Chi è soggetto alla compilazione della dichiarazione dei redditi può operare la scelta 8Xmille per la Chiesa Cattolica. È importante che anche coloro che sono esonerati firmino nella casella “Chiesa cattolica”.

Grazie per il bene che puoi fare con il tuo intervento. Non ti costa nulla. Basta solo la tua firma.

La Collaborazione Pastorale Udine-centro, all’inizio della quaresima ha celebrato il Giubileo delle famiglie (bambini e genitori) nel santuario della B.V. delle Grazie e prima della Settimana Santa con un numeroso gruppo di parrocchiani e gli operatori pastorali in cattedrale.

Domenica 25 maggio, nel pomeriggio, una cinquantina di persone, tra le quali anche alcune sorde, ha vissuto il terzo momento giubilare effettuando il pellegrinaggio a piedi da Artegna, attraverso la campagna, fino al Santuario di S. Antonio di Gemona, dove i pellegrini sono stati cordialmente accolti dai Frati minori conventuali che ringraziamo e tutti hanno potuto partecipare alla celebrazione della S. Messa presieduta da don Federico Grosso e concelebrata dal sottoscritto.

Inoltre, è per noi doveroso ringraziare la Questura di Udine che ha provveduto a fornire una splendida assistenza ai pellegrini attraverso la Polizia Locale ed i Carabinieri di Gemona. Giunga a loro il nostro plauso ed il nostro cordiale grazie per il servizio puntuale molto gradito.

Non possiamo dimenticare “l’esperto del luogo” ing. Toni Uère che ci ha condotti per il giusto cammino per non perderci nei sentieri del gemonese!

Per tutti è stata una bella esperienza di preghiera che abbiamo vissuto insieme anche con alcuni bambini coraggiosi.

Don Luciano.

Una nuova speranza

L’8 maggio 2025 il mondo ha conosciuto il nome del successore di Papa Francesco: il cardinale Robert Francis Prevost, che ha assunto il nome di Leone XIV. Originario di Chicago, primo statunitense a salire al soglio pontificio.

Membro dell’Ordine di Sant’Agostino, ha trascorso gran parte della sua vita in missione in Perù arrivando a ricoprire ruoli significativi: nominato vescovo nel 2014, diventa prefetto del Dicastero per i Vescovi nel 2023. La sua esperienza internazionale e la sua conoscenza delle realtà ecclesiali al di fuori della sua patria lo rendono una figura di riferimento per una Chiesa sempre più globale. Il nuovo pontefice ha aperto il suo primo discorso invocando la pace, l’unità e la solidarietà, sottolineando l’importanza di costruire ponti anziché muri ed esprimendo vicinanza ai poveri e agli emarginati: un richiamo potente alla fraternità e alla responsabilità in un tempo segnato da conflitti e da costanti incertezze. Il pontificato di Leone XIV suscita nei fedeli la speranza che ispiri una fede autentica e coerente che si impegni a guidare una Chiesa trasparente e vicina alle persone. Si apre una nuova stagione ricca di sfide e opportunità per la Chiesa assistita dallo Spirito Santo, con la speranza di un futuro migliore per l’umanità.                                                                                                  

Matteo Carota

Dopo essersi affacciato il giorno di Pasqua alla loggia della Basilica Vaticana per l’ultima Benedizione “Urbi et orbi”, nel Lunedì dell’Angelo 21 aprile alle ore 7,35 Papa Francesco è tornato alla casa del Padre.

“Ho immaginato gente di ogni ‘colore’, nazionalità e cultura, spingersi dai quattro angoli della Terra e muoversi in rotta verso il futuro, gli altri, il mondo – dice emozionato Giacomo Trevisani -, come vele di una grande nave comune, spiegate grazie al vento della Speranza che è la croce di Cristo e Cristo stesso”.

Nel “personificare” la Speranza ha pensato subito alla Croce: “La Speranza, mi sono detto, è nella Croce”. Quindi ho “immaginato il Papa, Pietro di oggi, guidare il popolo di Dio verso la mèta comune, abbracciando la Croce, che diviene un’ancora, quale saldo riferimento per l’umanità”, mentre il popolo si stringe a lui e anche a quell’ancora cui si stringono i pellegrini di ogni tempo.

“Siamo ‘Pellegrini di Speranza” perché portiamo con noi le paure del prossimo nel desiderio di condividerle e farle nostre – conclude l’autore del logo del Giubileo del 2025 richiamando infine il motto – questo indicano le figure che si stringono tra loro guardando alla Croce come un’ancora di salvezza”.

ASPETTI STORICI 

Il 2025 per la Chiesa Cattolica è un anno particolarmente importante, caratterizzato dal Giubileo che ha come tema “La speranza non delude”. È il secondo giubileo di Papa Francesco dopo quello straordinario del 2015 conosciuto come giubileo della misericordia.

Qual è l’origine del Giubileo? E quali sono le sue caratteristiche?

Alcuni cenni storici ci aiuteranno a capire questo avvenimento ed il suo sviluppo nei secoli. Il termine Giubileo deriva dalla tradizione ebraica in cui il Jobel (un corno di ariete) veniva suonato per annunciare l’inizio di Yom Kippur il giorno dell’espiazione.

Il primo Giubileo fu indetto nell’anno 1300 da papa Bonifacio VIII il quale nella bolla di indizione concesse “in questo centesimo anno e in qualunque centesimo anno a venire pienissima perdonanza dei peccati” Con questo bolla si fissavano due aspetti importanti del Giubileo: la ricorrenza dei cento anni e l’indulgenza plenaria. Il tredicesimo secolo peraltro era stato caratterizzato da aspettative di “renovatio“, di una fine dei tempi che avrebbe inaugurato il regno di Dio. Questa visione escatologica era stata portata avanti da personalità come Gioacchino da Fiore e il più conosciuto Jacopone da Todi. Grande fu la presenza di pellegrini a Roma i quali ottennero l’indulgenza plenaria dei peccati: bastava che, pentiti e confessati, i fedeli visitassero le chiese di San Pietro e San Paolo per 30 volte se romani, per 15 se forestieri.

