Maggio è il mese tradizionalmente dedicato alla Madonna.

Siamo invitati a recitare il S. Rosario nelle nostre famiglie oppure:

Ore 10:30: Chiesa di S. Giacomo (dopo la S. Messa)

Ore 18:0: Oratorio della Purità (prima della S. Messa)

 

MANDI A DUÇ

 

Cari fratelli e sorelle, ho accettato volentieri di celebrare con voi questa eucaristia a conclusione dei miei più di 14 anni di ministero episcopale nella nostra Arcidiocesi di Udine. L’ho accettata con gioia perché quando una Chiesa ricorda un tratto della sua lunga storia è giusto che questo ricordo si trasformi in una eucaristia. vogliamo, cioè, volgere gli occhi e i cuori in alto (diremo fra poco: “in alto i nostri cuori) per offrire a Dio Padre una comunitaria preghiera di lode e di ringraziamento.

Il brano evangelico che abbiamo ascoltato ci assicura che in questo momento non siamo da soli ad innalzare il rendimento di grazie al Padre perché c’è in mezzo a noi Gesù risorto. Egli, racconta Luca, già la sera di Pasqua “in persona stette in mezzo a loro”; si pose stabilmente in mezzo alla comunità dei discepoli con il suo corpo segnato dalle ferite della passione.

Anche in questa celebrazione lui sta in mezzo a noi; è lui il principale protagonista e non il vescovo. Gesù offre il suo sacrificio di lode al Padre che lo ha risuscitato dai morti e noi ci uniamo a lui con il nostro rendimento di grazie per i doni ricevuti dalla sua morte e risurrezione. In questa celebrazione abbiamo dei doni particolari per i quali vogliamo unire le voci e i cuori e cantare un grazie corale a Dio: sono per i frutti buoni, i segni di fede e di carità, che sono sbocciarti e cresciuti nella nostra Chiesa duranti gli anni del mio servizio di vescovo. Per questo tra poco canteremo il solenne inno del “Te Deum laudamus”, “O Dio ti lodiamo”.

Cantare il Te Deum in questa celebrazione ci riempirà il cuore di consolazione e di speranza perché ci invita a riconoscere che la nostra Chiesa non ha solo deludenti debolezze e fatiche ma è ricca anche di doni e di. grazie ricevuti da Gesù con l’opera del suo Santo Spirito. Canteremo con gioia “O Dio noi ti lodiamo” per il cammino di questi anni perché riconosciamo i segni dell’amore fedele di Gesù crocifisso e risorto per la sua Sposa che ha a Udine. Non solo si è stancato di lei a causa delle sue e nostre debolezze infedeltà ma, anzi, ha continuato ad amarla e arricchirla di frutti preziosi di fede, di comunione, di carità.

Possiamo anche aggiungere che Gesù non ha operato da solo per il bene della nostra Chiesa ma ha chiamato anche noi a lavorare nella sua vigna. In questi anni di ministero a Udine ho constatato che molti hanno risposto generosamente alla chiamata a servire la loro Chiesa. Vorrei solo accennare a qualche esempio. Ho incontrato sacerdoti, religiosi e laici animati da una fede viva e da una profonda sete di vivere un rapporto con Gesù; nella visita pastorale ho ascoltato la testimonianza di migliaia di operatori pastorali nei quali lo Spirito Santo ha acceso un forte amore per il Signore e per la loro Chiesa; sono apparsi in mezzo a noi giovani pronti a dire il loro “si” alla chiamata al sacerdozio; l’esempio del buon samaritano è vivo in tanti volontari che si dedicano a chi è più povero e debole. L’elenco potrebbe continuare. Cantiamo, allora, “Te Deum Laudamus” anche per tutti queste persone che chiamerei “collaboratori dello Spirito Santo”. A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi: e il vescovo ha fatto qualcosa per la vigna del Signore che gli è stata affidata quasi quindici anni fa? Forse non toccherebbe a me rispondere. Con semplicità, però, confesso che mi hanno colpito in questi giorni varie (e a volte inattese) espressioni di riconoscenza che mi sono sembrate sincere. Se, pur con tutti i miei limiti, qualche opera buona ho fatto per l’amata Chiesa di Udine, ringrazio in questo momento davanti a voi lo Spirito Santo che ho sentito costantemente presente nel mio animo e nella mia mente con tante ispirazioni anche imprevedibili. Ringrazio, poi, i tanti fratelli e sorelle che hanno avuto un ricordo costante nella preghiera per il loro vescovo. Ho la certezza che questa preghiera sia stata un aiuto decisivo per il mio ministero.

