SUL MONDO SPLENDE IL SOLE OLTRE LE NUBI

“AMA E FA’ CIÒ CHE VUOI”

(Sant’Agostino, Omelia su 1 Giovanni 7,8)

Tra le molte frasi che la tradizione cristiana ci ha consegnato, poche possiedono la forza e la profondità di questo celebre passo di Sant’Agostino: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. Apparentemente semplice, quasi provocatorio, esso racchiude una concezione dell’etica e della libertà che, a distanza di secoli, continua a parlare con sorprendente attualità. Dietro l’apparente paradosso si cela una visione dell’uomo e del suo rapporto con Dio fondata sull’amore come principio ordinatore dell’esistenza. Per comprendere appieno la portata di queste parole, è utile soffermarsi su quattro aspetti fondamentali del pensiero agostiniano. 

L’importanza dell’amore 

Per Agostino, l’amore – inteso come caritas – non è un’emozione passeggera, ma un principio etico e teologico che orienta l’intera vita morale. Amare Dio significa aderire a Lui con tutto il proprio essere e, di conseguenza, amare il prossimo in modo autentico e disinteressato. Chi ama Dio sopra ogni cosa desidera spontaneamente ciò che è giusto e buono, poiché ogni suo atto nasce dal desiderio di compiere la Sua volontà. L’amore, dunque, diventa la radice e la misura di ogni comportamento morale. 

La libertà come conseguenza 

La seconda parte della frase, “fa’ ciò che vuoi”, non è un invito al capriccio o all’anarchia morale, ma la naturale conseguenza dell’amore autentico. Quando il cuore è guidato dall’amore di Dio, le azioni che ne derivano non possono che essere rette. Non serve un elenco di comandamenti imposto dall’esterno, perché è la voce interiore dell’amore a indicare la via corretta.

In questo senso, la libertà non coincide con l’assenza di regole, ma con un’autentica adesione interiore al bene. È la libertà di chi ama, e proprio per questo non può che agire in modo giusto.

Il legame tra etica e religione

Questa visione illumina il nesso profondo tra etica e religione nel pensiero agostiniano. L’etica non è un insieme di norme rigide, ma il frutto di una relazione viva con il divino. La virtù non nasce da un’obbedienza meccanica, ma da un cuore trasformato dall’amore. In questa prospettiva, l’agire morale non si fonda sulla paura della punizione o sul calcolo del merito, ma sull’intima comunione con Dio, che è la fonte stessa del bene.

Agire per amore, non per timore

Anche fuori da un contesto strettamente teologico, le parole di Agostino custodiscono un messaggio universale. Ci ricordano che le azioni più autentiche nascono da motivazioni profonde e positive -dall’amore, dalla compassione, dal desiderio del bene – piuttosto che dall’obbedienza cieca o dal timore delle conseguenze. È un invito a guardarci dentro e a chiederci: perché facciamo ciò che facciamo? Agiamo per convenzione, per dovere, o per sincero amore verso ciò che è giusto? L’attualità di questo insegnamento è sorprendente. In un tempo in cui la libertà è spesso confusa con l’individualismo e l’etica con la paura del giudizio, Sant’Agostino ci ricorda che la vera libertà nasce solo dall’amore. Solo chi ama davvero può dire, con piena verità: fa’ ciò che vuoi. Che l’amore – principio e fine di ogni cosa – possa orientare le nostre scelte quotidiane, non solo nei momenti di riflessione, ma nella dimensione profonda delle nostre relazioni e decisioni. Buona settimana a ciascuno di voi!

(Sebastiano Ribaudo)

LA FELICE CONCLUSIONE DI UN EVENTO STORICO PARROCCHIALE

Sabato 18 ottobre ore 16.30: “Noi, ministri dell’amore di Dio”

Una mezza giornata bellissima abbiamo vissuto insieme nella chiesa di S. Maria di castello in occasione della celebrazione della S. Messa per i coniugi. Erano presenti oltre 50 coppie che avevano celebrato il matrimonio in questa chiesa negli anni passati oppure stavano festeggiando i lustri di matrimonio. C’erano le coppie che si erano sposate da pochi anni e quelle che ricordavano addirittura 60 anni di matrimonio. È stata animata dal Coro “Jiuvenes Cantore del Duomo” diretti dal M° Andrea Toffolini. Una bicchierata in allegria nella “Casa della contadinanza” ha chiuso l’incontro con soddisfazione di tutti. Ecco il miracolo del “Passaparola”…

Domenica 19 ottobre ore 17.00: Maria, icona della nostra storia.

