LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura

Dal libro della Gènesi
Gen 2,7-9; 3,1-7

Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.

Parola di Dio

Salmo Responsoriale
Dal Sal 50 (51)

R. Perdonaci, Signore: abbiamo peccato.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. R.
Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto. R.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R.
Rendimi la gioia della tua salvezza,
sostienimi con uno spirito generoso.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode. R.

Seconda Lettura

Rm 5,12-19

Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. Parola di Dio.

Parola di Dio

Acclamazione al Vangelo

(Mt 4,4b)

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 4,1-11

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Parola del Signore

 

L’ECO DELLA PAROLA

 

1 domenica di quaresima 2

Il deserto.

Max Calderan, 52 anni, di Portogruaro, nello scorso gennaio, ha percorso 1100 km. a piedi, in solitaria, attraverso il deserto del Quarto Vuoto, la più grande distesa di sabbia del pianeta, nella Penisola arabica. Nessuno prima di lui aveva osato tanto: 18 giorni e 18 notti con dune e paesaggi sempre mutevoli e una tempesta di sabbia che rischiava di seppellirlo. Nessuna vegetazione, nessuna traccia umana. Poche le ore di sonno.. Giunse all’arrivo stremato, privo di forze e di pensiero.  Lasciò queste impressioni :”Rischiando la morte ho capito il senso della vita…Sono arrivato a dire: Natura uccidimi ma spiegami il perché di questo luogo e di questa sofferenza….Nel mezzo  del nulla una famiglia nomade si è presa cura di me per un giorno intero. Non sapevano chi fossi né da dove arrivassi. Mi hanno offerto latte di cammella, coperte per la notte, cibo e non volevano che passassi la notte da solo. “

E ci sono i deserti della vita che tutti prima o poi incontriamo:

-le malattie, le sofferenze, il dolore

-i fallimenti, gli insuccessi, il dramma

-la solitudine, l’abbandono, il tradimento

-il disorientamento, il vuoto di significato, del senso del vivere

Anche Gesù nel deserto ha sperimentato le insidie del maligno (Mt.4,1-11)

“Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame” Gesù è uomo fino in fondo ed è immerso nei limiti dell’umanità. Basterebbe un gesto miracoloso, come quel giorno sulle rive del lago per la folla affamata che lo seguiva da tempo…..Ma Egli è preoccupato di ciò che può saziare la fame più profonda dell’uomo, quella Parola capace di sostenere e guidare l’esistenza nei sentieri tortuosi della vita. “Non di solo pane  vive l’uomo…”

“Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gettati giù” La replica di Gesù è precisa. Egli non ha bisogno di mettere alla prova il Padre suo né di offrire spettacoli agli uomini. E’ certo dell’amore del Padre. Qualunque cosa accada, è nelle sue mani.

“Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai.” Gesù ancora una volta si mostra sovranamente libero e rifiuta le strategie dei mezzi umani: la ricchezza, il potere, il prestigio. La forza di cambiare il mondo non viene dallo sfruttamento altrui, dalle astuzie e dall’asservimento degli uomini ma dall’impegno quotidiano, dal servizio fedele e dal dono della propria vita. Uno solo è il Signore, il Dio Vivente, che vuole essere amato e adorato da uomini liberi.

Forse anche noi, viandanti in questa terra, che è oasi e deserto, qualche volta chiediamo al Signore il perché di quella prova, di quella sofferenza…

E lui ci viene incontro come Buon Samaritano, ci medica le piaghe, ci offre la Parola, il Pane della Vita e la coperta  per la notte.

                                                                                                                                       Mons. Giulio Gherbezza

 

 

 

 

A T T E N Z I O N E  !

 

CON UN’ORDINANZA URGENTE, IL MINISTERO DELLA SALUTE IN INTESA CON IL PRESIDENTE DELLA REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA, ALLO SCOPO DI EVITARE IL DIFFONDERSI DEL COVID-19, HANNO ADOTTATO MISURE STRAORDINARIE ATTE A CONTRASTARE L’EVOLVESI DELLA SITUAZIONE EPIDEMIOLOGICA IN ATTO.