Per tutti questi motivi cantiamo allora: “O Dio, noi ti lodiamo” e guardiamo con speranza al futuro della nostra Chiesa.

Concludo con un ultimo pensiero rivolto proprio al mio e nostro futuro. Mi sono chiesto cosa possa significare per me diventare vescovo “emerito” dell’Arcidiocesi di Udine. Ho capito che, anche se non avrò più responsabilità di governo, la Chiesa di Udine resterà comunque la mia Chiesa da amare e da aiutare, pur con una certa distanza fisica. Prometto che lo farò con la preghiera e con l’offerta dei sacrifici. Al mio successore, poi, ho assicurato la mia piena disponibilità ad aiutarlo

come crederà meglio. Quanti, infine. vorranno tenere un rapporto con me saranno fratelli e sorelle bene accolti. Fino al giorno, deciso dal Signore, nel quale desidererei essere riportato in questa cattedrale per riposare in pace accanto ai miei predecessori in attesa della risurrezione finale.

Cjars fradis e sûrs, gracie di cûr pai agns che le providence nus à regalât di vivi insieme e mandi a duç, tal non dal Signôr.

                                                                                                                  + Andrea Bruno Mazzocato, Arcivescovo

La Chiesa di Udine accoglie con gioia l’annuncio della nomina del nuovo Arcivescovo, monsignor Riccardo Lamba, da parte della Santa Sede, avvenuto nella mattinata di venerdì 23 febbraio 2024. Questa nomina segue la presentazione della rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi da parte di monsignor Andrea Bruno Mazzocato, accolta con benevolenza da Papa Francesco. La notizia è stata resa pubblica durante un incontro tenutosi a Udine, dove monsignor Mazzocato ha annunciato personalmente la nomina del suo successore, circondato dai suoi collaboratori più stretti.

L’arrivo del nuovo Arcivescovo Lamba nella diocesi è atteso con grande attesa e anticipa un periodo di transizione e di speranza per la comunità cattolica locale. Nonostante la data ufficiale dell’ingresso non sia stata ancora fissata, ci si aspetta che avvenga nella stagione primaverile.

Monsignor Riccardo Lamba, originario di Caracas, in Venezuela, è nato il 30 novembre 1956 da una famiglia di emigrati italiani. Dopo aver completato gli studi in Medicina e Chirurgia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma nel 1982 e aver ottenuto una specializzazione in Malattie dell’Apparato Digerente, ha abbracciato la vita sacerdotale. È stato ordinato presbitero per la diocesi di Roma il 6 maggio 1989 e ha proseguito i suoi studi presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo il Baccalaureato in Teologia e la Licenza in Psicologia nel 1991.

Il suo ministero sacerdotale ha visto diverse tappe significative, tra cui l’incarico di assistente del Pontificio Seminario Romano Maggiore e l’assistenza spirituale presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ha anche servito come parroco in varie parrocchie romane, compresa la Parrocchia di Gesù Divino Lavoratore per sedici anni fino al 2018.

La sua dedizione al servizio ecclesiale lo ha portato a essere nominato vescovo ausiliare della Diocesi di Roma nel 2022, con responsabilità specifiche nel settore Roma est, e a essere delegato per il Servizio per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. La sua vasta esperienza pastorale e il suo impegno per il bene della Chiesa lo preparano a guidare con fede e amore la comunità di Udine.

