pienezza dello Spirito Santo e lo può donare. La quarta verità – rivelazione: è la testimonianza che Gesù «è il Figlio di Dio». Gesù è, dunque, «Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero», come ci insegna la professione di fede (Credo).

La nostra missione

Di fronte alla identità e alla missione salvifica di Gesù, come si colloca ogni suo discepolo?

Il brano della seconda lettura di questa domenica, tolta dalla prima lettera di S. Paolo ai Corinti (1,1-3), ci dà la risposta. Essa è duplice. La prima: come Paolo, ogni discepolo è «chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio». L’apostolo è colui che sta con Gesù e che da Lui è mandato in missione. La seconda risposta: come Paolo, tutti i discepoli sono «chiamati ad essere santi». Ecco la nostra identità: essere santi, perché «santificati da Gesù Cristo». Ecco la nostra missione: portare «la salvezza di Gesù Cristo fino all’estremità della terra». Da chi o da che cosa l’uomo contemporaneo attende la salvezza? E quale tipo di salvezza? La mappa della situazione è alquanto complessa e variegata. Molti pongono le loro attese salvifiche: nel progresso scientifico e tecnico; nel possesso dei beni economici; nel potere politico; nell’occultismo, nello spiritismo, nella magia…; nel ritorno alla natura; nei paradisi artificiali degli stupefacenti e di tutto ciò che esalta e da euforia. Di fronte a questa base antropologica e culturale, noi cristiani, senza fare moralismi, siamo chiamati a testimoniare che queste attese sono del tutto insufficienti. Anzi, alcune tra esse sono perverse e alienanti, come le magie, gli occultismi vari… le droghe. Ma anche nelle realtà positive, come il progresso, il ritorno alla natura, il potere politico, il benessere…, sono insiti limiti invalicabili e notevoli ambiguità. L’assolutizzazione delle realtà contingenti è sempre sbagliata, ha sempre provocato illusioni e mali enormi all’umanità. La salvezza non può essere solo materiale, deve essere anche morale e spirituale. Questa salvezza integrale viene solo da Cristo «luce delle nazioni che porta la salvezza di Dio fino all’estremità della terra». Noi cristiani non divinizziamo un uomo: non facciamo dell’uomo Gesù, un Dio. È Dio che in Gesù si è fatto uomo. E Gesù ha provato questa verità sconvolgente, con la sua vita, i suoi miracoli, il suo insegnamento di valore perenne, con la sua morte e risurrezione. Noi solo accogliamo Gesù, il Verbo fatto carne, e ci facciamo suoi discepoli.                                                                Mons. Ottavio Belfio

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(Mt 3, 13 – 17)

“Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo”

 

Oggi, festa del suo Battesimo, Gesù ci viene presentato da Dio Padre stesso, come il suo Figlio prediletto nel quale egli ha posto le sue compiacenze. Se avete notato, le manifestazioni dell’identità di Gesù sono state caratterizzate sempre da due aspetti: uno naturale, normale; e uno soprannaturale, straordinario.

Nella grotta di Betlemme, i pastori hanno visto un bimbo come tutti gli altri, ma, nel contempo, hanno visto e udito, su quella grotta, gli angeli che cantavano la gloria di Dio e la pace agli uomini. All’Epifania i Magi hanno visto ancora un bimbo come tutti gli altri, certamente più povero di tanti tra essi, ma, nel contempo, una stella si era fermata sulla casa dove abitava. Oggi, al fiume Giordano, Gesù è presentato mentre fa la fila con i peccatori per essere battezzato, ma, nel contempo, su di Lui, si posa lo Spirito Santo e si ode la voce del Padre che lo proclama suo Figlio.

Nella identità di Gesù è già adombrata, anche la sua missione. Gesù è Salvatore: la sua missione è salvare l’umanità. Gesù è Messia: la sua missione è portare la luce della verità e la forza del diritto ai popoli come annunciano i profeti. Gesù è il Figlio Unigenito di Dio: la sua missione è di fare tutti gli uomini, figli adottivi di Dio. Il Battesimo di Gesù è stato la manifestazione della sua identità da parte di Dio Padre e l’inizio della sua missione.

A questo punto viene logico pensare anche al nostro battesimo, per il quale siamo stati uniti misticamente a Cristo, configurati a Lui, fatti figli in Lui, il Figlio Unigenito, e associati alla sua missione di salvezza. Neppure per noi, dunque, il battesimo, può essere considerato una formalità, un costume, una tradizione…Per noi, il Battesimo è un nuovo inizio: ci fa creature nuove, mette in essere in noi una nuova identità: quella di figli; e ci affida una missione: quella di continuare nel tempo la stessa opera di Cristo. Missione che ci impegna: a portare il diritto (la volontà di Dio) ai popoli; a essere luce delle nazioni con la Parola di Dio; ad aprire gli occhi ai ciechi dello spirito, cioè a coloro che sono accecati dalle ideologie più diverse; a fare uscire dal carcere di tante schiavitù e idolatrie gli uomini d’oggi. E’ una missione molto difficile; ma proprio per questo, bisogna guardare costantemente a Cristo che è nostro modello e la sorgente interiore, con lo Spirito Santo, della nostra forza di testimonianza.

