Cari fratelli e sorelle, continuo a sognare la Chiesa tutta missionaria e una nuova stagione dell’azione missionaria delle comunità cristiane. E ripeto l’auspicio di Mosè per il popolo di Dio in cammino: «Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!» (Nm 11,29). Sì, fossimo tutti noi nella Chiesa ciò che già siamo in virtù del battesimo: profeti, testimoni, missionari del Signore! Con la forza dello Spirito Santo e fino agli estremi confini della terra.                                                    Papa Francesco

Per le Missioni sono stati raccolti: € 2.337,00 (497,00 nella chiesa di S. Pietro e 1.880,00 in duomo).

Grazie a tutti gli offerenti.

 

LA GIORNATA DEL RINGRAZIAMENTO

 

In questa circostanza viene pubblicata la parte finale della Lettera della “Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace”.

….. Legalità e trasparenza sono determinanti per la salute, per la cura della terra, per la qualità della vita sociale: senza di esse non c’è amore per la creazione e tutela della dignità della persona, né amicizia sociale per gli uomini e le donne che la lavorano.

L’impegno di tutti

La Chiesa continua a denunciare le forme di corruzione mafiosa e di sfruttamento dei poveri e vuole mantenere le mani libere da legami con i poteri di agromafie invasive e distruttive. Purtroppo, le terre inquinate sono frutto anche di silenzi omertosi e di indifferenza.

La comunità cristiana invoca, inoltre, un impegno forte da parte delle autorità pubbliche: è necessaria un’azione continuativa di prevenzione delle infiltrazioni criminali e di contrasto ad esse. Al contempo, quanto farebbe bene all’economia il sostegno di soggetti che operano nella legalità. Essi testimoniano un’economia che valorizza le persone e custodisce l’ambiente. È il segno che la dottrina sociale della Chiesa si incarna nel concreto e promuove relazioni di fraternità tra le persone e di cura verso il creato. Ben venga ogni strumento normativo disponibile per strappare i lavoratori alla precarietà! Sosteniamo la responsabilità degli operatori del mondo agricolo e delle loro associazioni: sono reti di sostegno reciproco per far fronte alla pressione delle agromafie, specie in un tempo in cui le difficoltà legate alla pandemia le rendono più forti.

La Chiesa incoraggia e sostiene tutte le aziende agricole esemplari nella legalità. Una testimonianza così preziosa vale tantissimo: arricchisce il tessuto relazionale di un territorio e forma coscienze libere. Non ha prezzo un’economia che si alimenta di giustizia e trasparenza. Alle imprese che promuovono lavoro e ambiente va il nostro grazie perché mostrano che è possibile un modello di agricoltura sostenibile. Vediamo anche quante belle esperienze di cooperazione sono garanzia di inclusione sociale!

Assume, infine, sempre più rilevanza la responsabilità dei consumatori nel premiare con l’acquisto di prodotti di aziende agricole che operano rispettando la qualità sociale e ambientale del lavoro. «Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico» (CV 66, LS 206), afferma il magistero sociale della Chiesa. Occorre ricordare che abbiamo una responsabilità nello stile di vita che adottiamo anche quando compriamo i prodotti agricoli. Possiamo diventare protagonisti di un’economia giusta o rafforzare strutture di peccato. Davvero oggi il mondo agricolo vive una scelta tra «la vita e il bene, la morte e il male» (Dt 30, 15): ne va, oltre che dell’esistenza personale di uomini e donne, anche della vita sociale, economica ed ambientale del Paese. Un impegno per tutti.

 

  FESTA DEI NONNI

Domenica 13 novembre 2022

I nipoti invitano i loro nonni in Cattedrale alla S. Messa delle ore 10.30.

Dopo la Messa un bel rinfresco nelle sale della Purità preparato per tutti dalle figlie e dalle nuore.

 

CHIESA DI SANTA MARIA AL TEMPIO

VIA ZANON n. 10

 

Triduo di preghiera

Mercoledì 16 – Giovedì 17 – Venerdì 18 novembre:

Ore 17.00 Recita del S. Rosario, guidato dal Diacono Domenico Chiapolino.

