PRETE E ORGANARO
Singolare per molti aspetti è stata la figura di don Pietro Nachini (1694-1769), religioso e organaro attivo nell’ambiente veneto e friulano di trecento anni fa. Entrato diciottenne nel convento dei frati minori osservanti di Sebenico, viene mandato a Venezia dove prosegue gli studi teologici, di matematica e di architettura e inizia a occuparsi di strumenti a canne. Ordinato prete, esce dal convento per vivere nel clero diocesano e impegnarsi, insieme a due confratelli in una impresa organaria, che poi continuerà in maniera autonoma, con una bottega che gli guadagnerà la riconosciuta fama di più celebre e richiesto costruttore di organi a canne della scuola veneziana settecentesca. Uno dei suoi primi organi si trovava nell’ora distrutta chiesa dei Domenicani a Cividale del Friuli, molti altri strumenti, più di 400 in tutto, egli costruì insieme agli aiutanti e allievi Dacci, Callido e Da Re, per le chiese dell’intero arco dell’Adriatico, dalle Marche alla Dalmazia. Pregevoli opere per le chiese di Udine, di Tarcento e di Tolmezzo sono andate disperse o furono ricostruite, ma due capolavori ancora funzionanti sono collocati nel nostro Duomo, rispettivamente nelle navate laterali di sinistra e di destra e sono stati più volte restaurati a cura della ditta Zanin di Codroipo. Agli inizi del Settecento, il transetto già barocchizzato della Cattedrale viene ulteriormente riformulato con il rifacimento in stile rococò che ora ammiriamo. Nell’occasione, anche i due organi cinquecenteschi, insieme al loro apparato decorativo, vengono profondamente modificati e arricchiti. Le preziose casse a cinque arcate vengono aggiornate e ingrandite e allargati gli spazi per le cantorie. Nel 1732 viene affidato l’incarico all’organaro veneziano G. Pescetti, ma un decennio più tardi si deve intervenire con un rifacimento completo, questa volta affidato all’organaro Nachini, che nel frattempo metteva solide radici in Friuli, acquistando una villa a Corno di Rosazzo, dove trascorrere periodi di riposo e di ripresa dai malanni della salute. Datato al 1745, 100° opera della bottega Nachini, l’organo di destra ha poi subìto danni nella prima guerra mondiale, è stato più volte restaurato e da 50 anni è collegato elettricamente a un terzo corpo di canne, collocato in presbiterio, mediante una moderna consolle a 4 tastiere, pur rimanendo la possibilità di essere suonati in maniera indipendente. Proprio questi strumenti sono stati impiegati nel recente concerto del 7 novembre, con l’esecuzione, tra l’altro, di due concerti per organo e orchestra di M.E. Bossi e di M. Arnold. Di notevole interesse storico è anche il monumentale strumento di sinistra (1751), che conserva l’unica tastiera superstite tra quelle di grandi dimensioni realizzate dall’organaro dalmata. Unico è anche il piccolo organo positivo tergale, formato da soli tre registri, le cui canne si vedono spuntare nella campitura centrale della cantoria.
In questo, come in molti altri casi degli strumenti nachiniani, si nota come la fonica sia orientata verso il completamento della famiglia dei registri con canne di diametro largo e l’inclusione ormai definitiva del registro chiamato ” cornetta”, introducendo inoltre il sistema di collocare le ance davanti alle canne di prospetto per una loro valorizzazione sonora e anche una più agevole manutenzione.
Del particolare affetto dell’organaro per il Friuli e per la sua abitazione di Corno si ha documentazione in una lettera scritta da Venezia il 6 febbraio 1750, indirizzata al commerciante udinese Valentino Antivari, nella quale scrive: “et per maggior certezza, io in breve mi porterò a Corno alla mia casa, per lasciar ivi la mia sorella (Anna) per la sua salute”. La villa, ora nota come Cabassi – Pontotti, era circondata da cortili, orto, giardino e braida di casa, tale da offrire ospitalità per tempi di sosta e di ritempramento delle forze.