Il secondo Giubileo fu proclamato da Papa Clemente VI nel 1350 contrariamente ai 100 anni fissati da papa Bonifacio. Nella bolla di indizione si faceva riferimento alla volontà di esaudire il desiderio del popolo romano che supplicava che a questi eventi potessero partecipare un maggior numero possibile di persone poiché pochi sono gli uomini che, a causa della brevità della vita, sono in grado di vivere cent’anni”. ll Giubileo fu celebrato in una Roma senza Papa in quanto questi si era trasferito ad Avignone e nonostante gli appelli al ritorno nella città eterna, questi caddero nel vuoto. Purtroppo una grande epidemia di peste interessò l’Europa tutta ed un terzo della popolazione soccombette (ad Avignone sede papale mori meta della popolazione).

Fino al 1500 assistiamo all’indizione di vari Giubilei con scadenza diversa da quella cinquantennale. Si fra strada la celebrazione a ricordo della redenzione di nostro Signore e l’intervallo viene ridotto a 33 anni. Lo scisma d’occidente causa la contemporanea presenza anche di tre papi, Martino V, finalmente unico papa, decise di celebrare il Giubileo nel 1423. La novità di questo giubileo fu l’apertura della Porta Santa però non a San Pietro ma a San Giovanni in Laterano: un atto simbolico che richiamava le parole di Gesù Cristo ” Io sono la porta delle pecore…chi entra per me sarà salvo.” Con il Giubileo del 1475 si fissò definitivamente la scadenza a 25 anni. Lo scisma d’occidente, la calata dei turchi e la caduta di Costantinopoli, le varie epidemie e carestie erano uno sprone per fare penitenza e chiedere perdono a Dio e convinsero Papa Paolo ll a ridurre il divario di tempo fra un Giubileo e l’altro. ll Giubileo del 1500 fu particolarmente importante e il papa Alessandro Vl volle che fosse chiamato Anno Santo. Molto curata fu l’organizzazione dell’evento: fu aperta una nuova strada fra San Pietro e Sant’Angelo, furono fondate nuove chiese e nuovi ospizi per i pellegrini, curati gli approvvigionamenti e calmierati i prezzi. 

La partecipazione dei fedeli fu importante anche se non secondo le attese: le guerre in corso, la calata dei turchi con le loro scorrerie sconsigliavano i viaggi. La chiusura della Porta Santa fu rimandata all’Epifania del 1501 in quanto nel mese di novembre a Roma era straripato il Tevere.

I Giubilei del 1525 e 1550 furono celebrati in tono dimesso: eravamo in pieno periodo di riforme (la vicenda di Martin Lutero risale a quegli anni) e forse sarebbe stato necessario, più opportunamente, un concilio per procedere alla riforma delle Chiesa. Fra l’altro il tema delle indulgenze (che nel Giubileo rappresenta il motivo della massiccia presenza dei fedeli per ricevere proprio le indulgenze) era uno dei temi caldi della riforma luterana.

Il Giubileo del 1575 fu l’Anno Santo per eccellenza. Finito il Concilio di Trento, l’undicesimo Giubileo fu l’espressione del rinnovamento e della purificazione della Chiesa. All’apertura della Porta Santa il pontefice Gregorio XIII volle accanto a sé il cardinale Carlo Borromeo, che sarà proclamato santo. Lo stesso Papa in prima persona, penitente fra i penitenti, si prodigò nel ricevere fedeli e dispensare benedizioni. Importante la presenza massiccia delle confraternite nell’accogliere i pellegrini e guidare le innumerevoli processioni con la recita del Rosario che, dopo la vittoria di Lepanto contro i turchi, acquistò particolare importanza.

Fra gli altri Giubilei va ricordato quello del 1700 per una massiccia presenza di pellegrini inglesi più che in qualsiasi altro giubileo precedente e successivo. Molti di essi lasciarono toccanti testimonianze della religiosità popolare e di fede delle migliaia di persone presenti. Il 1800 vide l’assenza del Giubileo. Napoleone aveva imprigionato il papa Pio VI che mori in esilio in Francia. Anche il suo successore Pio VII venne imprigionato e poté tornare in Italia dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo.

Il Giubileo del 1825 viene ricordato come quello della Restaurazione.

Il timore di Papa Leone Xll e anche di Metternich (primo ministro austriaco) era quello che sotto le spoglie di pellegrini si celassero cospiratori e carbonari pronti ad agire. Da qui anche la presenza massiccia di polizia e gendarmi e le rigide disposizioni in materia di circolazione delle cose e delle persone. Il Giubileo si svolse quindi in forma austera e la ridotta presenza delle confraternite che curavano l’organizzazione dell’evento, non agevolò una notevole partecipazione dei pellegrini. Gli anni 1850 e 1875 non videro lo svolgersi del Giubileo tradizionale. Il primo si svolse in forma suppletiva, il secondo a porte chiuse. Nel 1849 era stata fondata la repubblica Romana e il papa Pio IX dovette fuggire a Gaeta ospite del re di Napoli, mentre a Roma veniva proclamata la fine del potere temporale del Papa. Nel 1870 avvenne la presa di Porta Pia da parte dello Stato italiano ed il Papa (era sempre Pio IX che visse sino al 1878) si considerò un “prigioniero” e lasciò il Quirinale per ritirarsi in Vaticano, sperando nella liberazione da parte delle potenze cattoliche. Tre sono i momenti di rilievo storico-religioso in quegli anni: nel 1854 la proclamazione del dogma della Immacolata Concezione, nel 1857 la proclamazione di un giubileo straordinario per i 1800 anni dalla morte dei Santi Pietro e Paolo e l’apertura del Concilio Vaticano l. Nel 1875 ci fu l’indizione di un Giubileo ma non ci fu l’apertura della Porta Santa e il Papa scese in basilica ad acquistare l’indulgenza alla sola presenza del clero romano.

