MOSTRA FOTOGRAFICA
“Servire Dio fino alla fine”
Dal 10 al 17 giugno 2022, le cappelle laterali della nostra Cattedrale, ospiteranno la mostra fotografica che la diocesi di Brno, nella Repubblica Ceca, ha dedicato in lingua italiana a due giovani sacerdoti, Jan Bula e Vaclav Drbola, uccisi all’inizio degli anni ’50 del secolo scorso dal regime comunista in Cecoslovacchia e per i quali è in corso il processo di canonizzazione presso la Santa Sede a Roma.
La mostra sarà presentata nell’incontro pubblico, organizzato dalla nostra Collaborazione Pastorale con il Coordinamento Persona Famiglia e Vita della diocesi, che si terrà venerdì 10 giugno, alle ore 17 e 30, nella sala presso la chiesa della Purità, in piazza Duomo a Udine, con gli interventi di monsignor Karel Orlita, amministratore del processo di canonizzazione per la Diocesi di Brno, e il professor Francesco Leoncini, già docente di Storia dell’Europa Orientale all’università Cà Foscari di Venezia.
Alcune lettere, scritte a parenti e amici da Jan Bula il giorno prima della sua impiccagione e ritrovate negli archivi della polizia cecoslovacca negli anni ’90, solo dopo la caduta del comunismo, testimoniano la serena fede del trentunenne sacerdote, che, pur avendo subito interrogatori e torture, in quegli scritti ha confidato: “il mio maggior conforto consiste nell’aver servito Dio fino alla fine. L’uomo mai ama Dio sufficientemente e di quest’unica cosa bisogna pentirsi. Il Signore Dio mi ha assegnato una vita breve. Ma credo che non sia stata invano”.
In questo momento di guerra in Europa, l’attualità della testimonianza dei 2 giovani sacerdoti martiri è legata alla fedeltà agli insegnamenti di Cristo e della Chiesa, che possono promuovere la pacifica convivenza tra diverse religioni e culture”.
Ed è proprio la Guida alla mostra a ricordare, in apertura, con la citazione del discorso tenuto da san Giovanni Paolo II nel 1990 nel Castello di Praga, durante l’incontro con il mondo della cultura cecoslovacca, che “ogni sforzo di costruire la società, la cultura, l’unità degli uomini e la loro fraternità sul rifiuto della dimensione trascendente crea, come a Babele, divisione degli animi e confusione delle lingue”. F.Z. E G.C.
UN CAMMINO FATTO INSIEME
Carissimi bambini,
il sussidiario che ci ha guidati alla preparazione della Prima Comunione ha un titolo molto importante: “Io sono la vite, voi i tralci” riprendendo un brano del Vangelo di S. Giovanni.
Abbiamo fatto il disegno sul quaderno e abbiamo compreso che l’albero della vite, dal tronco nodoso e solido, rappresenta Gesù e che i tralci sono i rami attaccati al tronco, attraverso i quali passa la linfa che dà nutrimento, affinché dalla pianta nascano buoni frutti. I tralci siamo noi. Ciò è avvenuto nel Battesimo.
Ora avete accolto per la prima volta dentro di voi il corpo di Gesù e la comunione con Gesù è diventata ancora più forte. Siete suoi fedeli amici, pronti a portare frutti di bene. Dice Papa Francesco. “Fare la Prima Comunione significa voler essere ogni giorno più uniti a Gesù, crescere nell’amicizia con lui e desiderare che anche altri possano godere la gioia che ci vuole donare”. La stessa parola Comunione ci riporta al significato di “unione”, unione tra la nostra vita e la sua, nel momento in cui riceviamo il suo Corpo.
E’ stato lungo tre anni il percorso per arrivare a questo bellissimo incontro con il Signore, anche con le difficoltà che ricordiamo, indipendenti da noi, che però non hanno fermato il nostro impegno. Con grande piacere, devo dire che prendervi per mano per raggiungere questo traguardo è stato per me particolarmente dolce, perché siete stati sempre molto bravi, volonterosi, pieni di interesse e partecipi a tutte le attività. Gli ultimi giorni ho percepito la vostra ansia nell’attesa di questo “qualcosa di meraviglioso” che stava per avvenire, ma poi vi ho sentiti gioiosi, felici, sereni quando, nel breve tempo che è seguito, siamo riusciti a raccontarci le emozioni. Come vi ho confessato, anche a me il vostro “eccomi” ha provocato una grande commozione, perché in quel momento mi è passata la sensazione viva di consegnarvi uno alla volta nelle braccia di Gesù. Anche i vostri genitori, le vostre famiglie erano pieni di emozioni positive, consapevoli della loro scelta di crescervi nella fede fin dal vostro Battesimo.
