GIORNATA DEL SEMINARIO: L’ARCIDIOCESI DI UDINE PREGA E SOSTIENE I SEMINARISTI E I LORO EDUCATORI

 

La Giornata del Seminario si celebra nell’Arcidiocesi di Udine la domenica di Cristo Re, quest’anno il 26 novembre. È un’opportunità per tutti i fedeli della Chiesa udinese di stringersi attorno alla piccola – ma significativa e vivace – comunità che vive e studia nel seminario interdiocesano di Castellerio, nei pressi di Pagnacco. Sono diversi gli obiettivi di questa Giornata: accompagnare nella preghiera i giovani seminaristi e tutti coloro che si dedicano alla loro crescita educativa, in un clima di comunione ecclesiale e spirituale; far conoscere il Seminario come “cuore pulsante” della Diocesi e dei futuri sacerdoti. Il Seminario, infatti, è sempre più un punto di riferimento spirituale per le Parrocchie e per i gruppi ecclesiali dell’Arcidiocesi udinese; proporre un annuncio vocazionale, che riguardi tutti gli stati di vita, compreso quello sacerdotale; sostenere economicamente le attività formative e vocazionali del Seminario. A questo proposito, le offerte raccolte nelle chiese durante la Giornata del Seminario saranno devolute proprio alle necessità del Seminario.

Chi sono i giovani seminaristi

Gli studenti del Seminario sono 24, compresi alcuni diaconi che proseguono gli studi e la vita comunitaria in vista dell’ordinazione sacerdotale. Nel novero sono inclusi anche due giovani – entrambi afferenti all’Arcidiocesi di Gorizia – che stanno frequentando l’anno propedeutico in vista di un eventuale ingresso nel Seminario di Castellerio.

  • per l’Arcidiocesi di Udine ci sono 13 seminaristi compresi tre diaconi transeunti;

  • per l’Arcidiocesi di Gorizia ci sono 6 seminaristi, compreso un diacono transeunte e due giovani al “propedeutico”;

  • per la Diocesi di Trieste ci sono 5 seminaristi, compresi due diaconi transeunti.

La comunità è multietnica (un autentico “specchio” della cattolicità della Chiesa), dal momento in cui in Seminario vivono e studiano seminaristi che provengono da diversi paesi del mondo:

Italia: 16 seminaristi; Ghana e Sri Lanka: 2 seminaristi; Colombia, Croazia, Togo e Nigeria: 1 seminarista.

L’équipe educativa del seminario

Il gruppo dei seminaristi è guidato da un’équipe educativa composta da:

  • don Daniele Antonello (dell’Arcidiocesi di Udine), rettore del Seminario;

  • don Paolo Greatti (Arcidiocesi di Udine), vice-rettore;

  • don Antonio Bortuzzo (Diocesi di Trieste), direttore spirituale;

  • mons. Nicola Ban (Arcidiocesi di Gorizia), animatore dell’anno propedeutico;

  • don Franco Gismano (Arcidiocesi di Gorizia), direttore dello Studio Teologico Interdiocesano.

A loro si aggiungono – con compiti diversi – gli incaricati diocesani per il seminario, sacerdoti che fungono da primo punto di riferimento per i giovani che si interrogano sulla strada della propria vita.

 Per l’Arcidiocesi di Udine il riferimento è don Daniele Antonello, per l’Arcidiocesi di Gorizia si può far affidamento a mons. Nicola Ban, mentre l’incaricato per la Diocesi di Trieste è don Sergio Frausin.

Le “suore del seminario”

Nel seminario di Castellerio vive anche una comunità di tre suore Serve del Sacro Cuore di Gesù e dei poveri. Si tratta di una congregazione messicana fondata da San Josè Maria de Yermo nel 1885. Le suore sostengono la comunità con la preghiera e si occupano dell’accoglienza e della gestione della foresteria. Sono presenti in seminario dal mese di settembre del 2012.

Monastero invisibile, la preghiera per le vocazioni

In occasione della Giornata del Seminario, l’Arcidiocesi di Udine rilancia l’esperienza del Monastero invisibile: già 600 persone, in tutta la Diocesi, pregano per le vocazioni. L’iniziativa del Monastero invisibile, peraltro, pone un’attenzione particolare al coinvolgimento degli infermi. Il Monastero invisibile è un’iniziativa dell’Arcidiocesi di Udine che coinvolge tutte le persone che desiderano dedicare un po’ di tempo alla preghiera per le vocazioni al sacerdozio.