Con il Giubileo del 1900 la ricorrenza sembrò tornare alla normalità. ll 90enne Papa Leone Xlll dopo 75 anni riaprì nuovamente la Porta Santa. Sia il re che la Camera ed il Senato espressero il loro favore per questa iniziativa ma non mancarono le forti resistenze della Massoneria che in qualche modo voleva celebrare un Contro giubileo. La presenza dei pellegrini fu notevole nonostante la scarsa presenza di strutture adeguate ad ospitarli. Momenti di tensione con le forze anticlericali o con l’integralismo religioso ci furono in occasione dell’uccisione del re Umberto il 29 luglio del 1900 e con lo straripamento del Tevere. Il Giubileo si chiuse regolarmente il 24 dicembre del 1900: il Papa murò personalmente tre mattoni della Porta Santa. Alla fine, si contarono circa 350.000 pellegrini e molti si servirono del treno, una novità che avrebbe successivamente stimolato il turismo religioso. I l Giubileo del 1925 si aprì nel solco della tradizione con un carattere di natura internazionale e missionaria. Molti i vescovi che venivano da tutte le parti del mondo e nell’occasione fu organizzata una mostra missionaria mondiale. Papa Pio XI auspicava oltre alla conversione dei fedeli, fine primario di ogni Giubileo, anche la pace fra i popoli, l’unione dei fratelli separati, la soluzione dei problemi relativi alla Terra Santa. Nel pomeriggio della Vigilia di Natale furono aperte le Porte Sante delle quattro basiliche: quella di San Pietro dal Papa, le altre tre dai suoi legati: il Papa si considerava ancora prigioniero. Il Giubileo fu un grande successo di presenze da ogni parte del mondo e si concluse anche con la Festa di Cristo Re, istituita dal Papa con una apposita enciclica. Il ricordo dei 1600 anni del Concilio di Nicea fu opportunamente festeggiato. Il Papa ricordò inoltre che nel 1926 sarebbe ricorso il settimo centenario della morte di San Francesco e auspicava che quello spirito di riconciliazione e penitenza tipico del Giubileo, sarebbe continuato in quanto parte fondamentale del pensiero francescano. Papa Pio XI celebrò anche due giubilei straordinari: nell’anno 1929 in occasione della firma dei Patti Lateranensi e nel 1933 per ricordare i 1900 anni della morte di Nostro Signore.  ll 1950 è un anno Giubilare importante. Il 24 dicembre 1949 alla vigilia dell’apertura della Porta Santa nel radiomessaggio Papa Pio XII afferma che L’Anno Santo dovrà segnalarsi come anno del gran ritorno, anno del gran perdono. Generose le condizioni fissate per l’acquisto dell’indulgenza: una sola visita nello stesso giorno o in giorni diversi delle quattro basiliche e la recita di tre Pater, Ave, Gloria in ciascuna di esse. Il Giubileo ebbe grandissimo successo richiamando pellegrini da ogni parte del mondo, favoriti anche dai comodi mezzi di trasporto. Duecentomila persone parteciparono alla canonizzazione di Maria Goretti.

Alla cerimonia di chiusura del Giubileo del 1950 venne data la sensazionale notizia del ritrovamento della Tomba di San Pietro posta proprio sotto la cupola della Basilica. Sempre durante il Giubileo Papa Pio XII aveva proclamato il dogma della Assunzione della Beata Vergine Maria in cielo. Nel 1954 per la ricorrenza dei cent’anni del dogma della Immacolata Concezione di Maria ritenne di indire il primo Anno Santo Mariano che ebbe inizio nel dicembre 1953 e terminò nel dicembre 1954. I dubbi sull’opportunità di indire l’anno Giubilare per il 1975 non furono pochi per Papa Paolo VI. Era appena terminato il Concilio Vaticano II che aveva portato in seno alla Chiesa grosse novità, notevoli cambiamenti ed il Giubileo sembrava in quel contesto una celebrazione per molti aspetti anacronistica. Alla fine, prevalse la volontà di dare seguito alla indizione del Giubileo. Il papa ribadì più volte la sua volontà: finito il momento della riflessione e di riforma iniziato dal Concilio ora si apriva quello della costruzione teologica, spirituale e pastorale. La notte della Vigilia di Natale il papa apri la Porta Santa e la cerimonia fu trasmessa per la prima volta in mondovisione. I pellegrini furono circa 8.700.000 e potevano ricevere l’indulgenza semplicemente visitando una delle basiliche. Alla  conclusione dell’Anno Santo l’indulgenza fu concessa anche a coloro che seguivano il rito alla radio o tramite la televisione. L’enorme concorso di fedeli rese insufficienti i tradizionali luoghi di udienza per cui gli incontri con il papa avvennero anche in Piazza San Pietro.