Lunedì 21 novembre: Festa della Presentazione della   B. V. Maria.

Ore 10.00 Preghiera con i bambini della scuola materna di S. Maria al Tempio.

Ore 17.00 S. Messa celebrata dal Parroco Luciano Nobile.

 

 

 

Attenzione: Durante il triduo di preghiera la chiesa di S. Giacomo resterà chiusa nel pomeriggio.

 

Don Albino Perosa: un vero Maestro

 

Sono passati 25 anni dall’addio a don Albino Perosa ma in molti di noi il ricordo è sempre vivo.

E’ stato il maestro amorevole che ci ha accompagnato alla scoperta del bello, dell’immenso, del divino.

E’stato un confratello mite, signore di modi e di stile, vero nel suo essere uomo e nel suo essere prete, dignitoso senza essere ricercato, senza pretese e senza ambizioni.

Ci ha insegnato le melodie antiche e nuove della fede, quelle di Aquileia e del Friuli, la polifonia classica e il canto del popolo. Ci ha fatto conoscere la grande musica: da J.S. Bach e Beethoven fino a Ravel e Stravinsky. Negli anni della riforma conciliare erano puntuali le sue composizioni per i diversi tempi dell’anno liturgico, destinate all’assemblea con il sostegno del coro.  E’ la strada che continuiamo a percorrere nelle celebrazioni. 

Don Perosa è stato anche insegnante d’organo per molti di noi nel Seminario diocesano e nel Liceo musicale “J. Tomadini”, ora Conservatorio.

Ci ha incoraggiato a scoprire e ad esprimere al meglio la cantabilità, la cura del fraseggio e il gioco del contrappunto nelle nostre interpretazioni. E la nostra Chiesa si è arricchita di un bel numero di organisti e maestri di coro.                                                                                                                                         

Per finire, un segreto: il prevosto Mons. Sbaiz ammise il piccolo Albino tra i Pueri Cantores della parrocchia di Rivignano. E diventato adulto, egli rievocherà quei momenti:” Ricordo quando, come i monaci, con le vestine bianche, entravamo in processione a Pasqua cantando: Resurrexi ed adhuc tecum sum…” Tante prove, tanto cantare, tanto entusiasmo nei fanciulli e tanta gioia nei fedeli. Così per anni e anni…. e quella musica non si è spenta.   

                                                                                                                                                        Giulio Gherbezza

 

GRAZIE AI NONNI E AGLI ANZIANI

 

(dalla lettera di Papa Francesco)

Carissima, carissimo!

Il versetto del salmo 92 «nella vecchiaia daranno ancora frutti» è una buona notizia, un vero e proprio “vangelo”, che in occasione della seconda Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani possiamo annunciare al mondo. Esso va controcorrente rispetto a ciò che il mondo pensa di questa età della vita; e anche rispetto all’atteggiamento rassegnato di alcuni di noi anziani, che vanno avanti con poca speranza e senza più attendere nulla dal futuro.

Dobbiamo, per questo, vigilare su noi stessi e imparare a condurre una vecchiaia attiva anche dal punto di vista spirituale, coltivando la nostra vita interiore attraverso la lettura assidua della Parola di Dio, la preghiera quotidiana, la consuetudine con i Sacramenti e la partecipazione alla Liturgia. E, insieme alla relazione con Dio, le relazioni con gli altri: anzitutto la famiglia, i figli, i nipoti, ai quali offrire il nostro affetto pieno di premure; come pure le persone povere e sofferenti, alle quali farsi prossimi con l’aiuto concreto e con la preghiera. Tutto questo ci aiuterà a non sentirci meri spettatori nel teatro del mondo, a non limitarci a “balconear”, a stare alla finestra. Affinando invece i nostri sensi a riconoscere la presenza del Signore, saremo come “olivi verdeggianti nella casa di Dio” (cfr Sal 52,10), potremo essere benedizione per chi vive accanto a noi.