A chiudere tutta la serie delle celebrazioni per l’inaugurazione della Pieve di S. Maria di castello è stato il Concerto spirituale “Maria, icona della nostra storia”. I canti eseguiti dalla Cappella Musicale della Cattedrale, diretta dal M° Davide Basaldella, accompagnati da giovani organisti, e la calda voce recitante di Francesco Cevàro, che ha proposto poesie mariane di R. M. Rilke e di Dante, hanno elevato lo spirito nella contemplazione della vita della B. V. Maria che coinvolge anche nostra storia. Altri scriveranno più diffusamente su quanto abbiamo vissuto in questi giorni, sul Bollettino Parrocchiale che verrà pubblicato in occasione del prossimo S. Natale.  

E ADESSO? SUONANO LE CAMPANE DI SANTA MARIA!

Carissimi, ho già avuto modo di manifestare la mia soddisfazione e la gioia di tante persone, incontrate in questi giorni, a motivo del restauro della Pieve di Udine. Adesso tutti mi chiedono: “Sarà aperta ogni giorno la Pieve? Io rispondo subito con entusiasmo: “Certamente…se mi darete una mano a tenerla aperta!” “ Ah!”  E’ la solita risposta che mi viene data, che tante volte fa morire il discorso. Infatti, un “Ah!!!” non apre la porta della chiesa.  Tre persone però mi hanno già risposto accogliendo l’invito. Ormai da tanti anni abbiamo dato inizio ad un gruppo chiamato “Gli amici della Cattedrale” che vengono dalla città e anche dai paesi (Zugliano, Tricesimo, Mortegliano, S. Margherita, ecc. e fanno un ottimo servizio di volontariato tenendo aperti il Museo medievale del Duomo e delle sale superiori e la chiesa della Purità, coordinati dalla dott. Maria Beatrice Bertone.

Perché non dare anche alle altre chiese la possibilità di essere visitate per la preghiera e per le opere d’arte che custodiscono, almeno per qualche ora al giorno? Cosa costa dedicare due ore alla settimana a questo scopo? Mi rivolgo in modo particolare ai pensionati. Oltre tutto attraverso le opere che troviamo nelle chiese, si può fare una catechesi anche per far conoscere il Cristo ed il suo mistero. Ci sono anche alcuni ragazzi appassionati d’arte che si dedicano assiduamente oppure saltuariamente a questa attività. Siano benvenuti. Grazie di cuore.

Carissimi, è tempo di rimboccarsi le maniche e non stare a lamentarsi…che è uno sport tanto frequente quanto inutile. Mi rivolgo non soltanto alle persone che frequentano il Duomo ma anche a quelle che partecipano alla S. Messa nelle altre chiese della Parrocchia: S. Pietro martire, S. Giacomo, S. Cristoforo. Nella comunità, chi può deve dare il suo contributo con la collaborazione, con la presenza, con la preghiera. Ho ferma speranza che questo appello porti frutti abbondanti!

Le campane della Pieve chiamano! Chi risponde? 

Un cordiale saluto a tutti. Don Luciano, parroco

COSE BELLE SUCCEDONO TRA NOI

Carissimi amici che avete la cortesia di seguire ogni domenica la vita della nostra parrocchia, mi piace riferire quanto io sento in questi giorni che sono certamente di preoccupazione a causa delle guerre e delle ricorrenti violenze ma anche di gioia per le cose belle che succedono tra noi e sono segni di speranza.

Domenica sera 5 ottobre

Abbiamo inaugurato la Pieve di S. Maria di castello. La giornata era iniziata con la pioggia a catinelle ma si vede che era la benedizione del Signore; infatti, nel pomeriggio si sono aperte le nubi nel cielo ed il sole è comparso a far festa con noi. Molte persone son salite alla chiesa per la Benedizione impartita dall’ Arcivescovo. La processione lungo il viale che circonda il piazzale del castello è stata suggestiva certamente per i canti alla Madonna sostenuti dalla Cappella Musicale della cattedrale e dalla Filarmonica di Colloredo di Prato ma anche per la comparsa della luna che saliva nel cielo da una parte e del sole che scendeva al tramonto dall’altra. Già di per sé era uno spettacolo. Il duomo poi era affollato per la S. Messa come nelle feste grandi. Giustamente. La riscoperta delle radici è sempre un avvenimento significativo e rigenerante.

