SANTI E MORTI SEMPRE VIVENTI

 

Carissimi fedeli, in questi giorni ci vengono incontro, come ogni anno, due belle ricorrenze liturgiche. Molti forse pensano “al ponte” per approfittare di tre giorni di vacanza. Certamente. Di riposo. Ma anche di riflessione per non perdere la ricchezza del nostro umanesimo cristiano che ci porta a meditare sul limite più difficile e più temuto, quello della morte, che però ci apre alla vita piena, grazie a Dio che ci ha salvati con la resurrezione di Gesù.

La Festa dei Santi ci aiuta a guardare in alto, alle cose ultime che essi hanno già raggiunto: l’incontro definitivo con Dio. È una folla immensa. Non sono persone perfette, hanno lottato nella vita. E noi le abbiamo conosciute. Fanno parte del nostro tempo. Hanno seguito il Santo dei Santi. Sono tante persone a noi sconosciute che hanno assunto i tratti, la fisionomia del Figlio di Dio pur vivendo nelle difficoltà che la vita riserva a tutti. Chi ha assunto la mitezza in un mondo di violenti, chi ha promosso la pace nella sua famiglia e attorno a sé, chi è stato limpido in mezzo alla corruzione, chi è stato solidale in un mondo che glorifica il potere ed il denaro. È una folla straordinariamente grande. Grazie a Dio.

La Commemorazione dei fedeli defunti è un atto di amore per i nostri cari che sulla terra sono passati prima di noi. Li sentiamo vicini. Preghiamo per loro. Partecipiamo alla S. Messa dove sono sempre anche loro perché la liturgia eucaristica che noi celebriamo sulla terra è strettamente in comunione con la liturgia del cielo e ad essa contemporanea. Andiamo nei cimiteri. Ci farà bene. Ci farà abbassare gli occhi e prendere coscienza della precarietà e della serietà della vita e nello stesso tempo della bellezza della fede che arricchisce la vita e la apre ad un futuro di gloria.

In questi giorni ho raccomandato ai genitori che conducono i loro figli al catechismo in parrocchia, di non aver paura di portarli anche in cimitero a pregare per i morti. È un atto di coraggio che fa crescere normali, la vita si vive in tutte le sue dimensioni e con la vita non si bara. Presenta sempre il conto. Siamo in cammino verso la patria del cielo ma teniamo i piedi saldi per terra, al fine di trasfigurare questo mondo portando in esso un po’ di cielo con l’amore che Dio ci dona. E ancora, grazie a Dio. Un cordiale augurio a tutti.                                   Don Luciano, parroco.

 

All’età di 88 anni, appena compiuti, il giorno 10 ottobre ci ha lasciati Mons. Ottavio Belfio.

Lo vogliamo ricordare così:

Era presbitero della Chiesa di Udine, nato a Forgaria del Friuli il 29 settembre 1934, ha frequentato gli studi nel seminario diocesano ed ha conseguito la laurea in teologia dogmatica a Roma all’Università del Laterano.

 Ha insegnato nel seminario diocesano; è stato parroco a San Daniele del Friuli; poi vicario episcopale per la Vita Consacrata dell’arcidiocesi e presidente dei canonici del capitolo metropolitano della Cattedrale.

Per noi, era semplicemente Don Belfio, il Don Ottavio di tutti. Riporto le impressioni che di lui hanno avuto coloro che lo hanno ascoltato frequentando sia le celebrazioni in cattedrale sia il sacramento della Penitenza.

Chi ha conosciuto Don Belfio ha ammirato la sua umanità, la sua umiltà, il suo aiuto dettati dalla profonda Fede in Gesù Cristo. Uomo buono, semplice, tempra da montanaro: era nato a Forgaria e ci raccontava spesso delle sue montagne, dei fiori che da piccolo raccoglieva con sua madre che gli spiegava come fossero anch’essi dono di Dio e di quando partì ancora piccolo per il seminario salutando il suo Paese. Era rimasto però legato alla sua terra, alle sue tradizioni, alla sua lingua: tutti i suoi saluti e tutte le sue registrazioni quotidiane terminavano sempre con il suo MANDI!

Sacerdote integerrimo, forte di una Fede salda e convinta, vissuta, insegnata sempre a scuola e fuori, non solo con le sue parole, ma anche con gli scritti che si possono trovare in fondo alla Chiesa o richiederli in sagrestia.