Ora è doveroso il nostro ringraziamento a Gesù, nostro amico, per il suo amore, la sua misericordia, per il dono di sé stesso che ci fa nell’Eucarestia. Sapete? Ringraziamento, nella lingua greca, si dice proprio Eucaristia. Continuiamo a ringraziarlo, a parlargli con la preghiera e anche con le nostre semplici parole, a venire in chiesa alla S. Messa esattamente come si va sempre a trovare gli amici, ad accostarci alla confessione che ci fa diventare forti contro il male e a ricevere il Corpo di Gesù ogni domenica. E’ stato bello fare la Prima Comunione, ma è bello anche ripeterla la seconda, la terza e tutte le altre volte che partecipiamo alla S. Messa.
Anche il Catechismo continua. Sempre, anche crescendo, abbiamo bisogno della Parola e dell’insegnamento di Dio; possiamo fare ancora tante cose belle assieme! Don Luciano, sempre presente e riferimento costante nel nostro cammino di questi anni, vi raccomanda di continuare la frequenza.
Con tanto affetto e un grazie particolare ai vostri genitori, vi auguro buone e meritate vacanze.
La vostra catechista Roberta
In questo tempo noi viviamo la salvezza che Cristo ci ha offerto col suo sacrificio e l’attesa del suo ritorno.
Intanto cosa facciamo noi cristiani?
La lettera a Diogneto del II° secolo delinea l’identità dei cristiani: essi si impegnano nel presente sulla terra ma con una prospettiva futura. Infatti i primi cristiani, nell’orizzonte dell’ascensione del Signore, non restano a guardare il cielo ma vivono in maniera da dare il loro apporto alla società.
Nonostante le offese e le persecuzioni, essi non si vendicano e cercano di vivere in pace con tutti. I primi cristiani si definivano come stranieri-residenti (pàroikoi: parrocchiani 1Pt 2,11), impegnati a fondo in questo mondo, ma consapevoli della loro appartenenza al cielo. I cristiani non si estraniano dal mondo ma portano nel mondo un po’ di cielo.
Abbiamo bisogno anche nel nostro tempo di vivere in equilibrio tra le due prospettive della fede cristiana: profondo impegno sociale e intima convinzione che il nostro traguardo è vivere con il Signore e con i nostri cari che ci hanno preceduto nel cielo, dove il Figlio di Dio vive nella gloria del Padre. Nonostante tutto siamo ancora testimoni del Risorto, con gioia e umiltà.
I bambini di quinta, durante l’ora settimanale di catechismo, guidati dall’instancabile suor Valentina, hanno preparato una piccola esposizione, che si può visitare in fondo al Duomo, per illustrare la vita della Madonna. È stata una attività che ha tenuto impegnati sempre i ragazzi e ha dato i suoi frutti.
E’ stata elogiata anche dall’Arcivescovo che ha visto ed apprezzato “il giornalino”, scrivendo una lettera di apprezzamento e di ringraziamento ai bambini, per l’impegno profuso quest’ anno.
Bravissimi!
UN CASO IMPOSSIBILE?
Casi impossibili ce ne sono e sempre ce ne saranno, ma solo se… La risposta ce la daremo insieme alla fine di queste brevi riflessioni. Prima di tutto: chi è la santa dei casi impossibili? Beh, è proprio Santa Rita, di cui oggi facciamo memoria. Non mi voglio soffermare sulla santa, quanto invece su quello che Mariangela Calcagno ci ha detto e su quanto le è capitato. Chi è questa donna? Non è una santa, ma il percorso che ella ha fatto fino ad oggi ci può aiutare a comprendere il mistero che il Signore compie, ogni giorno, nella nostra vita.
Mariangela Calcagno, è stata ospite ai “Mercoledì dell’Angelo”, un ciclo di incontri organizzato dai giovani di Udine per gli stessi giovani, ma sempre aperto a tutti. In presenza vi hanno partecipato oltre 100 persone e molte altre tramite i social. Non desidero raccontare in maniera specifica chi sia questa donna. Ognuno di noi potrà “cercare” su internet e conoscerla in maniera più estesa ed approfondita.
Nella sua testimonianza posso, però, evidenziare alcuni tratti importanti della sua vita. Mariangela si è raccontata liberamente partendo da quando è stata abbandonata dai sui genitori in un orfanotrofio fino ad oggi, ”responsabile marketing” del Monastero di Cascia. Marketing “de che”? In un certo senso testimone di Dio. Sì, perché Dio nella sua vita, non l’ha mai abbandonata.
Quando maturò i 18 anni, la sua adolescenza la istigò a uscire fuori da quella scuola in cui mal volentieri stava. Nella sua libertà incontrò un ragazzo e lì capì di sentirsi considerata e amata perché questo ragazzo le disse che lui era cristiano e le insegnò l’amore puro ridonandole la dignità di donna per condurla fino al sacramento del Matrimonio. Non andò proprio così perché questo ragazzo morì. Mariangela incontrò la disperazione fino a sfidare Dio.