Papa Giovanni Paolo II celebrò due giubilei speciali che possono essere considerati preparatori di quello del 2000 ventesimo ordinario. Nel 1983 con una scelta sorprendente promulgò il Secondo Anno Santo della Redenzione, 50 anni dopo quello promosso da Pio XI nel 1933. Nel 1984 all’interno del Giubileo della Redenzione il Papa volle che fosse tenuto anche il Giubileo dei giovani e nel 1987 un nuovo Anno Mariano. Il 24 di dicembre del 1999 Giovanni Paolo II aprì la Porta Santa della Basilica di San Pietro dando avvio all’Anno Santo del 2000, il giorno seguente il Papa aprì la Porta Santa di San Giovanni in Laterano, il I gennaio 2000 quella di Santa Maria Maggiore mentre a San Paolo fuori le mura il rito ebbe luogo il 18 gennaio alla presenza di numerosi rappresentanti delle diverse confessioni. La prima domenica di quaresima si celebrò la Giornata del Perdono. Dal 21 al 25 marzo il Papa andò pellegrino in Terrasanta e nel mese di agosto alla messa conclusiva della giornata mondiale della gioventù parteciparono due milioni e mezzo di persone. La chiusura dell’Anno Santo avvenne il 6 gennaio del 2001 e alla Messa all’esterno della basilica intervennero quasi 100 mila persone. Durante il Giubileo a Roma vennero registrati 25 milioni di arrivi e 78 milioni di presenze: un successo senza precedenti. (Fine)

Fausto Cosatti

IL NOSTRO GIUBILEO

Nella Chiesa cattolica, il Giubileo è unito ad una indulgenza plenaria che i fedeli possono ricevere recandosi in pellegrinaggio a Roma e compiendo particolari pratiche come visitare le Basiliche romane, recitare il Padre nostro, il Credo, una preghiera per il Papa, accostarsi alla Confessione e alla Comunione. Non tutti però possono andare a Roma. Nella nostra Arcidiocesi si può celebrare il Giubileo visitando diverse chiese giubilari, tra le quali la nostra cattedrale. Cos’è l’indulgenza plenaria? È la remissione della pena temporale dovuta per i peccati già perdonati. Praticamente è un segno della comunione dei Santi i cui meriti formano il patrimonio spirituale della chiesa. I loro meriti, ottenuti con la loro vita, ci aiutano oggi e domani poiché noi apparteniamo al corpo misterioso di Cristo, che è il nostro Capo e noi siamo le sue membra. Grazie a Lui ogni opera buona di ciascuno torna a vantaggio di tutti.

Il Giubileo ha origine ebraica. Un anno giubilare era fissato ogni cinquant’anni e la tradizione ebraica voleva che la terra non venisse lavorata per tutto l’anno perché potesse riposare e rendesse poi le coltivazioni più forti. Agli schiavi veniva donata la libertà. L’inizio di questa festività veniva annunciato dal suono di un corno di montone (jobel in ebraico). Un anno giubilare viene comunemente detto “Anno Santo” non solo perché comincia, si svolge e si conclude con solenni riti sacri, ma anche perché è destinato a promuovere la santità della vita. Il Giubileo adesso viene celebrato ogni 25 anni e questa periodicità permane tuttora. In questo modo, ogni generazione può vivere un Anno santo. Nei prossimi numeri proporremo qualche riflessione sul tema di questo Giubileo: “La speranza non delude”.

Matteo Carota

GIUBILEO NELLA COLLABORAZIONE PASTORALE DI UDINE-CENTRO

Il Consiglio della CP Udine-centro (Parrocchie: S. Maria Annunziata, S. Giorgio maggiore, B.V. delle Grazie, SS. Redentore, S. Quirino) nell’incontro del 10 gennaio ha indicato tre momenti di preghiera per vivere il Giubileo insieme nelle nostre cinque parrocchie.

Giovedì 13 marzo ore 18.30: Le famiglie con i fanciulli del catechismo sono invitati al Santuario della Madonna delle Grazie. Piccola processione aux flambeaux dalla cappella delle confessioni alla Basilica percorrendo il chiostro interno.

Giovedì 10 aprile ore 18.30: Tutti sono invitati presso la Cattedrale. Processione dal Battistero alla Cattedrale con le candele accese.

Domenica 25 maggio: Tutti sono invitati al pellegrinaggio al Santuario di S. Antonio a Gemona del Friuli. Chi desidera potrà compiere un tratto di cammino a piedi.

Attenzione: Alcune notizie più precise in merito verranno comunicate in seguito. Alcune iniziative riguarderanno soltanto la nostra parrocchia oppure il Vicariato


L’APERTURA DEL GIUBILEO SI E’ SVOLTA

A ROMA – BASILICA DI S. PIETRO

24 dicembre Vigilia del Santo Natale

A UDINE – IN CATTEDRALE

29 dicembre ore 16.00 Domenica della Santa Famiglia

Processione: Oratorio della Purità, via dei Calzolai, via Savorgnana, via Stringher, Cattedrale

Celebrazione Santa Messa, presieduta dall’Arcivescovo


Preghiera del Giubileo

Padre che sei nei cieli,

la fede che ci hai donato nel

tuo figlio Gesù Cristo, nostro fratello,

e la fiamma di carità

effusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo,

ridestino in noi, la beata speranza

per l’avvento del tuo Regno.

La tua grazia ci trasformi

in coltivatori operosi dei semi evangelici

che lievitino l’umanità e il cosmo,

nell’attesa fiduciosa

dei cieli nuovi e della terra nuova,

quando vinte le potenze del Male,

si manifesterà per sempre la tua gloria.

La grazia del Giubileo

ravvivi in noi Pellegrini di Speranza,

l’anelito verso i beni celesti

e riversi sul mondo intero

la gioia e la pace

del nostro Redentore.

A te Dio benedetto in eterno

sia lode e gloria nei secoli.

Amen

Uno spazio di speranza per la comunità di San Martín

Vogliamo aiutare la Diocesi di San Martín, nella periferia di Buenos Aires, capitale dell’Argentina, nella ricostruzione della Cappella Nuestra Señora del Pilar: uno spazio che sarà punto di riferimento per la comunità, centro di ascolto, luogo di carità e per la celebrazione della liturgia.

Le offerte si depongono nella cassetta: “Un pane per amor di Dio”.