In questo arduo compito non siamo soli. Anche noi, nel nostro battesimo, come Gesù, abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. Egli ci ha resi figli di Dio. Egli ci conduce a tutta la verità insegnataci da Gesù. Egli ci fa sentire in profondità che Gesù è il nostro Signore, il nostro Dio, ma anche il nostro fratello. Egli è sempre la nostra forza, il nostro conforto, la nostra gioia profonda anche nella prova. Detto in sintesi: Per noi, il battesimo è stato la rinascita a figli di Dio, l’acquisizione di una nuova identità e l’affidamento a continuare la missione di Cristo nella storia. Il Battesimo ci fa compiere un salto enorme in dignità; bisogna, però, viverlo! La nobiltà obbliga! Vivere da figli di Dio, vivere da fratelli degli uomini: ecco la consegna che ci viene dal nostro Battesimo.                                   Mons. Ottavio Belfio

Lunedì 6 gennaio si è spento Mons. Francesco Frezza, che la nostra parrocchia ricorda con particolare affetto, oltre che come Canonico Onorario del Capitolo Metropolitano, anche come rettore della Chiesa di San Giacomo dove ha svolto un prezioso ed infaticabile servizio a partire dal 2002 fino a quando le forze glielo hanno consentito.

I funerali, presieduti dall’Arcivescovo, si sono svolti giovedì 9 gennaio alle ore 15.00 nel Duomo di Tarcento.

 

Il Suo ministero sacerdotale  QUI

RICORDANDO MONS. FRANCESCO FREZZA

 

Era il giorno dell’Epifania quando Mons. Francesco Frezza (per gli amici pre’ Chechìn) ci ha lasciati, dopo alcuni anni trascorsi nella Casa di Fraternità Sacerdotale, amorevolmente assistito.

L’Epifania è la Solennità della manifestazione, della rivelazione di Gesù, Figlio di Dio, a tutti i popoli. È una coincidenza felice, perché è stata proprio questa la sua vocazione: annunciare a tutti il Messia e manifestare a tutti la bontà e la misericordia di Dio.

Io lo conoscevo fin dai primi anni del mio sacerdozio e negli incontri diocesani ammiravo i suoi interventi per il suo equilibrio, la sua saggezza e la sua preparazione teologica. L’ho conosciuto più da vicino quando ci siamo incontrati in questa parrocchia di S. Maria Annunziata, per il suo ministero nella chiesa di S. Giacomo. Siamo entrati subito in sintonia. Ciò che ci ha subito posti in sintonia è stata la fraternità sacerdotale, la stima reciproca ed il desiderio di lavorare nella vigna del Signore, mettendo a disposizione la nostra vita. Dedicava molto tempo alle persone sia in chiesa per le confessioni che in casa canonica per la direzione spirituale, la preparazione dei fidanzati al matrimonio o dei genitori al battesimo dei figli. Tutti potevano suonare il campanello e lo trovavano sempre disponibile. Sotto questo aspetto è stato ammirevole. Può darsi che qualcuno abbia anche approfittato della sua bontà, ma questo è nel conto delle persone che non hanno malizia perché sono semplici. La sua predicazione era molto improntata alla catechesi, volendo illustrare con chiarezza e competenza le verità della fede. Ciò che faceva con una convinzione incrollabile. Era un sacerdote che amava la chiesa, come un segno del Regno di Dio presente sulla terra. In questa chiesa ha collaborato con passione, senza riserve, nell’obbedienza al Papa e al Vescovo. Donava certezze di fede con la parola e con l’esempio. Non credo sia stato facile il passaggio dalla chiesa preconciliare a quella conciliare. Eppure egli vi si è adattato, ha accolto i cambiamenti e le riforme volute dal concilio Vaticano II° con serenità e convinzione. Chi è capace di questa conversione? Solo chi ama la chiesa e intuisce che al suo interno opera lo Spirito Santo. Chi studia e si informa, capisce. Chi resta inchiodato al passato, guarda nostalgicamente indietro non ha fiducia né il coraggio di camminare verso il futuro. Mons. Francesco badava alla sostanza della fede, nutriva la speranza ed esercitava la carità, studiava e si confrontava con gli altri.

Così io l’ho conosciuto e apprezzato. E ringrazio il Signore.

I funerali si sono svolti a Tarcento, giovedì scorso, con grande concorso di popolo proveniente dal suo paese natio di Nimis e dalla stessa sua parrocchia che aveva servito per 36 anni, prima di venire a svolgere il suo apostolato nella chiesa di S. Giacomo. Si era dedicato con grande zelo in particolare durante il terremoto del 76’ e negli anni successivi per la ricostruzione o il restauro di diverse chiese. Le fatiche di quegli anni sono conosciute in profondità soltanto da chi le ha vissute sulla propria pelle, impegnandosi in prima persona per esortare e incoraggiare la gente, per conservare le opere d’arte e le chiese, per trovare finanziamenti anche al di fuori dell’Italia. Era presente ai funerali anche una rappresentanza della nostra parrocchia. Noi l’abbiamo ricordato sempre in questi giorni nella S. Messa e nel S. Rosario. Oggi, domenica 12 gennaio, offriamo la S. Messa in suo suffragio. Il Signore che ha amato e servito nella chiesa gli doni la visione beatifica.

A nome di quanti hanno beneficiato di questa preziosa presenza sacerdotale nella nostra parrocchia, gli dico “grazie pre Checo”.                                                                                                                                                                                            Mons. Luciano Nobile