3a Domenica del Tempo Ordinario
“DA CUORE A CUORE”
Grande dono ricevuto, unico tesoro da offrire
La Carità “Chiunque interpreta le Scritture con il fine della carità costruisce non solo se stesso ma anche il prossimo” (De Doctrina Christiana I,36)
Interpretazione
Il De Doctrina Christiana è un trattato sull’arte di interpretare e insegnare le Scritture. Diviso in quattro libri, l’opera si propone di fornire una guida per coloro che vogliono comprendere e comunicare il messaggio biblico. È un’esegesi un po’ tecnica, e giunge ad analizzare anche gli scopi dell’interpretazione. Fra di essi vi è un principio di straordinaria forza: la carità, che Agostino definisce come il criterio essenziale per ogni lettura e spiegazione delle Scritture. Non vi è comprensione autentica della Parola di Dio che non conduca all’amore per Dio e per il prossimo. Questo principio culmina nella affermazione del primo libro: “Chiunque interpreta le Scritture con il fine della carità costruisce non solo se stesso ma anche il prossimo” (De Doctrina Christiana I,36). “Se stesso e il prossimo” sintetizza il paradosso della carità: è un grande dono che l’uomo riceve e insieme l’unico tesoro che può offrire.
Concretamente
Come realizzarla concretamente? C’è una preghiera che appartiene al catechismo che i nostri nonni sapevano a memoria e che il Beato Giovanni Paolo I riporta in una sua udienza: “Mio Dio, amo con tutto il cuore sopra ogni cosa Voi, bene infinito e nostra eterna felicità, e per amor Vostro amo il prossimo mio come me stesso e perdono le offese ricevute. O Signore, ch’io Vi ami sempre più”.
L’amore muove, inclina; chi ama “corre, vola, è lieto” (Imitazione di Cristo III,V). Amare Dio è dunque un viaggio col cuore verso Dio, un viaggio che può portare anche a dei sacrifici. “Gesù è in croce: tu lo vuoi baciare? Non puoi fare a meno di piegarti sulla croce e lasciarti pungere da qualche spina della corona, che è sul capo del Signore” (S. Francesco di Sales, Oeuvres XXI,153). Origene aveva già indicato la carità come chiave per comprendere il senso spirituale delle Scritture, affermando che “la Parola di Dio si apre solo a chi vive secondo lo Spirito di Dio” (De Principii IV, 3). Andare verso Dio comporta anche uno slancio verso il prossimo. San Paolo, scrive ai Corinzi che “senza l’amore, nulla mi giova” (1 Cor 13,3), riconoscendo nella carità l’anima di ogni azione cristiana. Anche autori non cristiani riconoscono, come Cicerone in De Officiis, che “non c’è dovere più grande che prendersi cura del bene comune, che nasce dall’amore per gli altri” (I, 22), intuendo in qualche modo l’universalità della legge dell’amore. Non a caso, Agostino, nel De Doctrina Christiana, sottolinea che l’interprete delle Scritture deve farsi “servo della parola” (I, 4), abbandonando ogni pretesa di dominio intellettuale per lasciarsi guidare dallo Spirito nella comunione della carità. Qui emerge un’eco nella saggezza di Aristotele, il quale, nell’Etica Nicomachea, afferma che “l’amicizia perfetta è quella che cerca il bene dell’altro per se stesso” (VIII, 3). Anche se il filosofo pagano parla di amicizia, il principio di amare per il bene dell’altro prefigura il concetto cristiano della carità.
“Ch’io Vi ami sempre più”
La carità diventa così il criterio non solo dell’interpretazione, ma della vita stessa del cristiano. Agostino vede nell’amore il culmine di ogni virtù e l’unica forza capace di ordinare tutti i desideri umani verso il loro vero fine, che è Dio. “Ama e fai ciò che vuoi” (In Epistolam Ioannis ad Parthos 7,8), scriverà altrove, condensando in poche parole l’intero spirito del Vangelo. La carità, infatti, non sopprime la libertà, ma la perfeziona, perché l’amore autentico non conosce costrizioni, ma solo il desiderio di compiere la volontà dell’Amato. La conoscenza e la sapienza, nella riflessione di Agostino, sono poca cosa se non si traducono in un viaggio verso Dio e verso il prossimo. Nel mondo bisogna sentire, compatire, tutelare: amare sempre più, in obbedienza a un altro comando del Signore, che ha messo in noi la sete di progresso. Non si può progredire soltanto nel lavoro, nella preparazione, nella tecnica; con la stessa intensità bisogna fare sempre passi in avanti affinché questo amore a Dio sia sempre più intenso e perfetto. Il Signore ha detto a tutti i suoi: “voi siete la luce del mondo, il sale della terra” (Matth. 5,8); “siate perfetti com’è perfetto il vostro Padre celeste” (Mt. 5,48). Dunque sempre progredire, con l’aiuto di Dio e nell’amore a Dio. “È troppo grande Dio, troppo Egli merita da noi, perché gli si possano gettare, come ad un povero Lazzaro, appena poche briciole del nostro tempo e del nostro cuore” (Giovanni Paolo I).
Francesco Palazzolo