 

S. MESSA DI INSEDIAMENTO DOMENICA 5 MAGGIO 2024 ORE 16.00 IN CATTEDRALE

campeggio estivo ragazzi

 

Carissimi, quanto mi piace questo “camminava con loro”! Sulla strada di Emmaus “mentre i discepoli discorrevano e discutevano, Gesù stesso si accostò camminava con loro”. Cristo è risorto! Ha vinto la morte ed il male, affrontando la croce. È una bella notizia per noi. Non è semplicemente un fatto di cro-naca che può essere indagato con gli strumenti della scienza, ma è un evento accaduto nella storia dell’umanità e la supera. Dove possiamo noi oggi incontrarlo? Nella vita. Anche noi come i discepoli ci fermiamo col volto triste: guerre che non finiscono, che si incancreniscono e diventano sempre più feroci per le vendette che generano odi e violenze di ogni genere, persecuzioni dei cristiani in varie parti del mondo, intimidazioni che mettono paura anche in Italia, femminicidi di cui si parla ogni giorno, e si potrebbe continuare. Tutto questo avviene in un tempo di passaggio addirittura di epoca, con fratture di civiltà rilevanti. Infatti assistiamo ad una neutralità davanti ai valori un tempo condivisi, si bada solo agli obiettivi immediati. Da qui consegue una tentazione subdola che genera impotenza: lo scoraggiamento e rassegnazione. La Pasqua giunge a proposito. Noi abbiamo bisogno di buone notizie e questa è la più grande.

Anche oggi Gesù cammina con noi, direi non davanti né dietro ma al nostro fianco, di modo che possiamo appoggiarci a lui, parlargli all’orecchio, prendere la sua mano, lasciarci condurre in questo tempo difficile per tutti. Ma lui ci lascia liberi. Possiamo anche sentirci autonomi, indipendenti, emancipati e proseguire sulle nostre strade. Lui ancora si accosta a noi come compagno di viaggio e ci spiega le Scritture dove ci fa toccare con mano che Lui doveva amare fino alla fine, perché aveva sposato il progetto del Padre: mani-festare il volto misericordioso di Dio e donare la salvezza all’umanità. L’amore al Padre e a noi l’ha condotto fino alla croce, ora gloriosa appunto grazie a questo amore. Il Padre ha mantenuto la promessa, il Figlio è stato fedele al progetto del Padre e lo Spirito Santo è l’amore che tesse la storia. La promessa di salvezza si è realizzata ed è opera della Santissima Trinità, nel cui nome siamo stati battezzati. Mi è caro pubblicare questa immagine del Risorto. È una tela dipinta da W. List, una suora che ho conosciuto diversi anni fa in Austria, la quale ha posto questo titolo alla sua opera: ”La Santa Notte della Promessa”.

Allora anche noi oggi con i discepoli di Emmaus preghiamo Gesù: Resta con noi perché si fa sera! Cristo è già in ciascuno di noi. Grazie al battesimo egli sta alla radice della nostra vita. Direi ancora di più. Cristo è seminato nelle arterie di tutti: del santo e del peccatore, della vittima e del persecutore, del torturato e del carnefice. È vita che germina e cresce, rotola il masso di ogni sepolcro. “Spezzò il pane e lo diede loro”. È il pane del cammino, offerto oggi a noi, l’Eucaristia. Allora apriamo i nostri occhi per riconoscerlo. Da qui nasce tutta nostra forza per affrontare le sfide del nostro tempo.

Un augurio pasquale di cuore a tutti.

Mons. Luciano Nobile, parroco

 

I GIORNI DELLO SPOSO

 

«Centro di tutto l’anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto,

che culminerà nella domenica di Pasqua, il 31 marzo»

Questa è una parte dell’annuncio che abbiamo ascoltato durante la Santa Messa dell’Epifania, giorno in cui con la Chiesa celebriamo la manifestazione del Signore. In quella circostanza la proclamazione del giorno della Pasqua ha proiettato già i nostri occhi e il nostro cuore verso quella manifestazione maggiore e definitiva che è appunto il mistero della morte e risurrezione del Signore.

Vivere e celebrare assieme il Triduo pasquale nella sua interezza ci permette di immergerci sempre più profondamente in quella Pasqua (passaggio) che Gesù ha fatto da questo mondo al Padre: infatti, i misteri che celebriamo nei tre giorni santi non sono eventi separati tra loro, ma un unico evento dal quale scaturiscono la nostra salvezza e la nostra speranza.