La vecchiaia non è un tempo inutile in cui farci da parte tirando i remi in barca, ma una stagione in cui portare ancora frutti: c’è una missione nuova che ci attende e ci invita a rivolgere lo sguardo al futuro. «La speciale sensibilità di noi vecchi, dell’età anziana per le attenzioni, i pensieri e gli affetti che ci rendono umani, dovrebbe ridiventare una vocazione di tanti. E sarà una scelta d’amore degli anziani verso le nuove generazioni».  È il nostro contributo alla rivoluzione della tenerezza, una rivoluzione spirituale e disarmata di cui invito voi, cari nonni e anziani, a diventare protagonisti.

Il mondo vive un tempo di dura prova, segnato prima dalla tempesta inaspettata e furiosa della pandemia, poi da una guerra che ferisce la pace e lo sviluppo su scala mondiale.

Di fronte a tutto ciò, abbiamo bisogno di un cambiamento profondo, di una conversione, che smilitarizzi i cuori, permettendo a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello. E noi, nonni e anziani, abbiamo una grande responsabilità: insegnare alle donne e gli uomini del nostro tempo a vedere gli altri con lo stesso sguardo comprensivo e tenero che rivolgiamo ai nostri nipoti. Abbiamo affinato la nostra umanità nel prenderci cura del prossimo e oggi possiamo essere maestri di un modo di vivere pacifico e attento ai più deboli. La nostra, forse, potrà essere scambiata per debolezza o remissività, ma saranno i miti, non gli aggressivi e i prevaricatori, a ereditare la terra (cfr Mt 5,5).

Uno dei frutti che siamo chiamati a portare è quello di custodire il mondo. «Siamo passati tutti dalle ginocchia dei nonni, che ci hanno tenuti in braccio»; ma oggi è il tempo di tenere sulle nostre ginocchia – con l’aiuto concreto o anche solo con la preghiera –, insieme ai nostri, quei tanti nipoti impauriti che non abbiamo ancora conosciuto e che magari fuggono dalla guerra o soffrono per essa. Custodiamo nel nostro cuore – come faceva San Giuseppe, padre tenero e premuroso – i piccoli dell’Ucraina, dell’Afghanistan, del Sud Sudan… Molti di noi hanno maturato una saggia e umile consapevolezza, di cui il mondo ha tanto bisogno: non ci si salva da soli, la felicità è un pane che si mangia insieme. Testimoniamolo a coloro che si illudono di trovare realizzazione personale e successo nella contrapposizione. Tutti, anche i più deboli, possono farlo: il nostro stesso lasciarci accudire – spesso da persone che provengono da altri Paesi – è un modo per dire che vivere insieme non solo è possibile, ma necessario.

Care nonne e cari nonni, care anziane e cari anziani, in questo nostro mondo siamo chiamati ad essere artefici della rivoluzione della tenerezza! Facciamolo, imparando a utilizzare sempre di più e sempre meglio lo strumento più prezioso che abbiamo, e che è il più appropriato alla nostra età: quello della preghiera. «Diventiamo anche noi un po’ poeti della preghiera: prendiamo gusto a cercare parole nostre, riappropriamoci di quelle che ci insegna la Parola di Dio».  La nostra invocazione fiduciosa può fare molto: può accompagnare il grido di dolore di chi soffre e può contribuire a cambiare i cuori. Possiamo essere «la “corale” permanente di un grande santuario spirituale, dove la preghiera di supplica e il canto di lode sostengono la comunità che lavora e lotta nel campo della vita». Ecco allora che la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani è un’occasione per dire ancora una volta, con gioia, che la Chiesa vuole far festa insieme a coloro che il Signore – come dice la Bibbia – ha “saziato di giorni”. Celebriamola insieme! Vi invito ad annunciare questa Giornata nelle vostre parrocchie e comunità; ad andare a trovare gli anziani più soli, a casa o nelle residenze dove sono ospiti. Facciamo in modo che nessuno viva questo giorno nella solitudine. Avere qualcuno da attendere può cambiare l’orientamento delle giornate di chi non si aspetta più nulla di buono dall’avvenire; e da un primo incontro può nascere una nuova amicizia. La visita agli anziani soli è un’opera di misericordia del nostro tempo! Chiediamo alla Madonna, Madre della Tenerezza, di fare di tutti noi degli artefici della rivoluzione della tenerezza, per liberare insieme il mondo dall’ombra della solitudine e dal demone della guerra.