VISITE TURISTICHE AL DUOMO E AL MUSEO POSSIBILI PREVIA RICHIESTA A:

museo@cattedraleudine.it

 

DAL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

VII GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

«Non distogliere lo sguardo dal povero» (Tb 4,7)

 

  1. La Giornata Mondiale dei Poveri, segno fecondo della misericordia del Padre, giunge per la settima volta a sostenere il cammino delle nostre comunità. È un appuntamento che progressivamente la Chiesa sta radicando nella sua pastorale, per scoprire ogni volta di più il contenuto centrale del Vangelo. Ogni giorno siamo impegnati nell’accoglienza dei poveri, eppure non basta. Un fiume di povertà attraversa le nostre città e diventa sempre più grande fino a straripare; quel fiume sembra travolgerci, tanto il grido dei fratelli e delle sorelle che chiedono aiuto, sostegno e solidarietà si alza sempre più forte. Per questo, nella domenica che precede la festa di Gesù Cristo Re dell’Universo, ci ritroviamo intorno alla sua Mensa per ricevere nuovamente da Lui il dono e l’impegno di vivere la povertà e di servire i poveri (…)

Ringraziamo il Signore perché ci sono tanti uomini e donne che vivono la dedizione ai poveri e agli esclusi e la condivisione con loro; persone di ogni età e condizione sociale che praticano l’accoglienza e si impegnano accanto a coloro che si trovano in situazioni di emarginazione e sofferenza. Non sono superuomini, ma “vicini di casa” che ogni giorno incontriamo e che nel silenzio si fanno poveri con i poveri. Non si limitano a dare qualcosa: ascoltano, dialogano, cercano di capire la situazione e le sue cause, per dare consigli adeguati e giusti riferimenti. Sono attenti al bisogno materiale e anche a quello spirituale, alla promozione integrale della persona. Il Regno di Dio si rende presente e visibile in questo servizio generoso e gratuito; è realmente come il seme caduto nel terreno buono della vita di queste persone che porta il suo frutto (cfr Lc 8,4-15). La gratitudine nei confronti di tanti volontari chiede di farsi preghiera perché la loro testimonianza possa essere feconda (…)

È facile, parlando dei poveri, cadere nella retorica. È una tentazione insidiosa anche quella di fermarsi alle statistiche e ai numeri. I poveri sono persone, hanno volti, storie, cuori e anime. Sono fratelli e sorelle con i loro pregi e difetti, come tutti, ed è importante entrare in una relazione personale con ognuno di loro (…)

La nostra attenzione verso i poveri sia sempre segnata dal realismo evangelico. La condivisione deve corrispondere alle necessità concrete dell’altro, non a liberarmi del mio superfluo. Anche qui ci vuole discernimento, sotto la guida dello Spirito Santo, per riconoscere le vere esigenze dei fratelli e non le nostre aspirazioni. Ciò di cui sicuramente hanno urgente bisogno è la nostra umanità, il nostro cuore aperto all’amore. Non dimentichiamo: «Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro» (Evangelii gaudium, 198). La fede ci insegna che ogni povero è figlio di Dio e che in lui o in lei è presente Cristo: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40).

 

Saggezza di Papa Francesco

“Proprio in quanto persone della cosiddetta terza età voi, o meglio noi – perché anch’io ne faccio parte -, siamo chiamati a operare per lo sviluppo della cultura della vita, testimoniando che ogni stagione dell’esistenza è un dono di Dio e ha una sua bellezza e una sua importanza, anche se segnate da fragilità.”

(Udienza ai partecipanti alla festa dell’Associazione nazionale lavoratori anziani e federazione senior Italia FederAnziani, 15 ottobre 2016)

“I nonni sono la saggezza, la memoria di un popolo e devono trasmettere questa memoria ai nipotini. I giovani, i bambini devono parlare con i nonni per portare avanti la storia.”