Tutti abbiamo pertanto apprezzato la sua dote di profonda conoscenza della Sacra Scrittura. Ogni giorno dopo la celebrazione delle 7,30 del mattino presso la Cattedrale o in Purità, restava ad ascoltarci per chiarire i dubbi che potevamo avere sulle letture, aiutandoci ad entrare e ad avvicinarci alla parola di Dio con semplicità ed amore.

Sempre al passo con i tempi, seppe cogliere e adattare il nuovo alle esigenze del momento, riferendosi sempre alla parola di Dio, e quando a causa del Covid, non poté più essere presente alle celebrazioni, continuò a commentare i testi sacri con noi attraverso i mezzi multimediali, creando un gruppo di ascolto, per non lasciarci soli. Di animo umile, la sua semplicità, il suo spirito, il suo sacrificio e la sua testimonianza di gioia, coraggio sono per noi un esempio da imitare nella nostra vita. Ecco, questo è quello che don Ottavio è stato per noi e che tutti noi cerchiamo. Ha accolto indistintamente.

Ora che don Ottavio non è più qui sulla terra, con noi, ci sono rimasti i suoi scritti che non sono il Vangelo, ma sono una mediazione del Vangelo quotidiano, sono le sue riflessioni, illuminate dallo Spirito Santo, che continuano ad aiutarci nella conversione per avere la sua stessa fede. In un suo libro ha riportato quanto detto da Gesù: ”Cielo e terra passeranno, le mie parole non passeranno” e don Belfio ancora oggi ci chiarisce che la Parola di Dio vissuta realizza la vita, la fa felice e la apre alla speranza che non delude.                                               Marina Cabai

 

Condizioni per ottenere l’indulgenza plenaria per i defunti dal mezzogiorno del 31 ottobre al tutto il 1° novembre.

Confessione e Comunione Eucaristica in questo periodo di tempo.

Visita ad una chiesa recitando preghiere di suffragio per i defunti.

Recita del Credo, del Padre nostro e di una preghiera secondo l’intenzione del Papa.

La stessa indulgenza si ottiene, una sola volta al giorno, anche visitando il cimitero dal 1° all’8 novembre.

 

VARI MODI DI APOSTOLATO DEI LAICI

dal Decreto conciliare “Apostolicam Actuositatem”

“L’Apostolato dei laici”

 

Introduzione

I laici possono esercitare l’attività apostolica o individualmente o uniti in varie comunità e associazioni.

Importanza e molteplicità dell’apostolato individuale

L’apostolato che ciascuno deve esercitare personalmente, sgorgando in misura abbondante dalla fonte di una vita veramente cristiana (Gv 4,14), è la prima forma e la condizione di ogni altro apostolato dei laici, anche di quello associato ed è insostituibile.

A tale apostolato, sempre e dovunque proficuo, anzi in certe circostanze l’unico adatto e possibile, sono chiamati e obbligati tutti i laici, di qualsiasi condizione, ancorché non abbiano l’occasione o la possibilità di collaborare nelle associazioni.

Molte sono le forme di apostolato con cui i laici edificano la Chiesa e santificano il mondo animandolo in Cristo.

Una forma particolare di apostolato individuale e segno adattissimo anche ai nostri tempi a manifestare il Cristo vivente nei suoi fedeli, è la testimonianza di tutta la vita laicale, promanante dalla fede, dalla speranza e dalla carità. Con l’apostolato poi della parola, in alcuni casi del tutto necessario, i laici annunziano Cristo, spiegano e diffondono la sua dottrina secondo la propria condizione e capacità e fedelmente la professano.

Collaborando inoltre, come cittadini di questo mondo, in ciò che riguarda la costruzione e la gestione dell’ordine temporale, i laici devono perseguire nella vita familiare, professionale, culturale e sociale, alla luce della fede, ancor più alti motivi dell’agire e, presentandosi l’occasione, farli conoscere agli altri, consapevoli di rendersi così collaboratori di Dio creatore, redentore e santificatore e di glorificarlo.

Infine i laici animino la propria vita con la carità e l’esprimano con le opere, secondo le proprie possibilità.