Alcuni giorni fa, il conducente di un furgone, involontariamente, ha urtato la croce posizionata sul sagrato della chiesa di S. Giacomo, apostolo, spezzando il piedestallo e atterrandola, come è stato riferito da vari mezzi di comunicazione. E adesso cosa si fa? Espletato subito quanto è necessario in questi casi, abbiamo chiesto il permesso di rimuovere il manufatto che verrà depositato presso una ditta la quale fornirà un preventivo di spesa per il restauro. Bisognerà poi concordare con l’assicurazione l’ammontare del danno ed avere la debita autorizzazione della Soprintendenza ai beni culturali della Regione FVG e dell’Ufficio diocesano per i beni culturali ecclesiastici. Poi si passerà al possibile restauro. Quando tutto sarà portato a termine, la croce verrà ricollocata dov’era in origine.

A suo tempo verrà data notizia.

Un cordiale saluto a tutti.                                                                 Il Parroco don Luciano Nobile

Lunedì 20 gennaio 2025

Ore 09.30: Incontro per l’inizio dei lavori di restauro della croce.

VOLGIAMO LO SGUARDO A GESÙ CRISTO NOSTRA SPERANZA

«La speranza poi non delude,
perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori
per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.»      (Rm 5,5)

Introduzione

Cari fratelli e sorelle,

all’inizio di questo nuovo anno pastorale vorrei invitarvi ad un rinnovato sguardo di fede sulla persona di Gesù Cristo, come Colui che è il fondamento della nostra Speranza.

L’ormai prossimo anno giubilare rappresenterà un evento di grande rilevanza spirituale nella vita della Chiesa ed un rinnovato invito alla conversione per ciascuno di noi per una sempre più autentica sequela del nostro Salvatore, Gesù Cristo.

Inoltre il Giubileo del 2025 se da una parte ci chiederà di recuperare il senso di quella fraternità e solidarietà universale, così tragicamente messa in discussione da tanti conflitti armati in corso in tutti i continenti, dall’altra ci solleciterà a fare delle scelte non più procrastinabili per la cura del creato e della nostra casa comune. Solo così noi cristiani potremo essere davvero “Pellegrini di Speranza”, come recita il motto scelto da Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo Ordinario dell’anno 2025.

Prima parte

CRISTO NOSTRA SPERANZA

1. Un cuore “irrequieto”

    Papa Francesco all’inizio della Bolla di indizione del Giubileo, ci ricorda che «nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé». In effetti l’uomo, nel dispiegarsi delle fasi della vita, coltiva molte e diverse speranze.

    Quando è fragile creatura di pochi mesi quella di essere accudito dalla mamma e dal papà; poi di poterli ritrovare all’uscita della scuola dell’infanzia; poi di poter raggiungere un obiettivo nello sport e nello studio; poi di potersi inserire nel mondo lavorativo dando un proprio contributo al miglioramento della società civile; poi di coronare il proprio desiderio di amare ed essere riamato formando una propria famiglia o donando tutta la propria vita al servizio del Signore e dei fratelli; e infine da anziano spera di poter godere dei frutti dei sacrifici compiuti e di veder germogliare nei figli e nei nipoti i semi di bene sparsi nel corso della propria esistenza.

    Man mano che questi obiettivi vengono raggiunti, gli appare però sempre più chiaro che tutto questo non soddisfa pienamente e che ha bisogno di qualcosa che vada “oltre”.

    È quanto aveva già magistralmente espresso Sant’Agostino nelle sue riflessioni, raccolte nel libro delle Confessioni e che rispecchiano la sua stessa esperienza interiore: «Il nostro cuore è irrequieto e non trova pace finché non riposa in Te».

    Anche Papa Benedetto XVI, al termine della prima parte della sua lettera enciclica Spe Salvi, così riassumeva le proprie considerazioni su questa “inquietudine” e sul tema della speranza nel pensiero antico e moderno:

    «L’uomo ha, nel succedersi dei giorni, molte speranze – più piccole o più grandi – diverse nei diversi periodi della sua vita. A volte può sembrare che una di queste speranze lo soddisfi totalmente e che non

     abbia bisogno di altre speranze. Nella gioventù può essere la speranza del grande e appagante amore; la speranza di una certa posizione nella professione, dell’uno o dell’altro successo determinante per il resto della vita. Quando però queste speranze si realizzano, appare con chiarezza che ciò non era, in realtà, il tutto. Si rende evidente che l’uomo ha bisogno di una speranza che vada oltre. Si rende evidente che può bastargli solo qualcosa di infinito, qualcosa che sarà sempre più di ciò che egli possa mai raggiungere. In questo senso il tempo moderno ha sviluppato la speranza dell’instaurazione di un mondo perfetto che, grazie alle conoscenze della scienza e a una politica scientificamente fondata, sembrava esser diventata realizzabile.

    Così la speranza biblica del Regno di Dio è stata rimpiazzata dalla speranza del regno dell’uomo, dalla speranza di un mondo migliore che sarebbe il vero “regno di Dio”. Questa sembrava finalmente la speranza grande e realistica, di cui l’uomo ha bisogno. Essa era in grado di mobilitare – per un certo tempo – tutte le energie dell’uomo; il grande obiettivo sembrava meritevole di ogni impegno. Ma nel corso del tempo apparve chiaro che questa speranza fugge sempre più lontano. Innanzitutto ci si rese conto che questa era forse una speranza per gli uomini di dopodomani, ma non una speranza per me. E benché il «per tutti» faccia parte della grande speranza – non posso, infatti, diventare felice contro e senza gli altri – resta vero che una speranza che non riguardi me in persona non è neppure una vera speranza. E diventò evidente che questa era una speranza contro la libertà, perché la situazione delle cose umane dipende in ogni generazione nuovamente dalla libera decisione degli uomini che a essa appartengono. Se questa libertà, a causa delle condizioni e delle strutture, fosse loro tolta, il mondo, in fin dei conti, non sarebbe buono, perché un mondo senza libertà non è per nulla un mondo buono. Così, pur essendo necessario un continuo impegno per il miglioramento del mondo, il mondo migliore di domani non può essere il contenuto proprio e sufficiente della nostra speranza. (…)

    Noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino, ma senza la grande Speranza che deve superare tutto il resto, esse non bastano.

    Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere. Proprio l’essere gratificato di un dono fa parte della speranza.

    Dio è il fondamento della speranza – non un dio qualsiasi – ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati fino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme. Il suo Regno non è un aldilà immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza in un mondo che, di sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente intuiamo e, tuttavia, nell’intimo aspettiamo: la vita che è veramente vita.»[1]

    È dunque Dio la nostra speranza!

    Il Verbo di Dio che si è incarnato per noi e per la nostra salvezza, il Signore nostro Gesù Cristo, ha posto Lui stesso le fondamenta della nostra Speranza con la Sua morte e la Sua Risurrezione dai morti! San Paolo così si esprime al riguardo: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. Perciò anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita».            

    2. La speranza che non delude

    La speranza per noi cristiani non è allora un concetto astratto, né un’emozione più o meno passeggera, né un’utopia giovanile destinata ad affievolirsi negli anni con l’accumularsi delle esperienze dolorose della vita.

    La nostra speranza non si fonda neppure sul fatto che personalmente viviamo una condizione di sostanziale benessere psicofisico o sul fatto che in questi ultimi anni godiamo di una certa stabilità nella struttura della società civile.

    La nostra speranza nasce dal Battesimo, grazie al quale, innestati in Gesù Cristo Risorto dai morti, siamo diventati figli di Dio e coeredi della sua stessa vita immortale.

    La nostra speranza si alimenta, poi, nell’ascolto della Parola di Dio e nell’attingere alla Grazia dei Sacramenti, incontro con il Signore Gesù, della cui amicizia e del cui amore incondizionato possiamo fare esperienza nella comunità dei fratelli e sorelle che condividono con noi la stessa fede.

    La nostra speranza è confortata dalla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore di Dio: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore».

    Nella vita di Gesù, nella Sua opera e nei Suoi insegnamenti, noi abbiamo la possibilità di conoscere l’Amore del Padre e l’inizio del Regno di Dio in mezzo a noi. All’estensione e alla piena realizzazione del Regno di Dio, Gesù ci invita attraverso la Sua sequela e l’annuncio del Vangelo, ma soprattutto attraverso l’insistente invocazione «Venga il tuo Regno!», nell’attesa che si compia la beata speranza ed Egli venga alla fine dei tempi per redimere dalla morte anche il nostro corpo mortale.

    In questa attesa, colma di speranza, siamo invitati a corrispondere con gioia e generosità al mandato “missionario” affidato da Gesù a tutti nella Chiesa: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

    La missione della Chiesa non ha nulla a che vedere né con una svogliata trasmissione di un patrimonio culturale (di cui spesso non si è neppure più capaci di apprezzare adeguatamente il significato), né con uno sterile sforzo di proselitismo ideologico, né con un imbarazzante tentativo di commercializzazione del trend cristiano, magari avvalendosi dei più evoluti sistemi di comunicazione sociale e utilizzando anche la cosiddetta intelligenza artificiale, ma è unicamente motivata dall’intenzione di promuovere l’incontro e l’amicizia di uomini e donne di tutte le culture con il Figlio di Dio, il Signore nostro Gesù Cristo, che nello Spirito Santo ci rivela l’Amore di Dio Padre e ci rende partecipi della Sua stessa vita immortale.

    Ecco perché San Pietro nella sua prima lettera si esprime così: «Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco – torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime».

    E ancora: «adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo».

    Allora davvero noi cristiani possiamo condividere quanto dice Sant’Ambrogio di Milano:

    «In Cristo abbiamo tutto. Ognuno si avvicini a Lui:

    chi è ammalato a causa dei peccati, chi è come inchiodato dalla sua concupiscenza,

    chi è ancora imperfetto ma desideroso di progredire con intensa preghiera,

    chi è già cresciuto in molte virtù.

    Ognuno di noi è nelle mani del Signore e Cristo è tutto per noi.

    Se desideri risanare le tue ferite, egli è il medico; se eri arso dalla febbre, egli è la fonte;

    se ti trovi oppresso dal peccato, egli è giustizia; se hai bisogno di aiuto, egli è la forza;

    se hai paura della morte, egli è la vita; se desideri il paradiso, egli è la via;

    se fuggi le tenebre, egli è la luce; se cerchi il cibo, egli è nutrimento.

    “Gustate”, dunque, “e vedete quanto è dolce il Signore. Felice l’uomo che spera in Lui».

    3. La speranza e l’iniziazione cristiana

    Se è vero che con il Battesimo abbiamo ricevuto il dono della fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo e, lavati dalla macchia del peccato, siamo rinati come nuove creature dallo Spirito Santo «per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce», è anche vero che il dono prezioso della fede chiede di essere custodito e coltivato!

    Si tratta, infatti, di un tesoro che impreziosisce tutta la nostra vita e ha bisogno, come un seme che viene gettato nella terra, di essere curato con pazienza e perseveranza per portare frutto.

    La Chiesa è chiamata a prendersi cura di questo seme e lo fa attraverso il percorso dell’iniziazione cristiana, cammino che già da anni anche nella nostra Diocesi è caratterizzato da tante proposte per i bambini, i ragazzi e le loro famiglie le quali, seppur spesso in modo ancora embrionale, hanno comunque espresso il desiderio che i loro figli potessero ricevere la grazia sacramentale e crescere in un orizzonte di valori cristiani.

    Evidentemente il cammino di iniziazione cristiana dovrebbe progressivamente coinvolgere l’intera esistenza delle persone che chiedono il Battesimo, l’Eucarestia e la Cresima per i loro figli, al punto da renderli consapevolmente membra vive e corresponsabili della Chiesa.