(Discorso alle famiglie all’Incontro mondiale di Dublino, 29.08.18)

“Cari nonni, cari anziani, mettiamoci nella scia di questi vecchi [Simeone e Anna] straordinari! Diventiamo anche noi un po’ poeti della preghiera: prendiamo gusto a cercare parole nostre, riappropriamoci di quelle che ci insegna la Parola di Dio. È un grande dono per la Chiesa, la preghiera dei nonni e degli anziani!”

(Udienza generale dell’11 marzo 2015)

“In questa Giornata della Gioventù, i giovani vogliono salutare i nonni. Li salutano con tanto affetto e li ringraziamo per la testimonianza di saggezza che ci offrono continuamente.”

 (Angelus alla Gmg di Rio de Janeiro, 26 luglio 2013)

“Preghiamo per i nostri nonni, le nostre nonne, che tante volte hanno avuto un ruolo eroico nella trasmissione della fede in tempo di persecuzione. Quando papà e mamma non c’erano a casa e anche avevano idee strane, che la politica del tempo insegnava, sono state le nonne che hanno trasmesso la fede.

(Omelia in Santa Marta, 19 novembre 2013)

“Promettete di preparare la prossima Gmg parlando di più con i nonni? E se i vostri nonni sono già in cielo, con gli anziani?”

(Saluto ai volontari della Gmg di Cracovia, 31 luglio 2016)

“Noi non siamo geronti: siamo dei nonni. Dei nonni ai quali i nostri nipotini guardano. Dei nonni che devono dare loro un senso della vita con la nostra esperienza. Nonni non chiusi nella malinconia della nostra storia, ma aperti per dare questo. Noi siamo dei nonni chiamati a sognare e dare il nostro sogno alla gioventù di oggi: ne ha bisogno. Perché loro prenderanno dai nostri sogni la forza per profetizzare.”

(Ai cardinali, omelia per il 25° della sua ordinazione episcopale)

 

I SANTI CAMMINANO TRA NOI

 

Carissimi fedeli,

mi è gradito unirmi ai parrocchiani di Percoto e condividere anche con voi la loro gioia, per il fatto che il Papa ha riconosciuto le virtù eroiche e la guarigione miracolosa di un bambino argentino destinato inesorabilmente alla morte e invece vive, grazie all’intercessione dell’umile card. Edoardo Pironio che presto verrà proclamato “beato”.

È davvero un regalo per noi friulani. Ventiduesimo figlio degli emigranti Giuseppe (di Percoto) e Enrica Buttazzoni (di Camino di Buttrio) era nato nel 1920 a Nueve de Julio in Argentina. Siccome l’ho conosciuto a Percoto tra gli anni 1970-80 mentre era a Roma per il suo servizio presso la Curia e veniva in Friuli dove si sentiva amato dai suoi compaesani ed io ero parroco di Pavia di Udine, mi è caro ricordare quegli incontri che poi si sono ripetuti mentre ero parroco di S. Quirino in via Gemona ed egli veniva a fare visita ai suoi parenti che gestivano il Bar Valentino sul piazzale Osoppo. In questi anni il gruppo degli “Amici del card. Pironio” mi hanno sempre invitato agli eventi riguardanti questo loro illustre compaesano, ai quali ho partecipato con gratitudine. Aver stretto la mano a un santo come Papa Giovanni Paolo II, come Paolo VI, come card. Pironio, mi provoca una strana sensazione. Mi sembra impossibile che sia avvenuto questo incontro e contemporaneamente mi fa contento che sia accaduto: ho stretto la mano di un santo! Ma davvero? L’ho avuto così vicino? L’ho toccato? Con le mie mani? Mi è difficile immaginare un santo… così alla portata di mano! Un santo sta sugli altari, un po’ distante da noi. Noi non siamo come lui, né saremo capaci di essere come lui. Non è vero.

Infatti questi santi li abbiamo incontrati sulle nostre strade, nella nostra vita. Questo ci conforta perché questi santi dei nostri tempi sono persone vicine a noi anche nel tempo, hanno fatto le nostre stesse esperienze di bene e di male. Hanno vissuto le nostre preoccupazioni e difficoltà. Hanno gioito e fatto festa come noi. Hanno provato e perciò sanno e comprendono. Come è bella questa santità semplice e quotidiana, possibile a tutti!

