È un gesto di solidarietà che fa bene a chi lo compie e a chi lo riceve. Al contribuente non costa nulla. Possono porre la firma tutti coloro che concorrono al gettito IRPEF: Chi presenta il 730 o il Modello Redditi, ma anche chi dispone soltanto del Modello CU, perché possiede unicamente redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati e non è obbligato a presentare la dichiarazione. La decisione di chi si esprime serve a stabilire la destinazione dell’intera quota da assegnare, supplendo dunque anche alla mancata espressione di una preferenza di chi non firma.

La ripartizione nell’ultimo anno: 410 milioni di euro destinati a mantenere i circa 32.000 sacerdoti che operano nelle diocesi, di cui 300 missionari “fidei donum” in paesi poveri.  150 milioni di euro stanziati a sostegno delle iniziative di carità delle diocesi italiane: mense, centri di ascolto, soccorsi ai disoccupati ecc… 80 milioni di euro destinati a progetti di sviluppo nel sud del mondo, come ospedali, scuole, centri di avviamento professionale.

Grazie a tutti coloro che sono solidali con la chiesa cattolica che è in Italia.

BENTORNATI!

Carissimi amici,

già da tempo tutto il Friuli ed in particolare la città di Udine si sono preparati all’accoglienza dei numerosi alpini e delle loro famiglie. È una festa. La sentiamo come una festa di famiglia. Anche perché ricordo con affetto i miei fratelli e cognati, col cappello degli alpini. Una festa con tante persone che ci sono diventate care per la solidarietà che hanno sempre dimostrato in tutte le circostanze, specialmente in quelle dolorose delle calamità naturali che frequentemente accadono. Noi abbiamo avuto una grande manifestazione di affetto sincero, di faticoso impegno, di amore disinteressato nell’esperienza del terremoto del 1976. È una caratteristica degli alpini un cordiale ed immediato intervento, puntuale, organizzato. Lo stile del servizio appassionato crea entusiasmo, suscita gratitudine ed ammirazione che non si manifestano soltanto con gli applausi ma anche con la stima che si tramanda in famiglia e coinvolge anche quelli che non hanno avuto diretto contatto con gli alpini. La simpatia per gli alpini si diffonde nell’aria ed entra nelle nostre case come ospite gradita. Infatti è bello vedere il tricolore, non soltanto appeso sui pali o su altri sostegni lungo le vie ma anche sui balconi delle case. Non passino invano queste feste ma lascino un messaggio di unità nel popolo, di calda umanità, di condivisione, di solidarietà.

Grazie.                                                                        Mons. Luciano Nobile, parroco

 

Il cappellano militare

Beato don Secondo Pollo (1908-1941).

Le sue reliquie in questi giorni sono venerate nella nostra Cattedrale.

 

Venerdì 12 maggio

Ore 15.00 e 20.30 Chiesa di S. Cristoforo – Ore 20.30 Chiesa di S. Giacomo.

Sabato 13 maggio

Ore 20.30 Chiesa di S. Pietro martire – Ore 20.30 Chiesa di S. Giacomo.

Ore 20.30 Chiesa di S. Cristoforo – Ore 20.30 Cattedrale (Duomo).

 

Carissimi amici,

 noto che la pubblicazione della lettera del Papa per la formazione di tutto il popolo di Dio alla liturgia è utile ed efficace per un approfondimento personale e comunitario (clicca QUI).

Infatti ho buoni riscontri da varie persone che apprezzano questo foglietto che non si limita a pubblicare soltanto gli appuntamenti rivolti alla comunità ed alla informazione ma si estende alla formazione che ai nostri giorni è quanto mai necessaria. Anche domenica scorsa infatti ai 450 foglietti messi a disposizione, ho dovuto aggiungere altri 50 per i fedeli che sono venuti alla Messa della sera.

Debbo dire che ciò mi conforta, mi rallegra e mi conferma sulla strada scelta quasi vent’anni fa. Non posso però nascondere che mi piacerebbe, oltre che percepire favorevoli riscontri, anche contare su altri collaboratori che sappiano interpretare le necessità del momento attuale, per stimolare delle risposte che consentano un cammino gioioso ed entusiasta della vita cristiana.