    È noto a tutti che questo coinvolgimento delle famiglie non sempre c’è stato come ci si aspettava e allora siamo chiamati, come discepoli di Gesù, non solo a non scoraggiarci, ma a perseverare proponendo, come dice San Paolo, la novità del Vangelo di Gesù Cristo in ogni «momento opportuno e non opportuno», con cammini unitari ben articolati, con ritmi, tappe che integrino anche le possibili cadute e riprese.

    Sappiamo bene infatti che il fine del percorso di iniziazione cristiana non è né esclusivamente né prioritariamente l’accesso ai sacramenti, quanto piuttosto aiutare le persone a innestarsi in Gesù Cristo proprio attraverso la partecipazione ai Sacramenti, segni efficaci della Grazia: in questo modo potranno iniziare a sperimentare e gustare già oggi quella Vita divina di cui Gesù ci ha reso partecipi con la sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione e che speriamo di godere pienamente nella dimensione eterna della vita.

    4. La speranza e la catechesi

    La Chiesa si prende cura della crescita nella fede e nella speranza di coloro che hanno iniziato il percorso di iniziazione cristiana anche attraverso la catechesi. A questo proposito così si esprimeva già Paolo VI quasi cinquant’anni fa nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi:

    «Una via da non trascurare nella evangelizzazione è quella dell’insegnamento catechetico. L’intelligenza, soprattutto quella dei fanciulli e degli adolescenti, ha bisogno di apprendere il contenuto vivo della verità che Dio ha voluto trasmetterci e che la Chiesa ha cercato di esprimere in maniera sempre più ricca, nel corso della sua lunga storia. Questo insegnamento deve essere impartito per formare abitudini di vita cristiana e non per rimanere solamente intellettuale. I metodi dovranno essere adattati all’età, alla cultura, alla capacità delle persone, nella costante ricerca di fissare nella memoria, nell’intelligenza e nel cuore le verità fondamentali che dovranno impregnare la vita intera. Bisogna preparare buoni catechisti preoccupati di perfezionarsi in quest’arte superiore, indispensabile ed esigente dell’insegnamento religioso. D’altronde si osserva che le condizioni attuali rendono sempre più urgente l’insegnamento catechistico sotto la forma di un catecumenato, per numerosi giovani e adulti, che, toccati dalla grazia, scoprono a poco a poco il volto di Cristo e provano il bisogno di donarsi a Lui».

    La nostra catechesi, sistematica e occasionale, per tutte le età della vita (dai bambini agli anziani, dagli adolescenti ai futuri sposi) e per tutte le occasioni di preparazione ai sacramenti, possa sottolineare in questo anno sempre più la centralità del mistero dell’amore di Dio che ci è stato rivelato in Gesù Cristo, suo Figlio, nostro Salvatore, e la Speranza di Vita Eterna che sgorga dal Mistero Pasquale.

    Ritengo che sia molto utile proseguire ogni sforzo già intrapreso per coinvolgere sempre più nella catechesi dell’iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi anche le loro famiglie, che possono così avere un’occasione per approfondire i contenuti della fede cristiana, per riscoprire da una parte la loro vocazione a essere i primi educatori alla fede dei loro figli e dall’altra la bellezza di appartenere come membra vive alla Chiesa, corpo di Cristo.

    Vorrei anche invitare a riprendere, laddove le circostanze legate alla crisi pandemica avessero sconsigliato di farlo negli ultimi anni, la visita da parte di piccole équipe di laici, sacerdoti e consacrati, a tutti i luoghi di vita (famiglie, scuole, strutture di accoglienza e là dove ci si prende cura di anziani e di persone malate e fragili, ambienti di lavoro e sport, case circondariali), nelle modalità e nei tempi da valutare di volta in volta, portando loro insieme alla benedizione di Dio anche il Vangelo di Luca, che illuminerà il cammino dell’anno liturgico 2024-2025 e dell’evento giubilare.

    Sarà questo un modo per fare esperienza di “Chiesa missionaria in uscita”, così come tante volte Papa Francesco ci invita a vivere, portando a tutti l’annunzio della Buona Notizia.

    5. La speranza e la cura della vita interiore

    La Chiesa si prende cura della fede dei battezzati introducendoli nella relazione con Dio, come figli di Dio nel Figlio Gesù Cristo, innanzitutto attraverso l’educazione alla vita di preghiera perché, come scrive Santa Teresa d’Avila, «La preghiera è un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenersi da soli a soli con Gesù Cristo, Colui da cui sappiamo essere amati».

    Vorrei pertanto invitare tutti voi a chiedere al Signore con perseveranza il desiderio della preghiera. La vita cristiana, infatti, «è fatta di apertura abituale alla trascendenza, che si esprime nella preghiera e nell’adorazione». Non c’è vita cristiana autentica senza preghiera!

    Sono sicuro che Dio nostro Padre esaudirà questa richiesta se noi gliela presenteremo con la stessa fede della donna cananea (Mt 15,21-28) e con la stessa insistenza della vedova che si rivolge al giudice per avere giustizia (Lc 18,1-8).

    Sarà lo Spirito Santo ad aiutare ciascuno di noi e le nostre comunità a individuare i luoghi, i tempi e le modalità per nutrire la nostra fede nella preghiera.

    A questo proposito vorrei incoraggiare a proseguire tutte le iniziative che in diversi modi già da tempo sono presenti nella Diocesi e che rappresentano delle vere e proprie “scuole di preghiera”, che coinvolgono tanto i bambini dall’infanzia, quanto i ragazzi, gli adolescenti, i giovani e gli adulti, a partire dall’ascolto della Parola di Dio.

    L’educazione alla preghiera personale va di pari passo con la formazione alla preghiera liturgica della Chiesa: è edificante constatare come stia diventando prassi abituale in numerose nostre comunità che fedeli laici e consacrati celebrino insieme Lodi e Vespri!