A tutti voi e ai vostri cari giunga la mia Benedizione, con l’assicurazione della mia affettuosa vicinanza. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me!                                                                                                                                                                                                        Papa Francesco

 

SANTI E MORTI SEMPRE VIVENTI

 

Carissimi fedeli, in questi giorni ci vengono incontro, come ogni anno, due belle ricorrenze liturgiche. Molti forse pensano “al ponte” per approfittare di tre giorni di vacanza. Certamente. Di riposo. Ma anche di riflessione per non perdere la ricchezza del nostro umanesimo cristiano che ci porta a meditare sul limite più difficile e più temuto, quello della morte, che però ci apre alla vita piena, grazie a Dio che ci ha salvati con la resurrezione di Gesù.

La Festa dei Santi ci aiuta a guardare in alto, alle cose ultime che essi hanno già raggiunto: l’incontro definitivo con Dio. È una folla immensa. Non sono persone perfette, hanno lottato nella vita. E noi le abbiamo conosciute. Fanno parte del nostro tempo. Hanno seguito il Santo dei Santi. Sono tante persone a noi sconosciute che hanno assunto i tratti, la fisionomia del Figlio di Dio pur vivendo nelle difficoltà che la vita riserva a tutti. Chi ha assunto la mitezza in un mondo di violenti, chi ha promosso la pace nella sua famiglia e attorno a sé, chi è stato limpido in mezzo alla corruzione, chi è stato solidale in un mondo che glorifica il potere ed il denaro. È una folla straordinariamente grande. Grazie a Dio.

La Commemorazione dei fedeli defunti è un atto di amore per i nostri cari che sulla terra sono passati prima di noi. Li sentiamo vicini. Preghiamo per loro. Partecipiamo alla S. Messa dove sono sempre anche loro perché la liturgia eucaristica che noi celebriamo sulla terra è strettamente in comunione con la liturgia del cielo e ad essa contemporanea. Andiamo nei cimiteri. Ci farà bene. Ci farà abbassare gli occhi e prendere coscienza della precarietà e della serietà della vita e nello stesso tempo della bellezza della fede che arricchisce la vita e la apre ad un futuro di gloria.

In questi giorni ho raccomandato ai genitori che conducono i loro figli al catechismo in parrocchia, di non aver paura di portarli anche in cimitero a pregare per i morti. È un atto di coraggio che fa crescere normali, la vita si vive in tutte le sue dimensioni e con la vita non si bara. Presenta sempre il conto. Siamo in cammino verso la patria del cielo ma teniamo i piedi saldi per terra, al fine di trasfigurare questo mondo portando in esso un po’ di cielo con l’amore che Dio ci dona. E ancora, grazie a Dio. Un cordiale augurio a tutti.                                   Don Luciano, parroco.

 

All’età di 88 anni, appena compiuti, il giorno 10 ottobre ci ha lasciati Mons. Ottavio Belfio.

Lo vogliamo ricordare così:

Era presbitero della Chiesa di Udine, nato a Forgaria del Friuli il 29 settembre 1934, ha frequentato gli studi nel seminario diocesano ed ha conseguito la laurea in teologia dogmatica a Roma all’Università del Laterano.

 Ha insegnato nel seminario diocesano; è stato parroco a San Daniele del Friuli; poi vicario episcopale per la Vita Consacrata dell’arcidiocesi e presidente dei canonici del capitolo metropolitano della Cattedrale.

Per noi, era semplicemente Don Belfio, il Don Ottavio di tutti. Riporto le impressioni che di lui hanno avuto coloro che lo hanno ascoltato frequentando sia le celebrazioni in cattedrale sia il sacramento della Penitenza.