In effetti, è coscienza cristiana, fin dalle origini, che la vittoria di Cristo sul male e sulla morte non riguarda solamente il fatto della risurrezione, ma abbraccia tutto l’evento pasquale di Gesù, evento di morte, sepoltura e risurrezione. Una grande testimonianza la troviamo già nella prima lettera ai Corinzi di san Paolo, dove leggiamo: «Vi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture» (15, 3s).

In questi tre passaggi troviamo scanditi i tre tempi nei quali si snoda l’unica celebrazione del mistero pasquale: il Cristo morto (Venerdì santo), sepolto (Sabato santo) e risorto (Domenica di Risurrezione).  Se prestiamo attenzione alla liturgia di dei giorni del Triduo, ciascuno di essi, pur concentrandosi su una delle fasi del mistero pasquale, mette sempre in evidenza la globalità e l’unicità del mistero.

Il giorno della morte vittoriosa del Signore

Per evitare possibili fraintendimenti è bene precisare che il primo giorno del Triduo pasquale è il Venerdì santo, in cui la Chiesa celebra il mistero della morte di Cristo, il quale «inaugurò nel suo sangue il mistero pasquale» (orazione nella celebrazione della Passione). Questo giorno per noi non è il giorno del lutto, infatti non celebriamo il funerale di Gesù, ma celebriamo la morte vittoriosa del Signore. Tanto è vero che i ministri ordinati indossano le vesti di colore rosso, colore del sangue, ma anche della regalità. È il primo giorno della Pasqua, è il giorno dell’amorosa contemplazione del sacrificio, del dono di sé che Cristo ha fatto sulla croce e che è fonte della nostra salvezza.

Il giorno del grande silenzio

Il secondo giorno è il Sabato santo, giorno della sepoltura di Cristo e della sua discesa agli inferi. Un’antica omelia del IV secolo, opera di un autore anonimo, mette insieme questi due grandi elementi: il silenzio e la discesa agli inferi. Infatti in questo giorno la Chiesa fa suo e prolunga l’atteggiamento di silenzio e di attesa delle donne che, nella sera del venerdì, dopo che Gesù fu sepolto, erano «lì, sedute di fronte alla tomba» (Mt 26, 61). Inoltre meditiamo il mistero della discesa agli inferi quando, secondo l’antichissima tradizione di fede della Chiesa, e della nostra Chiesa di Aquileia in particolare, Cristo va a portare l’annuncio della salvezza ad Adamo e a tutti coloro che non avendolo ancora incontrato e conosciuto giacevano nelle tenebre e nell’ombra di morte. Così si esprime questo testo: «Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi».

Il giorno grande della Risurrezione

Il terzo grande giorno è la Domenica di Risurrezione, che ha il suo inizio nella solenne Veglia Pasquale, cuore di tutto il Triduo, che avviene nella notte. La Chiesa attende vegliando la risurrezione di Cristo e la celebra nei sacramenti. Sant’Agostino chiamava questa celebrazione «madre di tutte le veglie». Questa notte è una notte illuminata, è una notte vinta dal giorno. Quello della risurrezione è un mistero grande, che noi facciamo difficoltà a comprendere, dire, spiegare. Ecco allora che quando le parole non bastano affidiamo l’annuncio di questo mistero ai simboli: è mediante la grande simbologia di questa notte che gustiamo la vita di grazia che è scaturita dalla morte e risurrezione di Cristo.

E la Cena del Signore?

Leggendo queste righe qualcuno si sarà certamente chiesto: «Che fine ha fatto la Messa della “Cena del Signore” alla sera del Giovedì Santo?» La Messa della Cena del Signore fa parte del Triduo in quanto innanzitutto nella sera del Giovedì inizia, secondo il computo ebraico, il giorno nuovo e quindi il Venerdì, e poi perché Gesù nella vigilia della sua passione ha voluto anticipare nel rito eucaristico il dono che avrebbe fatto di sé sulla croce e a consegnato la forma per celebrare tale dono nel passare delle generazioni. Infatti, nel corso di questa liturgia noi celebriamo il dono che Gesù ha fatto di sé nell’Eucaristia e lo stile che egli ci ha lasciato, ovvero quello del servizio, reso visibile nel gesto della lavanda dei piedi.