Poco dopo la morte del suo protettore, il patriarca Daniele Delfino, don Pietro vende la casa e tutti i possedimenti terrieri di Corno, abbandonando il Friuli per trasferirsi a Conegliano, dove morirà alcuni anni dopo. La causa di una decisione così radicale fu probabilmente nello scontro con il nuovo arcivescovo di Udine, Bartolomeo Gradenigo, che eccepiva lo stile vita di un prete che da sempre faceva l’impresario, pur continuando, anche in casa, a celebrare ogni giorno la Messa. Esempio speciale di doppia fedeltà, alla vocazione religiosa e alla vocazione musicale. Mons. Guido Genero, Vicario Generale
UN CAMMINO NECESSARIO
Carissimi fedeli,
tutti siamo invitati a camminare insieme nella nostra chiesa diocesana ed è per questo che di tanto in tanto vi informo circa i passi che stiamo facendo, animati dalle lettere Pastorali dell’Arcivescovo. La situazione delle nostre comunità cristiane ci spinge ad una collaborazione sempre più intensa tra le parrocchie per essere un segno di comunione tra noi, anche tramite gli organismi di partecipazione che in questi tempi ci stiamo dando. Dopo tante discussioni si è pensato che fosse utile e fecondo dare vita alle Collaborazioni Pastorali (CP) che sono appunto formate da più parrocchie che progettano e collaborano insieme. Noi apparteniamo alla CP di Udine – centro che raggruppa le parrocchie di: S. Maria Annunziata, S. Giorgio, B.V. delle Grazie, SS. Redentore e S. Quirino. Il cammino è difficoltoso ma necessario. Noi apparteniamo al Vicariato Urbano che qui di seguito brevemente vi illustro. Infatti questa è la semplice relazione che ho tenuto nella sala del Centro culturale S. Paolino mercoledì 27 ottobre scorso, davanti ad una numerosa assemblea di sacerdoti e laici, chiamati ad individuare le strade su cui camminare nei prossimi anni, aiutati anche dalle strutture pastorali cui stiamo dando vita. Ecco qui di seguito la presentazione dello stato attuale del nostro Vicariato.
IL NOSTRO VICARIATO URBANO
Il cammino, che oggi registra una tappa importante nella vita pastorale del nostro vicariato, è stato lungo e faticoso, sia per il momento difficile che stiamo ancora vivendo che ha rallentato il passo, sia per il tempo richiesto dalla consultazione degli organi di partecipazione, la presentazione e la lettura dei testi precedenti al Progetto pastorale e postumi, le lettere pastorali dell’Arcivescovo che ci hanno accompagnato motivando scelte ed incoraggiando il popolo di Dio con la luce del vangelo. Coinvolgere tutte le parrocchie non è stato semplice, lo sanno i Parroci Coordinatori. Siamo giunti ad un buon punto, si tratta di guardare con realismo la situazione e di iniziare una nuova parte del cammino che richiede ancora pazienza, convinzione e qualche passo deciso.
Mi avvalgo dal verbale che ha redatto Giovanni Lesa circa l’incontro dei parroci Coordinatori il 6 ottobre scorso. Io ho cercato di sintetizzare e mettere insieme i punti più salienti ed utili all’incontro di stasera. A grandi linee presento la situazione del nostro Vicariato, in questo momento.
1. IL VICARIATO DI UDINE
Il nostro Vicariato geograficamente è costituito da due realtà: La realtà urbana: comprende 7 collaborazioni che inglobano 31 parrocchie, presiedute da 18 parroci. Abitanti 98.000 circa.
La realtà foranea o extraurbana (Comuni di Pasian di Prato, di Campoformido, di Tavagnacco e di Pagnacco): comprende 4 collaborazioni con 16 parrocchie assistite da 10 parroci. Abitanti 37.100.
Nel totale il Vicariato conta 135.100 abitanti circa, 47 parrocchie, 28 parroci.
2.ELEMENTI DI RILIEVO
Le nostre parrocchie sono dotate di sufficienti servizi pastorali e di operatori pastorali che meritano essere accompagnati da vicino per il servizio che svolgono.
In questi anni si è notato un calo di presenze alle celebrazioni, accentuato dalla pandemia che causa ancora paure, resistenze e assenze.
a) La zona urbana
Le parrocchie soprattutto del centro vivono le problematiche sociali causate dalla solitudine, dalla anzianità e dalla denatalità. La presenza degli immigrati, le povertà e le difficoltà di relazione tra le persone emergono maggiormente nella zona urbana che in quella extraurbana.
b) La zona extraurbana
È formata da paesi piccoli e grandi e la gente vive le dinamiche proprie delle periferie, nel senso che accanto al nucleo storico del paese antico si sono aggiunte altre famiglie che stentano ad integrarsi nelle comunità locali. Alle volte è difficile incontrare le persone perché escono dal paese e gravitano nella città per il lavoro e la vita civile.
3. PUNTI DI FORZA
La catechesi si tiene in tutte le parrocchie ma ci sono anche esperienze di collaborazione sia in città che fuori, in particolare per quanto riguarda i ragazzi delle scuole medie e i cresimandi. Le iniziative di carità si sono sviluppate anche attraverso la collaborazione di diverse parrocchie: Centri di distribuzione di generi alimentari, varie esperienze di centri di ascolto, diversi oratori che accolgono tutti i ragazzi a qualsiasi religione o nazionalità appartengano.