PER QUESTO MOTIVO

DAL 24 FEBBRAIO FINO A DOMENICA 1° MARZO COMPRESO

SONO SOSPESE LE CELEBRAZIONI IN TUTTE LE CHIESE E LE ATTIVITA’ PARROCCHIALI FERIALI E FESTIVE.      

Leggi QUI il comunicato dell’Arcivescovo

 


 

E’ possibile seguire la S. Messa:

– in diretta su TELEFRIULI (canale 11, 511 HD) e streaming su www.telefriuli.it –tasto LIVE dal Santuario della B.V. delle Grazie in Udine, celebrata da S.E. l’Arcivescovo

venerdì     28.02 alle ore 19.30

domenica 01.03 alle ore 10.30 

-in streaming su www.cattedraleudine.it dalla Cattedrale, celebrata da Mons. Luciano Nobile

domenica 01.03 alle ore 19.00

Inizia la Quaresima. Si aprono strade di vita.

Gesù traccia davanti a noi strade di vita e di felicità. Ci dà la possibilità di liberarci da ciò che impedisce di camminare, da ciò che ingombra il cuore e non permette di ascoltare, di riconoscere e di raggiungere il Padre che ci attende a braccia aperte, per rinnovare la nostra esistenza.

Ecco la strada del digiuno. Provare “la fame” per avvertire quella più profonda che è desiderio di Dio. Astenersi dal superfluo per tener presente l’essenziale. Affrancarsi da un bisogno divorante di cose per liberarsi da ciò che rovina la vita, il male. E così permettere alla luce e alla vita, che Dio ha posto in noi, di crescere, di dilatarsi. Si tratta di dare spazio a Dio.

Ecco la strada della preghiera. È la strada che imbocca chi cerca Dio e inizia ad aprire il cuore alla sua Parola. Trova il tempo per fermarsi, per ascoltare, per meditare e sente il bisogno di rispondere a Colui che offre ai figli l’amore di Padre.

Ecco la strada della elemosina e della solidarietà. Non il gesto sbrigativo di chi si toglie dai piedi qualcuno ma dona la sua attenzione, un po’ di tempo e anche un soccorso concreto.

Strade di quaresima. Strade per giungere all’incontro col Cristo Risorto. Strade per condividere la sua vittoria e la sua vita. Buon cammino!

 


 

Ogni venerdì di Quaresima: Via Crucis in streaming dalla Cattedrale alle ore 17.30

Siamo tenuti all’astinenza dalle carni.

 

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(Lev 19, 1-2.17 –18; 1 Cor 3, 16– 23; Mt 5, 38– 48)

Amare anche i nemici

Il tema di fondo che emerge da tutte le letture di questa domenica è quello della santità. Dio dice nella prima lettura: «Siate santi, perché io il Signore sono santo». Gesù nel brano evangelico odierno, dice: «Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste». E S. Paolo, nella seconda lettura, ci ricorda che «santo è il tempio di Dio che siete voi». In che cosa consiste la santità? La risposta ce la dà Dio nella prima lettura e soprattutto Gesù nel vangelo.

Si legge nella prima lettura: «Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello….». «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo…». «Amerai il tuo prossimo (quelli della tua razza) come te stesso».

E Gesù, nel vangelo di oggi, cosa ci dice? Vi preciso che il brano evangelico odierno è la continuazione di quello di domenica scorsa. Gesù prosegue il suo confronto con la Legge antica. Se ricordate, l’insegnamento di Gesù era coagulato in quattro antitesi: «Avete inteso che fu detto agli antichi: «Non uccidere». Ma io vi dico…”. «Non commettere adulterio» Ma io vi dico…”. «…fu detto agli antichi: «Non spergiurare… ma io vi dico…”.