Certamente santo è Dio. È Lui che si avvicina a noi, ci rende santi partecipandoci la sua vita nel Battesimo e negli altri sacramenti che sono i segni del suo amore nella nostra vita di uomini e donne del nostro tempo così complesso.

Vedo la santità del card. Pironio nell’amore da lui vissuto nel quotidiano, incarnato nell’umano. Parlava in friulano, imparato in famiglia, e raccontava, con una punta di orgoglio, di aver appreso gli insegnamenti del Vangelo dal catechismo che suo padre Giuseppe gli insegnava “par furlan”. Ci ha mostrato un tratto del volto di Cristo nell’amore ai poveri dando voce anche a loro e vivendo la dimensione della povertà, nel suo sguardo limpido verso i giovani che vedeva portatori di speranza e perciò aveva promosso e collaborato nella organizzazione delle Giornate della Gioventù (GMG) che ancora si celebrano e che attirano tanti giovani, lasciando nei loro cuori una esperienza di notevole impatto con la vita di fede. In questa foto lo vediamo accanto al Papa Giovanni Paolo II e all’Arcivescovo Mons. Alfredo Battisti durante l’incontro con la gioventù in occasione del Congresso Eucaristico nel 1992 a Udine. Bella anche la testimonianza di Papa Francesco che, avendo conosciuto in Argentina Mons. Pironio, quale vescovo di Mar del Plata, così di lui diceva: “Ti apriva un panorama di santità dalla sua profonda umiltà. Ti apriva orizzonti, sperimentavi che non chiudeva mai le porte a nessuno.”

Permettetemi adesso un ricordo personale piuttosto faceto. Avevo concelebrato con lui la S. Messa nel Santuario della Madonna di Muris. Al momento della Comunione tutti andavano a riceverla dal card. Pironio e perciò la fila era lunga e il tempo si protraeva mentre io, accanto a lui aspettavo che qualcuno venisse da me, almeno per educazione, ma visto che restavo lì impalato con la particola in mano, dopo qualche minuto di attesa, riposi devotamente la particola nella pisside. Tra il mortificato e il divertito accennai un sorriso che tutti compresero perché provocò altrettanti sorrisi sul volto dei fedeli che erano in fila davanti al cardinale, quasi per dirmi: “Ma don Luciano, scusa sai, cosa pretendi? È il nostro cardinale!”  Mi ritirai in buon ordine e mi sedetti in attesa che la fila davanti al cardinale giungesse al termine. Venne l’ora di pranzo che si tenne nell’Asilo Infantile di Percoto, al quale anch’io ero invitato insieme con le autorità e tanta gente. Fu una festa indimenticabile. Verso la fine del pranzo gli organizzatori mi invitarono a prendere la parola. Feci i convenevoli di rito, porsi gli auguri al cardinale Pironio, mi complimentai coi parrocchiani per la bella festa e poi così terminai: “Cari Percotesi, se il Papa un giorno mi dovesse, per caso, creare cardinale, vi raccomando… non venite tutti da me a fare la Comunione perché qualcuno si offenderebbe!” Tutto finì icon una grande risata e naturalmente il cardinale partecipò divertito. Ora è beato, in Paradiso. Lo possiamo pregare perché metta anche per noi una buona parola presso il Signore. Tra amici ci si aiuta.

Buona domenica a tutti.                                            Il Parroco don Luciano Nobile

 

 

PREGHIERA ALLA MADONNA

 

Maria, madre dei poveri e dei piccoli,
di quelli che non hanno nulla, che soffrono solitudine
perché non trovano comprensione in nessuno.

Grazie per averci dato il Signore.

Ci sentiamo felici e col desiderio di contagiare molti di questa gioia.

Di gridare agli uomini che si odiano che Dio è Padre e ci ama.
Di gridare a quanti hanno paura: «Non temete».

E a quelli che hanno il cuore stanco: «Avanti che Dio ci accompagna».
Madre di chi è in cammino, come te, senza trovare accoglienza, ospitalità.

Insegnaci a essere poveri e piccoli. A non avere ambizioni.
A uscire da noi stessi e a impegnarci, a essere i messaggeri della pace e della speranza.

Che l’amore viva al posto della violenza. Che ci sia giustizia tra gli uomini e i popoli.