Chi ha conosciuto Don Belfio ha ammirato la sua umanità, la sua umiltà, il suo aiuto dettati dalla profonda Fede in Gesù Cristo. Uomo buono, semplice, tempra da montanaro: era nato a Forgaria e ci raccontava spesso delle sue montagne, dei fiori che da piccolo raccoglieva con sua madre che gli spiegava come fossero anch’essi dono di Dio e di quando partì ancora piccolo per il seminario salutando il suo Paese. Era rimasto però legato alla sua terra, alle sue tradizioni, alla sua lingua: tutti i suoi saluti e tutte le sue registrazioni quotidiane terminavano sempre con il suo MANDI!

Sacerdote integerrimo, forte di una Fede salda e convinta, vissuta, insegnata sempre a scuola e fuori, non solo con le sue parole, ma anche con gli scritti che si possono trovare in fondo alla Chiesa o richiederli in sagrestia.

Tutti abbiamo pertanto apprezzato la sua dote di profonda conoscenza della Sacra Scrittura. Ogni giorno dopo la celebrazione delle 7,30 del mattino presso la Cattedrale o in Purità, restava ad ascoltarci per chiarire i dubbi che potevamo avere sulle letture, aiutandoci ad entrare e ad avvicinarci alla parola di Dio con semplicità ed amore.

Sempre al passo con i tempi, seppe cogliere e adattare il nuovo alle esigenze del momento, riferendosi sempre alla parola di Dio, e quando a causa del Covid, non poté più essere presente alle celebrazioni, continuò a commentare i testi sacri con noi attraverso i mezzi multimediali, creando un gruppo di ascolto, per non lasciarci soli. Di animo umile, la sua semplicità, il suo spirito, il suo sacrificio e la sua testimonianza di gioia, coraggio sono per noi un esempio da imitare nella nostra vita. Ecco, questo è quello che don Ottavio è stato per noi e che tutti noi cerchiamo. Ha accolto indistintamente.

Ora che don Ottavio non è più qui sulla terra, con noi, ci sono rimasti i suoi scritti che non sono il Vangelo, ma sono una mediazione del Vangelo quotidiano, sono le sue riflessioni, illuminate dallo Spirito Santo, che continuano ad aiutarci nella conversione per avere la sua stessa fede. In un suo libro ha riportato quanto detto da Gesù: ”Cielo e terra passeranno, le mie parole non passeranno” e don Belfio ancora oggi ci chiarisce che la Parola di Dio vissuta realizza la vita, la fa felice e la apre alla speranza che non delude.                                               Marina Cabai

 

Condizioni per ottenere l’indulgenza plenaria per i defunti dal mezzogiorno del 31 ottobre al tutto il 1° novembre.

Confessione e Comunione Eucaristica in questo periodo di tempo.

Visita ad una chiesa recitando preghiere di suffragio per i defunti.

Recita del Credo, del Padre nostro e di una preghiera secondo l’intenzione del Papa.

La stessa indulgenza si ottiene, una sola volta al giorno, anche visitando il cimitero dal 1° all’8 novembre.

 

VARI MODI DI APOSTOLATO DEI LAICI

dal Decreto conciliare “Apostolicam Actuositatem”

“L’Apostolato dei laici”

 

Introduzione

I laici possono esercitare l’attività apostolica o individualmente o uniti in varie comunità e associazioni.

Importanza e molteplicità dell’apostolato individuale

L’apostolato che ciascuno deve esercitare personalmente, sgorgando in misura abbondante dalla fonte di una vita veramente cristiana (Gv 4,14), è la prima forma e la condizione di ogni altro apostolato dei laici, anche di quello associato ed è insostituibile.

A tale apostolato, sempre e dovunque proficuo, anzi in certe circostanze l’unico adatto e possibile, sono chiamati e obbligati tutti i laici, di qualsiasi condizione, ancorché non abbiano l’occasione o la possibilità di collaborare nelle associazioni.

Molte sono le forme di apostolato con cui i laici edificano la Chiesa e santificano il mondo animandolo in Cristo.