La vetta dell’insegnamento di Gesù

Con le due antitesi del brano evangelico odierno, Gesù fa giungere al vertice il suo insegnamento. Nella prima antitesi Gesù affronta la «legge del taglione»: «Avete inteso che fu detto: «Occhio per occhio, dente per dente» (Es 21), «ma io vi dico di non opporvi al malvagio….». La «legge del taglione» aveva lo scopo di limitare e controllare con norme giuridiche l’istinto di una vendetta senza misura. La sua proposta di Gesù va molto più in là. Egli sa bene che anche la più moderata applicazione della legge del taglione non è in grado di spezzare il circolo vizioso del male. Per Gesù solo rispondendo, a chi vuole esserti avversario, con gesti di gratuità paradossali e disarmanti si può rompere il cerchio che tiene l’uomo prigioniero di una logica di morte.

Le esemplificazioni che porta Gesù, non vanno interpretate alla lettera, ma secondo il loro spirito. Sono esempi che vogliono risvegliare l’inventiva del discepolo portandola a creare rapporti nuovi, gratuiti, magnanimi con i fratelli: sono indicazioni di marcia. In tutti gli esempi il principio proposto è sempre il medesimo: disarmare il prepotente o il violento, concedendogli di più di quanto egli chiede. La prima antitesi suona così: «se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra…». Gesù ci insegna con questo esempio la non violenza, la non vendetta, il perdono. Tutto questo non significa passività, atteggiamento rinunciatario; non significa rinuncia alla verità e alla propria dignità. La seconda antitesi: «Avete inteso che fu detto: «Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico»; «ma io vi dico: amate i vostri nemici…». L’espressione riportata da Gesù «amerai…odierai…» non si trova nella Bibbia, ma era nella tradizione, nella prassi comune del suo tempo. Gesù esige anche su questo punto un salto di qualità: «Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste».

E’ possibile all’uomo imitare Dio?

Gesù ci garantisce che è possibile e che questa imitazione di Dio «che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti», costituisce tutta l’originalità cristiana: «Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito avete? Non fanno così anche i pubblicani? E’ possibile imitare Dio nella misura in cui l’amore di Dio entra in noi e ci trasforma: ci fa passare dall’egoismo all’amore. Quando c’è l’amore di Dio in noi, saremo in grado di imitare Dio, di essere degli originali, di fare qualcosa di “straordinario», come Lui. Se il cristiano fa come tutti, si adegua alle regole del mondo; se è incapace di azioni insolite, diventa insignificante, trascurabile. Il cristiano o è l’uomo del paradosso. Evidentemente si tratta di essere gli annunciatori di un mondo diverso, inventori di un nuovo stile di rapporti tra gli uomini, basato sul criterio del Discorso della Montagna.

Troppo spesso noi crediamo che la debolezza, la non violenza, la mitezza finiscano per lasciare campo aperto all’invasione del male. Le cose stanno proprio all’opposto. In realtà, l’amore è l’unica forza capace di contrastare efficacemente l’odio, togliendogli spazio, spegnerlo, portarlo all’esaurimento. Vivere così è la pienezza dell’amore: è la santità cristiana! Sia così, con l’aiuto della grazia, anche per ciascuno di noi!                                                                                                                                                                                Mons. Ottavio Belfio

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

Sir 15, 16–21; 1Cor 2,6-10; Mt 5, 17-27

La nuova Legge

 

Nella liturgia della parola di questa domenica sono almeno tre i temi che si intrecciano.

Libertà, sapienza e amore.

Il tema della libertà è proposto dalla prima lettura: «Se vuoi, osserverai i comandamenti; l’essere fedele dipenderà dal tuo buon volere….». L’uomo è libero. La sua libertà, certamente è condizionata, ma essenzialmente, rimane vera libertà.