Sono presenti nel Vicariato anche numerose comunità religiose femminili che stanno prestando il loro servizio pastorale nelle parrocchie e nelle Collaborazioni pastorali, specialmente nella catechesi, nella animazione liturgica e nel settore caritativo, con una attenzione particolare alla visita alle persone anziane e malate esercitando il ministero della consolazione. Anche le comunità religiose maschili sono disponibili specialmente per la celebrazione delle Sante Messe. Diversi diaconi sono al servizio delle nostre parrocchie o comunque operano in qualche settore della pastorale.
Non dobbiamo dimenticare la preziosa collaborazione di tanti laici nelle nostre parrocchie non solo a livello di realizzazione delle attività pastorali ma anche di corresponsabilità nella condivisione di obiettivi e scelte pastorali, segno di una maturazione nella consapevolezza di essere parte viva e responsabile del popolo di Dio. Il cammino è stato più semplice nelle collaborazioni che hanno un parroco solo ma sembra ormai che la maggioranza delle parrocchie abbiano accettato il progetto diocesano, in particolare là dove si è procurato di parlarne fin dagli inizi del cammino. Comunque le resistenze stanno calando e speriamo che anche i “NO CP” superino le paure e tutti possiamo collaborare procedendo tranquilli, anche grazie alla cosiddetta “Immunità di gregge”.
4. IL CONSIGLIO DI COLLABORAZIONE PASTORALE
È già costituito in 8 collaborazioni su 11. Uno sarà formato entro breve tempo e di due non si sanno ancora notizie certe. Non sono stati individuati ancora tutti i referenti dei vari ambiti. In genere si è pensato di iniziare con le attività tradizionali della chiesa: catechesi, liturgia, carità. Ma anche la pastorale giovanile sta compiendo sforzi per interessare tutte le parrocchie e offre iniziative anche nuove. Gli ambiti della cultura e della comunicazione meriterebbero essere incoraggiati ed incentivati. Solo una collaborazione ha evidenziato la pastorale della famiglia. Una sola CP ha iniziato ad abbozzare il proprio progetto, ma in questa fase di progettazione nelle varie collaborazioni penso che dovremo richiedere l’aiuto dei competenti per essere corretti nella formulazione e nella attuazione. Credo che il Progetto Diocesano “Siano una cosa sola perché il mondo creda” vada rivisitato dalle CP per cogliere le opportunità per l’azione missionaria sul territorio friulano, azione che non dobbiamo dimenticare poiché e essenziale nel nostro tempo.
Il territorio friulano è cambiato. Non descrivo la situazione perché tutti ne siamo al corrente. Ormai ci rendiamo conto che di fronte ai cambiamenti è necessaria la collaborazione perché la pastorale sia efficace.
Il 9 ottobre scorso il Papa ha aperto il cammino sinodale che ha trovato poi la sua dimensione regionale nell’incontro di preghiera con i vescovi ed alcune rappresentanze delle 4 Diocesi avvenuto domenica 17 ottobre ad Aquileia. Gli interventi del Papa in merito offrono delle indicazioni che possono illuminare il nostro cammino intrapreso. Papa Francesco ci invita ad esperimentare iniziative nuove senza rimpianti del passato, a percorrere strade nuove, a promuovere buone pratiche. Certamente è un impegno nuovo quello che stiamo progettando, visto che “la cristianità non esiste più ma non è finito il cristianesimo” come afferma il card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo. Sentiamo l’urgenza di essere lievito nella nostra storia, altrimenti “finiamo dentro ad un museo” dice il Papa, ed il dovere di confrontarci col mondo sulle grandi questioni della attualità. Certamente è necessaria la formazione personale e comunitaria accanto alla preghiera che nutre l’impegno quotidiano. Mi rendo conto di non aver detto tutto, dovendo sintetizzare al massimo. Era soltanto una breve panoramica sulla situazione del nostro Vicariato, che voi saprete integrare ed arricchire soprattutto suggerendo percorsi che possano entusiasmarci in una chiesa che si sente ed è per sua natura missionaria.
Udine 27.10.2021 Il Vicario Urbano, Mons. Luciano Nobile
Giornata missionaria mondiale.
Sono stati raccolti 3.010,00 € (Duomo 2.040 + S. Pietro martire 970,00).
Un grazie da quanti beneficeranno di questa offerta.
CREDERE O NON CREDERE?
Credo la comunione dei santi
“Credo la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna”. Queste parole tratte dalla professione di fede apostolica hanno un suono molto particolare nei giorni di Ognissanti e della commemorazione dei defunti. Il termine “comunione dei santi” ha due significati, strettamente legati: “comunione delle cose sante” e “comunione tra le persone sante”.
La comunione delle cose sante si riferisce in primis all’Eucaristia con la quale viene rappresentata l’unità dei fedeli, che costituiscono un solo corpo in Cristo, ma vi è anche la comunione nei sacramenti, nei carismi, nella comunità cristiana. Dovrebbe essere anche nel sollevare dalla miseria i fratelli più poveri.