Mercoledì 8 ottobre

È stato il turno dei giovani. Alla sera oltre 120 giovani della città erano presenti ad ascoltare la catechesi di Pietro Sarubbi, quell’attore che nel Film “The Passion” di Mel Gibson ha reso viva e reale la figura di Barabba. Si è convertito incontrando lo sguardo penetrante di Cristo, impersonato dall’attore Jim Caviezel, lui pure a sua volta convertito. Come sono misteriose le strade del Signore che si serve di tutto e di tutti per annunciare la sua bella notizia!

Domenica 12 ottobre

La chiesa ed il piazzale del castello sono stati animai dalla presenza di tanti bambini del catechismo con i loro genitori. Movimentata la Messa e allegro il pranzo al sacco. Nel pomeriggio i simpatici giovani del “Teatro del Silenzio” (un po’ rumoroso!) hanno raccontato con brillantezza e bravura la storia dell’angelo del castello passato attraverso varie vicende, mimate con canti e scene che attraevano l’attenzione dei piccoli e dei grandi.

Martedì 14 ottobre

Era programmata un’ora di preghiera per la pace in terra Santa ed in Ucraina. Al mattino un clima di preoccupazione circolava in città mettendo apprensione specialmente negli abitanti del centro città, per la manifestazione pro Palestina in programma. Ciononostante, circa 130 persone hanno scelto d recarsi in chiesa a pregare con l’arcivescovo di Udine.

Giovedì 16 ottobre           

Un piccolo gruppo di sacerdoti e diaconi della città, ha assistito ad una relazione tenuta da Mons. Sandro Piussi, Direttore dell’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici, il quale ha illustrato con competenza e dovizia di particolari la storia della Pieve commentando anche gli affreschi e presentando le scelte compiute nei lavori di restauro, di comune accordo con la Soprintendenza. Un cordiale ringraziamento a don Sandro da parte di tutti i presenti e mio personale, per la disponibilità e l’impegno profuso nella ricerca sulla storia di questa chiesa.

Una domanda frequente che sento: Chi terrà aperta la chiesa di S. Maria di Castello? Mi domando anch’io. Vi farò una proposta la prossima domenica.

Don Luciano, parroco

SUL MONDO SPLENDE IL SOLE OLTRE LE NUBI

Quando ero bambino, lessi questa vecchia leggenda ebraica: «Dinanzi alle porte di Roma sta seduto un mendicante lebbroso e aspetta. È il Messia!». Mi recai da un vecchio e gli chiesi: «Che cosa aspetta?». E il vecchio mi dette una risposta che capii solo molto più tardi. Egli mi disse: «Aspetta te!».Martin Buber, filosofo ebreo del Novecento, ha sempre riflettuto sul rapporto tra l’uomo e Dio e, soprattutto, sull’importanza dell’incontro autentico tra gli esseri umani. La leggenda che egli cita racconta di un mendicante lebbroso seduto davanti alle porte di Roma: egli è il Messia, ma non appare come un re potente o un liberatore trionfante, bensì come un povero malato, fragile ed escluso dalla società.

Quando il bambino chiede: «Che cosa aspetta?», il vecchio risponde: «Aspetta te!». Questa frase cambia radicalmente il significato della leggenda: il Messia non è solo colui che deve venire in un futuro lontano, ma è già qui e attende la risposta dell’uomo. “Aspetta te” significa che la redenzione non dipende soltanto da un intervento divino, ma anche dall’impegno e dalla responsabilità di ciascuno.

Secondo Buber, infatti, l’essere umano non può limitarsi ad aspettare passivamente che le cose cambino: deve diventare lui stesso parte della salvezza, attraverso i gesti di amore, giustizia e cura verso l’altro, che sono la risposta al dono di Dio. L’immagine del mendicante lebbroso insegna che Dio e il senso più profondo della vita si manifestano proprio nei più poveri e nei più emarginati, e che l’incontro con l’altro sofferente è il luogo in cui l’uomo incontra davvero Dio.

In questo modo, Buber ci fa capire che la speranza messianica non è evasione dal presente, ma un compito concreto e quotidiano: non dobbiamo solo aspettare, ma essere noi stessi la risposta all’attesa del mondo. La salvezza comincia quando smettiamo di aspettare e agiamo.  