Il tema della sapienza è svolto nella seconda lettura. S. Paolo precisa che parla della sapienza divina, non della sapienza di questo mondo. Questa sapienza è un dono che non lo possiedono i dominatori di questo mondo: «Se l’avessero conosciuta – dice l’apostolo – non avrebbero crocifisso il Signore della gloria». Senza la sapienza di Dio, l’uomo resta chiuso e imprigionato dal suo limite creaturale, dalle sue grandi ambiguità.

Considerando la storia dell’uomo, piena zeppa di scelte sbagliate, verrebbe voglia da chiedersi: ma non era meglio che Dio ci avesse creati senza libertà? No. Senza libertà l’uomo non sarebbe più uomo! La libertà è la grandezza e la nobiltà della persona umana.

Il problema è un altro. Il problema è l’uso della libertà. Se l’uomo è creatura di Dio, se cioè dipende totalmente da Lui, non può gestirsi senza Dio. In altre parole, l’uomo deve usare la sua libertà in sintonia con la volontà di Dio. Questa non è schiavitù, non è limitazione della sua dignità. Come non è umiliante per l’uomo essere creatura, così non è umiliante gestirsi da creatura. L’errore più profondo è, purtroppo, proprio questo: l’uomo, talvolta, rifiuta di essere creatura di Dio. Per affermare questo, alcuni, preferiscono ammettere di essere prodotto del caso, di un divenire cieco, piuttosto che del Creatore. Preferiscono credere all’assurdo che a Dio!

Tutti i pensieri e i comportamenti di rivolta, di indipendenza da Dio, hanno come ultima radice e motivazione (magari inconscia) l’autonomia da Dio. «O Dio o l’uomo» dicevano i Maestri del sospetto. Se l’uomo crede al suo progresso senza Dio, a quale traguardo giungerà? Progredirà nella scienza e nella tecnica (perché ne ha le capacità), ma regredirà in termini di moralità e spiritualità fino alle più spaventose conseguenze.

Molti sono convinti che basti un’etica. No! Se essa non si fonda in Dio non si regge: ognuno ne avrà una per suo uso e consumo. L’uomo non è solo materia e buon senso! E’ anche e soprattutto moralità e spirito: se trascura queste realtà fondamentali, in una maniera o nell’altra si auto distrugge! L’eclissi di Dio comporta necessariamente l’eclissi della fede, quella etica e quella della ragione. Oggi, dopo aver parlato di post – cristianesimo, di post – moderno, si comincia a parlare e a fare convegni sul post – umano!

Ma io vi dico!

Nel brano evangelico, Gesù invita l’uomo di ogni tempo a usare la sua razionalità e la sua libertà alla luce di Dio che è Amore. Dio chiama l’uomo a camminare sulle strade dell’amore. Di un amore in continua crescita. Per farci capire il suo pensiero, Gesù così si esprime: «Avete inteso che fu detto agli antichi… ma io vi dico…». Attenzione, però! Gesù non prende le distanze da ciò che fu detto agli antichi. Infatti unico è il Legislatore: Dio. Gesù precisa: «Io non sono venuto per abolire, ma per dare compimento…». C’è continuità tra l’AT e il Nuovo. Gesù porta a compimento tutte le potenzialità implicite nell’AT e in particolare dei Dieci Comandamenti. Gesù, invece, prende le distanze da una interpretazione errata e riduttiva dei Dieci Comandamenti quale era sostenuta dagli scribi e dai farisei. Per questo dice: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli».

E poi porta alcune esemplificazioni: ve ne ricordo due. La prima: «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere…». Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello sarà sottoposto a giudizio…». Gesù, come si vede, sviluppa il quinto Comandamento sulla linea del più perfetto, sulla linea dell’amore. Dirà, infatti: «Amatevi come io vi ho amati». In definitiva per Gesù finché il «non uccidere» non si trasforma nella decisione positiva di amare, l’uomo resterà sempre prigioniero di una logica di morte. Per Gesù si può uccidere il fratello anche squalificandolo sul piano dei giudizi o togliendolo da circuito dei rapporti affettivi. Se non camminiamo nella direzione dell’amore al prossimo anche il nostro culto a Dio diventa vano: «lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello…».