Nutro la speranza che qualcuno voglia condividere qualche riflessione opportuna che alimenti la speranza in un mondo complicato ed alle volte confuso. La Parola di Dio possa illuminare il nostro cammino.

Auguro a tutti una buona settimana ed agli alpini: benvenuti!                         Don Luciano parroco

 

Carissimi fedeli,

continuiamo la lettura della lettera pastorale del Papa sulla formazione liturgica. Credo sia illuminante per tutti. Ci aiuta a conoscere e ad apprezzare la grazia che Gesù ci ha donato perché possiamo raggiungere una relazione autentica e gioiosa con Lui. Inoltre ci possiamo rendere ragione delle verità in cui crediamo e viviamo nella Liturgia. Tutto questo al fine di compiere la nostra missione che nasce da un rapporto vivo, intimo e comunitario con Gesù. Certamente è necessaria la nostra fede ma di questa fede dobbiamo rendere conto con una certa competenza, anche per non cadere inconsapevolmente in qualche errore o banalità. Sono tempi in cui bisogna anche saper esporre con una certa consapevolezza e correttezza le verità in cui crediamo. Sappiamo che l’ignoranza religiosa raggiunge ormai vari strati della popolazione. I motivi possono essere tanti. Sarebbe troppo facile cercare cause e lanciare accuse. Prendiamo atto con responsabilità del cambiamento d’epoca. E camminiamo con coraggio e col desiderio di trovare sentieri di testimonianza iniziando da noi stessi e dalle nostre famiglie. La continua lamentela non giova a nessuno. La fiducia che Dio saprà condurre la sua chiesa ci accompagni. Lui mantiene la rotta della barca e ci dona la forza di remare, anzi rema con noi soprattutto quando è necessario andare contro corrente.

Un cordiale saluto.                                                                                             Don Luciano, parroco

 

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Carissimi fedeli,

mi è sembrato opportuno dare spazio, in queste domeniche del Tempo Pasquale, alla pubblicazione della Lettera Apostolica di Papa Francesco indirizzata a tutta la chiesa sulla formazione liturgica, in particolare sulla S. Messa. Questa è uno dei tesori che il Signore ci ha lasciato e che sostiene continuamente il nostro cammino di vita cristiana dandoci una prospettiva di vita eterna. Infatti siamo convinti che “la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa”. Ci mettiamo insieme in ascolto di quanto il Papa offre alla nostra riflessione.

Non accontentiamoci solo del “sentito dire” da altri e di aver letto qualche titolo sul giornale. Vi invito ad andare alla fonte, a conoscere il testo per essere arricchiti interiormente e per dare testimonianza a ragion veduta, proprio oggi che osserviamo una certa disaffezione verso la liturgia. Di domenica in domenica potremo leggere nelle nostre case questo testo che ci potrà illuminare e come durante la Quaresima abbiamo vissuto la “Via Crucis” ora percorriamo la “Via Lucis”.

Cari amici, buon cammino!                        Il Parroco don Luciano Nobile

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La sera di Pasqua, le porte del cenacolo erano chiuse. I discepoli avevano paura dei giudei. Il fallimento del loro maestro era stato pubblico. La condanna senza alcuna remissione. La fine ignominiosa. Chi avrebbe avuto ancora il coraggio di seguire quel Rabbì? La paura e la vergogna, il dubbio di aver sbagliato e di aver perso tempo, avevano avuto il sopravvento. Che delusione! Le porte chiuse erano la difesa immediata e la scelta più ragionevole.

È la tentazione che emerge in tutti i tempi, anche oggi, sia per le nostre famiglie che per la chiesa e per le varie nazioni. Chiudersi dentro, sbarrare le porte, sia anche per paura, dà una certa sicurezza. Ma l’aria diventa pesante e asfittica, toglie il coraggio di affrontare le sfide che i tempi richiedono.

Papa Francesco, in linea con gli altri Papi, ci invita con forza e decisione ad aprire le porte e ad uscire per portare anche oggi il Vangelo di cui il mondo ha ancora sete, anche se non sempre chiaramente percepita. Abbiamo una ricchezza spirituale enorme, non frutto delle nostre forze ma della potenza di Dio. Possiamo contare su di Lui.