(Sebastiano Ribaudo)

DOPO LA FESTA UN GRANDE GRAZIE A TUTTI

Carissimi amici,

         chi si aspettava tanta gente domenica scorsa per la inaugurazione della Pieve di Santa Maria di castello? È stata una manifestazione ricca di presenze e di soddisfazione per un’opera compiuta che attendevamo di visitare e di poter godere nuovamente dopo tanti anni di chiusura e di lavori che sembravano interminabili. Il Covid, il reperimento dei fondi, le attese per decidere il da farsi circa gli aspetti artistico e finanziario. Se si mette mano a progetti, a delle antiche opere importanti che devono durare nel tempo, bisogna sapersi fermare a tempo opportuno, confrontarsi con le varie competenze e quindi decidere ed attuare ciò che si è ben ponderato ma può darsi che in corso d’opera si debba arrestarsi di nuovo per una un’ulteriore riflessione. E così è stato. Intanto il tempo è passato. Chi è responsabile conosce le fatiche, la pazienza, le discussioni che all’esterno non appaiono, sembrano soltanto ritardi inspiegabili, frutti di pigrizia e disinteresse. Vi garantisco che così non è stato, da parte di nessuno. Per questo desidero di grazie a tutti. Non li voglio menzionare perché, chi si è impegnato in quest’opera, sa per esperienza e già l’opera compiuta dona soddisfazione. Non siamo rimasti con le mani in mano ad aspettare ma ci siamo dati da fare, pur non rallentando il corso della pastorale quotidiana. Ora dobbiamo pagare i debiti che restano ed allestire all’interno le opere che sono patrimonio della chiesa, perciò appartengono a tuta la comunità. Occorre l’arredo necessario: l’Altare e l’ambone, la sede. Qualche anno fa, abbiamo dotato la chiesa dei banchi nuovi recuperando anche alcune panche antiche. la statua di S. Biagio e della Vergine Maria col Bambino, la dormitio Virginis. Tutto è stato offerto dalle famiglie o dalle persone singole in memoria dei propri cari defunti. Chi è disposto ad offrire l’altare o l’ambone o la sede, anche mettendosi insieme con altre persone? Ringrazio tutti e penso che tutti possano gioire insieme con quanti sono stati gli artefici del recupero della Pieve di Udine. La benedizione della chiesa, la processione sul piazzale del castello fino alla cattedrale sono stati momenti memorabili che resteranno nella storia della nostra parrocchia. Molti potranno dire: “C’ero anch’io”. Deo gratias!

Don Luciano parroco.

Carissimi,

            ritengo utile pubblicare sulle pagine del nostro sito, oltre che su quello della Diocesi e sul foglietto domenicale che si distribuisce in chiesa, le opportunità di catechesi in preparazione ai sacramenti perché questi siano accolti come un dono della grazia di Dio che interviene su di noi in tutte le fasi della nostra vita. Aiutare a prendere coscienza di questa grazia e a esprimere riconoscenza al Signore, è la missione della chiesa che prolunga nel mondo la stessa missione di Cristo. Il passaparola per far conoscere queste opportunità presso parenti, amici, vicini di casa, fa parte di quel desiderio di comunicare una esperienza che per noi è stata bella e ricca di fede e perciò si ha il coraggio di proporla anche agli altri. Il cristianesimo si propaga non per artifizi, proselitismo, interventi posti ad arte per convincere ma per attrazione. Seminiamo sempre la nostra vita con la nostra esperienza nei solchi della storia, con umiltà e coraggio. Il Signore farà crescere il seme che gettiamo con la coscienza che forse non raccoglieremo i frutti, cosicché la semina sarà nella libertà e nella fiducia del seminatore che crede nella potenza del seme.

Vi aspetto domenica prossima alle ore 18.00 alla Pieve di S. Maria di Castello per rendere gloria al Signore e a pregare la Regina della Pace.

A tutti un saluto cordiale.                        Il parroco d. Luciano.

Le schede di iscrizione per il catechismo delle scuole elementari, medie e per il percorso di preparazione alla Cresima sono disponibili in forma cartacea in Cattedrale e online qui di seguito.

Come iscriversi:

1. Scarica le schede: Clicca sul pulsante qui sotto per accedere ai moduli di iscrizione.
2. Compila il modulo: Inserisci i dati richiesti con attenzione. È importante che tutte le informazioni siano corrette e complete.
3. Consegna l’iscrizione:
• Di persona: Puoi consegnare i moduli compilati presso la sacrestia della Cattedrale oppure imbucarli nella cassetta della posta in Via A. di Prampero, 6.
• Via mail: In alternativa, puoi inviare le schede compilate all’indirizzo info@cattedraleudine.it.