La comunione tra le persone sante sta a significare che nel nostro cammino di fede non siamo soli ma esiste una comunione di vita tra tutti battezzati, tra tutti coloro che appartengono a Cristo. La comunione dei santi va al di là della vita terrena, va oltre la morte e dura per sempre. C’è quindi un legame profondo e indissolubile tra quanti sono ancora pellegrini in questo mondo (cioè noi) e coloro che hanno varcato la soglia della morte per entrare in un’altra dimensione di vita, nell’eternità (i nostri cari defunti). Questa breve premessa è per ricordare che con la morte non cessa l’unione coi nostri cari, ma si trasforma, non è più come presenza fisica ma come scambio d’amore tra noi e loro, in attesa della resurrezione.
In questo contesto ho provato a chiedere a un credente e a un non credente o che si professa tale: Perché morire con o senza una preghiera, con o senza l’unzione degli ammalati, con o senza funerale in chiesa? Perché visitare il cimitero in questi giorni? C’è una speranza dopo la morte o il nulla?
Chi ci crede e chi non crede
Un credente mi ha riferito di aver appreso la dimensione religiosa dai propri genitori e, avendone tratto una positiva esperienza, ha proseguito il suo percorso di vita nella fede seguendo le indicazioni della Chiesa anche per quanto riguarda la cultura cristiana delle esequie.
Ha proseguito poi dicendomi che, pur non essendo in grado di comprendere tutto, soprattutto cosa ci sia oltre la vita, ha esperimentato che la fede gli è stata d’aiuto nel superare alcuni eventi luttuosi. Afferma che dopo la morte, qualcosa c’è, non tutto finisce con la morte e i defunti possono ancora donarci amore e noi a loro.
Diverso l’approccio con una persona che si è professata atea. Mi ha spiegato di non credere nell’al di là, tantomeno nel paradiso o nell’inferno. A suo dire, con la morte tutto finisce. Con queste premesse mi ha fatto intendere che il funerale in chiesa sarebbe celebrato solo per consuetudine, per salutare in qualche forma il proprio caro defunto. Altrettanto chiaramente mi ha detto di non essere disposto a far celebrare una Messa in memoria di un defunto né tantomeno di andare, con dei fiori, a salutarlo in cimitero.
Celebrare la Messa per i defunti…
La morte spezza alcuni legami tipicamente umani: lo sguardo, il contatto, l’ascolto della voce… tuttavia la morte non spezza l’amore e il desiderio di mantenere viva, sebbene in altro modo, quella comunione con i nostri cari che, talvolta con fatica, abbiamo cercato di edificare in questo mondo. L’amore ha bisogno di gesti e di parole per potersi esprimere e non si accontenta mai delle sole intenzioni. Celebrare l’Eucaristia per i defunti allora un atto di amore, un dono che domanda di essere riscoperto in tutta la sua ricchezza e bellezza. Quando un fedele chiede alla comunità cristiana (mediante il sacerdote) di celebrare l’Eucaristia, ricordando in modo particolare qualche defunto, esprime nei confronti di chi ha già attraversato la soglia della morte un gesto di assoluta gratuità. Non si limita infatti a ricordarlo personalmente, ma lo colloca nel cuore stesso del Mistero dell’Amore; chiede al Padre che lo immerga nel Sangue dell’Agnello che redime da ogni colpa, invoca per il defunto il dono di gran lunga più prezioso e che solo Dio può dare, ossia la vita piena. È un dono che viene elargito nella speranza, ossia nell’atto dell’affidarsi al Dio fedele che non abbandona la nostra vita nel sepolcro (cf. Sal 15). Per questo celebriamo e partecipiamo alle Messe per i defunti. È un incontro con tutti quelli che vivono in Dio. È un momento nel quale noi incontriamo i nostri cari. Cielo e terra, vivi e defunti si uniscono nella lode del Signore. Ettore Candotti
CATTEDRALE:
SS. Messe: Ore 7.30 – 10.30 – 19.00 presiede l’Arcivescovo, canta la Cappella Musicale.
CHIESA DI S. GIACOMO:
SS. Messe: Ore 10.00 – 17.30 (Confraternita del suffragio)
Ottavario dei Defunti
Ore 17.00 Recita del S. Rosario per i defunti.
Dal 2 al 9 novembre alle ore 17.30 viene celebrata una S. Messa per la Confraternita del Suffragio.
Attenzione: Sabato 6 novembre alle 17.30 e domenica 7 novembre alle 11.30 a S. Pietro martire.
INDULGENZA PLENARIA PER AMORE AI DEFUNTI
Dal mezzogiorno di domenica 31 ottobre alla sera del 1° novembre
Visitare una chiesa pregando. Confessarsi e comunicarsi in questi giorni. Recitare il Credo, il Padre nostro ed una preghiera secondo le intenzioni del Papa.
La stessa indulgenza si può ottenere anche visitando un cimitero dall’1 all’8 novembre.
GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE
Era una giornata che ci portava lontano da casa, nei paesi di missione, dove i missionari andavano ad annunciare il vangelo superando difficoltà enormi: povertà, diversità di costumi, lingua, clima, religioni varie. E noi, ammirati del loro esempio di dedizione, pregavamo per loro e raccoglievamo le offerte o prendevamo qualche iniziativa di carità per alleviare un po’ le popolazioni povere di cui ci parlavano appunto i missionari che ogni anno giungevano nelle parrocchie a raccontarci le loro esperienze. Certamente anche oggi ci sono missionari encomiabili che già stanno donando la vita ed altri partono sempre con rinnovato entusiasmo. Perché? Perché la chiesa è per sua natura missionaria, non può chiudersi tra le sue mura, in difesa, per paura di perdere anche quello che ancora riesce a conservare. Se conserva una fede viva, sente la necessità di uscire sulle strade e di camminare insieme con tutti, nel mondo, come popolo di Dio che porta una parola di vita eterna. Per questo anche la nostra diocesi ha preparato un progetto pastorale che ha per finalità l’azione missionaria nel territorio friulano e, pur nelle difficoltà, cerca delle opportunità per essere sé stessa. Ha per titolo:
“Siano una cosa sola perché il mondo creda”.
È il punto di partenza per ogni missione. Dio è così, è comunione di tre persone, e Gesù ha fatto così in comunione col Padre e con noi, grazie alla potenza dello Spirito Santo e la sua missione attraversa i secoli con l’opera della chiesa. Come ho richiamato qualche domenica fa, l’arcivescovo ci ha scritto una lettera pastorale: “Prendete il largo e gettate le vostre reti per la pesca” con fiducia, con coraggio, con entusiasmo, chiamando tutta la chiesa udinese a riaccendersi di passione missionaria. La comunione delle parrocchie nelle Collaborazioni Pastorali, è solo un piccolo segno che desidera mettere in luce e in atto questa passione, condividendo speranze, possibilità e forze, superando campanilismi e chiusure. Le lamentele continue ed il pessimismo a me sembra che partano più da scoraggiamenti personali che da situazioni esterne. I piagnistei nascondono un brutto difetto che è la presunzione di essere noi a salvare il mondo. L’entusiasmo viene dall’alto, dallo Spirito che attraversa il mondo anche oggi come sempre. È a Lui ed alla sua opera che noi affidiamo le nostre forze e la nostra collaborazione, con umiltà.
Domenica scorsa, nel pomeriggio, ho potuto partecipare ad Aquileia, ad una celebrazione presieduta dai 4 Vescovi della nostra Regione Friuli Venezia Giulia, per metterci in sintonia con il Papa.
Il Papa ha aperto il Sinodo dei Vescovi, un cammino sinodale.
Immagino che questa parola “sinodale” non sia usuale ai nostri orecchi. Pertanto vale la pena spendere qualche parola di spiegazione. Cosa significa “Sinodo”? La parola deriva dal greco. “Syn” (cum latino) vuol dire “insieme”, richiama cioè l’unità. “Hodos” è la via, la strada per raggiungere una meta, che è il Regno di Dio.
Non interessa solo i Vescovi, ma tutta la chiesa, cioè il popolo di Dio per intero. Con chi camminiamo insieme? Con Dio, prima di tutto, e verso Dio. Allora è necessario conoscere questo Dio, rapportarsi a Lui, fare attenzione a ciò che ha fatto a favore dell’umanità nei tempi lontani e recenti. Sembrano cose scontate. Vi garantisco che non lo sono. Ho l’impressione che Dio sia ancora sconosciuto a tante persone, qui, tra noi, in questa città. Cammino sinodale significa prima di tutto percorrere la strada della conoscenza di Dio, nella preghiera, per mezzo dei sacramenti e della sua Parola. Sinodo è camminare con Cristo, Figlio di Dio, che è la via, la verità, la vita. Sinodo vuol dire conoscere Dio attraverso i fratelli. con i quali camminiamo nella vita. Ci sono dei fratelli che non conoscono Cristo, camminiamo verso di loro perché anche in loro, nel profondo del cuore Cristo c’è. Anche se non lo sanno. Vorrei dire ancora qualcosa di più: Nel cuore di ogni uomo c’è il desiderio di Dio, cercato forse per altre strade.
Vogliamo proseguire? Perché non sentire le voci dei giovani e degli anziani? Perché non sentire le voci di quanti ci criticano? Questo non ci fa piacere ma ci purifica, ci sollecita, ci sospinge, ci aiuta ad essere fedeli al Signore e umili e a considerare il comune destino di tutta l’umanità.
Ho la speranza che questo sinodo, vissuto insieme nelle parrocchie, porti i suoi frutti.