La seconda esemplificazione: «Non commettere adulterio…». Anche in questo caso, Gesù non si limita al piano del comportamento esteriore, ma abbraccia anche l’interiorità, le intenzioni: l’uomo deve osservare la legge morale con tutto sé stesso a partire dal cuore, dall’anima, dalla sua interiorità. In altra occasione, Gesù disse: «E’ dal cuore che nascono i cattivi pensieri, gli adulteri, le prostituzioni, le violenze, l’odio…”. E’ dunque dal cuore che deve partire la conversione. Il comando di cavare l’occhio, di tagliare la mano qualora ci fossero occasione di scandalo sottolinea attraverso un paradosso, l’impegno serio e deciso di tagliare da noi tutto ciò che potrebbe indurci al male.

Tre atteggiamenti

Sintetizzando possiamo dire che tre sono gli atteggiamenti evidenziati: pagano, farisaico e cristiano.

L’atteggiamento pagano fonda la sua vita solo su sé stesso, sulla propria libertà, sulle proprie forze. C’è del pagano in noi? L’atteggiamento fariseo è proprio di chi conosce la parola di Dio, si sente coinvolto nel patto dell’Alleanza con Dio, rispetta le leggi di Dio, ma fa tutto questo solo esteriormente senza donare il suo cuore a Dio.  C’è del fariseo in noi? L’atteggiamento cristiano, diversamente dal pagano, è convinto di non bastare a sé stesso e di avere bisogno assoluto di Dio. Diversamente dal fariseo, il cristiano è convinto che a Dio bisogna donare tutto se stessi: l’interiorità e i comportamenti esteriori. Il cristiano confronta la propria libertà con la volontà di Dio e si sottomette ad essa; il cristiano è convinto che la propria sapienza umana, debole e fragile, va integrata con la sapienza infinita di Dio; il cristiano è convinto che non basta amare secondo i propri criteri, ma come ama Dio. Siamo noi veramente cristiani?

                                                                                                                                                     Mons. Ottavio Belfio

 

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

(Is 58,7 –10; 1 Cor 2,1-5; Mt 5,13-16)

Oggi, Gesù ci presenta i cittadini del Regno di Dio. Dice dei suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; voi siete la luce del mondo». Come potete vedere, Gesù non dà definizioni astratte del cristiano, ma attraverso due concrete ed efficacissime metafore (immagini, similitudini) presenta l’identità e la missione del suo autentico discepolo.

Sale e luce

Il sale è una sostanza necessaria alla vita dell’uomo: dà sapore ai cibi, disinfetta le ferite, preserva dalla corruzione, è simbolo di sapienza. Come il sale, così anche il cristiano, per Gesù, è una persona necessaria nella vita dell’umanità. Deve dare sapore, cioè significato e senso alla vita umana. In altre parole, il cristiano deve testimoniare che la vita non è una casuale combinazione di atomi e di cellule.  La vita di ogni persona umana è un progetto divino che attende di essere realizzato. Realizzazione che inizia e matura nel tempo, con il vivere in armonia i valori materiali, morali e spirituali. È vivendo e testimoniando questi valori che si realizza il piano salvifico di Dio sui singoli e sull’umanità. Noi cristiani diamo sapore e significato alla storia, quando ogni nostro pensiero, ogni nostra parola, ogni nostro gesto e iniziativa, esprime e realizza, in forma creativa e fedele l’insegnamento di Gesù. Solo così facciamo storia di salvezza e realizziamo il regno di Dio. Solo così santifichiamo il tempo presente e gli facciamo acquisire una valenza di vita eterna.

La vita ha un senso

Il primo compito in positivo, dunque, che ogni discepolo di Cristo deve assolvere è questo: testimoniare che la vita ha un senso, che è un progetto da realizzarsi vivendo in armonia i valori spirituali, morali e materiali. Ma ci sono anche altri compiti, in negativo, che il cristiano deve assolvere. Due in particolare.