Clicca qui per scaricare le schede di iscrizione.

LETTERA DELL’ARCIVESCOVO

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,

il prossimo Lunedì 8 settembre, Festa della Natività della B.V. Maria, secondo una consolidata tradizione ci recheremo in pellegrinaggio al Santuario di Castelmonte in occasione della ricorrenza di quel pellegrinaggio diocesano che 50 anni fa il compianto arcivescovo Battisti promosse per ricordare le vittime del tragico terremoto del 6 maggio 1976 e per chiedere l’aiuto della Madone di Mont per la ricostruzione materiale, morale, spirituale del Friuli.

Nell’anno giubilare che Papa Francesco volle intitolare “Pellegrini di Speranza”, questo pellegrinaggio aiuterà a consolidare la fede in Gesù Cristo come nostro Salvatore, che abbiamo professato nelle scorse settimane insieme a tanti adolescenti, giovani e famiglie sulla tomba degli Apostoli a Roma.

Inoltre, questo pellegrinaggio sarà l’occasione per chiedere ancora una volta l’intercessione di Maria Santissima per la pace in tutte quelle regioni che sono duramente provate dalla insensatezza della violenza e della guerra. Non siamo stati creati per questo! Piuttosto siamo stati creati per godere dell’Amore di Dio e per essere segno e strumento di questo amore per i nostri fratelli. Maria, Madre di Cristo, unica nostra speranza, interceda presso il Padre perché i cuori degli uomini si convertano a pensieri, sentimenti e propositi di pace!

Infine, in questa bella circostanza che ci vedrà riuniti come “popolo di Dio” porgeremo il nostro grato e affettuoso saluto a Mons. Guido Genero che per 16 anni ha svolto con discrezione il servizio di Vicario Generale, e affideremo alla Madone di Mont l’inizio del ministero di Mons. Dino Bressan, sacerdote conosciuto per il suo zelo apostolico e per l’amore alla Chiesa, come nuovo Vicario Generale della nostra Diocesi. In attesa di incontrarvi lunedì 8 settembre p.v., vi saluto affettuosamente e vi ricordo nella preghiera insieme alle vostre famiglie.