In conclusione ho voluto proporre in questo bollettino una piccola riflessione sulle celebrazioni del Triduo pasquale per aiutarci a viverle meglio, sapendo però che l’unica maniera per vivere una celebrazione non è innanzitutto quella di conoscerla, quanto di prendervi parte, stare dentro, rivivere la passione, morte, sepoltura e risurrezione del Maestro grazie ai riti e alle preghiere della Chiesa: formare ancora una volta l’assemblea radunata per celebrare le opere mirabili di lui che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce (Cfr. 1Pt 2, 9)

                                                             don Christian Marchica, Vicedirettore dell’Ufficio diocesano per la Liturgia

 

ECCO IL TEMPO FAVOREVOLE

TEMPO DI GRAZIA E DI PERDONO

 

 Tre sere con la Parola di Dio rivolta

* A MOSE’    

* A GIONA

* A RUTH

E A NOI

 

Carissimi,

qui a fianco potete notare una iniziativa che sarebbe bello vivere insieme in occasione della Pasqua.

Si tratta di una “Tre sere” di preghiera e di meditazione. Non ci saranno discussioni ma solo ascolto della Parola di Dio che si cala in mezzo a noi nell’esperienza di vita di tre personaggi che incontriamo nella Bibbia e che probabilmente conosciamo o abbiamo l’occasione di conoscere.

Nelle persone e nelle vicende della storia sacra noi possiamo rispecchiarci, perché la Bibbia non fa altro che rivelarci quello che noi siamo, quello che Dio è per noi, quello che noi siamo per Dio.

In questo breve ed intenso itinerario ci guiderà suor Rosangela Lamanna, docente nell’Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISSR) “Santi Ermagora e Fortunato” di Udine-Gorizia-Trieste.

Vi invito a partecipare numerosi. Si tratta di un’ora da dedicare all’ascolto per tre sere consecutive, per gustare la misericordia del Signore verso di noi.              Il Parroco

                                                                                            

 

 

 

CHIESA COME CASA

 

Carissimi fedeli e amici, tutti sanno ormai che il Papa ha nominato Mons. Riccardo Lamba nostro Arcivescovo. Egli farà il suo ingresso nella nostra Diocesi il 5 maggio alle ore 16.00 in cattedrale. L’Arcivescovo Andrea Bruno, Amministratore apostolico, ci ha invitati ad accoglierlo con fede, una fede che ora si esprime attraverso la preghiera perché egli possa essere tra noi un segno del Buon Pastore che guida il suo gregge. Il suo primo messaggio si impernia sull’umiltà: “Sono consapevole della oggettiva “sproporzione” fra la missione affidatami e le mie qualità personali, ma come sempre mi sostiene la Parola di Dio: infatti “lampada ai miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino” (Sal 118).” Inoltre egli chiama tutti a raccolta per condividere il cammino della chiesa: “Io invito tutti voi, di diverse origini e tradizioni, a camminare insieme: sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici, adulti, giovani, credenti e quanti, pur non esplicitamente credenti, sono alla ricerca della Verità, del Bene comune e sensibili alla Bellezza”. Ci aiuterà a vivere tra noi quei rapporti famigliari che cerchiamo di attuare nelle nostre case: costruiamo insieme la vita ecclesiale con responsabilità e la fiducia reciproca, curiamo il dialogo sincero e paziente, lasciamo ogni pettegolezzo, camminiamo sorreggendoci a vicenda nella vita pastorale, chi più ha, metta disposizione le sue possibilità a chi non le ha. Non per nulla il progetto pastorale della nostra diocesi ha previsto la collaborazione tra le parrocchie, che è già iniziata per chi crede in un cammino di chiesa. Arroccarci nelle nostre piccole realtà significa soffocare, aprirci con generosità ed intelligenza significa guardare avanti con speranza e coraggio. Il cammino è faticoso ma porterà i suoi frutti nel tempo avvenire.

Ed ora continuo a presentare la chiesa come famiglia, seguendo Gesù nelle case che egli ha visitato durante il suo pellegrinare sulla terra.

