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3^ Domenica di Quaresima

“DA CUORE A CUORE”

Città di Dio e città degli uomini

La città di Dio vive nella pace eterna, perché in essa non c’è disordine, ma un’ordinata obbedienza alla volontà divina.

(Agostino, De Civitate Dei XIX, 11)

La riflessione di Agostino sulla civitas Dei e la civitas terrena non si limita a una distinzione tra realtà spirituali, ma è lettura della storia e della condizione umana, distinta tra l’amore per se stessi e l’amore per Dio. “Due amori hanno fatto due città: l’amore di sé fino al disprezzo di Dio ha edificato la città terrena; l’amore di Dio fino al disprezzo di sé ha edificato la città celeste” (De Civitate Dei, XIV, 28). Questa affermazione è fondamentale per comprendere la visione agostiniana, poiché la città di Dio non è un concetto astratto ma si radica nella vita concreta di ogni uomo. La civitas Dei, pur non essendo un’entità fisica, è una realtà spirituale e morale che si concretizza nel comportamento e nelle scelte di vita dei suoi membri. Proviamo a fare delle considerazioni su quest’opera colossale.

La Città di Dio. Dettagli storici e teologici

Il contesto storico (La Città di Dio fu scritta tra il 413 e il 426 d.C.) è un periodo critico per l’Impero Romano. La violazione di Roma da parte dei Visigoti nel 410 d.C. rappresentò un trauma profondo per l’Occidente, un evento che segnò il declino di un impero che era stato, per secoli, simbolo di ordine e di potenza. In questo contesto, Agostino, vescovo di Ippona (attuale Annaba, in Algeria), scrisse l’opera per rispondere alle critiche mosse dai pagani contro il cristianesimo, accusato di essere la causa prima del declino e poi del crollo dell’Impero Romano. Agostino difende la fede cristiana, affermando che la vera civitas non è quella terrena, destinata a decadere, ma quella celeste, che trova la sua fondazione “nell’amore di Dio e nella grazia”. La struttura dell’opera si articola su due livelli: uno storiografico e uno teologico. Nel primo, Agostino esamina gli eventi storici alla luce della volontà divina, sostenendo che la caduta di Roma non è un castigo del Dio cristiano, ma il risultato di una vita mondana, priva di vera giustizia e di vera pace. È il risultato di un modo di vivere dominato dall’egoismo, dove gli uomini si allontanano dalla legge divina per perseguire i propri desideri terreni. Nel secondo livello, Agostino espone una visione escatologica: la civitas Dei è una realtà spirituale che affonda le radici nel cuore di ogni cristiano, ma che troverà il suo compimento definitivo solo al termine della storia, quando Dio giudicherà il mondo e dividerà definitivamente i giusti dai peccatori. Questa città celeste è comunità fondata sulla carità e sull’obbedienza alla volontà di Dio, da essa nasce la vera giustizia e la pace eterna. In effetti, Agostino non sta solo facendo una riflessione filosofica o teologica, ma risponde anche a una serie di domande urgenti poste dalla sua contemporaneità. Cosa significa che Roma è caduta? E cosa ci insegna questo fatto rispetto alla vera natura della civiltà umana? A queste domande Agostino risponde, dicendo che le vere civiltà non sono fatte da regni terreni o dall’ordine sociale imposto dalla forza, ma da un ordine che trova la sua radice nell’amore per Dio, che supera ogni confine temporale e materiale. Non solo: è anche l’unico vero ordine possibile, l’unica struttura che possa definirsi tale, l’unico sistema ordinato a priori che non dipende dalle condizioni materiali o politiche del mondo. Questo ordine è quello che consente la vera libertà: non quella di fare ciò che si vuole, ma quella di vivere secondo il piano divino, che è il piano del bene assoluto.

Questo ordine teologico si riflette anche nelle istituzioni della Chiesa, che per Agostino rappresentano l’anticipo della civitas Dei. La Chiesa, infatti, è la comunità di fedeli che, attraverso la partecipazione ai sacramenti e l’osservanza della legge divina, si prepara alla cittadinanza nella civitas Dei, un regno che, per quella stessa sua dimensione escatologica, si realizzerà pienamente solo nel regno dei cieli.

La complessità e la fisica moderna

Credo valga la pena soffermarsi sul tema dell’ordine, perché vi si trova una sorprendente sintonia con le intuizioni moderne della teoria della complessità, in particolare con la tesi di Giorgio Parisi, che gli valse il Nobel pochi anni fa. Se consideriamo la visione agostiniana della civitas Dei, possiamo paragonarla a un sistema complesso in cui, pur essendo composta da elementi individuali, emerge un ordine superiore che trascende le singole parti. Questo ordine, per Agostino, si realizza progressivamente, man mano che l’individuo, attraverso la grazia divina, ascende verso Dio. Il concetto di civitas Dei si fonda su una verticalità dell’ordine, dove più si sale verso Dio, più si scopre un ordine perfetto e completo, in grado di superare il caos e il disordine della civitas terrena. Parisi, nel descrivere i sistemi complessi, ci mostra come oggetti che sembrano semplici, come le molecole, attraverso la loro interazione possano generare comportamenti collettivi che sono molto diversi da quelli che ciascun agente avrebbe individualmente. Un esempio tipico è quello delle molecole d’acqua: pur seguendo leggi fisiche semplici, esse danno vita a fenomeni collettivi come l’evaporazione e la solidificazione, nei quali il comportamento globale non può essere spiegato solo attraverso l’azione delle singole molecole, ma emerge solo quando queste si trovano a interagire in un contesto più ampio. Questo fenomeno, descritto da Parisi come un “cambio di fase” nei sistemi complessi, è il cuore della tesi agostiniana sull’ordine. Questo cambio di fase collettivo lo notiamo anche in società; quando poche persone si trovano nella metropolitana, per esempio, i flussi di passeggeri che vanno in direzioni opposte sono casuali, senza un’organizzazione evidente. Tuttavia, man mano che il numero di persone aumenta, accade che la gente in transito cominci ad organizzarsi in due flussi distinti: una parte si orienta lungo un lato del corridoio, mentre l’altra si dispone nell’opposto. Questo ordine emergente non è il risultato di un piano prestabilito, ma nasce spontaneamente dall’interazione tra le persone, che, nel loro movimento, tendono a seguire un comportamento collettivo che riduce il caos e crea una maggiore organizzazione e sincronizzazione. La civitas Dei agostiniana è, in un certo senso, un “sistema complesso” in cui gli individui, pur essendo liberi e autonomi, contribuiscono a un ordine divino che emerge solo quando l’umanità intera si unisce nella grazia di Dio. In questo senso, Agostino anticipa, in termini spirituali e teologici, la visione che Parisi propone per la scienza moderna: che l’ordine, pur essendo presente in ogni singolo agente, si manifesta in modo pieno e perfetto solo quando questi agenti sono parte di un sistema che trascende la somma delle singole parti.

Francesco Palazzolo