Il Papa ci ha suggerito tre parole-chiave illuminanti: Comunione, partecipazione, missione. Ci mette in guardia contro tre pericoli: Immobilismo, abbarbicati cioè al “si è sempre fatto così” che tarpa le ali e si adatta all’aria viziata e consumata. Formalismo, che riduce tutto “a una bella celebrazione con canti, incensi, paramenti” cioè “a una bella a facciata”. Intellettualismo: interventi colti ma astratti sui problemi della chiesa e sui mali del mondo, cioè un “parlarci addosso” che finisce poi nelle varie classificazioni ideologiche. Il Papa ci fa intravvedere tre opportunità: Favorire una chiesa dell’incontro, che incontra il Signore nella preghiera, si incontra nei suoi membri e diventa esperta nell’incontro con gli altri. Diventare una chiesa dell’ascolto, che ascolta lo Spirito, le sorelle e i fratelli, sulle loro speranze, sulle crisi di fede, sulle urgenze pastorali. Diventare una chiesa della vicinanza, con la sua presenza, con i legami di amicizia con la società e col mondo.
Ed allora “in nomine Domini” mettiamoci in cammino. Buona domenica! Il Parroco Mons. Luciano Nobile
ADSUMUS, SANCTE SPIRITUS
PREGHIERA PER IL SINODO
Siamo qui dinanzi a te, Spirito Santo:
siamo tutti riuniti nel tuo nome.
Vieni a noi, assistici, scendi nei nostri cuori.
Insegnaci tu ciò che dobbiamo fare, mostraci tu il cammino da seguire tutti insieme.
Non permettere che da noi peccatori sia lesa la giustizia, non ci faccia sviare l’ignoranza,
non ci renda parziali l’umana simpatia, perché siamo una sola cosa in te e in nulla ci discostiamo dalla verità.
Lo chiediamo a Te, che agisci in tutti i tempi e in tutti i luoghi,
in comunione con il Padre e con il Figlio, per tutti i secoli dei secoli.
Amen
Carissimi amici,
è giovedì sera. Sono appena tornato a casa dal duomo dove ho presieduto la celebrazione del sacramento della Penitenza cui hanno partecipato i cresimandi, i genitori ed i padrini e le madrine. È stato un momento importante per loro ma anche per noi, per le nostre parrocchie del centro città che, nonostante la dispersione o le relazioni un po’ sfilacciate, ancora riescono ad aggregare un gruppo di persone attorno ai sacramenti della nostra salvezza. Davvero il Signore fa la sua strada e affida il suo messaggio alla nostra collaborazione, si fida di noi più di quanto noi ci fidiamo di Lui.
I cresimandi
Sono ragazzi che hanno frequentato il catechismo in questi due anni, frequentano le scuole superiori e riceveranno la S. Cresima sabato prossimo alle 16.30 in cattedrale. Sono stati seguiti dai catechisti Simone, Giorgio, Sergio, Gabriele che vogliamo ringraziare, anche perché questi due anni non sono stati facili a motivo della pandemia. Il Vescovo mi ha delegato a celebrare questo sacramento e debbo dire che sono contento perché, non sono ragazzi a me del tutto estranei come mi succede le volte in cui vado a cresimare nelle parrocchie fuori città, ma sono ragazzi che ho incontrato qualche volta alle veglie di preghiera o addirittura ragazzi che ho battezzato, ai quali ho dato la Prima Comunione ed ora anche la Cresima. Mi pare di essere quasi “di famiglia” nelle loro famiglie, soprattutto nella famiglia dei figli di Dio che è la chiesa. I legami spirituali sono importanti come quelli del sangue. Invito tutta la comunità ad invocare lo Spirito del Signore su questi giovani, lo spirito di forza, di sapienza e di amore.
La parola ed il silenzio
Abbiamo iniziato anche la catechesi per i bambini, i ragazzi ed i cresimandi. Tutti si sono messi in cammino. Ma cosa è la catechesi. “È una educazione della fede dei bambini, giovani e adulti, la quale comprende in special modo un insegnamento della dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 5). Anche noi sacerdoti e catechisti ci siamo avviati con loro per dare una testimonianza e non solo delle conoscenze religiose. Il perno è la Parola di Dio, letta, meditata, gustata, trasmessa come una luce che passa di mano in mano, da cuore a cuore. La Parola di Dio ci supera, ci avvolge, ci illumina. Direi qualcosa di più, noi siamo immersi nella Parola di Dio. Ci dà un progetto di vita. In questa parola troviamo il senso del vivere, del nascere e del morire, dell’amare e del donarsi, del lavorare e del riposare. Però non basta la Parola, occorre anche il silenzio che ascolta, che accoglie, che si lascia animare. Da qui nascono la nostra gratitudine, la preghiera, l’adorazione, il ringraziamento. Il Dio vivo riempie ogni spazio di silenzio. “La Parola zittì chiacchiere mie” così dice il poeta Clemente Rebora. Il silenzio interiore è una caratteristica del credente.