LA CASA DI PIETRO A CAFARNAO

 

Gli scavi archeologici hanno messo in luce la casa di Pietro, vicino alla sinagoga di Cafarnao. Potremmo dire che questa è la prima “domus ecclesiae”, poiché i primi cristiani si trovavano inizialmente nelle case.

Il regno di Dio è qui

La missione parte dalla casa di Pietro. Lì Gesù fa quello che noi diciamo un miracolo. Libera dalla febbre la suocera di Pietro che si mette poi a servirli. Ma questo non è un segno per ottenere la credibilità. Il Dio di Gesù non è il Dio dei miracoli ma della Parola. Infatti, nei primi tempi, Gesù raccomanda di non divulgare la notizia dei miracoli perché questo poteva nuocere alla sua missione. Poteva essere confuso con un guaritore. Gesù sembra dire: Se avvengono dei segni miracolosi, vuol dire che il Regno di Dio è giunto, è qui. La liberazione dal male e dal peccato è arrivata. Il miracolo è una specie di anticipo del Regno, le guarigioni interiori sono segni di resurrezione. La sua predicazione inizia a cambiare la storia. E coinvolge anche noi. Infatti mostra come sarà il Regno.

Il miracolo è la condivisione

Gesù ha compassione del popolo affamato che lo seguiva, ascoltando la sua parola. Invita gli apostoli: “Date voi stessi a loro da mangiare”. È una consegna. È il miracolo della condivisione. Qualcuno offre i pani e i pesci. Dopo Lui li moltiplica. Così egli offre uno stile alla chiesa. Lui inizia e la chiesa continua. Molta gente patisce fame, sete, malattie, povertà di ogni genere. Basterebbe un po’ di condivisione per risolvere tanti problemi. I mezzi ci sono. Si dice che una decina di persone possiedano più della metà di quanto hanno tutti gli altri abitanti del mondo. L’esame finale sarà sulla carità: avevo fame, avevo sete, ero malato, in carcere… Il Vangelo, che è buona notizia, continua a scorrere nelle nostre parrocchie e nella chiesa intera e raggiunge il mondo. Mi pare che molti siano sensibili a queste situazioni di povertà ed intervengano nei modi più svariati, in gruppo o individualmente. Ogni parrocchia potrebbe fare un discreto elenco di interventi caritativi nella nostra città, cioè continua a dare corpo ai miracoli di Gesù. La parrocchia è come una casa, vive la dimensione della famiglia. Le membra più deboli devono poter contare sulla comunità che per loro ha un occhio di riguardo. È la testimonianza che oggi è più apprezzata. La liturgia è essenziale alla chiesa, è un tesoro ricco ed indispensabile però se la chiesa si accontenta di “fare solo belle liturgie” avrà qualche inutile soddisfazione ma non darà compimento ai miracoli che il Signore ancora oggi inizia ad operare sulla terra. La Quaresima ci ricorda un intenso ascolto della Parola di Dio che ci sprona all’amore del prossimo.

Un cordiale saluto a tutti.                                                                                                                 Il Parroco don Luciano

 

CHIESA COME CASA

Carissimi,

in questa Quaresima stiamo meditando sulle diverse case visitate da Gesù, per ritrovare il volto della chiesa al giorno d’oggi. E’ una chiesa che si lascia ispirare dalle situazioni concrete. Oggi presenterò brevemente due aspetti della chiesa: una chiesa che vive nella precarietà e una chiesa che si apre al mondo. Vi sembrerà strano pensare a Betlemme in Quaresima ma le dimensioni che Betlemme ci ispira interpellano la nostra chiesa, la nostra parrocchia, al fine di una conversione cui tende questo tempo penitenziale.

Inoltre, il fatto che venga tra noi un nuovo pastore, l’arcivescovo Riccardo Lamba, non è una cosa da poco poiché egli porta con sé un bagaglio di esperienze che metterà a nostra disposizione, dona un impulso alla diocesi che si rimette in cammino con alacrità, con entusiasmo, con forza nuova, viene con una mentalità che completa ed arricchisce la nostra. Si tratta di eventi che il Signore ci dona, da vivere con fede. A questo ci invito l’arcivescovo Andrea Bruno, ora Amministratore Apostolico: “Mons. Lamba porterà con sé anche le sue caratteristiche e le sue qualità e i suoi limiti umani, come li ho avute anch’io. I talenti ricevuti potranno arricchire il suo ministero in questa Chiesa.

