Era ancora buio. Il buio fa paura. Evoca fantasmi. Paralizza le forze. I discepoli sono smarriti. Trovano vuoto il sepolcro di Gesù e nessuno sa interpretare il fatto. Perché? Ci sono delle notti anche nella nostra vita: qualche fallimento, la fine di una amicizia, un incidente, una malattia, una morte in famiglia. Perché? È una domanda senza risposta, come il silenzio attorno alla tomba. Ma l’esperienza di qualcuno può aprirci un varco per vedere la luce.
In questi giorni di Pasqua, andiamo anche noi al sepolcro, andiamo con le nostre notti. Non visti vediamo, osservati da nessuno osserviamo ciò che accade nel giardino degli ulivi, mentre è ancora buio. Sopraggiunge Maria, la Maddalena. Vede solo la pietra rotolata via dal sepolcro e, sconvolta, corre ad avvertire i discepoli. Teme che i ladri abbiano trafugato il maestro. Non immagina altro. Ma poi lo riconosce quando sente la sua voce che la chiama: Maria! È la voce di una relazione forte che neppure la morte aveva potuto spezzare. Vengono anche Pietro e Giovanni, correndo. Pietro è attento, osserva e scruta. Sa di aver rinnegato Gesù ma poi si è lasciato perdonare da Lui con un semplice sguardo d’amore che ha aperto il futuro. Infatti Pietro uscirà dalla sua debolezza, sarà tanto forte da dare la vita per il Risorto. L’amore apre Giovanni alla fede. I discepoli di Emmaus lo riconoscono allo spezzar del pane. E comprendono che il pane è la sua vita condivisa. Il cuore arde nel loro petto ed il coraggio ritorna a rinfrancare le loro forze. Riprendono il cammino per andare verso Gerusalemme ad annunciare che Gesù è risorto. È sempre l’amore che previene, non il nostro ma quello di Dio. Dio ci sorprende sempre. La donna di Magdala, Pietro e Giovanni, Cleopa e l’altro discepolo sono per noi un esempio da non perdere d’occhio. Si sono lasciati raggiungere dall’amore di Dio.
Credo che tutto stia qui: lasciarci raggiungere da Lui che è vivo e percorrere con Lui la strada della vita. La relazione iniziata da Gesù con noi nel Battesimo, non si spezza mai perché Lui continua sempre ad essere fedele. La Risurrezione di Gesù va proclamata senz’altro ma soprattutto va vissuta. Se è vissuta, ci dona uno sguardo nuovo sulla realtà: nel buio si può vedere una luce, nella morte perfino la vita, nella disperazione una strada aperta sul futuro, in uno straniero un fratello.
Perché? Noi siamo dei perdonati, dei guariti nel cuore, resi capaci di amare. Siamo dei ciechi che hanno riacquistato la vista. Nelle nostre famiglie si può vivere uno stile di donazione, di perdono, di solidarietà. Nella chiesa ci si può liberare da fardelli inutili, ingombranti e vivere “in uscita”, come dice spesso papa Francesco, col coraggio della fede e con la testimonianza della carità.
Lasciarsi amare da Dio e sentirsi da Lui amati. Attorno all’altare, ogni domenica. Per vivere del suo amore. Per uscire sulle strade della storia con una testimonianza sincera.
Un cordiale saluto ed augurio di Buona Pasqua a tutti. Il parroco don Luciano Nobile
(estratto dal Bollettino Parrocchiale di Pasqua, che si può ritirare in Cattedrale oppure scaricare cliccando QUI)
PAPA FRANCESCO:
Vivere la Settimana Santa seguendo Gesù vuol dire imparare ad uscire da noi stessi per andare incontro agli altri. C’è tanto bisogno di portare la presenza viva di Gesù misericordioso e ricco di amore! Seguire, accompagnare Cristo, rimanere con Lui esige un “uscire”, uscire. Uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi.