Fiducia nella Parola
La parola di Dio, seminata nei cuori, porta frutto. Non sappiamo quanti frutti, non sappiamo quali, non sappiamo quando matureranno. Noi siamo chiamati a seminare e, se raccogliamo, raccogliamo ciò che altri hanno seminato. Abbiamo questa libertà, non ci lasciamo condizionare dai risultati. Quando il Signore vorrà, la pianta crescerà e produrrà i suoi frutti.
Una piccola esperienza
Vi voglio raccontare un fatto vero che mi è successo qualche domenica fa. Entro alle 7.20 in chiesa per la Messa. Mi ferma un uomo e mi consegna una lettera dicendomi di celebrare una S. Messa per la sua mamma deceduta qualche anno fa. Gli chiedo il nome della mamma che poi ricordo nella Messa. Nel pomeriggio rientro a casa, apro la lettera e leggo lo scritto accluso dove mi viene ricordato una esperienza di 50 anni fa.
“Caro don Luciano, ho seguito la Messa in streaming che lei ha celebrato tutte le domeniche mattina durante l’estate. Ricordando l’opera di Dante ha citato l’ultimo verso dell’Inferno “e quindi uscimmo a riveder le stelle” e poi quello del Purgatorio “puro e disposto a salire alle stelle”, quindi del Paradiso “l’amor che move il sole e l’altre stelle”. Sempre le stelle venivano citate e lei ci invitava a vivere un umanesimo non quello impoverito che guarda solo a terra ma quello ricco di Dante che sa rivolgersi verso l’alto.
Mi sono ricordato dell’esperienza che lei, 50 anni fa, ha proposto a noi ragazzi. Ci ha portati sul prato davanti alla casa di…. dopo il Rosario del mese di maggio: ci ha disposti in cerchio, seduti sull’erba ed in silenzio ci ha detto di contemplare le stelle. Io ero un ragazzo birichino e vivace, non ho capito subito l’esperienza. L’ho capita man mano che sono andato avanti nella vita. Bisogna guardare in alto per camminare lungo il retto sentiero sulla terra”.
Cosa voglio dire, cari amici? Una piccola esperienza che, sinceramente io non ricordo, ha illuminato la strada di una persona che ne dà testimonianza dopo 50 anni. Allora, genitori, insegnanti, catechisti, sacerdoti, religiosi/e, seminiamo sempre, senza stancarci, con fiducia. Il seme è buono e ricco, ha in sé la potenza di Dio, porta frutto. Compiamo insieme un atto di fede. Buona domenica! Don Luciano Nobile, Parroco
QUESTA PAROLA
Sì, devo tendere l’orecchio se voglio sentirti, Signore. Perché tu non parli a voce alta, non ti riveli nel fragore del tuono e della bufera, non scegli il fragore terribile del terremoto che tutto sconquassa, né il rumore del mare in tempesta. La tua voce è come il soffio di una brezza leggera. E così la può intendere solo chi ha un orecchio teso, un orecchio esperto, affinato, pronto.
Tra mille suoni che circondano la mia testa ed il mio cuore, la tua voce si fa riconoscere per il suo timbro inconfondibile. È una voce che va dritta fino alla coscienza, una voce che ridesta dal sonno che scuote e che ci mette davanti ad un invito che cambia la vita, davanti alle proprie scelte, davanti alle proprie responsabilità. La tua voce è dolce quando consola, sicura quando rianima, terribile quando rivela il peccato che si annida nel cuore. Non lasciarmi mancare, mio Dio questa parola che nutre la mia vita.
SULLA TUA PAROLA…
Carissimi parrocchiani e voi che frequentate le chiese della Parrocchia di S. Maria Annunziata,
riprendiamo con entusiasmo l’anno pastorale con le iniziative proprie della chiesa quali la catechesi, la liturgia e la carità. Il nostro Arcivescovo ci ha fatto dono di una nuova lettera pastorale che ha per tema l’invito del Signore agli apostoli:
”Prendi il largo e gettate le reti per la pesca”.