Primo: alla luce del vangelo deve disinfettare e far rimarginare le ferite dell’uomo, cioè ogni degrado morale, ogni devianza, ogni perversione.

Secondo: deve preservare dalla corruzione spirituale e morale, i singoli e la società. Preservare è meglio che curare. Un campo di lavoro, questo e quello, comunque, sterminato che chiama in causa la responsabilità cristiana.

Infine, come il sale, almeno in molte culture, è simbolo di sapienza. Sapiente, infatti, è chi dà più importanza a ciò che è più importante. Stolto è, invece, colui che dà più importanza a ciò che è meno importante.

Apriamo gli occhi

Guardando alla realtà contemporanea possiamo chiederci: Perché oggi molti non colgono il significato della loro e altrui vita e vivono nel non senso, alla giornata, senza prospettive, senza speranza? Mi viene un dubbio: forse si sta realizzando il terribile monito di Gesù: «Se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini»….

Prima di concludere ritengo utile fare due ulteriori precisazioni: Il sale deve sciogliersi nei cibi per renderli salati. Il sale non lo si può usare senza una precisa misura. È questione anche di dosaggio. Non assente, non scarso, ma nemmeno troppo. Se manca il sale, una pietanza risulta senza sapore e quasi da non potersi mangiare. Ma anche l’eccesso di sale, rende una vivanda disgustosa. In altre parole, dobbiamo dire no, ad uno stile cristiano insulso, rinunciatario, intimistico, che non si coinvolge nella storia concreta; ma ugualmente dobbiamo dire no ad uno stile invadente, urtante, indisponente, aggressivo, borioso, trafficante. Lo stesso discorso va fatto per la metafora della luce che è simbolo della verità, dell‘amore e della vita. Né luce che acceca; né luce di penombra; ma luce che renda visibile, senza ostentazione, le nostre opere buone perché tutti glorifichino, come ci insegna Gesù, il Padre vostro che sta nei cieli.

                                                                                                                                                                                          Mons. Ottavio Belfio

“Venite a me voi tutti, che siete stanchi e oppressi e io vi ristorerò”

 

Cari fratelli e sorelle infermi, la malattia vi pone in modo particolare tra quanti, “stanchi e oppressi”, attirano lo sguardo e il cuore di Gesù. Da lì viene la luce per i vostri momenti di buio, la speranza per il vostro sconforto. Egli vi invita ad andare a Lui: «Venite». In Lui, infatti, le inquietudini e gli interrogativi che, in questa “notte” del corpo e dello spirito, sorgono in voi troveranno forza per essere attraversate. Sì, Cristo non ci ha dato ricette, ma con la sua passione, morte e risurrezione ci libera dall’oppressione del male.

In questa condizione avete certamente bisogno di un luogo per ristorarvi. La Chiesa vuole essere sempre più e sempre meglio la “locanda” del Buon Samaritano che è Cristo (cfr Lc 10,34), cioè la casa dove potete trovare la sua grazia che si esprime nella familiarità, nell’accoglienza, nel sollievo. In questa casa potrete incontrare persone che, guarite dalla misericordia di Dio nella loro fragilità, sapranno aiutarvi a portare la croce facendo delle proprie ferite delle feritoie, attraverso le quali guardare l’orizzonte al di là della malattia e ricevere luce e aria per la vostra vita.

In tale opera di ristoro verso i fratelli infermi si colloca il servizio degli operatori sanitari, medici, infermieri, personale sanitario e amministrativo, ausiliari, volontari che con competenza agiscono facendo sentire la presenza di Cristo, che offre consolazione e si fa carico della persona malata curandone le ferite. Ma anche loro sono uomini e donne con le loro fragilità e pure le loro malattie. Per loro in modo particolare vale che, «una volta ricevuto il ristoro e il conforto di Cristo, siamo chiamati a nostra volta a diventare ristoro e conforto per i fratelli, con atteggiamento mite e umile, ad imitazione del Maestro» (Angelus, 6 luglio 2014).