Venne Gesù e stette in mezzo a loro.

Gesù entra, a porte chiuse, nel cenacolo. Egli è sempre il Dio che viene incontro ad ogni persona ed in ogni situazione: va incontro ai discepoli di Emmaus che, rassegnati, tornano indietro da Gerusalemme, agli apostoli trattenuti dalla paura nel cenacolo, alla Maddalena che piange al sepolcro, a Tommaso che chiede le prove, a noi che facciamo fatica a credere nella sua presenza, che ci lamentiamo perché la gente viene poco in chiesa, perché le vocazioni alla vita consacrata sono drasticamente diminuite, perché i genitori non sempre danno importanza all’educazione cristiana dei figli, perché i giovani si allontanano della chiesa, perché altre esperienze religiose penetrano nel nostro tessuto sociale, perché le guerre tormentano i popoli, perché… potremmo continuare all’infinito con le nostre lagnanze.

Gesù sta in mezzo a noi.

Ci parla ancora e ci rispetta nel nostro cammino di fede. Mostra le sue ferite. Comprende le nostre fatiche, i dubbi, il nostro tempo e ci mostra il suo amore, infinito ed eterno. Ci augura la pace. Non è un augurio di benessere psicologico ma prima di tutto è una realtà, cioè Egli ci comunica la sua relazione vitale con noi, che si vede poi nelle opere che compiamo. Ci offre la fede per vincere le paure, riversa nei nostri cuori il perdono che produce gioia, ci dona lo Spirito santo che è la forza della missione alla quale ci invia. Trasmette a noi la vita piena e significativa, la vita buona del vangelo. Vorremmo che questa pace fosse accolta da tutti, per vivere nella concordia garantita dalle alleanze tra i popoli. A questa pace noi crediamo ancora e per questa pace preghiamo.

Andate e annunciate il mio Vangelo.

Accettiamo la sfida del Vangelo che ci dà l’occasione di incontrare chi crede, chi dubita, chi non crede e chi ha bisogno delle prove per credere. La prova potremmo essere anche noi, io, tu, per far sì che altri possano vedere, toccare, ascoltare e seguire il Signore. La nostra testimonianza passa necessariamente attraverso la fatica della croce ed il coraggio della fede che già contempla la resurrezione.

A tutte le famiglie giunga l’augurio di pace che il Signore ci dona, nella speranza che si estenda al mondo intero.

Il Parroco Mons. Luciano Nobile

 

DIECI ANNI DOPO

 

«Fratelli e sorelle, buonasera!». Questo singolare incipit, la sorpresa del nome, Francesco, e il gesto inedito di chiedere la benedizione al popolo prima di impartirla egli stesso, fecero intuire che il nuovo papa avrebbe riservato sorprese. Ma soprattutto, il pontificato di Jorge Mario Bergoglio mostrò già da queste prime battute un tratto che lo contraddistingue e che è stato efficacemente descritto come «enciclica dei gesti». Pur nel tritacarne mediatico che rende impermeabili e cinici, anche dopo dieci anni lo stile di Francesco e la sua gestualità incidono, le sue parole commuovono e provocano, le sue scelte, dai viaggi apostolici al lessico, talvolta destabilizzano. Entusiasmo (più ad extra) e perplessità (più ad intra) sembrano essere le cifre di questo pontificato fra i più diretti ed estroversi della storia recente, ma che suscita domande non di rado cariche di preoccupazione, più che di curiosità. Un attento osservatore di cose vaticane, Massimo Franco, ha intitolato un suo libro L’enigma Bergoglio. Un altro titolo, L’opzione Francesco, del teologo Armando Matteo, suggerisce invece di chiedersi quale chiesa sogni papa Francesco, quale cristianesimo proponga, quali priorità indichi. Il discorso rivolto da Firenze alla chiesa italiana nel novembre 2015 inquadra bene tali quesiti.