Il Vescovo prende le mosse dalla situazione di pandemia che ancora stiamo vivendo mentre speriamo fortemente che vada verso la fine. Ci illumina commentando il fatto della pesca miracolosa, narrata da S. Luca nel suo Vangelo, capitolo 5 dal versetto 1 all’11. È un racconto che rincuora, che apre alla speranza, che dona forza nel nostro cammino. Giunge anche a proposito, perché il mese di ottobre tradizionalmente dedicato alle missioni, ci richiama la nostra missione di cristiani, personale e comunitaria. Forse nell’aria si nota un po’ di scoraggiamento, quello che gli apostoli sentivano dopo una notte di fatica senza aver pescato nulla e certamente non volevano provare inutilmente di giorno.Gesù sale sulla barca di Pietro, sulla barca della nostra vita quotidiana e ci invita a seguirlo con tante altre persone. Ma vale la pena continuare ad accogliere la Parola di Gesù, testimoniarla nella carità, celebrarla nella liturgia? Vale la pena, ci chiediamo. La barca della nostra vita è fragile. Anche la barca della chiesa è piena di difficoltà interne ed esterne. Gesù si avvicina a noi, ci guarda con amore mentre entriamo su questa barca con Lui ed affrontiamo il mare aperto della società attuale, con la sua storia, le sue aspirazioni, i suoi tormenti, le sue attese, i suoi traguardi tecnici e scientifici, le sue delusioni. È in questo momento difficile che Gesù dice a ciascuno di noi come a Pietro: ”Prendi il largo e cala le reti” cioè abbi fiducia. Con Pietro anche noi rispondiamo:
”Sulla tua Parola calerò le reti”.
“Sulla tua Parola proseguo il cammino di vita cristiana con tante altre persone, nonostante tutto. Ti rispondo: Eccomi.” Così hanno fatto tante persone, note alla Bibbia. È questa una luce di speranza che attraversa tutto il testo biblico. Il Signore compie il segno miracoloso.
Pertanto ripartiamo con alacrità dall’ascolto della Parola e mettiamola in pratica e così impariamo a vivere la presenza di Dio in mezzo a noi e costruiamo con Lui il suo Regno. Renderemo il mondo più umano. Si tratta di avvolgere questa umanità con la rete dell’amore di Dio perché viva. È questo amore di Dio, gratuito ed eccedente, che Pietro ha visto coi suoi occhi nella pesca miracolosa. È questa gratuità che ancora parla oggi e che è capace di trasformare gli uomini. Il Signore ci ha posti qui, in questo tempo, in questa chiesa di Udine, in questo territorio. Siamo la sua chiesa, non siamo separati dal mondo. Viviamo insieme, proponendo una salvezza che inizia a realizzarsi qui e ora. Lui ama questo mondo. Ama noi che siamo come quei pescatori, un po’ sfiduciati, paurosi, increduli. Ci invita ad avere fiducia nella sua Parola che, se vissuta, cambia il mondo.
Sembra impossibile ed invece è ancora possibile.
Nonostante tutto, si sente nel mondo un anelito verso la giustizia e la solidarietà, si nota un desiderio di elevazione e di cambiamento di cui i giovani sono le prime antenne e le prime sentinelle. Il Papa, nel suo messaggio per la Giornata della Gioventù che si celebrerà nella Solennità di Cristo Re il 21 novembre, incentiva questo cammino ed esorta dicendo “Giovani, risollevate il mondo!” Meritano essere lette anche l’esortazione apostolica dopo il Sinodo della gioventù “Christus vivit” e la enciclica “Laudato sii” La sensibilità crescente per la difesa della natura da parte dei giovani, appoggiata dagli adulti e condivisa concretamente, è di buon auspicio. Penso ch richiederà anche la disponibilità a qualche sacrificio, da parte di tutti, adulti e giovani.
Anche nella nostra Udine
in queste settimane abbiamo vissuto momenti di spiritualità intensi che si possono evolvere in scelte di vita impegnata. È ripresa la catechesi “Le 10 Parole” nella chiesa di S. Pietro martire ogni lunedì alle 20.30 ed è ben frequentata da giovani e adulti. Poi “Luce nella notte” è una esperienza di missione iniziata nella chiesa di S. Giacomo, dove l’altra sera entravano giovani invitati da altri giovani a venire a pregare davanti al Santissimo Sacramento. La settimana di preghiera col “Beato Carlo Acutis”, vissuta nel Santuario della Madonna delle Grazie è stato un sorso d’acqua fresca per i nostri ragazzi che hanno guardato a questo giovane innamorato dell’Eucaristia e dei poveri. Potrei citare altri fatti per dire che un certo fermento nella nostra società e nei giovani esiste e va incoraggiato. Sulla Parola del Signore, gettiamo la rete con fiducia. Se non la gettiamo, vuol dire che ci fidiamo soltanto di noi stessi e dei nostri limiti ma non saremo sulla strada dell’impossibile che diventa possibile grazie a Dio. È la sua Parola che compie miracoli. A noi spetta soltanto fare strada a Lui, favorire l’incontro con Lui. Santa domenica e buona settimana! Don Luciano Nobile, Parroco
Parrocchia di S. Maria Annunziata
nella Chiesa Metropolitana
Piazza del Duomo
33100 Udine (UD)
Piazza del Duomo
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SEGRETERIA PARROCCHIALE
Via A. di Prampero, 6
33100 Udine (UD)
Aperta dal lunedì al venerdì
dalle ore 10:00 alle ore 12:00
Tel. centralino: +39 0432 505302
Email (entro 24h): info@cattedraleudine.it
C.F.: 80010240309
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