    È bello anche vedere la cura con cui, valorizzando i carismi e i ministeri presenti, in tante comunità si preparano e si vivano le celebrazioni eucaristiche tanto in occasione delle Solennità come nelle domeniche del Tempo Ordinario.

    Vorrei infine sottolineare l’importanza di dedicare personalmente e comunitariamente un tempo disteso per la preghiera di adorazione della Santissima Eucarestia: contemplando il Ss. Sacramento, con stupore e gratitudine vediamo colmata dall’Amore di Gesù Cristo l’infinita distanza tra il Creatore e noi creature, ed è alimentata la nostra Speranza di poter vivere alla Sua presenza nella vita eterna.

    A pregare si impara pregando, ma è anche vero che, come i discepoli di Gesù, tutti noi abbiamo sempre bisogno di qualcuno che ci insegni a pregare! La tradizione della Chiesa non ha mai smesso di sottolineare l’importanza dell’accompagnamento spirituale per costruire sulla roccia di Gesù Cristo la casa della propria vita interiore.

    Lo Spirito Santo ha sempre suscitato nella Chiesa persone che hanno avuto il carisma di accompagnare la crescita umana, cristiana e vocazionale dei battezzati, evitando loro di affrontare da soli le difficoltà della vita spirituale con uno stile prevalentemente “emozionalista” o caratterizzato dal “faccio da solo, così come mi sento”.

    Mi auguro che al termine dell’anno giubilare possano essersi consolidate delle iniziative che siano segno del primato che attribuiamo alla vita interiore e alla formazione spirituale dei laici della nostra Diocesi.

    6. La Speranza e il pellegrinaggio

    I pellegrinaggi hanno costituito da sempre un’intensa esperienza spirituale sia a livello personale che comunitario. Lasciare la propria casa, i propri affetti, le proprie abitudini per dirigersi verso un santuario, spesso a piedi, con atteggiamento penitenziale, portando con sé solo l’essenziale per il cammino, è stata l’occasione per tanti cristiani per ripensare al senso della propria esistenza, riscoprire le radici profonde della propria fede e riprendere con speranza il cammino della vita.

    In quest’anno giubilare anche noi avremo modo di alimentare la nostra fede e la nostra speranza attraverso un pellegrinaggio diocesano a Roma sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo alla fine di agosto 2025. Il mio auspicio è che questo pellegrinaggio diocesano sia il culmine di tanti percorsi che le Collaborazioni pastorali promuoveranno attraverso pellegrinaggi nei santuari e in alcune chiese della Diocesi. In questi santuari dopo adeguata preparazione personale e comunitaria, i fedeli potranno ricevere il perdono dei peccati nel Sacramento della Riconciliazione e attingere a quella particolare espressione della misericordia di Dio che è l’indulgenza, alle condizioni indicate da Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo.

    7. La Speranza e la Carità

    Una delle cose che più mi ha impressionato in questi primi mesi dal mio arrivo in Diocesi è stato il fermento posto in essere da tante organizzazioni ecclesiali e della società civile che, attraverso la collaborazione di migliaia di volontari giovani e meno giovani, si prendono cura con amorevolezza delle persone più fragili.

    A tutti loro vorrei esprimere la stima e la gratitudine per la generosità e la dedizione posta in essere in tante iniziative caritative, molte delle quali sono portate avanti con discrezione e riservatezza.

    Sono sicuro che nel giorno del Giudizio Universale il Signore Gesù si rivolgerà loro dicendo: «“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”».

    Gesù ci passa accanto e ci viene incontro, infatti, nella persona del povero: il volto del povero ci mostra il volto di Gesù!

    Il Giubileo sarà un tempo particolarmente propizio per proporre l’esercizio delle opere di misericordia materiali e spirituali, che saranno segno di speranza nella misura in cui consolideranno processi di accoglienza, di promozione umana e cristiana, di integrazione delle persone più fragili nelle nostre comunità. Voi siete un segno di Speranza per la Chiesa e per la società civile!

    Nel corso di quest’anno sarà bello individuare insieme un “segno” di carità che vorremmo porre al termine dell’anno giubilare 2025, così come la creazione dell’asilo notturno lo fu per il Giubileo del 2000.

    Conclusione

    Termino riprendendo le parole di Papa Francesco per augurare a tutti che «il Giubileo possa essere un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, “porta” di salvezza; con Lui, che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale “nostra speranza” per essere “segno” di speranza per tutti gli uomini e le donne che insieme a noi sono “pellegrini” in cammino verso la Gerusalemme celeste.

    Santi Ermacora e Fortunato,

    «Luminosi voi brillate
    quali fari nella notte:
    sostenete il buon cammino
    della Chiesa di Aquileia.

    Rischiarate il nostro buio,
    ravvivate la speranza;
    siate voi pastori e guide
    per il popolo credente.»

    Maria, donna obbediente alla Parola di Dio, madre di speranza, ci aiuti in questo anno giubilare a camminare insieme e a sempre meglio conoscere, amare e seguire Suo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, per condividere con Lui, al termine del nostro pellegrinaggio terreno, la Sua stessa vita immortale.

    Invoco su di voi e le vostre famiglie la benedizione di Dio.

                + Riccardo Lamba
                Arcivescovo di Udine

    Udine, 1 ottobre 2024
    Memoria di Santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni

    È a disposizione il libro

     

    È il racconto della sua esperienza pastorale vissuta lungo il

    percorso a piedi in 15 giorni da Oviedo fino al

    Santuario di Santiago de Compostela.   

     

    Visti il gradimento e la numerosa richiesta, è stata pubblicata la seconda edizione del libro che si può ritirare in Cattedrale lasciando una libera offerta.


    Sono state ritirate quasi tutte le 200 copie del libro. La ristampa era abbinata, come la prima edizione, alle opere di carità. Sono state raccolti 1.130,00 €. Grazie a tutti i lettori.