Si ricordino tutti che, con il culto pubblico e la preghiera, con la penitenza e la spontanea accettazione delle fatiche e delle pene della vita, con cui si conformano a Cristo sofferente (cfr. 2 Cor 4,10; Col 1,24), essi possono raggiungere tutti gli uomini e contribuire alla salvezza di tutto il mondo.

Importanza dell’apostolato organizzato

I fedeli sono dunque chiamati ad esercitare l’apostolato individuale nelle diverse condizioni della loro vita; tuttavia ricordino che l’uomo, per natura sua, è sociale e che piacque a Dio di riunire i credenti in Cristo per farne il popolo di Dio (cfr. 1 Pt 2,5-10) e un unico corpo (cfr. 1 Cor 12,12). Quindi l’apostolato associato corrisponde felicemente alle esigenze umane e cristiane dei fedeli e al tempo stesso si mostra come segno della comunione e dell’unità della Chiesa in Cristo che disse: «Dove sono due o tre riuniti in mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20).

Perciò i fedeli esercitino il loro apostolato accordandosi su uno stesso fine. Siano apostoli tanto nelle proprie comunità familiari, quanto in quelle parrocchiali e diocesane, che già sono esse stesse espressione del carattere comunitario dell’apostolato, e in quelle libere istituzioni nelle quali si vorranno riunire.

L’apostolato associato è di grande importanza anche perché sia nelle comunità ecclesiali, sia nei vari ambienti, spesso richiede di essere esercitato con azione comune. Infatti le associazioni erette per un’attività apostolica in comune sono di sostegno ai propri membri e li formano all’apostolato, ordinano e guidano la loro azione apostolica, così che possono sperarsi frutti molto più abbondanti che non se i singoli operassero separatamente.

Nelle attuali circostanze, poi, è assolutamente necessario che nell’ambiente di lavoro dei laici sia rafforzata la forma di apostolato associata e organizzata, poiché solo la stretta unione delle forze è in grado di raggiungere pienamente tutte le finalità dell’apostolato odierno e di difenderne validamente i frutti. In questo campo è cosa particolarmente importante che l’apostolato incida anche sulla mentalità generale e sulle condizioni sociali di coloro ai quali si rivolge; altrimenti i laici saranno spesso impari a sostenere la pressione sia della pubblica opinione sia delle istituzioni.

Molteplicità di forme dell’apostolato associato

Grande è la varietà delle associazioni apostoliche alcune si propongono il fine apostolico generale della Chiesa; altre in particolare il fine dell’evangelizzazione e della santificazione; altre attendono ai fini dell’animazione cristiana dell’ordine delle realtà temporali; altre rendono in modo speciale testimonianza a Cristo con le opere di misericordia e di carità.

Tra queste associazioni vanno considerate in primo luogo quelle che favoriscono e rafforzano una più intima unità tra la vita pratica dei membri e la loro fede. Le associazioni non sono fine a sé stesse, ma devono servire a compiere la missione della Chiesa nei riguardi del mondo: la loro incidenza apostolica dipende dalla conformità con le finalità della Chiesa, nonché dalla testimonianza cristiana e dallo spirito evangelico dei singoli membri e di tutta l’associazione.

(Dal decreto conciliare sull’Apostolato dei laici)

 

VESCOVO E CLERO: UN LEGAME DI COMUNIONE

 

Due decreti del Concilio Vaticano II: “Christus Dominus” sulla missione pastorale dei Vescovi, e “Apostolicam actuositatem” sull’apostolato dei laici, credo possano illuminare questa circostanza della Visita del Vescovo alla Collaborazione Pastorale di Udine-Centro. È necessario tornare alle fonti per non correre invano e per non cadere in personalismi autoreferenziali e di comodo. Ecco oggi qualche testo del primo e la prossima domenica del secondo decreto che possano aiutare ad interpretare e condividere la missione della chiesa.

Qual è il rapporto tra il Vescovo ed i sacerdoti? Leggiamo con calma e attenzione.