Una forma particolare di apostolato individuale e segno adattissimo anche ai nostri tempi a manifestare il Cristo vivente nei suoi fedeli, è la testimonianza di tutta la vita laicale, promanante dalla fede, dalla speranza e dalla carità. Con l’apostolato poi della parola, in alcuni casi del tutto necessario, i laici annunziano Cristo, spiegano e diffondono la sua dottrina secondo la propria condizione e capacità e fedelmente la professano.

Collaborando inoltre, come cittadini di questo mondo, in ciò che riguarda la costruzione e la gestione dell’ordine temporale, i laici devono perseguire nella vita familiare, professionale, culturale e sociale, alla luce della fede, ancor più alti motivi dell’agire e, presentandosi l’occasione, farli conoscere agli altri, consapevoli di rendersi così collaboratori di Dio creatore, redentore e santificatore e di glorificarlo.

Infine i laici animino la propria vita con la carità e l’esprimano con le opere, secondo le proprie possibilità.

Si ricordino tutti che, con il culto pubblico e la preghiera, con la penitenza e la spontanea accettazione delle fatiche e delle pene della vita, con cui si conformano a Cristo sofferente (cfr. 2 Cor 4,10; Col 1,24), essi possono raggiungere tutti gli uomini e contribuire alla salvezza di tutto il mondo.

Importanza dell’apostolato organizzato

I fedeli sono dunque chiamati ad esercitare l’apostolato individuale nelle diverse condizioni della loro vita; tuttavia ricordino che l’uomo, per natura sua, è sociale e che piacque a Dio di riunire i credenti in Cristo per farne il popolo di Dio (cfr. 1 Pt 2,5-10) e un unico corpo (cfr. 1 Cor 12,12). Quindi l’apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso si mostra come segno della comunione e dell’unità della Chiesa in Cristo che disse: «Dove sono due o tre riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20).

Perciò i fedeli esercitino il loro apostolato accordandosi su uno stesso fine. Siano apostoli tanto nelle proprie comunità familiari, quanto in quelle parrocchiali e diocesane, che già sono esse stesse espressione del carattere comunitario dell’apostolato, e in quelle libere istituzioni nelle quali si vorranno riunire.

L’apostolato associato è di grande importanza anche perché sia nelle comunità ecclesiali, sia nei vari ambienti, spesso richiede di essere esercitato con azione comune. Infatti le associazioni erette per un’attività apostolica in comune sono di sostegno ai propri membri e li formano all’apostolato, ordinano e guidano la loro azione apostolica, così che possono sperarsi frutti molto più abbondanti che non se i singoli operassero separatamente.

Nelle attuali circostanze, poi, è assolutamente necessario che nell’ambiente di lavoro dei laici sia rafforzata la forma di apostolato associata e organizzata, poiché solo la stretta unione delle forze è in grado di raggiungere pienamente tutte le finalità dell’apostolato odierno e di difenderne validamente i frutti. In questo campo è cosa particolarmente importante che l’apostolato incida anche sulla mentalità generale e sulle condizioni sociali di coloro ai quali si rivolge; altrimenti i laici saranno spesso impari a sostenere la pressione sia della pubblica opinione sia delle istituzioni.

Molteplicità di forme dell’apostolato associato

Grande è la varietà delle associazioni apostoliche alcune si propongono il fine apostolico generale della Chiesa; altre in particolare il fine dell’evangelizzazione e della santificazione; altre attendono ai fini dell’animazione cristiana dell’ordine delle realtà temporali; altre rendono in modo speciale testimonianza a Cristo con le opere di misericordia e di carità.

Tra queste associazioni vanno considerate in primo luogo quelle che favoriscono e rafforzano una più intima unità tra la vita pratica dei membri e la loro fede. Le associazioni non sono fine a sé stesse, ma devono servire a compiere la missione della Chiesa nei riguardi del mondo: la loro incidenza apostolica dipende dalla conformità con le finalità della Chiesa, nonché dalla testimonianza cristiana e dallo spirito evangelico dei singoli membri e di tutta l’associazione.

(Dal decreto conciliare sull’Apostolato dei laici)