+ Riccardo Lamba, Arcivescovo di Udine

Udine, 1° settembre 2025          

DICHIARAZIONE CONGIUNTA DEL PATRIARCATO GRECO ORTODOSSO DI GERUSALEMME

E DEL PATRIARCATO LATINO DI GERUSALEMME

Gerusalemme, 26 agosto 2025

“Sui sentieri della giustizia si trova la vita, la sua strada non va mai alla morte”
(Proverbi 12,28)
Qualche settimana fa, il governo israeliano ha annunciato la sua decisione di prendere il
pieno controllo della città di Gaza. Negli ultimi giorni, i media hanno ripetutamente riferito di
una massiccia mobilitazione militare e dei preparativi per un’imminente offensiva. Le stesse
notizie indicano che la popolazione della città di Gaza, dove vivono centinaia di migliaia di
civili – e dove si trova la nostra comunità cristiana – sarà evacuata e trasferita a sud della
Striscia. Al momento della presente dichiarazione, sono già stati emessi ordini di evacuazione
per diversi quartieri della città di Gaza. Continuano ad arrivare notizie di pesanti
bombardamenti. Si registrano ulteriori distruzioni e morti in una situazione già drammatica
prima dell’inizio dell’operazione. Sembra che l’annuncio del governo israeliano secondo cui
«si apriranno le porte dell’inferno» stia effettivamente assumendo contorni tragici.
L’esperienza delle passate campagne a Gaza, le intenzioni dichiarate dal governo israeliano
riguardo all’operazione in corso e le notizie che ci giungono dal terreno dimostrano che
l’operazione non è solo una minaccia, ma una realtà che è già in fase di attuazione.
Dallo scoppio della guerra, il complesso greco-ortodosso di San Porfirio e quello latino della
Sacra Famiglia sono stati un rifugio per centinaia di civili. Tra loro ci sono anziani, donne e
bambini. Nel complesso latino ospitiamo da molti anni persone con disabilità, assistite dalle
Suore Missionarie della Carità. Come gli altri abitanti della città di Gaza, anche i rifugiati che
vivono nella struttura dovranno decidere secondo coscienza cosa fare. Tra coloro che hanno
cercato riparo all’interno delle mura dei complessi, molti sono indeboliti e malnutriti a causa
delle difficoltà degli ultimi mesi. Lasciare Gaza City e cercare di fuggire verso sud
equivarrebbe a una condanna a morte. Per questo motivo, i sacerdoti e le suore hanno deciso
di rimanere e continuare a prendersi cura di tutti coloro che si troveranno nei due complessi.
Non sappiamo esattamente cosa accadrà sul posto, non solo per la nostra comunità, ma per
l’intera popolazione. Possiamo solo ripetere ciò che abbiamo già detto: non può esserci
futuro basato sulla prigionia, lo sfollamento dei palestinesi o la vendetta. Facciamo eco alle
parole pronunciate pochi giorni fa da Papa Leone XIV: «Tutti i popoli, anche i più piccoli e i più
deboli, devono essere rispettati dai potenti nella loro identità e nei loro diritti, in particolare il
diritto di vivere nelle proprie terre; e nessuno può costringerli a un esilio forzato» (Discorso al
gruppo di rifugiati delle Chagos, 23.8.2025).
Non è questa la giusta via. Non vi è alcuna ragione che giustifichi lo sfollamento deliberato e
forzato di civili.
È tempo di porre fine a questa spirale di violenza, di porre fine alla guerra e di dare priorità al
bene comune delle persone. C’è stata abbastanza devastazione, nei territori e nella vita delle
persone. Non vi è alcuna ragione che giustifichi tenere dei civili prigionieri o ostaggi in
condizioni drammatiche. È ora che le famiglie di tutte le parti in causa, che hanno sofferto a
lungo, possano avviare percorsi di guarigione.
Con uguale urgenza, facciamo appello alla comunità internazionale affinché agisca per porre
f
ine a questa guerra insensata e distruttiva, e affinché le persone scomparse e gli ostaggi
israeliani possano tornare a casa.
“Sui sentieri della giustizia si trova la vita, la sua strada non va mai alla morte” (Proverbi
12,28). Preghiamo affinché tutti i nostri cuori si convertano, per camminare sui sentieri della
giustizia e della vita, per Gaza e per tutta la Terra Santa.

“Da cuore a cuore”

«Finisce qui il nostro canto, ma non finisca mai la lode di Dio. Se non puoi lodarlo con la lingua, lodalo con la vita» (Sant’Agostino, nella conclusione del commento ai salmi)

Al termine della Messa, le ultime parole del sacerdote invitano a glorificare il Signore con la nostra vita. Queste parole ci invitano a ritornare alle attività della giornata, ma rinnovandone la vocazione: ciò che si è ascoltato, cantato, ricevuto, è chiamato a manifestarsi nella nostra vita. Anche qui, con questo foglietto, siamo giunti al termine delle pubblicazioni settimanali. Negli ultimi mesi abbiamo compiuto, per così dire, una piccola gita fuori porta guidati dal pensiero di Agostino; ogni tappa iniziava su una sua frase e noi, interrogandoci, la seguivamo fin dove ci portava. Si è visto come questo grande Santo parla a noi, di noi, del nostro tempo anche a sedici secoli di distanza. Questa escursione ci ha portati in molte direzioni, e molto ci sarebbe ancora da esplorare. Tuttavia, adesso siamo a luglio, camminare con questo caldo diventa faticoso! E allora è meglio fermarsi con l’estate, usando invece questo tempo di maggiore libertà per tradurre all’atto pratico le nostre migliori intenzioni.