Clero diocesano

28. Tutti i sacerdoti, sia diocesani che religiosi, partecipano in unione col vescovo, all’unico sacerdozio di Cristo e lo esercitano con lui; pertanto essi sono costituiti provvidenziali cooperatori dell’ordine episcopale. Nell’esercizio del sacro ministero il ruolo principale spetta ai sacerdoti diocesani, perché, essendo essi incardinati o addetti ad una Chiesa particolare, si consacrano tutti al suo servizio, per la cura spirituale di una porzione del gregge del Signore. Perciò essi costituiscono un solo presbiterio ed una sola famiglia, di cui il vescovo è come il padre. Questi, per poter meglio e più giustamente distribuire i sacri ministeri tra i suoi sacerdoti, deve poter godere della necessaria libertà nel conferire gli uffici…

Le relazioni tra il vescovo e i sacerdoti diocesani devono poggiare principalmente sulla base di una carità soprannaturale, affinché l’unità di intenti tra i sacerdoti e il vescovo renda più fruttuosa la loro azione pastorale. A tale scopo, perché se ne avvantaggi sempre più il servizio delle anime, il vescovo chiami i sacerdoti a colloquio, anche in comune con altri, per trattare questioni pastorali; e ciò non solo occasionalmente, ma, per quanto è possibile, a date fisse…

 

I parroci

30. Ma i principali collaboratori del vescovo sono i parroci: ad essi, come a pastori propri, è affidata la cura delle anime in una determinata parte della diocesi, sotto l’autorità dello stesso vescovo.

1) Nell’esercizio della loro missione i parroci con i loro cooperatori devono svolgere il compito di insegnare e di governare in modo che i fedeli e le comunità parrocchiali si sentano realmente membri non solo della diocesi, ma anche della Chiesa universale. Collaborino perciò sia con gli altri parroci, sia con i sacerdoti che esercitano il ministero parrocchiale in quel territorio (quali sono, per esempio, i vicari foranei e i decani) o sono addetti ad opere di carattere super-parrocchiale affinché la cura pastorale abbia la dovuta unità e sia resa più efficace. La cura delle anime deve inoltre essere animata da spirito missionario, cosicché si estenda, nel modo dovuto, a tutti gli abitanti della parrocchia. Se i parroci non possono raggiungere alcuni ceti di persone, ricorrano all’opera di altri, anche laici, perché li aiutino nell’apostolato…

2) Per quanto riguarda il ministero di insegnare, i parroci devono predicare la parola di Dio a tutti i fedeli, perché essi, radicati nella fede, nella speranza e nella carità, crescano in Cristo, e la comunità cristiana renda quella testimonianza di carità che il Signore ha raccomandato inoltre, con un’istruzione catechistica appropriata all’età di ciascuno, devono condurre i fedeli alla piena conoscenza del mistero della salvezza. Nell’impartire questa istruzione si servano non solo dell’aiuto dei religiosi, ma anche della collaborazione dei laici, istituendo pure la confraternita della dottrina cristiana.

Nel campo del ministero della santificazione, i parroci abbiano di mira che la Santa Messa diventi il centro ed il culmine di tutta la vita della comunità cristiana; si sforzino inoltre perché i fedeli alimentino la loro vita spirituale accostandosi devotamente e frequentemente ai santi sacramenti e partecipando consapevolmente ed attivamente alla liturgia. I parroci inoltre si ricordino che il sacramento della penitenza è di grandissimo giovamento per la vita cristiana; quindi si mostrino sempre disposti e pronti ad ascoltare le confessioni dei fedeli…Nel compiere il loro dovere di pastori, i parroci si studino di conoscere il loro gregge. E poiché sono i servitori di tutti i fedeli, si adoperino a sviluppare la vita cristiana in ogni fedele, sia nelle famiglie, sia nelle associazioni, soprattutto in quelle dedite all’apostolato, sia in tutta la comunità parrocchiale. Pertanto visitino le case e le scuole, secondo le esigenze del loro compito pastorale; provvedano con ogni premura agli adolescenti ed ai giovani; circondino di una carità paterna i poveri e gli ammalati; rivolgano una particolare cura agli operai e stimolino i fedeli a portare il loro concorso alle opere di apostolato. (Dal decreto conciliare “Christus Dominus”)

 

Il Parroco ringrazia di cuore quanti hanno partecipato al funerale del fratello Antonio o lo hanno accompagnato con la preghiera.