Ma fondamentale è che lo guardiamo e lo accogliamo con occhi di fede. La fede genera speranza nel futuro cammino di questa cara Arcidiocesi guidata dal nuovo Pastore e genera carità verso il Vescovo e tra tutti noi. La fede si esprime, quasi naturalmente, nella preghiera. Cominciamo, allora, a pregare personalmente e nelle nostre comunità per il nuovo Vescovo”.

LA CASA DI BETLEMME

Una casa che non è una casa

Nel vangelo di S. Luca che racconta la nascita di Gesù, noi non troviamo realmente una casa ma sembra essere stato un caravanserraglio. Noi abbiamo gustato la scena del Presepio recentemente durante le feste di Natale, come si gusta un idillio. Anche durante il mese di gennaio fino alla festa della Presentazione di Gesù al tempio, entrando in cattedrale la gente si fermava alcuni istanti davanti al presepio. È bello restare incantati davanti ad una nascita. È sempre un miracolo.

Ma prima di giungere a Betlemme c’è stata tutta la fatica del viaggio da Nazareth e a Betlemme Giuseppe ha bussato a tante porte, di casa in casa, ma per loro non c’era posto. Questo fatto lascia intravvedere il mistero della chiesa che vive la precarietà, che bussa e aspetta, che viene rifiutata o viene accolta, che passa e annuncia il Vangelo, il Regno di Dio. Ai tempi di Gesù ci si aspettava un Messia che venisse nella potenza, un novello Davide che dovesse riunificare il Regno di Israele, un Messia militare, un Messia che venisse con la scure ed il ventilabro per fare pulizia dal male.

Gesù fin dalla nascita corregge l’immagine del Messia. Il Regno è l’azione di Dio nel cuore umano, opera nel quotidiano. Forse si rimpiange una chiesa potente. Non è così. È una tentazione. Vediamo ora una chiesa che attraversa la storia, subisce ferite e cura le piaghe, che combatte anche ai nostri giorni contro il male, che patisce persecuzione lontano e vicino a noi. Basti pensare a quello che succede anche in Italia specie nel Sud, stando alle cronache di questi giorni. Ma la chiesa cammina nonostante i pericoli e le contrarietà e gli ostacoli, è pellegrinante, è precaria, continua a bussare a tutte le porte e a tenere aperta la sua porta. Sono ammirevoli quei parroci che, sfidando la camorra, la mafia, rischiano la vita per richiamare semplicemente la legalità. È la forza della chiesa precaria e itinerante, che accompagna il mondo col Vangelo.

Una casa con la porta aperta

Nel vangelo di Matteo, sono i Re Magi, i pagani che vanno verso Betlemme e trovano Gesù in una casa. Magi trovano la porta aperta, entrano, adorano, offrono e tornano al loro paese. “Non c’è più né giudeo né greco”. Allora la chiesa deve essere la casa con le porte spalancate: tutti possono entrare, “tutti, tutti, tutti” ripete più volte il Papa. I cristiani provenienti dall’ebraismo e dal paganesimo costituiscono la fraternità cristiana. Tutti sono figli di Dio, da che Cristo si è incarnato. Tutti fratelli e sorelle. La fraternità è la caratteristica tipica dei cristiani. La solidarietà in Cristo supera tutte le barriere, supera la fraternità di sangue, della tribù, della religione. Così è la chiesa. Non è confusione ma è una comunione di persone.

Nella nostra comunità si dovrebbe sviluppare maggiormente il senso di apertura alle persone che sono in difficoltà. Alcune persone sono ammirevoli per la loro dedizione, ma dovrebbero essere più numerose. Ho l’impressione che non ci accorgiamo di alcune necessità perché non le vediamo. Forse dobbiamo aprire maggiormente gli occhi. La carità comunque ha tante sfaccettature e si esprime anche nel silenzio, in forma personale oltre che comunitaria.

Un cordiale saluto a tutti.                                                                Il vostro Parroco,     Mons.  Luciano Nobile