“Lodatelo con la vita”, passare all’azione

Ogni azione – tanto più quella cristiana – non nasce semplicemente da un calcolo, ma da un intreccio di elementi meno prevedibili: un desiderio che affiora, un’intuizione che irrompe, un’impressione che smuove. Anche le scelte più ponderate, in fondo, iniziano da qualcosa che le precede, da un momento di ispirazione, da una ferita o da un fascino improvviso. C’è sempre, all’origine dell’agire, una scintilla che non si programma: un punto in cui la volontà, il sentimento e la realtà si toccano. Mi fa pensare a una distinzione ben nota in economia comportamentale: quella tra acquisti impulsivi e acquisti meditati. I primi sono guidati da una reazione emotiva immediata; i secondi da una riflessione più lunga e razionale. A mio avviso però, se si osserva più da vicino, anche le decisioni apparentemente più razionali scaturiscono sempre da un momento singolare: uno stimolo, un incontro, una parola che termina bruscamente il tempo della considerazione e innesca la scelta. E questo è dovuto, credo, al nostro istinto evolutivo, secondo il quale siamo molto più capaci di reagire agli avvenimenti improvvisi piuttosto che ponderare con calma e fino in fondo una decisione. Perciò l’azione, come ogni acquisto umano, non è mai del tutto lineare, ma comporta sempre un margine di rischio, un elemento di salto. Sant’Agostino lo sapeva bene. Nel celebre episodio del “tolle lege” narrato nelle Confessiones (VIII,12), la sua conversione non è frutto di un piano ben strutturato, ma dell’impatto improvviso: “Prendi e leggi”. Un impulso, un segno, un frammento minimo della realtà che provoca in lui una svolta definitiva. Agostino rifletteva da tempo, ma la decisione è figlia di un attimo. Anche per noi, il treno del Signore non si pianifica. Passa, e quando passa bisogna esser pronti, chi fa troppi calcoli lo perde. In questo senso, la vigilanza è più cristiana della programmazione. È più saggio chi allena l’occhio a riconoscere l’occasione del bene, piuttosto che chi stila un piano perfetto, ammesso che quest’ultimo possa mai esistere. Come ammonisce il Vangelo: «State pronti, perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt 25,13). Ecco allora il punto: l’occasione del bene non è uno spazio. È un istante, va colto senza necessariamente iniziare con un obiettivo preciso: non sempre ne abbiamo la forza, e talvolta le condizioni esterne lo impediscono. Ma possiamo – e dobbiamo – rimanere predisposti, interiormente svegli, non addormentati sulle nostre paure o abitudini.  

Newton e Kierkegaard, ‘uomini d’azione’  

Persino la fisica ha delle buone capacità filosofiche per quanto riguarda l’azione. Famosamente, il secondo principio della dinamica di Newton recita: “Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”. Questa legge fisica, descrivendo l’equilibrio tra forze, esplicita formalmente il fatto che nessun corpo è isolato, ogni evento ha avuto una causa, e avrà poi una ripercussione. Oltre ad essere una regola cosmica, è facile vedere come questa verità valga nei rapporti fra persone, dove i gesti e le parole dialogano avanti e indietro e ad un buon gesto ne succede un’ altro. Come scrive Agostino nel De Civitate Dei (X,6): «Non ci è dato vivere per noi stessi: ogni anima è fatta per essere riflesso e causa, specchio e fonte». Ne “La malattia mortale”, Kierkegaard ha descritto con una chiarezza impietosa l’angoscia dell’uomo moderno di fronte alla decisione. L’angoscia, dice, è la “vertigine della libertà”: sapere di poter scegliere, ma non sapere che cosa scegliere. E tuttavia, la scelta non può essere evitata. L’indecisione è già una decisione, spesso la più dannosa. Ancor prima, in “Enten – Eller” (“Aut-Aut”), scrive: «Il momento della scelta è il momento in cui l’individuo diventa se stesso». E ciò non vale solo per le grandi scelte esistenziali, ma per quelle quotidiane: accogliere o respingere, parlare o tacere, servire o ignorare. In ogni gesto, si gioca la verità della nostra fede. Ma a differenza di Kierkegaard, che spesso resta nell’angoscia della scelta, il cristiano ha un riferimento ulteriore: la volontà di Dio. Non siamo lasciati a noi stessi. Come dice il Salmo: «Affida al Signore la tua via, confida in lui: compirà la sua opera» (Sal 37,5). Affrontare la vita di famiglia, la parrocchia, la città, lo Stato, il mondo con questo spirito significa che avremo sempre la possibilità di comportarci correttamente e trovare la dimensione più adatta per agire.

In conclusione   

Scrivere questi testi è stato un esercizio molto gratificante. Matteo per “Il nostro Giubileo” ed io per i commenti a S. Agostino, ringraziamo insieme don Luciano per averci invitati a scrivere sul foglietto parrocchiale. Grazie alla sua fiducia abbiamo potuto rispolverare vecchie letture e farne di nuove per poter preparare al meglio questi inserti. Un ringraziamento sincero a Bertossi Ameris e a Giulio Macola, che si sono adoperati ogni settimana per l’impaginazione e la stampa di questo foglietto, siamo grati per la loro pazienza. Infine, un ringraziamento ai numerosi Lettore, nella speranza che, scorrendo lungo queste righe, sia capitato loro di incontrare qualcosa di interessante.

