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2^ Domenica di Pasqua

DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA

“DA CUORE A CUORE”

“Dio non ci lascia soli, cammina con noi!”

È una delle fasi che il Santo Padre pronunciava spesso, agli Angelus, alle udienze; una promessa che ci solleva dal peso della solitudine e ci invita a camminare con il Signore, che non ci lascia mai. Tuttavia, oggi, mentre ci raccogliamo nel ricordo di Papa Francesco, non possiamo fare a meno di sperare che, così come il Signore ci accompagna, anche il nostro amato Papa continui a camminare accanto a ciascuno di noi. Anche nei momenti di più grande difficoltà, ci ha insegnato che la speranza non viene meno, che il cammino della vita, per quanto impervio, è sempre illuminato dalla luce di Cristo. Ogni sua parola, ogni suo gesto, ci ha accompagnato in un cammino di fede che oggi, nel dolore della sua perdita terrena, non vogliamo interrompere. La sua esortazione più frequente, quella che ci ha rivolto con il cuore aperto, era di pregare per lui. Un invito che ora assume una profondità nuova, mentre noi continuiamo a camminare affidandoci al suo esempio di vita e al suo amore per il Signore. Di Papa Francesco ognuno conserva qualche ricordo particolare.

Brillare, ascoltare, non temere

Per quanto mi riguarda, resterà indimenticabile l’omelia pronunciata la mattina del 6 agosto 2023, a Lisbona per la GMG, quando il Papa di fronte a noi giovani (eravamo un milione e mezzo) ha commentato la Trasfigurazione e ci ha consegnato tre verbi: brillare, ascoltare, non temere. “Il suo volto brillò come il sole” (Mt 17,2): con questa frase il Papa introduce il primo verbo. Egli insiste sul fatto che noi, Chiesa, brilliamo soltanto quando riflettiamo una presenza che non ci appartiene. Nella “Evangelii gaudium” ha scritto che la Chiesa è un “poliedro” che riflette la luce in molte facce; a Lisbona ha ricordato che il poliedro esiste solo se una sorgente lo illumina. Il secondo verbo, ascoltare, nasce dalla parola del Padre sul Tabor: “Questi è il Figlio mio, ascoltatelo”. Papa Francesco collega subito il primato dell’ascolto di Dio all’ascolto dei fratelli. Durante il Sinodo sulla sinodalità ha ripetuto che la prima riforma non tocca organigrammi ma orecchie: “Abbiamo due orecchie e una sola bocca perché dobbiamo ascoltare il doppio di quanto parliamo”. Quando ha incontrato i popoli amazzonici o le famiglie di Lampedusa ci ha mostrato un metodo: guardare, ascoltare, discernere, agire. Senza il passo dell’ascolto il discernimento diventa calcolo. Il terzo verbo, non temere, conclude l’omelia e, in parte, definisce lo stile decisionale del Papa. Non ha temuto di andare a Bangui quando la guerra civile infuriava, non ha temuto di scontentare i mercati parlando di ambiente, non ha temuto di fare tante modifiche pur sapendo che facendo ciò si incontravano opposizioni e si pagava un prezzo di solitudine. In “Fratelli tutti” afferma che la paura dell’altro diventa brodo di coltura per populismi e violenze. Nel dialogo con i giovani di Manila ha ammesso: “Non abbiate paura di piangere, perché un cuore che piange può accogliere”. Tutta la sua biografia mostra come il coraggio non coincida con l’eroismo muscolare: si tratta, piuttosto, di fiducia perseverante che il Vangelo non delude.

Non abbiate paura

Papa Francesco a Lisbona ripete più e più volte: “no tengan miedo – non abbiate paura”. Questo invito, che risuona tanto forte quanto il messaggio della Trasfigurazione, è un’esortazione che va ben oltre le parole. La paura ha tante forme, e oggi è un tema cruciale per il mondo: la paura della guerra, la paura della povertà, la paura delle differenze, la paura persino del futuro. Ma Francesco non temeva, anzi, invitava tutti a superare queste paure, per costruire una società di pace, accoglienza e speranza. A Lisbona, come in molte altre occasioni, ci chiedeva di affrontare la vita con il coraggio di chi crede in un amore che è più forte di ogni paura, di ogni minaccia. Il coraggio che ha caratterizzato la sua vita è, ora più che mai, evidente anche nel modo in cui ha affrontato la malattia negli ultimi mesi. Papa Francesco ha scelto di non nascondere la sofferenza, ma di viverla in modo trasparente. In un periodo in cui molti temono la vulnerabilità e l’invecchiamento, ha scelto di non fuggire dalle sue difficoltà fisiche, ma di affrontarle con serenità. La sua presenza in pubblico, anche quando la sua salute peggiorava, non era un atto di resistenza eroica ma una continua risposta alla chiamata evangelica a non temere. In “La Luce della Fede” scriveva: “La vita non è una ricerca di comodità, ma una chiamata a vivere ogni giorno con il cuore aperto”. Nonostante le difficoltà legate all’età e alle sue condizioni di salute, il Papa non ha mai smesso di viaggiare, incontrare le persone, parlare al mondo, offrendo una testimonianza unica di coraggio e speranza. La sua condizione di salute, infatti, è diventata simbolo di un’umanità che non teme la debolezza, ma la accoglie come parte integrante della sua forza interiore. Così, anche ora che Papa Francesco è tornato alla Casa del Padre, il suo esempio di coraggio ci parla ancora, ricordandoci che ogni sofferenza può essere un mezzo di redenzione, ogni prova un’occasione per illuminare il cammino degli altri.

Francesco Palazzolo

IL NOSTRO GIUBILEO

Un segnale potente. Il giorno del Lunedì dell’Angelo la comunità cristiana e internazionale sono state sconvolte dalla notizia della morte di Papa Francesco. Il suo pellegrinaggio terreno si è concluso nel tempo pasquale, quasi come a ricordare che la morte non è la fine, ma è un nuovo inizio. Molti fedeli considerano un segno molto potente la conclusione del cammino terreno del Santo Padre il giorno in cui la Chiesa tramanda la memoria del trionfo della vita sulla morte: è un richiamo alla verità della fede che lui stesso ha testimoniato con umiltà e coraggio. Con il suo pontificato ha segnato la storia della Chiesa con la sua particolare attenzione agli ultimi, la difesa dell’ambiente e la lotta a ogni forma di esclusione. La morte di Papa Francesco il giorno del Lunedì dell’Angelo sembra richiamare ancora una volta all’essenza del suo messaggio: la speranza oltre la sofferenza e la luce oltre il buio. Per giunta, è una conclusione di particolare impatto di un pontificato che ha sempre cercato di portare il Vangelo nella nostra vita quotidiana. Il papa l’ha portato nella propria in maniera particolare, cominciando dalla sua scelta inedita di assumere il nome del poverello di Assisi: Francesco.

Matteo Carota