Qualcuno potrebbe dirmi: “Ma, padre, non ho tempo”, “ho tante cose da fare”, “è difficile”, “che cosa posso fare io con le mie poche forze, anche con il mio peccato, con tante cose? Spesso ci accontentiamo di qualche preghiera, di una Messa domenicale distratta e non costante, di qualche gesto di carità, ma non abbiamo questo coraggio di “uscire” per portare Cristo. Siamo un po’ come san Pietro. Non appena Gesù parla di passione, morte e risurrezione, di dono di sé, di amore verso tutti, l’Apostolo lo prende in disparte e lo rimprovera. Dio pensa sempre con misericordia: non dimenticate questo. Dio pensa sempre con misericordia: è il Padre misericordioso! Dio pensa come il padre che attende il ritorno del figlio e gli va incontro, lo vede venire quando è ancora lontano… Questo che significa? Che tutti i giorni andava a vedere se il figlio tornava a casa: questo è il nostro Padre misericordioso. E’ il segno che lo aspettava di cuore nella terrazza della sua casa. Dio pensa come il samaritano che non passa vicino al malcapitato commiserandolo o guardando dall’altra parte, ma soccorrendolo senza chiedere nulla in cambio.
Auguro a tutti di vivere bene questi giorni seguendo il Signore con coraggio, portando in noi stessi un raggio del suo amore a quanti incontriamo.
Giovanni 8,1-11
NEPPURE IO TI CONDANNO…
“Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli si sedette e si mise ad insegnare” (Gv 8,1-2). E’ l’inizio di un nuovo giorno: nel linguaggio evangelico significa giorno nuovo per un grande nuovo annuncio. In queste domeniche di Quaresima ci ha sempre accompagnato, verso la Pasqua, l’evangelista Luca. Oggi troviamo, in questa quinta domenica, l’episodio della donna adultera riportato dal Vangelo di Giovanni. Una doverosa precisazione. Nei primi due secoli della Chiesa, quando vennero trascritti i libri del Nuovo Testamento, da quasi tutte le copie della Bibbia fu tolta la pagina del Vangelo di oggi. La ragione? Sant’Agostino scrive: «Alcuni fedeli di poca fede, o meglio, nemici della vera fede, temevano che l’accoglienza del Signore per la peccatrice desse la patente di immunità alle loro donne». La frase di Gesù “Neanch’io ti condanno” (Gv 8,11) poteva essere fraintesa, allora meglio toglierla. Ma il vero motivo era un altro. Nei primi due secoli si era instaurate una prassi pastorale molto severa, rigida e poco misericordiosa. Con l’aumento del numero dei cristiani, a Roma su una popolazione di un milione si contavano già trentamila cristiani, era decaduta la qualità e si era introdotto un certo lassismo che faceva ritenere tutto lecito. Come reazione si era diffusa la convinzione che, nei confronti di chi peccava gravemente, apostasia, omicidio e adulterio, la Chiesa poteva perdonare una volta sola in vita e ai recidivi non rimaneva che attendere il severo giudizio di Dio. Chiaro che i rigoristi preferivano non dare rilievo all’episodio dell’adultera. Chi invece propugnava un atteggiamento più mite si richiamava volentieri a questo racconto. Nel quarto secolo si raccomanda ai vescovi di imitare, nei confronti dei peccatori, ciò che aveva fatto Gesù con l’adultera. Ma quando si pensò di rimettere nel Vangelo questa pagina strappata la si inserì nel Vangelo di Giovanni al capitolo 8 perché nello stesso capitolo al versetto 8 si legge: “Io non giudico nessuno”. Oggi è convinzione comune di tutti i biblisti che questa pericope del Vangelo è, senza alcun dubbio, di Luca. Tema, stile, linguaggio sono i suoi e il posto naturale di questi 11 versetti sono alla fine del capitolo 21 del suo Vangelo.
“Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: Maestro, questa donna è stata sorpresa in fragrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?” (Gv 8,3-5).
Questi scribi e farisei, componenti della buon costume di Gerusalemme hanno pensato: lui è amico dei peccatori, sta dalla loro parte, proviamo a portarle questa peccatrice, non avrà certo il coraggio di difenderla! Sarà imbarazzato quando dovrà pronunciarsi contro i suoi amici (Lc 7,34). Nel comportamento di Gesù, così bene descritto da Luca, noi scopriamo la nuova, sorprendente, scandalosa giustizia di Dio che non condanna nessuno: salva e basta. “Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra” (Gv 8,6). Che cosa scrive? San Girolamo, e parecchi dopo di lui, sostiene che stesse scrivendo i peccati degli accusatori. Non può essere vero per due motivi: primo perché Gesù vuol salvare anche gli accusatori e non solo la peccatrice, secondo perché il pavimento del tempio era lastricato di pietre e quindi rendeva impossibile scrivere. C’è un significato profondo: questi farisei e scribi ricordano una legge scritta sulla pietra (Es 20), ma Gesù indicando le pietre per ben due volte vuol far capire che la nuova legge sarà scritta nel cuore. E con questo gesto silenzioso Gesù sfalda il gruppo – si direbbe oggi scioglie il branco – perché ognuno si ritrovi con se stesso, senta messa a nudo la sua ipocrisia. ”Donna dove sono? Nessuno ti ha condannata?” “Neanch’io ti condanno. Va in pace e non peccare più”.
Buona Settimana santa a tutti. Mons. Pietro Romanello
RINGRAZIAMENTO
Ringraziamo di cuore don Pietro che durante la Quaresima ci ha accompagnati di domenica in domenica commentando il Vangelo e donandoci qualche corretta e stimolante chiave di lettura, anche sotto l’aspetto storico-critico, e qualche opportuna domanda per una riflessione personale. Ora si trova ricoverato in ospedale per problemi di salute e si raccomanda alla nostra preghiera. È ciò che facciamo volentieri e con gratitudine augurandogli di poter ritornare presto in parrocchia.
Luca 15,1-3.12-32
“Si avvicinavano a lui i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro»”(Lc 15,1-2). Così inizia il Vangelo di questa domenica. Ma ancora in Luca leggiamo: “E’ venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico di pubblicani e di peccatori” (Lc 7,34). Nel Vangelo di Matteo: “Mentre sedeva a tavola nella casa (di Matteo), sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli” (Mt 9,10). I pubblicani li conosciamo, sono gli esattori delle tasse per conto dei romani, i peccatori sono gli ebrei poco osservanti delle regole e dei precetti del Talmud. I farisei sono parte di un partito religioso giudaico propugnatore di una profonda conoscenza della Torah, la legge biblica, e di una rigida interpretazione soprattutto riguardo al sabato, alla purità rituale e alle decime. Nonostante il profondo impegno religioso, l’esagerato zelo per la legge e la purità li porta a un altero isolamento e al disprezzo del popolo. Gli scribi, uomini colti dediti allo studio e sono membri della classe dirigente. Spesso nel Vangelo li troviamo assieme ai farisei.
Gesù ci ha rivelato che Dio è “amico di pubblicani e peccatori”: ma fino a quando lo sarà? Non verrà il giorno in cui cambierà atteggiamento nei loro confronti? Pensiamo che abbiano, abbiamo, tempo fino alla fine della vita per convertirsi, poi basta. Al momento della resa dei conti Dio smette di essere buono e diventa un giudice giusto. Questo cambiamento di sentimenti non può che lasciarci stupiti e sconcertati. C’è una risposta convincente?