La vita andò avanti e chiese aiuto ad una psicologa,
ma quest’ultima, dopo due anni, si rivelò la responsabile di una setta satanica. Mariangela ci cadde dentro al punto che fu spinta, per dar segno di adesione a questo gruppo, ad andare ad uccidere Chiara Amirante, fondatrice della comunità Nuovi Orizzonti. Lì, però, l’Amore di Dio trionfò e le cambiò la vita. Iniziò nuovi percorsi di vita, fece qualche anno con le monache di clausura. Oggi si ritrova a parlare della sua esperienza e dell’incontro con Dio. Dio era sempre lì, al suo fianco, anche se lei non aveva mai percepito la sua presenza anche nei suoi dolori e nelle sue terribili disavventure.
Ecco invece cosa vuol dire avere fede in Dio: saper leggere e comprendere la relazione che Lui ha con noi. Dio c’è sempre! Tocca a noi, essere in grado di scoprirlo, accoglierlo nella nostra vita e farci accompagnare. Mariangela ha testimoniato cosa significhi veramente mettere Gesù al primo posto. E’ vero. Se mettiamo Dio al primo posto, ci sentiamo presi da Lui. Questa esperienza di Mariangela che si è lasciata incontrare da Dio in un momento drammatico della sua vita, ci mette in guardia e ci spinge a mettere Dio al primo posto. Questo ci porta a creare una relazione con Dio stesso.
La relazione profonda che si genera giorno dopo giorno, riempie quel senso di vuoto che talvolta ci pervade l’anima e a cui non sappiamo dare alcuna risposta. Se abbiamo una relazione personale con Dio, lo ascoltiamo, lo percepiamo vicino, lo vediamo. Nulla avviene per caso. Il Signore sa adoperare anche ciò che accade nella nostra vita per mettersi in relazione con noi.
Torniamo alla frase inziale: casi impossibili ne avremo ma una relazione vera e forte con Dio ci assicura che ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Lui. Forse sono solo tante parole, tante riflessioni, nulla di concreto. Ma è il mistero. Quel mistero che celebriamo in ogni Eucaristia ci dà forza e ci riempie la vita perché appunto nella Eucarestia è la pienezza della nostra relazione con Lui.
A cura dell’Ufficio di Pastorale delle Comunicazioni Sociali
Nato il 21 giugno 1928 a Bressa di Campoformido, don Luigi Zuliani fu ordinato sacerdote nel 1959 per la famiglia religiosa dei salesiani di don Bosco. In gioventù fu compagno di studi del cardinale emerito di Hong Kong Jaseph Zen. Per lunghi anni fu missionario in Cina e a Hong Kong, terre da cui rientrerà in Friuli nel 1978. Proprio in quell’anno venne incardinato nel clero diocesano udinese. Fu nominato parroco di Vissandone, un ministero che svolse fino al 1983. Divenne poi vicario parrocchiale della Cattedrale udinese di S. Maria Annunziata, collaboratore nella chiesa di S. Giacomo contestualmente all’incarico di cappellano ospedaliero all’istituto “Gervasutta” di Udine. Sacerdote fedele al suo impegno, semplice e discreto, ha concluso la sua vita terrena nella casa di “Fraternità sacerdotale” a Udine.
Un grazie di cuore da parte di questa Parrocchia che lo ricorda oggi nella S. Messa.
Le esequie di don Luigi Zuliani sono state presiedute dall’Arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato venerdì 20 maggio, alle 10.30, nella chiesa parrocchiale di Bressa.
NON SOLO LE ROSE
Carissimi, ogni anno, il 22 maggio, ritorna la memoria di S. Rita di Cascia, cui molta gente è devota per tanti motivi. Chi desidera una grazia, chi segue la tradizione della propria mamma, chi si trova nella situazione della santa che presenta varie esperienze di vita: moglie, madre, vedova, monaca. Credo che il suo messaggio si possa riassumere in poche parole, dense di contenuto:
Siate santi
Alla santità tutti siamo stati chiamati nel giorno del nostro Battesimo. Siamo chiamati ad un cammino di trasformazione della nostra vita, incontrando il Signore al quale siamo uniti come tralci alla vite. È un legame molto forte. Senza di Lui non possiamo vivere la vita cristiana. Egli ci cura, ci ama, ci purifica ci dà vita. Dalla comunione con Cristo nasce la comunione nostra con gli altri, che ci testimoniano a loro volta l’amore verso Dio e verso il prossimo. Sono tralci anche loro che vivono della stessa linfa che è la vita di Dio. Vivono accanto a noi, nei nostri condomini, sono vicini di casa, sono nostri parenti. Li incontriamo in famiglia, al lavoro, nella scuola, al mercato cioè nella concretezza della vita di tutti i giorni.