Francesco Palazzolo

“Da cuore a cuore”

“Non tutti voi siete colonne, ma tutti siete pietre vive” – Sermo 336, 2

Possiamo immaginare che il rapporto di sant’Agostino con i suoi fedeli della diocesi di Ippona sia stato intenso e profondo, benché la storiografia ci dica poco a riguardo. Intuiamo queste premure dai numerosi consigli, appelli ed esortazioni che rivolge al popolo nei suoi testi. La sua attesa nei confronti dei laici non fu mai quella di spettatori passivi, semplici destinatari di insegnamenti, ma di membri attivi, pietre vive – per usare le sue stesse parole – chiamati a costituire e a sorreggere l’edificio della Chiesa, sia spirituale sia concreto nel mondo. Agostino aveva la tendenza ad essere molto rigoroso nel definire gerarchie, e il suo tempo esigeva questa chiarezza. Abbiamo visto quali posti e ruoli assegnava al ministero ordinato (quello dei vescovi e dei sacerdoti) che, come dice, compone le “colonne” della Chiesa. Resta da capire dove ci collochiamo noi, i laici, cristiani battezzati che partecipano alla vita della comunità ecclesiale in modo vivo, concreto e sostanziale. È importante, dunque, soffermarsi sulla figura del laico in Agostino e sulla sua partecipazione alla vita della Chiesa, soprattutto attraverso i sacramenti, ma anche mediante la testimonianza quotidiana, il servizio e la preghiera. La vita cristiana non si riduce infatti a una frequentazione passiva della liturgia e all’ascolto della Parola; è necessario che sia mattone, “pietra viva” che a seconda della sua forma è chiamata a collocarsi in un determinato posto, nel costituire l’edificio della Chiesa. Siamo quindi pietre, non elementi decorativi superficiali o accessori: siamo parte della muratura, partecipiamo alla solidità e alla bellezza monumentale.

Il laicato nel tempo

In una società cristiana, come quella del IV secolo, dove i confini tra sacro e profano si intrecciavano spesso con sfumature complesse, Agostino propone una visione radicale della santità quotidiana, quella santità che deve abitare ogni casa, ogni famiglia, ogni ambiente di lavoro o di incontro sociale. I laici non sono relegati a un ruolo marginale, ma sono chiamati a essere testimoni costanti di Cristo nel mondo: “Quando siete nelle vostre case, vi esorto a essere testimoni di Cristo verso i vostri familiari” (Sermo 94, 2). L’invito ad essere testimoni di Cristo nei propri ambienti, si traduce in una vocazione alta e impegnativa che si somma alla pratica religiosa e si fa incarnazione di una spiritualità viva e operosa. Nel corso dei secoli, questa idea ha trovato più conferme e si è sviluppata: il Concilio Vaticano II, riprendendo la tradizione patristica, ha rilanciato la vocazione e la missione del laicato, sottolineando la chiamata a collaborare con il ministero ordinato per la costruzione del Regno. Ma già Agostino aveva colto la natura missionaria e sacramentale della partecipazione dei fedeli laici, distinguendola dalla semplice appartenenza formale.

La vocazione dei laici

San Paolo, ricordato con frequenza da Agostino, definisce i credenti “templi dello Spirito Santo” (1 Cor 6,19), affermando così la sacralità della loro esistenza quotidiana, non confinata al sacro edificio, ma radicata nell’umano. Non dimentichiamo l’esempio di quella donna che ungeva i piedi di Gesù con unguento profumato, simbolo della partecipazione attiva nella lode e nel sacrificio; o del giovane ricco, chiamato esplicitamente a donare tutto e seguire Cristo. Come affermava il teologo Romano Guardini, “La Chiesa è prima di tutto la comunità dei fedeli, e questa comunità vive e si esprime nella corresponsabilità di tutti i suoi membri.” E ancora, come sottolineava il cardinale Joseph Ratzinger, “Il laicato ha una missione propria, non derivata ma primaria, che è quella di portare il Vangelo in tutti gli ambiti della vita umana.” I laici sono chiamati al servizio nella carità, nel sostegno ai poveri e ai malati, nell’impegno per la giustizia e la pace, nella cura della liturgia e nella testimonianza pubblica della fede. Anche la preghiera e la catechesi, sebbene spesso meno visibili, sono campi in cui la loro presenza è indispensabile. Agostino, nelle sue lettere e nei suoi sermoni, esorta continuamente i fedeli a non ritirarsi in un anonimato passivo, la Chiesa è un organismo vivente, e come tale ha bisogno non solo di colonne forti, ma di ogni pietra viva che contribuisce alla sua crescita, alla sua bellezza, alla sua santità.

Francesco Palazzolo