Ai farisei e agli scribi che mormoravano “Egli disse loro questa parabola” (Lc 15,3). Dopo il racconto della parabola della pecorella smarrita e della dramma perdura (Lc 15, 4-10) Gesù racconta la più bella parabola, il Vangelo nel Vangelo, la chiamano i Padri della Chiesa, la parabola del ‘Padre misericordioso’ o ancora meglio ‘Parabola dell’amore del Padre’, in genere conosciuta come ‘il figliol prodigo’. Qui troviamo la risposta al nostro pressante interrogativo. Gesù usa il genere letterario della parabola, racconto allegorico, perché presentando tre personaggi l’ascoltatore si senta attratto totalmente da uno solo, quello che incarna il messaggio. Gesù non si rivolge ai pubblicani e ai peccatori, ma ai farisei e agli scribi. Gli impeccabili che stanno correndo un grosso rischio spirituale perché hanno falsato completamente il rapporto con Dio, non hanno capito che egli ama tutti gratuitamente e davanti a lui non si possono accampare meriti.
“Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: ‘Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta’. Ed egli divise tra loro le sue sostanze” (Lc 15,11-12). Rispetto della libertà e totale generosità. Questo figlio dopo essere finito a “pascolare i porci” decide di tornare dal padre, non perché pentito, ma perché “io qui muoio di fame”. A questo punto torna in scena il padre: non dice una parola. La sua reazione di fronte al figlio che ritorna è descritta in cinque verbi che da soli bastano a far considerare questo versetto (20) come uno dei più belli di tutta la Bibbia.
–“Quando era ancora lontano, suo padre lo vide”. Da sempre lo aspettava, sempre guardava quella strada senza mai stancarsi.
–”ebbe compassione”. Il testo originale parla di una commozione così grande da essere percepita anche fisicamente, nelle viscere. Nei Vangeli questa espressione compare 12 volte ed è sempre riferita a Dio o a Gesù.
–”gli corse incontro”. Si mise a correre anche se vecchio; dimenticando il suo rango. Agisce ascoltando solo il cuore.
–”gli si gettò al collo”. Gli cadde quasi addosso con un abbraccio totale.
–”e lo baciò”. E’ il segno dell’accoglienza, l’espressione della gioia e del perdono.
“E facciamo festa” (Lc15,23). Noi vorremmo che la parabola finisse qui, ma Gesù continua: “Il figlio maggiore si trovava nei campi” (Lc 15,25).«E’ l’uomo dei rimpianti, onesto e infelice, che ha perso la gioia di vivere: non ama quello che fa, e il cuore è assente. Tutti noi siamo un po’ così, onesti e infelici, cristiani del capretto, come ci chiama P. D. Turoldo, viviamo più da salariati che da figli. Ma l’amore del padre non è commisurato ai meriti dei figli, sarebbe amore mercenario. Non si misura su di un capretto. Non c’è nessun capretto, c’è molto di più, tutto: “tutto ciò che è mio è tuo” (Lc 15,319. (P. Ronchi) Mons. Pietro Romanello
ll Triduo Pasquale è il centro di tutto l’anno liturgico e non c’è celebrazione più importante di questa per noi cristiani. Celebreremo anche quest’anno l’atto di obbedienza per il quale siamo stati salvati, il gesto d’amore che ci ha ridato la Vita per sempre! Durante il Triduo Pasquale non rievochiamo un avvenimento del passato a modo di commemorazione, come si può fare per qualsiasi evento tragico, noi celebriamo la passione, morte e resurrezione del Signore Gesù a modo di Mistero. L’evento della crocefissione, agonia, morte e resurrezione di Gesù, si riattualizza, si rende presente negli effetti salvifici. Per mezzo della celebrazione del Triduo Pasquale l’evento della nostra salvezza diviene contemporaneo a noi e noi a lui. Il Triduo Pasquale, ricco di riti e celebrazioni, costituisce per i cristiani il cuore della liturgia in quanto memoriale dell’essenza della fede in Gesù Cristo morto e risorto. Con il termine “triduo pasquale” si fa riferimento ai tre giorni precedenti la Domenica di Pasqua, nei quali si fa memoriale della passione e morte di Cristo, prima della Risurrezione nel giorno di Pasqua. Secondo il Rito Cattolico Romano il Triduo ha inizio con i Vespri del Giovedì Santo e la celebrazione della “Cena del Signore” e si conclude con i Vespri del giorno di Pasqua.