Perdonate
Non ci può essere santità senza amore. L’amore ha le sue esigenze
per essere tale. Non sono le genuflessioni, gli occhi rivolti in alto, i sospiri ma i comportamenti che esprimono giustizia, pazienza, aiuto, comprensione, misericordia. Il perdono poi è l’apice dell’amore. Santa Rita perdonò gli uccisori del marito e ottenne la grazia di convincere i figli a fare altrettanto. Non dimentichiamoci di perdonare anche noi stessi. Il Signore non bada al passato ma prospetta sempre un futuro luminoso.
Amate la croce
Il dolore non risparmiò santa Rita. La vita piuttosto problematica col marito e la morte di lui, la morte dei due figli, la vita nel convento, la malattia, la spina confitta sulla fronte hanno segnato di sofferenza la sua vita. Tutto questo diventò per lei assunzione della croce ed espressione di un amore che la portarono alle alte vette della santità. Così la definì Giovanni Paolo II nell’ udienza del 20 maggio del 2000:
“Discepola del Crocifisso ed esperta nel soffrire, imparò a capire le pene del cuore umano. Rita diventò così avvocata dei poveri e dei disperati, ottenendo per chi l’ha invocata nelle più diverse situazioni, innumerevoli grazie di consolazione e di conforto”.
Carissimi fedeli, comprendiamo bene che non basta benedire le rose. Questo segno di bellezza raccoglie contenuti di vita cristiana che possiamo assumere, unendoci intimamente al Signore e trovando forza e coraggio di testimonianza in particolare nella partecipazione ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia. Un cordiale saluto a tutti. Il Parroco Mons. Luciano Nobile
Carissimi fedeli,
sono don Lawrence, il sacerdote ghanese che fino alla Settimana Santa celebrava la S. Messa delle ore 9.00 ogni domenica in cattedrale ed era disponibile per le confessioni nelle mattinate quando era libero dalla dialisi cui era costretto tre volte alla settimana.
Il giorno di Venerdì Santo ho partecipato alla Via Crucis a San Giacomo con altri miei confratelli che erano venuti a trovarmi. Durante la celebrazione, la mia semplice preghiera era: ”Dio, per favore, trova un rene per me entro la fine di quest’anno”.
Quando abbiamo finito, sono tornato a casa verso le ore 19.00.
Appena entrato nella mia stanza ho ricevuto una chiamata dal Centro Trapianto di Santa Maria della Misericordia, Udine. Il medico si è presentato e mi ha detto: “Abbiamo un rene per lei, se è interessato venga qui entro 30 minuti”. Non ci credevo. Due miei amici mi avevano fatto visita da Roma ed erano con me. Mi inginocchiai, hanno pregato per me, ho ricevuto la loro benedizione e sono andato diritto in ospedale, lasciando i miei amici alle spalle.
Lì mi hanno fatto una serie di esami medici e mi sono sottoposto alla mia ultima dialisi. Al mattino del giorno seguente, Sabato Santo, sono stato portato in sala operatoria. L’operazione è durata quattro ore e tutto è andato bene.
Sono stato in terapia intensiva tutto il giorno. Poi, Domenica di Pasqua, mi hanno mandato in un altro reparto. È stata veramente una Pasqua di resurrezione, non solo spirituale ma anche fisica per me! Sono stato dimesso esattamente due settimane dopo. Tutto è stato molto rapido. Per me è stata una grazia di Dio. Vorrei esprimere un sincero apprezzamento all’Arcivescovo, monsignor Andrea Bruno per avermi accolto in questa diocesi ed aver preso cura di me in tutto. Ringrazio molto don Luciano che è stato come un padre per me e mi ha dato tutta l’assistenza necessaria. Ringrazio tutti voi, nostri parrocchiani, per avermi fatto sentire come a casa, in famiglia e per tutte le preghiere che offrite per me tutti giorni. So che questo trapianto, fatto così presto è un miracolo ed è avvenuto anche per le vostre preghiere. Vi ringrazio di cuore.
Vi chiedo di continuate a pregare per me mentre mi sto ancora riprendendo. Io contraccambio il vostro affetto con la preghiera per voi, per le vostre famiglie e per i vostri cari. Non vedo l’ora di unirmi a voi, presto, in chiesa. Amo Udine. Amo l’Italia. Nell’ospedale di Udine mi sono trovato benissimo. Devo dire grazie ai medici, agli infermieri/e, a tutti coloro che lavorano nell’Ospedale. Dio li benedica tutti.
Don Lawrence Gyamfi
Parrocchia di S. Maria Annunziata
nella Chiesa Metropolitana
Piazza del Duomo
33100 Udine (UD)
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SEGRETERIA PARROCCHIALE
Via A. di Prampero, 6
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