                                                                                                                                                  (Dal Messaggio di Papa Francesco)

 

 

PREGHIERA DEI MALATI

 

Padre onnipotente, Signore del cielo e della terra, tu hai rivelato ai piccoli i misteri del regno dei cieli. Nella malattia e nella sofferenza ci fai sperimentare la nostra vulnerabilità di fragili creature: donaci in abbondanza la tua benevolenza. Figlio unigenito, che ti sei addossato le sofferenze dell’uomo, sostienici nella malattia e aiutaci a portare il tuo giogo, imparando da te che sei mite e umile di cuore. Spirito Santo, Consolatore perfetto, chiediamo di essere ristorati nella stanchezza e oppressione, perché possiamo diventare noi stessi strumenti del tuo amore che consola. Donaci la forza per vivere, la fede per abbandonarci a te, la sicura speranza dell’incontro per la vita senza fine. Maria, Madre di Dio e Madre nostra, accompagnaci alla fonte dell’acqua viva che zampilla e ristora per l’eternità.                     Amen.

 

 

L’ECO DELLA PAROLA DI DIO

Presentazione del Signore

(Ml 3, 1 – 4; Eb 2, 14 – 18; Lc 2, 22 – 32)

Origine della Festa

La Festa che oggi celebriamo, della “Presentazione del Signore”, ha origini liturgiche, ma affonda le sue radici nella Bibbia. Fu istituita a Gerusalemme nel secolo IV e si diffuse in Occidente a partire dal secolo VI. Agli inizi aveva caratteristiche mariane: la purificazione della Madonna dopo il parto. In Occidente, a Roma, assunse anche coloriture penitenziali e, in Gallia (Francia), come festa della luce (candelora). Con il Concilio Vaticano II, nel 1960, ebbe la sua nuova identità cristologica: La Presentazione del Signore al tempio. E’ Cristo che entra nel tempio per consacrarsi al Padre ed essere luce delle nazioni. Questa festa, però, ha, anche, come dicevo, lontane radici bibliche. Si rifà alla decima piaga d’Egitto che costrinse il Faraone a lasciare libero il popolo ebreo. Cos’era accaduto? Dio aveva ordinato agli ebrei di mangiare un agnello e di segnare con il suo sangue gli stipiti e l’architrave delle loro porte di casa. Dice il testo dell’Esodo riportando le parole di Dio: “Io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà per voi flagello di sterminio… Questo giorno sarà per voi un memoriale… lo celebrerete come un rito perenne” (Es 12, 13 – 14). E’ a ricordo di questo episodio prodigioso che Mosè stabilì, per legge, di offrire al Signore, per sempre, i primogeniti degli ebrei, e di riscattarli con l’offerta di un agnello, o, per i poveri, con l’offerta di una coppia di tortore o di due giovani colombi. In obbedienza a questa legge, Gesù, come primogenito, fu portato al tempio per essere offerto al Signore. E’ Gesù il vero Agnello che sarà sacrificato sulla croce e che con il suo sangue salverà l’intera umanità! Questa l’origine e la storia della festa della Presentazione del Signore che noi oggi celebriamo.