Il Triduo Pasquale è “tutto un grande mistero di amore e di misericordia”. Quest’anno inizieremo a celebrarlo in cattedrale, insieme con il Vescovo ed i fedeli della Parrocchia che vorranno partecipare, poiché la Parrocchia è unica anche se le chiese sono diverse. Pertanto anche coloro che sono abituati a frequentare la chiesa di San Giacomo o di San Pietro martire, sono invitati a recarsi in cattedrale per vivere insieme la Pasqua del Signore morto e risorto. Il parroco don Luciano Nobile
Ci sono delle persone che possiedono degli ulivi? Ci sono delle persone che conoscono dei proprietari di qualche oliveto? Abbiano la cortesia di chiamare il parroco: 0432 505302
Servono gli ulivi per la domenica delle palme (14.04.19).
Ogni venerdì di Quaresima, Via Crucis
Ore 17.00: Chiesa di S. Giacomo.
Ore 18.30: Oratorio della Purità.
Una copia autentica della Sacra Sindone a Udine
Una delle chiese più belle e antiche di Udine, San Giorgio Maggiore di borgo Grazzano, ospita una copia autentica della Sacra Sindone, proveniente da Torino.
L’evento ha lo scopo di raccogliere i fedeli in preghiera in questo periodo quaresimale e per tutto il tempo pasquale, ricordando questa sacra reliquia e saranno organizzati degli incontri che culmineranno con un approfondimento sul mistero della Sacra Sindone.
Il Parroco don angelo Favretto ha voluto aprire le porte della chiesa per «riallacciare quel connubio tra vita e fede che da sempre contraddistingue la gente del Friuli».
Quattro gli incontri quaresimali che si svolgeranno per tre giovedì iniziati il 14 marzo. Ad accompagnare i fedeli in questo percorso ci sarà una copia autentica della Sacra Sindone proveniente da Torino, che sarà custodita in una speciale teca realizzata per l’occasione.
La sacra sindone è il lenzuolo funerario di lino conservato nella cattedrale del capoluogo piemontese, sul quale è impresso il volto di un uomo flagellato e crocifisso, che si pensa abbia avvolto il corpo di Cristo nel sepolcro. Proprio il volto della Sindone è tra i grandi misteri della religione cristiana e sarà il tema dell’incontro del 5 aprile, alle 20.30. A condurre l’incontro sarà il sindonologo Giulio Fanti, professore associato di Misure meccaniche e termiche al dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Padova, coadiuvato dal medico anatomopatologo Matteo Bevilacqua.
La festa dell’Annunciazione del Signore è stata molto partecipata grazie anche alla presenza dei parrocchiani, dei volontari del “Centro Aiuto alla vita”, delle famiglie,
dei Pueri cantores del Duomo
e dei cresimandi adulti che hanno ricevuto il Credo.
Grazie a tutti.
Parrocchia di S. Maria Annunziata
nella Chiesa Metropolitana
Piazza del Duomo
33100 Udine (UD)
Piazza del Duomo
33100 Udine (UD)
SEGRETERIA PARROCCHIALE
Via A. di Prampero, 6
33100 Udine (UD)
Aperta dal lunedì al venerdì
dalle ore 10:00 alle ore 12:00
Tel. centralino: +39 0432 505302
Email (entro 24h): info@cattedraleudine.it
C.F.: 80010240309
33100 Udine (UD)
Aperta dal lunedì al venerdì
dalle ore 10:00 alle ore 12:00
Tel. centralino: +39 0432 505302
Email (entro 24h): info@cattedraleudine.it
C.F.: 80010240309