Che nella verità, giustizia e amore nasca la vera pace di Cristo
di cui come Chiesa siamo sacramento.

(Card. Eduardo Pironio)

 

IO DIFENDO HALLOWEEN

 

Ricordi e nostalgie

Il 1° novembre, Solennità di Tutti i santi, sono andato a cantare i Vesperi nel Cimitero di San Vito, dove ho accompagnati tanti, tanti defunti in oltre 35 anni di parroco a Udine. Secondo la tradizione, in questo giorno si va a pregare per i morti e si aspergono le tombe con l’acqua benedetta, in ricordo del battesimo ricevuto. È una bella tradizione che manifesta fede e speranza. Poi sono andato al mio paese di nascita, era già buio. Entrato nel cimitero, ho notato pochissime persone aggirarsi tra le tombe. Certamente molti altri erano stati nel primo pomeriggio. Udivo soltanto qualche parola appena sussurrata, per non disturbare quella quiete. Poi silenzio. Solo il rumore dei passi di chi si spostava da una tomba all’altra.  Ho avuto una strana sensazione, mi è sembrato di entrare in un presepio! Tanti lumini accesi sulle tombe mi hanno riportato alle piccole luci accese nelle casette del presepio, che noi tutti, da bambini, senz’altro abbiamo acceso la notte di Natale, restando incantati. Quelle fiammelle rosse e tremolanti, nel silenzio, mi stavano ad indicare una presenza di persone conosciute. Mi è stata cara questa breve camminata sul sentiero tra le tombe, recitando il Rosario, distratto dai ricordi che affollavano la mente ed il cuore. Era una distrazione piacevole o forse non era neppure una distrazione ma un arricchimento della preghiera. Un Rosario, che alle volte sembra monotono per la ripetizione delle stesse preghiere, era diventato un dolce accompagnamento dei sentimenti provati, un desiderio di presenze vive: i genitori, i fratelli, i parenti, i coetanei, i paesani passati all’altra riva del mare della vita. Mi è venuta in mente l’esperienza vissuta da bambino. Le giornate fredde e ventose prima della festa dei Santi, nel pomeriggio, erano dedicate alla cura delle sepolture che dovevano essere perfette e le lapidi spazzolate e lavate. La processione, dopo il canto dei vesperi, dalla chiesa al cimitero, era attesa e partecipata da tutti mentre la cantoria parrocchiale cantava il Miserere solenne che risuona ancora nei miei orecchi. E poi la predica del parroco e le preghiere in latino. Era un rito che si ripeteva ogni anno, al quale anche noi bambini partecipavamo prendendo il nostro posto, accompagnati dalle Suore Dimesse, subito dopo la croce portata con solennità e devozione da una persona adulta. Sentivamo la serietà del momento ed era forse l’unica volta che camminavamo devoti, stringendo una candela in mano, senza scherzare, senza ridere, senza farci dispetti. Io non dimentico mai un piccolo episodio legato a questa candela della notte dei Santi. Suor Elena ci aveva detto che era bene partecipare alla processione portando una candela. La candela costava 100 lire, così mi pare. Come fare? Non potevo essere da meno degli altri bambini. Ho preso il coraggio a quattro mani e ho chiesto i cent francs a mia mamma. L’ho tanto tormentata tutto il pomeriggio finché ha ceduto. Mi ha portato nella sua camera, ha aperto l’ultimo cassetto dell’armadio e ha cercato tra le lenzuola piegate dove aveva nascosto, ben avvolta in un fazzoletto annodato, una moneta e l’ha data a me per la mia insistenza e mi ha fatto felice. Ma ancora oggi sento un filo di rimorso per questa insistente richiesta, poiché solo dopo mi ero reso conto che quella era l’unica moneta che mia mamma conservava come un tesoro nascosto in casa. Tempi ormai passati. Nostalgia? Forse. Sentimentalismi? Mah! Questa è la verità.

Illusioni e verità

Uscendo dal cimitero di S. Vito a Udine, una giovane coppia mi chiama: “don Luciano, come sta?” Vedo anche due bambine. “O bravi, così mi piace! Avete portato le figlie in cimitero!” “Siamo venuti a salutare i nonni”.