 

Giovedì 20 ottobre 2022
Inizia la Scuola di Politica e di Etica Sociale (SPES) aperta a tutti gratuitamente, in particolare ai giovani che vogliono mettersi al servizio delle proprie comunità, amministratori locali, sindacalisti, persone impegnate nel volontariato e nella cooperazione.

Iscrizione online: www.spes.diocesiudine.it

Sede degli incontri: Palazzo Toppo Wassermann (aula T9)
Via Gemona, 92, Udine.

1° incontro: Ore 18.15 “La tragedia della guerra, le vie della pace”. Scavo Nello, giornalista, inviato speciale di Avvenire.

Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti.

 

VENGO PER INVIARE

Cari fratelli e sorelle,

da quattro anni in tutta l’Arcidiocesi di Udine abbiamo avviato il progetto delle “Collaborazioni pastorali”. Esse sono formate da parrocchie che, grazie anche alla vicinanza territoriale, sono invitate a intessere tra loro dei rapporti sempre più stretti e stabili di comunione e di collaborazione.

Mentre stiamo proseguendo l’attuazione di questo progetto, ci convinciamo sempre di più che questa è la strada sulla quale lo Spirito Santo sta chiamando la nostra Chiesa.

Risuonano nel nostro animo le parole della preghiera con cui il Signore Gesù concluse la sua ultima cena. Rivolto al Padre, egli chiede una sola grazia: che i suoi discepoli «siano una cosa sola perché il mondo creda».

Noi oggi desideriamo e speriamo di esaudire il grande desiderio di Gesù anche grazie alle Collaborazioni pastorali, le quali dovrebbero favorire tra i cristiani e tra le comunità una maggiore unità di fede, di preghiera e di reciproco servizio. Grazie a questa comunione, la nostra Chiesa esprimerà una contagiosa attrattiva missionaria. L’elogio che veniva fatto alla prima comunità cristiana sorta a Gerusalemme, dopo la Pentecoste, era: «Guarda come si amano!». La fede condivisa e l’amore fraterno che mostravano quei primi cristiani faceva breccia nel cuore delle persone e le attirava verso la Chiesa e verso Gesù.

Anche oggi tante persone e di ogni età soffrono la solitudine, nutrita da paure, insicurezze, abbandoni. Come assetati avrebbero bisogno di sentirsi accolti dentro una comunità in cui si vivono una fraternità e una solidarietà sincere e affidabili. Essere questa comunità è la missione della Chiesa.

Resta sempre attuale quella preghiera di Gesù: Se diventeremo “una cosa sola”, “il mondo crederà”. Tanti uomini e donne si sentiranno attirati verso la Chiesa e verso Gesù e il suo Vangelo.

Questo è l’obiettivo vero che ci spinge ad attuare le Collaborazioni pastorali. Questa la strada per essere una Chiesa “missionaria” e “sinodale”, come ci chiede Papa Francesco. Tra i vari modi con cui stiamo sostenendo e accompagnando il nostro progetto diocesano, ho pensato che poteva essere utile anche una mia visita, come Vescovo e Pastore, alle 54 Collaborazioni pastorali. Da questa settimana inizierò, perciò, il mio “pellegrinaggio” che mi porterà di Collaborazione in Collaborazione. In ognuna sarò presente il sabato pomeriggio e la domenica mattina.

Dedicherò spazio, in particolare, agli operatori pastorali, cioè tutti coloro che stanno offrendo gratuitamente un po’ del loro tempo e delle loro capacità per un servizio nelle parrocchie e nella Collaborazione pastorale. Desidero sostenerli e incoraggiarli, perché la loro opera è veramente preziosa. Desidero che si sentano inviati dal Vescovo come i 72 discepoli inviati da Gesù dei quali ho parlato nella mia ultima Lettera pastorale: «Designò altri 72 e li inviò» (Lc 10,1). Alla domenica mattina celebrerò una Santa Messa, nel Giorno del Signore, invitando a partecipare tutti i fedeli delle parrocchie che formano la Collaborazione pastorale.

In attesa di incontrarci nelle vostre comunità, vi invito a preparare questa mia visita pastorale affidandola all’intercessione di Maria e invocando lo Spirito Santo.