Si tratta di un intervento di ampio respiro, di grande intensità teologica ed emotiva, eppure, sorprendentemente (o forse no), è poco citato e nei fatti quasi disatteso, tanto da essere stato più volte rilanciato dallo stesso Francesco.

Per delineare i «tratti dell’umanesimo cristiano, quello dei “sentimenti di Cristo Gesù”», il papa individua tre dimensioni che «rappresentano la calda forza interiore che ci rende capaci di vivere e di prendere decisioni»: umiltà, disinteresse e beatitudine. Tali tratti dell’umanità di Cristo sono proposti come coordinate portanti non solo all’uomo, ma anche alla chiesa. Infatti, solo se dotata di tale fisionomia la chiesa «sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente». Vengono evidenziate anche due grandi tentazioni: quella pelagiana dell’attivismo strutturato e iper-efficiente, e quella gnostica dello spiritualismo autoreferenziale e disincarnato. Francesco invece sogna «una chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti, una chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza», capace di prossimità e di inclusione.

Sul versante pratico, non offre ricette preconfezionate: «spetta a voi decidere: popolo e pastori insieme». Viene così proposto lo stile della sinodalità, anche nei processi decisionali, con la consapevolezza però che «il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà».

Quest’ultimo è forse il passaggio più delicato e perciò disatteso, nonostante le affermazioni di principio. In questi dieci anni Francesco non solo ha indicato la missione in uscita come compito per la chiesa e medicina per le sue fragilità, ma, «per condurre la Parola alla realtà», ha anche invitato ad assumere atteggiamenti e a intraprendere percorsi nuovi e inusuali, che mettono in discussione molta della consueta, consolidata e rassicurante prassi ecclesiale. Che sia per questo che suscita tante resistenze e ad alcuni risulta addirittura urticante?

d. Federico Grosso

 

Ore 7.30  S. Messa in Cattedrale

Ore 9.00  Canto delle lodi con i canonici del capitolo metropolitano

Ore 17.00  Prima confessione dei bambini

Ore 19.00  S. Messa solenne, cantata dalla Cappella Musicale, nella Festa della Patrona della Parrocchia di S. Maria Annunziata.

Ore 20.45  Concerto spirituale della Cappella musicale del Duomo sulla Passione, Morte e Resurrezione di Gesù.

 

 

PREGHIERA

 

Solo Tu, Signore Gesù, puoi donarmi la possibilità di vedere ogni cosa sotto una luce nuova, la luce di Dio.

Sono anch’io cieco dalla nascita e senza di Te continuo a vagare senza cogliere chiaramente ciò che accade dentro di me.

Ma se Tu risani i miei occhi, alla luce della fede io distinguo l’essenziale della vita, il senso ed il traguardo della mia esistenza…

La tua luce è un dono prezioso perché non ferisce e non umilia, ma mette sulla strada giusta.

Anche nelle notti più oscure non mi sento perso, disorientato: Tu orienti il mio cammino, ravvivi la speranza sul sentiero della resurrezione e della vita.

Amen.

 

ABBIAMO SETE, SIGNORE GESU’

 

Abbiamo sete, Signore Gesù,

sete di amore e di felicità,

sete di comprensione e di tenerezza,

sete di misericordia e di solidarietà.

 

Abbiamo sete, Signore Gesù,

e spesso ci accontentiamo di quell’acqua

che abbiamo a portata di mano, senza fare troppa fatica,

quell’acqua che ha il sapore salato

del sudore e delle lacrime.

Ma è solo quest’acqua che possiamo attingere

Al pozzo delle nostre risorse e delle nostre energie.

 

Ecco perché ti attendiamo al pozzo di Sicar

dove arrivi stanco e affaticato dal viaggio.

E ti presenti come un povero che chiede,

non come un ricco che ha qualcosa da dare.

Domandi da bere, ma hai in serbo un’acqua che estingue qualsiasi sete,

un’acqua che continua a zampillare

fresca e limpida nella nostra anima.

Dammi di quest’acqua, Signore Gesù,

perché io sperimenti che Tu

non sei solo un maestro o un profeta,

ma il Messia atteso, il Salvatore del mondo.

      (Roberto Laurita)