A dire il vero non ho visto tanti bambini nel cimitero, forse saranno stati in altro orario. Ma so che c’è una tendenza a nascondere la morte. Passi sì, ma se ne vada in fretta, senza che ce ne accorgiamo. Non creiamo traumi nei bambini. Certamente, non dobbiamo creare traumi. Allora cosa facciamo? Non ne parliamo? Li illudiamo? Oppure potremmo accompagnarli ad accogliere anche questa realtà, che ci manifesta il nostro limite, poiché ci rendiamo conto di non essere onnipotenti. Potremmo anche dare una prospettiva annunciando la Parola di Dio che ci porta a Cristo Risorto, speranza di resurrezione per tutti. Invece si va in piazza ad esorcizzare la morte, nelle forme più macabre. Orribili. Lasciatemi dire, di cattivo gusto ma attraenti per i ragazzi. È Halloween. Perché? Non lo so. Non capisco. Potrei tacere. Cerco di interpretare, senza malizia, senza condanna. Non faccio una crociata. Cerco di ragionare: Mi faccio e rivolgo a voi delle domande. Anch’io da bambino ho giocato con gli altri bambini nella serata della festa dei Santi. Prendevamo una bella zucca grossa e la svuotavamo del suo contenuto. Poi si scavavano gli occhi, il naso e la bocca e quindi all’interno ponevamo una piccola candela. Collocata la zucca in un luogo piuttosto buio ma frequentato lungo la strada, ci nascondevamo per osservare i passanti che all’improvviso si imbattevano in questa specie di teschio che, nei nostri intenti, doveva far paura, per poter divertirci. Gli adulti e i giovani che di là passavano, facevano finta di essere sorpresi e terrorizzati e affrettavano il passo per… darci la soddisfazione di essere riusciti nella nostra impresa. E noi, ingenui e contenti, scoppiavamo a ridere. Sì, ridevamo, ma non sulla morte con la quale avevamo, non dico una certa dimestichezza ma una conoscenza non proprio così traumatica. Infatti nei funerali, noi chierichetti, cercavamo di arrivare per primi in sagrestia per appropriarci del secchiello dell’acqua benedetta, un servizio che ci permetteva di accompagnare il parroco fino nella stanza del morto per poterlo vedere.

Strana curiosità, “naturalmente” educativa. Nessun trauma. Almeno né io, né i miei coetanei ce ne siamo accorti. Siamo rimasti normali, mi pare.

Io difendo “questo” Halloween, naturale e simpatico che fa parte della vita. Mi sembra sia questo il vero “dolcetto o scherzetto”.  Lo scherzo e la realtà andavano insieme.

Alcune domande per riflettere

Cosa vedo dietro l’Halloween sorto in questi anni e dilagante oltre ogni misura con la sua prepotenza sorretta e motivata non certo da uno scherzetto. Immagini horror da una parte sulle piazze e lungo le strade, dall’altra orrori veri sulle piazze e lungo le strade dove imperversa la guerra. Questa festa, chiamiamola così con un termine per me falso, che cresce e viene incrementata da una forte spinta commerciale, cosa significa? È educativa? A parte il fatto che si sostituisce ad una festa religiosa di altro significato, ben più alto e gioioso, dove porta? Ad un mondo di mostri? Di zombie? Di gusto del macabro? Della bruttura? Cari genitori ed educatori cosa pensate di questa attrazione da pare dei ragazzi verso un tipo di mondo che non manifesta alcuna bellezza? E poi in questo tempo in cui la morte miete vittime a causa delle guerre e strazia le famiglie e la società! Che influsso ha sulla psiche dei piccoli …e dei grandi? Cosa si sta promuovendo o si permette di promuovere? E se andassimo controcorrente? Vorrei soltanto suonare un piccolo campanello di allarme e portare alla riflessione.

Io credo sia più bello e più vero pensare alla vita come a un dono da donare, che si svolge nel quotidiano cammino accanto a persone reali e non a fantasmi, che confluisce non verso il nulla o la morte da esorcizzare ma in un abbraccio con Colui che ci ha creati e la cui immagine risplende nel suo Figlio e nel volto di tanti uomini e donne che hanno percorso o vivono la loro vita guardando a Lui e operando come Lui. Promuoviamo la bellezza per rendere bello il mondo!

                                                             Buona domenica. Don Luciano