Il Signore vi benedica tutti.                                                                                      +Andrea Bruno Mazzocato, Arcivescovo di Udine

 

VISITA DELL’ARCIVESCOVO

ALLA COLLABORAZIONE PASTORALE UDINE CENTRO

15 – 16 ottobre 2022

 

L’Arcivescovo verrà a promuovere ed incoraggiare la collaborazione pastorale tra le cinque Parrocchie del centro città:

S. Maria Annunziata nella Metropolitana, San Giorgio maggiore, San Quirino, SS. Redentore, B. V. delle Grazie.

Sabato 15 ottobre

Ore 15.30 nella sala Madrassi, via Gemona:

L’Arcivescovo incontra tutti gli operatori pastorali. In un clima di preghiera verrà presentata la Collaborazione nei suoi aspetti positivi e nelle difficoltà che incontra, alcuni operatori daranno la loro testimonianza. L’arcivescovo terrà la Lectio divina sul brano di Vangelo: “Designò altri 72 e li inviò” (Lc 10,1-20).

Ore 18.00 nella chiesa di S. Quirino

Celebrazione della S. Messa animata dai giovani cresimandi.

Domenica 16 ottobre

Ore 10.30 in Cattedrale

S. Messa presieduta dall’Arcivescovo e concelebrata dai Parroci della Collaborazione Pastorale.

 

APRIAMO LA PORTA A CRISTO E DIAMOCI UNA MANO

 

Carissimi, mi rivolgo a tutta la comunità ed in particolare a voi genitori che inviate in parrocchia i vostri figli, piccoli o grandi, per il catechismo settimanale per accompagnarli lungo il cammino di crescita nella vita cristiana. È un cammino che vogliamo percorrere insieme, condividendo i vari passi che sono richiesti. È molto importante l’impegno che ci prendiamo insieme nei confronti dei vostri figli. Si tratta di aiutarli a costruire la casa della loro vita. Tutti siamo bene intenzionati: genitori, parroco, catechisti, comunità di credenti. Ma ci chiediamo: su quali basi vogliamo costruire, su quale terreno?  Sulla roccia o sulla sabbia? Cosa fa la differenza? Qual è il nostro modo di vedere?

Costruisce sulla sabbia chi impara solo alcune formule, infarina la vita con un po’ di cultura religiosa, ascolta la Parola di Dio di tanto in tanto, pensa alla Prima Comunione o alla Cresima come ad una semplice tappa da raggiungere e poi… Il catechismo così corre un pericolo: serve a ben poco o a nulla se è sganciato da ciò che pensiamo, diciamo e facciamo. Costruisce sulla roccia chi ascolta sempre la Parola di Dio e la unisce alla vita concreta di ogni giorno in modo che la Parola diventi realmente vita. Allora la casa diventa stabile. Non accontentiamoci di un’ora di catechismo alla settimana. Lasciamo che Cristo entri nelle nostre case, ogni giorno. A fare che cosa? A pregare ogni sera il Padre con noi, a dialogare con noi, a fare luce sul nostro cammino. Lui sia “di casa” nella nostra casa. Ci chiama a celebrare l’Eucaristia ogni domenica per donarci la sua vita, per aiutarci ad assumere il suo stile di vita. Ci dà la forza di volerci bene nelle vostre famiglie, di superare le varie difficoltà, di perdonarci a vicenda qualora fosse necessario.

Non siamo soli in questo cammino. C’è una comunità di credenti che accompagna con la preghiera ogni domenica la vita delle famiglie, che offre esempi di carità fraterna, che chiede perdono al Signore e ai fratelli e sorelle, riconoscendo i propri limiti, cattiverie e fragilità.

Cari genitori, anche noi, parroco e catechisti, entreremo nelle vostre case come vostri collaboratori. Cosa faremo? Vi daremo una mano nella vostra opera educativa e faremo sentire il respiro della parrocchia che cerca di essere una famiglia di famiglie. Staremo al vostro fianco, in contatto costante con voi per esservi di aiuto nell’opera più bella che il Signore vi ha affidato: la crescita dei figli nella vita, sull’immagine di Cristo, figlio di Dio, nel quale anche noi siamo figli, grazie al battesimo che abbiamo ricevuto. La fede, la speranza, la carità sono il vero nostro patrimonio, non conquistato ma ricevuto in dono da Dio.

Affido tutti al Signore ed auguro ogni bene. Buon cammino!                                                                    Il Parroco Don Luciano Nobile