Il Vangelo

Il brano del vangelo di questa festa ci dice che “Simeone, uomo giusto e pio… mosso dallo Spirito, si recò al tempio… lo accolse (il Bambino Gesù) tra le braccia e benedisse Dio”. Lo benedisse con un inno di fede, di lode, di gioia e di profezia. Il “Benedictus” è un inno di fede perché Simeone crede veramente che quel Bimbo è il Messia di Dio; di lode e di gioia perché i suoi occhi hanno visto la salvezza per tutti i popoli, e la luce che rivela Dio alle genti. E’ un inno di profezia perché annuncia che quel Bimbo “è per la caduta e la risurrezione di molti… segno di contraddizione”. E’ profezia anche perché, Simeone, rivolto “a Maria sua madre, disse: anche a te una spada trafiggerà l’anima…” In sintesi: Quel Bimbo rivelerà Dio come Padre misericordioso e come Giudice; Illuminerà il senso e il destino che ha l’uomo; porterà la salvezza a chi lo accoglierà, e sarà, invece, “caduta” per chi non si lascerà, illuminare dalla sua luce. Maria, la madre di quel Bimbo, sarà trapassata dalla spada del dolore sul Calvario, sotto la croce di suo Figlio.

Giornata Mondiale della Vita Consacrata

Oggi celebriamo anche la ventiquattresima Giornata Mondiale della Vita Consacrata. Come Gesù si consacrò al Padre per realizzare la sua volontà salvifica, così la Vita Consacrata (religiosi, religiose e Istituti secolari), oggi, rinnovano la loro consacrazione per essere icona sempre più perfetta di Cristo obbediente, casto, povero e di continuare con generoso zelo la sua missione. Oggi, però, è, anche, una splendida occasione per tutti di rinnovare le proprie promesse battesimali: rinuncia a Satana, e fede, speranza, amore a Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo. Come realizzare, in concreto, le promesse battesimali? Accogliendo e praticando sempre più e sempre meglio la Parola d Dio; partecipando e vivendo sempre più e sempre meglio, i Sacramenti ricevuti. Così, in Gesù Cristo, saremo e vivremo da figli adottivi e eredi di Dio per l’eternità. Sia così!                                                                                                                 Mons. Ottavio Belfio

 

CERCA LA FARMACIA PIU’ VICINA !

 

 

Nel 2020, in occasione dei 20 anni di Banco Farmaceutico, la Giornata di Raccolta del Farmaco durerà un’intera settimana dal 4 al 10 febbraio. In questi giorni sarà possibile acquistare un medicinale da banco in una delle oltre 5.000 farmacie che, in tutta Italia, aderiscono all’iniziativa (riconoscibili dal fatto che espongono la locandina della GRF). I medicinali raccolti saranno consegnati agli oltre 1.800 enti assistenziali convenzionati con Banco Farmaceutico. Si tratta di realtà che offrono cure e medicine gratuite a chi non può permettersele per ragioni economiche. La Giornata è resa possibile da quasi 24 mila volontari che fanno il turno in farmacia e da oltre 15.000 farmacisti.

Nella scorsa edizione della GRF, infatti nonostante l’ottimo risultato (421.904 confezioni di farmaci raccolte), è stato possibile soddisfare solamente il 40,5% delle richieste questo poiché la povertà sanitaria resta un problema preoccupante e di elevate dimensioni.

In Italia ci sono 1,8 milioni di famiglie e 5 milioni di individui che vivono in condizioni di indigenza. Tra questi, nel 2019, sono stati 473 mila quelli che hanno bisogno di farmaci e che hanno chiesto aiuto ad un ente assistenziale per potersi curare, come rileva il 7° Rapporto sulla Povertà Sanitaria di Banco Farmaceutico. Val la pena, infine, ricordare che, tra i 5 milioni di poveri, 1 milione 260 mila sono minori; questo, nonostante il nostro intero sistema, a partire dalla Costituzione, riconosca al bambino il diritto a vedere riconosciuti i propri interessi e le proprie esigenze come superiori e nonostante siano passati 30 anni dall’approvazione della Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia (New York, 20 novembre 1989), che riconosce al minore il diritto “di godere del miglior stato di salute possibile”. Tutto ciò significa che, nel nostro Paese, c’è ancora tanto da fare; nei sette giorni della prossima Giornata di Raccolta del farmaco sarà possibile dare un importante contributo, aiutando concretamente chi ha bisogno e compiendo un gesto che indica come la gratuità sia la strada da percorrere per realizzare il bene della società.